N. 240 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 febbraio 1995
N. 240 Ordinanza emessa il 16 febbraio 1995 dal pretore di Ferrara, sezione distaccata di Comacchio nei procedimenti penali riuniti a carico di Ricci Rolando ed altra Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi di pubbliche fognature e di insediamenti civili eccedenti i limiti previsti da leggi regionali (nella specie: Emilia-Romagna) nonche' quelli stabiliti dalla legge n. 319/1976 - Lamentata reiterazione a catena di decreti-legge con sottrazione del potere legislativo al Parlamento - Lesione del principio di riserva di legge e di certezza del diritto in materia penale - Carenza dei presupposti di necessita' ed urgenza per l'emissione del decreto-legge - Disparita' di trattamento tra situazioni eguali ma giudicate sotto la vigenza di diversi decreti-legge. (D.-L., 16 gennaio 1995, n. 9, art. 3). (Cost., artt. 3, 25, secondo comma, e 77).(GU n.19 del 10-5-1995 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di: 1) Ricci Rolando, nato a Goro il 15 febbraio 1947 ed ivi residente, v. Nuova n. 68/A; 2) Gavioli Laura, nata a Poggio Renatico il 25 febbraio 1945 e residente a Goro, v. dell'Industria n. 4/1, imputati entrambi: A) del reato p. e p. dall'art. 21, primo comma, della legge n. 319/1976 per avere, in qualita' di sindaco ed assessore del comune di Goro, effettuato lo scarico della pubblica fognatura con recapito finale nel canale Bocchetta con parametri superiori ai limiti consentiti quanto a cloro attivo. Acc. in Goro il 25 settembre 1991; il primo quale sindaco, la seconda quale assessore all'ambiente del comune di Goro; B) del reato p. e p. dell'art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319/1976 per avere, nelle rispettive citate qualita' e quali responsabili dell'impianto di depurazione comunale di Goro, effettuato uno scarico in acque superficiali (canale Bocchetta) avente parametri di coliformi totali e coliformi fecali superiori ai limiti di accettabilita' di cui alla tabella "II" allegata alla legge regionale Emilia-Romagna n. 7/1983, in Goro, acc. il 29 settembre 1992; C) del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 per avere il primo quale sindaco ed il secondo quale assessore all'ambiente, effettuato uno scarico in acque superficiali con parametri superiori ai limiti di legge quanto a coliformi totali e fecali in Goro, il 30 giugno 1992; il primo quale sindaco, la seconda quale assessore all'ambiente del comune di Goro; D) del reato p. e p. dall'art. 21, primo e terzo comma, della legge n. 319/1976 per avere, nella citata qualita' e quali responsabili dell'impianto di depurazione comunale di Gorino, effettuato uno scarico in acque superficiali (canale Vallesina) avente parametro di azoto nitroso superiore ai limiti di accettabilita' di cui alla tabella "II" allegata alla legge regionale Emilia-Romagna n. 7/1983, in Gorino di Goro, il 28 aprile 1992. Il pretore d'ufficio ha sollevato questione di legittimita' del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, nell'intero suo testo, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Osserva il pretore che la richiesta e' fondata e ritiene, pertanto, di dover dichiarare rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, nell'intero suo testo, in particolare in relazione all'art. 3 dello stesso. A tale proposito, si rileva quanto segue: nella fattispecie concreta e' applicabile il d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, in particolare l'art. 3, "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 1995. Esso reitera, nella sostanza, precedenti decreti-legge non convertiti, l'ultimo dei quali e' il d.-l. 16 novembre 1994, n. 629. L'art. 25 cpv. della Costituzione fissa, tra gli altri, il principio della riserva di legge in materia penale. E' implicito in tale principio il fatto che tutte le scelte di politica criminale siano monopolio esclusivo del Parlamento, cio' in quanto la rappresentativita' del medesimo si impone quale garanzia contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti, un centro dialettico della maggioranza e delle minoranze e le decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo var/' vagli critici. L'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale siano introdotte attraverso decreti legislativi o decreti-legge e' connessa alla circostanza che, in entrambi i casi, si realizzi e sia assicurato l'intervento del parlamento in posizione sovraordinata. Rispetto ai decreti legislativi, il Parlamento conserva, attraverso la delegazione, la prerogativa della iniziativa e delle fondamentali scelte politiche, con controllo della Corte costituzionale anche sulla conformita' di tali atti normativi ai criteri della delegazione. I decreti-legge sono, invece, provvedimenti provvisori, destinati, entro il termine di sessanta giorni previsto dall'art. 77, ultimo comma, della Costituzione, ad essere convertiti in legge o a perdere efficacia ex tune. In materia penale cio' significa che ai reati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto-legge non convertito, si applica la normativa precedente, in quanto un decreto-legge non convertito e' privo di effetto fin dall'inizio. La Corte costituzionale, con sentenza 19 febbraio 1985, n. 51, ha, infatti, dichiarato l'illegittimita' costituzionale del quinto comma dell'art. 2 del c.p., nella parte in cui rendeva applicabili alle ipotesi da esso previste (e cioe' al caso di mancata conversione di un decreto-legge recante norme piu' favorevoli) le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale questione rileva poiche' il decreto-legge in oggetto potrebbe non essere convertito. Pertanto, alla luce di quanto sopra, il ricorso al decreto-legge in materia penale oltre che talora inopportuno in relazione alla complessita' e alla delicatezza delle questioni trattate, presenta dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari estremi della necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre, essendo in una posizione precaria, puo' far venir meno le garanzie della certezza del diritto. Si osserva che, nella materia in questione, invece, i decreti-legge, con contenuto parzialmente diverso, si sono reiterati a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto con specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la carenza dei requisiti della "necessita' ed urgenza". Ora, se puo' essere opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo dei decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono venuti meno ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale da consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria. Inoltre, con la continua ed ininterrotta reiterazione di vari decreti-legge mai convertiti si e' realizzata, di fatto, la sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza a disporre in materia penale, con l'inammissibile assunzione da parte dell'esecutivo del relativo potere di bilanciamento e di valutazione degli interessi che, in materia penale, e' di esclusiva competenza dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare. Ancora, la prassi della reiterazione dei decreti-legge in materia penale ha, come nella specie, la conseguenza di sottrarre al Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77, ultimo comma, della Costituzione "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti". E' evidente che, se la reiterazione dei decreti nella stessa materia si protrae per un anno, si potranno determinare effetti definitivi quale il giudicato, non modificabili in sede giudiziaria, con la conseguente gravissima compressione dei diritti dei singoli, resa ancora piu' incisiva dalla disparita' di trattamento che potrebbe verificarsi ove due fattispecie identiche, ma commesse e/o giudicate sotto la vigenza di un diverso decreto-legge, vengano diversamente giudicate. Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non puo' essere definito, allo stato e vigenti i principi del d.-l. n. 9/1995 in esame, in modo indipendente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, concernente "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature", nell'intero suo testo in particolare in relazione all'art. 3, con riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione; Sospende il processo in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata agli imputati, e ai difensori, al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Ferrara-Comacchio, addi' 16 febbraio 1995 Il pretore: CANU 95C0508