N. 244 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 1994

                                N. 244
 Ordinanza  emessa  l'11  novembre  1994  dal tribunale amministrativo
 regionale per la Lombardia sul ricorso proposto  da  s.p.a.  Istituto
 Bancario San Paolo di Torino contro il comune di Santo Stefano Ticino
 ed altro
 Giustizia amministrativa - Rappresentanza processuale - Previsione
    che  nei  giudizi  davanti  al  t.a.r.  il  ricorso  debba  essere
    sottoscritto dalla parte  ricorrente  e  firmato  da  un  avvocato
    oppure sottoscritto dal solo avvocato munito di mandato speciale -
    Insufficienza per la valida costituzione in giudizio della procura
    generale  ad  lites  -  Disparita'  di  trattamento  dei  processi
    amministrativi di primo grado rispetto ai processi civili di primo
    e secondo grado per i quali e' valida la procura generale ad lites
    (art. 83 del c.p.c.) - Incidenza  sul  diritto  di  difesa  e  sul
    principio della tutela giurisdizionale.
 (Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 19).
 (Cost., artt. 3, 24 e 113).
(GU n.19 del 10-5-1995 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 388 del 1994
 proposto dall'Istituto  Bancario  San  Paolo  di  Torino  s.p.a.,  in
 persona  del  vice  presidente  ing.  Enrico  Salza,  rappresentato e
 difeso, per  procura  generale  alle  liti  22  dicembre  1993,  rep.
 55538/racc.  5691  notaio  dott. Daniele Bazzoni di Torino, dall'avv.
 Marco Sica presso il quale e' elettivamente  domiciliato  in  Milano,
 via  Chiossetto  12,  contro  il  comune  di Santo Stefano Ticino, in
 persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, per  procura
 in calce alla copia notificata del ricorso, dai dott.ri proc.ri Fabio
 Bifulco e Orsola Torrani, e presso il primo elettivamente domiciliato
 in  Milano,  piazza  S.  Ambrogio  10,  e  nei  confronti della Banca
 Popolare di Milano, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,
 rappresentata e difesa, per procura speciale a margine  dell'atto  di
 costituzione,  dall'avv.  Cesare  Ribolzi  presso  il  cui  studio e'
 domiciliata in Milano, piazza S.   Ambrogio  10,  per  l'annullamento
 della  deliberazione  del  consiglio comunale 10 novembre 1993, n. 54
 con cui e' stata affidata alla Banca Popolare di Milano  la  gestione
 del  servizio  di  tesoreria  e  cassa  per  il quinquennio 1 gennaio
 1994-31 dicembre 1998;
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune  intimato  e
 della controinteressata;
    Viste  le  memorie  prodotte  dalle parti a sostegno delle proprie
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi, alla pubblica udienza dell'11 novembre  1994,  relatore  il
 dott. Carmine Spadavecchia, gli avvocati Sica, Bifulco e Ribolzi;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    L'Istituto  Bancario  San  Paolo  di Torino (in seguito Istituto),
 subentrato  al  Banco  Lariano  s.p.a.  a  seguito  di  fusione   per
 incorporazione,  ha  partecipato  ad  una  gara ufficiosa indetta dal
 comune di Santo Stefano Ticino per l'affidamento della  gestione  del
 servizio  di  tesoreria  e  di  cassa  nel  periodo 1 gennaio 1994-31
 dicembre 1998.
    Il servizio e' stato affidato alla Banca Popolare di Milano  (BPM)
 con deliberazione consiliare 10 novembre 1993, n. 54.
    Con  il  ricorso  in  epigrafe,  notificato  il  20  gennaio 1994,
 l'Istituto ha impugnato detta delibera per i seguenti motivi:
      1) violazione della lettera di invito e del capitolato speciale,
 avendo il comune posticipato la decorrenza del contratto di due  mesi
 rispetto  alla  data  prevista  in  capitolato  (1 gennaio 1994), per
 consentire alla BPM l'apertura di uno sportello in loco, di assolvere
 cioe' un requisito che la stessa avrebbe dovuto gia' possedere;
      2) violazione degli artt. 96 del t.u.l.c.p., 99 e 28 del  r.d.l.
 12  gennaio  1936 n. 375, in quanto al momento dell'aggiudicazione la
 BPM non disponeva di una dipendenza operativa autorizzata dalla Banca
 d'Italia, autorizzazione necessaria in relazione alla natura bancaria
 del servizio di tesoreria e cassa;
      3) violazione degli artt. 51 e 56 della legge n. 142/1990, 4,  5
 e  6  della  legge n. 241/1990, essendosi fatto luogo alla scelta del
 contraente senza il tramite  di  una  commissione  presieduta  da  un
 dirigente e senza affidare la relativa istruttoria ad un responsabile
 del procedimento;
      4)   violazione   dell'art.  3  della  legge  n.  241/1990,  non
 risultando le ragioni della scelta in difetto di  comparazione  delle
 offerte pervenute;
      5)  travisamento  dei  presupposti,  dovendo  ritenersi migliore
 l'offerta del ricorrente;
      6) violazione della lettera d'invito,  incompetenza,  sviamento,
 avendo   l'Amministrazione   tenuto  conto  di  offerte  migliorative
 richieste e pervenute dopo l'apertura dei plichi ed oltre il  termine
 inizialmente  stabilito, termine che il sindaco non era legittimato a
 prorogare, spettando tale compito al consiglio comunale.
    Con atti notificati il  7  ed  il  31  marzo  1994  l'Istituto  ha
 proposto i seguenti motivi aggiunti:
      7) violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, essendo stato
 immotivatamente  disatteso  il giudizio della commissione tecnica, la
 quale aveva ritenuto piu' vantaggiosa l'offerta  dell'Istituto  salvi
 gli  esiti  di  una  "simulazione  dei  crediti" che non risulterebbe
 effettuata;  nessun  valore  potrebbe  attribuirsi  a  tal  fine   al
 prospetto   dei  "dati  desunti  dal  conto  consuntivo  anno  1992",
 contenuto in un documento privo  di  data  e  firma,  eppertanto  non
 riconducibile   all'operato  della  commissione,  conclusosi  con  il
 verbale della riunione in data 18 ottobre 1993;
      8) violazione della lettera di invito e del capitolato speciale,
 eccesso di potere per sviamento: la  scelta  del  contraente  sarebbe
 stata  determinata  da  un elemento spurio (promessa di un contributo
 una tantum), non compreso tra i parametri  di  comparazione  previsti
 nel  capitolato,  estraneo  e  non  qualificante rispetto all'oggetto
 dell'appalto;
      9) travisamento dei presupposti,  disparita'  di  trattamento  e
 difetto di istruttoria, essendo la comparazione delle offerte erronea
 per  una  pluralita'  di ragioni: a) contabilizzazione dei contributi
 con modalita' diverse e con decorrenza 1  gennaio  1994,  laddove  il
 contributo  BPM e stato versato solo in data 16 febbraio 1994, il che
 renderebbe  inattendibile  la  simulazione  dei  crediti;  b)  omessa
 valutazione  del  miglior  tasso sulle anticipazioni di cassa offerto
 dall'Istituto (TUS franco)  rispetto  all'offerta  BPM  (TUS  vigente
 tempo  per  tempo);  c) conteggio del maggior tasso creditore offerto
 dall'Istituto (0,25%) non sulla giacenza media, ma sul "fondo cassa",
 cioe'  sulla  somma  esistente  alla   fine   di   ogni   anno,   che
 rappresenterebbe  un  dato  del  tutto  casuale e poco significativo;
 illegittimo scorporo, dal coacervo delle entrate,  dei  "prelevamenti
 c/c  oneri  di  urbanizzazione",  anch'essi produttivi di interessi e
 dunque computabili al fine  di  capitalizzare  lo  scarto  dei  tassi
 creditori;
      10)  eccesso  di potere per illogicita' e contraddittorieta': la
 capitalizzazione del contributo BPM e degli interessi nel quinquennio
 (per un totale di L. 57.425.173) costituirebbe un  valore  del  tutto
 teorico,  essendo  inverosimile  che  un contributo destinato a scopi
 socio-culturali resti inutilizzato per l'intero quinquennio assumendo
 una valenza esclusivamente finanziaria.
    Si sono costituiti in giudizio il comune  e  la  controinteressata
 che hanno controdedotto.
    L'istanza  cautelare  e'  stata  respinta  dalla  sezione,  previa
 istruttoria, con ordinanza 18 marzo 1994, n. 813.
    Alla pubblica udienza dell'11 novembre 1994 la causa e' passata in
 decisione.
                                DIRITTO
    1. - Deve essere preliminarmente affrontata una questione di rito,
 che  attiene  alla  regolarita'  della   costituzione   in   giudizio
 dell'Istituto  ricorrente in relazione alle modalita' di conferimento
 della rappresentanza processuale.
    Gli artt. 35 del testo unico 28 giugno 1924, n. 1054 e 8 del  r.d.
 17  agosto  1907,  n.  642,  applicabili  anche ai giudizi davanti ai
 tribunali amministrativi regionali per effetto dell'esplicito  rinvio
 contenuto  nell'art. 19, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n.
 1034, dispongono che il ricorso  giurisdizionale  amministrativo  sia
 sottoscritto  dalla  parte  ricorrente  e  firmato da un avvocato; in
 alternativa il ricorso puo' essere  sottoscritto  dal  solo  avvocato
 purche' munito di mandato speciale.
    In    assenza    di    sottoscrizione   del   ricorso   da   parte
 dell'interessato, la giurisprudenza  ha  costantemente  affermato  la
 insufficienza  della  procura  generale  ad  lites, sia per i giudizi
 proposti  al  Consiglio  di  Stato   quale   giudice   unico,   prima
 dell'avvento  dei  tribunali  amministrativi  regionali,  sia  per  i
 giudizi promossi dinanzi ai tt.aa.rr. dopo la loro istituzione  (cfr.
 ad. plen. 20 luglio 1984, n. 18; CS V, 16 aprile 1987, n. 248; CdS V,
 15 ottobre 1985, n. 318; Csi, 16 aprile 1971, n. 288, 17 aprile 1970,
 n.  327;  CS  V,  27  luglio 1962, n. 597; t.a.r. Basilicata 31 marzo
 1993, n. 98; t.a.r. Molise 8 agosto 1992, n. 106; t.a.r.  Brescia  13
 settembre  1991,  n.  605;  t.a.r.  Calabria 14 ottobre 1991, n. 645;
 t.a.r. Lazio 3a, 3 marzo 1990, n. 335),  sanzionando  di  nullita'  -
 nullita' comminata testualmente dall'art. 17 del r.d. n. 642 del 1907
 -  il  ricorso  sottoscritto  dal solo procuratore generale alle liti
 (t.a.r. Basilicata, n. 98/1993 cit.).
    2.  -  Nella   fattispecie   il   ricorso   introduttivo   risulta
 sottoscritto  appunto dal solo difensore in forza di procura generale
 alle liti rilasciata il 22 dicembre 1993 con  atto  n.  55538/5691  a
 rogito  dott.  Daniele  Bazzoni,  notaio  in  Torino.  Detta  procura
 conferisce un potere generale di rappresentanza processuale "avanti a
 giurisdizioni speciali di ogni genere e grado in  tutte  le  pratiche
 presenti  e future", senza alcun riferimento all'atto impugnato; essa
 non e' pertanto collegabile alla  presente  vertenza,  difettando  il
 requisito di specialita' prescritto dalla legge processuale.
    Il  dettato  normativo  e l'unanime applicazione giurisprudenziale
 renderebbero dunque inammissibile il ricorso (e  la  costituzione  in
 giudizio)   dell'Istituto   per   difetto  di  valida  rappresentanza
 processuale, difetto rilevabile in ogni stato e  grado  del  processo
 (Cass. 18 luglio 1979, n. 4258).
    3. - Il Collegio ha tuttavia motivo di dubitare della legittimita'
 costituzionale  di  un  sistema che, per il tramite del mero richiamo
 alle regole di rito dettate per il giudizio dinanzi al  Consiglio  di
 Stato,  impone  la  necessita'  della  procura  speciale anche per il
 processo amministrativo di primo grado.
    Il sospetto di incostituzionalita' investe, specificamente, l'art.
 19, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 nella parte  in
 cui,  attraverso  il  rinvio  globale  e indiscriminato alle norme di
 procedura valevoli dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio
 di  Stato,  rende  applicabile  dinanzi  ai  tribunali amministrativi
 regionali gli artt. 35, primo comma del testo unico 28 giugno 1924 n.
 1054, 6 e 17 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, tassativamente imponendo
 la sottoscrizione del ricorso da  parte  di  un  avvocato  (o  di  un
 procuratore  legale:  art.  19,  secondo  comma,  della legge t.a.r.)
 munito di mandato speciale, laddove nei giudizi  civili  di  primo  e
 secondo  grado vige una diversa regola processuale, che ai fini della
 regolare costituzione della parte valorizza anche la procura generale
 alle liti (art. 83 del c.p.c.).
    La questione e'  rilevante,  perche'  l'applicazione  della  norma
 porterebbe  a  definire la vertenza in termini meramente processuali,
 precludendo  in  limine  l'esame  del  merito  e  la  delibazione  di
 fondatezza  della  pretesa  sostanziale azionata. La questione appare
 altresi' non manifestamente infondata,  alla  stregua  dei  parametri
 costituzionali  di cui agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, per
 le ragioni seguenti.
    4. -  L'istituzione  dei  tribunali  amministrativi  regionali  ha
 esteso all'ambito della giurisdizione amministrativa il principio del
 doppio   grado  di  giudizio,  agevolando  l'accesso  alla  giustizia
 amministrativa   ed   accentuando   il   controllo    giurisdizionale
 sull'attivita'  della p.a.; il tutto in concomitanza con l'espansione
 dell'attivita' amministrativa in relazione  a  nuovi  e  sempre  piu'
 complessi  compiti  affidati alla p.a. ed alla tendenza pervasiva del
 "pubblico" nella sfera sociale.
    Cio'   ha   intensificato   i   momenti   di   contatto   tra   le
 amministrazioni,  variamente  articolate, ed i soggetti passivi delle
 potesta' loro attribuite, correlativamente moltiplicando le occasioni
 di  contenzioso,  cui  si  connettono  ovvie   esigenze   di   tutela
 giudiziale,  costituzionalmente  garantite  (artt.  24  e  113  della
 Costituzione).
    Quali organi di giustizia amministrativa di primo grado (art.  125
 della  Costituzione),  deputati  alla  definizione delle vertenze tra
 cittadini  e  p.a.  affidate  alla  loro  cognizione,   i   tribunali
 amministrativi  regionali  appaiono  sotto  tale profilo assimilabili
 agli organi che nel corrispondente  settore  della  giustizia  civile
 svolgono  funzioni  di  giurisdizione  di  merito;  organi dinanzi ai
 quali, a prescindere dalle particolarita' del giudizio pretorile e di
 conciliazione (art. 82 del c.p.c.), e' generalizzata  la  regola  che
 consente  di  stare in giudizio col ministero di un difensore munito,
 indifferentemente, di  procura  generale  o  speciale  (art.  83  del
 c.p.c.).
    5.  -  La  procura  generale  si  connota come strumento rivolto a
 facilitare  la  difesa  giudiziaria  della  parte,  affrancandone  la
 liberta'  di  movimento,  e  di  azione  in  generale,  dall'onere di
 conferire volta per volta apposito mandato, specie quando  si  tratti
 (come   nella   fattispecie)   di   ente  giuridico,  strutturalmente
 complesso, che nel mondo giuridico sistematicamente e quotidianamente
 opera,  eppertanto  necessita  di  assistenza  legale  e   giudiziale
 continua,  capillare,  senza l'intralcio derivante dalla reiterazione
 di un mandato ad litem per ogni atto che lo richieda.
    Questa esigenza, che per il contenzioso civile  e'  manifesta,  si
 presenta   oggi   con  caratteristiche  non  diverse  nel  campo  del
 contenzioso amministrativo, proprio per  l'accentuarsi  del  fenomeno
 sopra  evidenziato, che incrementa le pretese degli interessati verso
 la  pubblica  amministrazione  (nelle  molteplici forme di interesse,
 oppositivo o pretensivo, ovvero di diritto  pieno  nelle  materie  di
 giurisdizione   esclusiva)   e   correlativamente   le   ragioni  del
 contenzioso.
    6. - Il mandato speciale, viceversa, ove prescritto dalla legge (e
 non liberamente prescelto  in  alternativa  alla  procura  generale),
 risponde  ad  una  diversa  esigenza,  che si sovrappone all'altra di
 interesse  privato:   quella   cioe'   di   richiamare   l'attenzione
 dell'agente sull'atto che compie, attestando la volonta' del mandante
 (ricorrente   o   attore)   di  provocare  l'esercizio  della  tutela
 giurisdizionale  in  relazione  a   una   specifica   e   determinata
 controversia.
    Il   che   connota,  nell'ordinamento  positivo,  le  controversie
 instaurate dinanzi alle giurisdizioni superiori, ad un livello  cioe'
 diverso  da  quello che i tribunali amministrativi regionali occupano
 nel sistema.
    7. - Pare illogico, allora, applicare ai tribunali  amministrativi
 regionali  regole proprie delle giurisdizioni superiori, quale quella
 che richiede il mandato speciale,  tanto  piu'  che  tale  regola  e'
 costantemente  collegata  alla necessita' di avvalersi di un avvocato
 iscritto nell'albo speciale di cui agli artt. 4 e 33 dell'ordinamento
 professionale forense (cfr. art. 35 del regio  decreto  n.  1054  del
 1924  per  il  Consiglio  di Stato; artt. 365 e 370 del c.p.c. per il
 ricorso in Cassazione), laddove dinanzi al  tribunale  amministrativo
 regionale  la  parte puo' stare in giudizio anche con il ministero di
 un  procuratore  legale  (art  19,  secondo  comma,  della  legge  n.
 1034/1971).
    Tale  illogica  equiparazione  pare  al  collegio in conflitto con
 l'art. 3 della Costituzione, sia per l'irrazionalita' ex  se  di  una
 disciplina che accomuna situazioni obiettivamente diverse, sia per la
 violazione  del  principio  di  uguaglianza  ravvisabile  nel diverso
 trattamento degli utenti, quanto  alle  condizioni  di  accesso  alla
 giurisdizione,  secondo  che  venga adito il giudice civile ovvero il
 giudice  amministrativo,  ad  un  medesimo  (iniziale)   livello   di
 approccio.
    8.  -  Trattasi  di  disparita' apprezzabile anche con riferimento
 agli articoli 24 e 113 della Costituzione, che appaiono vulnerati  in
 quanto  la preclusione all'impiego della procura generale nei giudizi
 amministrativi si risolve in un ostacolo alla difesa giudiziale degli
 interessi legittimi, la cui diversita' ontologica rispetto ai diritti
 soggettivi non costituisce  ragione  sufficiente  per  renderne  piu'
 difficoltosa  la  difesa  giudiziale,  stante  la pari sindacabilita'
 degli atti della pubblica amministrazione,  dinanzi  agli  organi  di
 giurisdizione  ordinaria  o  amministrativa,  quale che sia la natura
 della posizione soggettiva incisa.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva d'ufficio, ritenutane la  rilevanza  e  la  non  manifesta
 infondatezza,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 19 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in relazione agli  artt.  3,
 24  e  113  della  Costituzione,  nella parte in cui, per effetto del
 rinvio alle norme di procedura dinanzi alle  sezioni  giurisdizionali
 del  Consiglio  di Stato (artt. 35 del testo unico 26 giugno 1924, n.
 1054 e 6 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642), non consente alla
 parte di stare in giudizio con l'assistenza di un difensore munito di
 procura generale alle liti;
    Sospende il giudizio in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina che, a cura della segreteria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Milano,  l'11  novembre  1994,  dal   tribunale
 amministrativo regionale per la Lombardia in camera di Consiglio.
                        Il presidente: MARIUZZO
                                Il consigliere estensore: SPADAVECCHIA
    Il consigliere: DI SANTO
 95C0512