N. 252 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 1994

                                N. 252
 Ordinanza emessa il 12 dicembre 1994 dalla commissione tributaria  di
 secondo  grado  di  Padova  sui  ricorsi  riuniti  proposti da S.r.l.
 Messaggero servizi ed altri contro ufficio del registro di Padova
 Tributi in genere - Conferimenti immobiliari a favore di societa' di
    qualsiasi tipo - Sottoposizione  a  imposta  di  registro,  INVIM,
    imposta   ipotecaria  e  catastale  -  Mancata  previsione  che  i
    conferimenti  a  societa'  di  capitali  vengano  assoggettati  ad
    aliquota  unica  non  superiore  all'uno  per  cento,  cosi'  come
    stabilito dalla direttiva comunitaria  n.  335/1969  e  successive
    integrazioni  nonche'  dalla legge di delega n. 825/1971 - Eccesso
    dei limiti della legge di delega - Riferimento alla sentenza della
    Corte costituzionale n. 168/1991.
 (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 4, primo comma, lett. a); d.lgs.
    31 ottobre 1990, n. 347, artt. 2, 10 e 1 tariffa allegata;  d.P.R.
    26 ottobre 1972, n. 643, art. 2, secondo comma).
 (Cost., art. 76).
(GU n.19 del 10-5-1995 )
              LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti proposti
 da: Messaggero Servizi S.r.l. con sede in Padova, via  Orto  Botanico
 n.  11;  Provincia  padovana dei Frati minori conventuali con sede in
 Padova, piazza del Santo n. 11; Istituto  teologico  missioni  estere
 dei Frati minori conventuali sant'Antonio dottore con sede in Padova,
 via  Orto  Botanico  n.  10;  notaio  dott.  Giambattista  Todeschini
 domiciliato in Padova, via degli Scrovegni n. 1;
                               F AT T O
    Con verbale di assemblea 25 giugno 1990 al n. 41502 di rep. notaio
 Giambatista Todeschini  di  Padova  la  "Messaggero  Servizi  S.r.l."
 deliberava  di  aumentare  il  capitale  da  L.  10  miliardi a L. 40
 miliardi.
    Con la medesima delibera l'assemblea dei soci stabiliva  che  tale
 aumento  di  capitale  sarebbe stato deliberato per L. 6.700.000.000,
 mediante trasferimento di un immobile da parte  del  Socio  Provincia
 padovana   dei  Frati  minori  conventuali,  per  L.  20.700.000.000,
 mediante conferimento di immobili da  parte  dell'Istituto  teologico
 missioni  estere  dei Frati minori conventuali Sant'Antonio dottore e
 per L. 2.600.000.000 mediante apporto di numerario.
    2.  - Con successivo atto, in pari data al n. 41503 di rep. notaio
 Todeschini  la  Provincia  padovana  dei  Frati  minori   conventuali
 sottoscriveva  quote  di  nominali  L.  6.700.000.000 dell'aumento di
 capitale  e  conferiva  alla  "Messaggero  Servizi  S.r.l."  immobili
 stimati  di pari importo, mentre l'Istituto teologico missioni estere
 dei Frati minori conventuali S. Antonio dottore, sottoscriveva  quote
 di  nominali L. 20.700.000.000 di aumento di capitale conferendo alla
 medesima S.r.l., immobili stimati di pari valore.
    3. - Le parti si reciprocamente che il  conferimento  di  immobili
 alla  "Messaggero  Servizi  S.r.l."  era sospensivamente condizionato
 alla omologazione del verbale di assemblea della  Messaggero  Servizi
 S.r.l.,  che  aveva  deliberato  l'aumento  di  capitale  da  10 a 40
 miliardi.
    4. - L'atto di conferimento, sottoscritto a condizione sospensiva,
 veniva registrato a tassa fissa il 16 luglio 1990.
    5. - Con decreto del tribunale di  padova  del  29  novembre  1990
 veniva omologata la delibera di aumento del capitale della Messaggero
 Servizi  S.r.l. da 10 a 40 miliardi ed in data 7 dicembre 1990 veniva
 presentata denuncia di avveramento della condizione sospensiva.
    6. - Con avviso 2328 vol.  87,  l'ufficio  registro  liquidava,  a
 carico  della  Provincia  padovana  dei Frati minori conventuali, del
 Messaggero Servizi S.r.l. e del notaio rogante, essendosi inverata la
 condizione, l'imposta relativa al conferimento di immobili del valore
 di L. 6.700.000.000 vale a dire L. 268.000.000 per registro (4%),  L.
 107.200.000  per  trascrizione  (1,60%),  L. 26.800.000 per catastali
 (4%); L. 402.000.000 totale.
    7. - Per il medesimo conferimento veniva liquidato a carico  della
 conferente e del notaio rogante un Invim per L. 353.570.000.
    8.  -  Sempre  con avviso di pari numero e data l'ufficio registro
 liquidava  a  carico  dell'Istituto  teologico   dei   Frati   minori
 conventuali  S.  Antonio dottore, del Messaggero Servizi S.r.l. e del
 notaio  rogante,  l'imposta  di   L.   1.270.770.000,   relativa   al
 conferimento  di  immobili del valore di L. 20.700.000.000, di cui L.
 856.770.000  per  registro,  L.  331.200.000  per  trascrizione,   L.
 82.800.000  per  catastali, oltre a L. 1.321.010.000 per Invim, posta
 quest''ultima a carico del conferente e del notaio rogante.
    9. - La Messaggero Servizi S.r.l. provvedeva a  versare  l'imposta
 unica  dell'1%  sul  valore  dei  conferimenti e, contemporaneamente,
 tutte le parti impugnavano gli avvisi  di  liquidazione  con  ricorso
 alla   Commissione  Tributaria  di  primo  grado,  sostenendo  che  i
 conferimenti ai sensi della  direttiva  comunitaria  n.  335  del  17
 giugno  1969, sarebbero assoggettabili ad imposta unica, con aliquota
 dell'1% sul valore del conferimento.
    A  sostegno  della  propria  tesi  i  ricorrenti  richiamavano  la
 giurisprudenza    formatasi    in    ordine    alla   applicabilita',
 nell'ordinamento interno,  della  normativa  comunitaria,  ricordando
 come,   con  sentenza  n.  170/1984  la  Corte  costituzionale  abbia
 riconosciuto l'immediata applicabilita' dei  regolamenti  comunitari;
 con  successiva sentenza 1 marzo 1985, la Corte ha riconosciuto anche
 l'applicabilita'   delle   statuizioni   contenute   nelle   sentenze
 interpretative  della  Corte  di  giustizia  delle Comunita' Europee.
 Infine  con  sentenza  n.  168/1991,  la  Corte   costituzionale   ha
 riconosciuto   l'immediata   applicabilita'   anche   alle  direttive
 comunitarie, e cio' sulla scorta della giurisprudenza della Corte  di
 giustizia  delle  Comunita'  Europee,  che in sede di interpretazione
 dell'art.  189  del  Trattato  di  Roma, ha da tempo elaborato alcuni
 principi cardine, secondo i quali in  tutte  le  ipotesi  in  cui  le
 disposizioni   di   una   direttiva  appaiano,  dal  punto  di  vista
 sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, in tali  casi
 i  singoli  possono  far valere direttamente tali direttive dinanzi i
 giudici nazionali e alla pubblica amministrazione, anche nell'ipotesi
 in  cui  tale  direttiva  non  sia  stata  recepita  dall'ordinamento
 nazionale.
    L'immediata applicabilita' delle direttive comunitarie, secondo la
 richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di
 giustizia  delle  Comunita'  Europee,  si  avrebbe  quindi  quando la
 direttiva  comunitaria  risulti  incondizionata  e   sufficientemente
 precisa,  il  che  si  verificherebbe  nella  fattispecie  oggetto di
 ricorso.
    Oltre alle suddette argomentazioni, il notaio Todeschini, chiamato
 a rispondere come coobligato per l'imposta principale, sosteneva  nel
 proprio  ricorso  di  primo  grado  che  il  diritto di sottoscrivere
 l'aumento di capitale da parte dei soci ed il correlativo obbligo  di
 effettuare  il  conferimento,  risultava sospensivamente condizionato
 alla  omologazione  del  verbale  assembleare  che  aveva  deliberato
 l'aumento  di capitale medesimo. Secondo l'ufficiale rogante, quindi,
 egli era tenuto a rispondere soltanto per la  registrazione  a  tassa
 fissa,  dell'atto  soggetto  a  condizione;  secondo  il  ricorrente,
 infatti,  l'imposta  da  pagarsi  all'atto   dell'avveramento   della
 condizione   avrebbe  natura  complementare;  come  tale  l'ufficiale
 rogante non sarebbe chiamato a rispondere.
    Il giudice di primo grado, ritenute fondate le tesi dei ricorrenti
 ha accolto i ricorsi.
    Ha proposto appello all'Ufficio del registro,  sostenendo  che  la
 direttiva  comunitaria invocata dai contribuenti non potrebbe trovare
 applicazione prima della emanazione da parte del legislatore  interno
 di una norma specifica in applicazione della direttiva medesima.
    Resistono  gli appellati, ribadendo le tesi esposte in primo grado
 e sostenendo altresi' che l'appello proposto dall'Ufficio risulterebe
 inammissibile, in quanto nessuna  puntuale  censura  sarebbe  rivolta
 contro  la  decisione  di  primo grado. Inoltre avendo la Commissione
 tributaria di primo grado deciso congiuntamente tutti i ricorsi,  ivi
 compresi quelli relativi all'Invim, l'Ufficio del registro si sarebbe
 limitato   a   prendere   in  considerazione  la  questione  relativa
 all'imposta di registro, per cui  si  sarebbe  formato  il  giudicato
 interno,    relativamente   all'Invim,   all'imposta   catastale   ed
 ipotecaria.
    Tanto premesso in fatto osserva la Commissione di secondo grado in
                             D I R I T T O
    Vanno,  preliminarmente,  disattese  le  eccezioni  sollevate  dai
 resistenti,  secondo  i quali l'appello proposto dall'Ufficio sarebbe
 inammissibile,  per  mancata  indicazione  dei  motivi  specifici  di
 impugnazione e perche', in subordine, si sarebbe formato il giudicato
 interno,  quantomeno  con  riferimento  all'Invim  e  all'imposta  di
 trascrizione e catastale.
    Nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, infatti,  e'
 indicato  chiaramente  che  l'Amministrazione  delle  finanze intende
 sottoporre all'esame della Commissione l'intera questione oggetto del
 giudizio di primo grado e che  intende  quindi  riproporre,  in  tale
 sede,  tute  le  argomentazioni,  gia' esposte nel primo giudizio, in
 ordine alla legittimita' degli accertamenti contestati.
    E' possibile pertanto verificare se, nella fattispecie,  risultino
 applicabili le norme interne, come sostenuto dall'ufficio appellante,
 o  se  il  giudice  tributario  debba  invece,  come  sostengono  gli
 appellanti nelle proprie scritture difensive,  applicare  la  diversa
 normativa comunitaria.
    Con  la  sentenza  n.  168  del  1991  la  Corte costituzionale ha
 dichiarato inammissibile per difetto di  rilevanza  la  questione  di
 legittimita' dell'art. 4, lett. e) della tariffa A allegata al d.P.R.
 26  ottobre  1972  n.  634 (che sottoponeva ad imposta di registro le
 delibere societarie di emissione  di  obbligazioni)  sollevata  dalla
 Commissione  tributaria  di  primo  grado di Ancona per contrasto con
 l'art. 76 della Costituzione  ritenendo  sussistente  un  eccesso  di
 delega  rispetto  all'art. 7, primo comma della legge-delega (legge 9
 ottobre 1971 n. 825), che, nel porre  i  principi  direttivi  cui  si
 sarebbe  dovuta  ispirare  la riforma dell'imposta di registro, aveva
 precisato, tra l'alttro, il rispetto dell'art. 11 della direttiva  17
 luglio  1969  del  Consiglio  delle Comunita' Europee facenti divieto
 agli Stati membri  di  sottoporre  ad  imposizione,  sotto  qualsiasi
 forma, i prestiti contratti mediante emissione di obbligazioni.
    A  tale  risultato la Corte e' pervenuta sulla base della rilevata
 diretta applicabilita' nell'ordinamento interno della norma contenuta
 nella suddetta direttiva comunitaria; e pertanto il giudice a quo era
 tenuto a non applicare le corrispondenti norme  di  diritto  interno,
 con  la  prima  confliggenti, di cui aveva denunciato la legittimita'
 costituzionale; da cio' l'irrilevanza della questione proposta.
    Nella citata sentenza si e' puntualizzato che:
      la  diretta  applicabilita'   nell'ordinamento   interno   delle
 direttive comunitarie non discende dalla qualificazione formale della
 fonte, ma richiede il riscontro di alcuni presupposti sostanziali; in
 particolare    la    prescrizione   della   direttiva   deve   essere
 incondizionata (in modo da non lasciare margine  di  discrezionalita'
 agli  Stati  membri  nell'attuazione della stessa) e sufficientemente
 precisa (nel senso che la  fattispecie  ed  il  predetto  applicabile
 devono essere determinati compiutamente in tutti i loro elementi);
      la  ricognizione  in  concreto  di  tali presupposti costituisce
 l'esito di una interpretazione della direttiva  comunitaria  e  delle
 sue  singole  disposizioni che il giudice nazionale (anche il giudice
 delle leggi),  puo'  direttamente  ovvero  rimettere  alla  Corte  di
 giustizia ai sensi dell'art. 177, secondo comma del Trattato di Roma.
   Cio'  premesso,  nella controversia all'esame di questa Commissione
 si dibatte sulla diretta  applicabilita'  nell'ordinamento  giuridico
 italiano  della disposizione, contenuta nella direttiva n. 335 del 17
 luglio 1969 della Comunita' economica europea, secondo la quale  "Gli
 Stati   membri  possono  esentare  dall'imposta  sui  conferimenti  o
 assoggettare ad un unica aliquota non superiore all'1% le  operazioni
 diverse  da  quelle  di  cui al paragrafo 1)" e sulla conseguente non
 applicabilita' delle norme  di  legislazione  interna  che  prevedono
 l'applicazione  dell'imposta di registro con aliquota del 4% (art. 4,
 lett. A) n. 2 della parte prima delle tariffe allegate al  d.P.R.  26
 aprile 1986 n. 131) nonche' - almeno alla data dell'atto deliberativo
 di  aumento  di  capitale in questione - l'Invim (art. 2/2 del d.P.R.
 26  ottobre  1972  n.  643) e le imposte ipotecarie e di trascrizione
 (d.P.R. 31 ottobre 1990  n.  347),  ai  conferimenti  immobiliari  in
 societa' di ogni tipo.
    Appare  evidente,  a giudizio della Commissione, la diversita' del
 contenuto precettivo della disposizione della  direttiva  comunitaria
 appena  indicata,  rispetto  a  quelli delle disposizioni - esaminate
 della sentenza della Corte costituzionale richiamata  in  premessa  -
 concernenti i prestiti obbligazionari.
    Quest'ultima  ha  infatti  un  precetto  negativo,  di esclusione,
 idoneo a  raggiungere  direttamente  negli  ordinamenti  degli  Stati
 membri   il   risultato   prefissosi   dal   legislatore  comunitario
 l'esclusione di ogni forma di imposizione sugli atti deliberativi  di
 emissione  di obbligazioni); la prima invece contiene la prescrizione
 positiva di una imposta sui conferimenti caratterizzata da unicita' e
 da aliquota  non  superiore  all'1%  e  proprio  per  tale  contenuto
 positivo non puo' operare, nell'ordinamento interno dei singoli Stati
 membri, se non come vincolo di risultato per il legislatore nazionale
 a cui carica viene posto - nell'ambito dell'ordinamento comunitario -
 l'obbligo  di  rimodellare  il  sistema  impositivo  dei conferimenti
 immobiliari secondo le caratteristiche indicate dalla  direttiva.  E'
 altresi'  evidente,  che  in  un  ordinamento  come  quello  italiano
 caratterizzato da una  pluralita'  di  imposizioni  sui  conferimenti
 immobiliari  nelle  societa'  di  ogni  tipo,  non  puo'  non  essere
 necessario un intervento del legislatore nazionale per delineare, con
 inevitabilita' margini di discrezionalita', fermo restando  il  tetto
 dell'aliquota  dell'1%,  quale  debba  essere il tipo d'imposta unica
 avuto di mira dalla normativa comunitaria, quale il suo  presupposto,
 come  si determini la base imponibile, quali siano i soggetti passivi
 di essa.  La  necessita'  di  un  ampio  intervento  del  legislatore
 nazionale,  attuativo della direttiva comunitaria, porta ad escludere
 che la stessa presenti quelle  caratteristiche  di  incondizionatezza
 alle  quali  secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle
 Comunita' Europee e della Corte costituzionale, e' subordinata la sua
 diretta applicabilita' nell'ordinamento dello Stato italiano.
    Nella presente  controversia  debbono  per  contro  trovare  piena
 applicazione  le norme interne che disciplinano l'imposta di registro
 e le altre imposte indirette sui conferimenti immobiliari; e di  esse
 pertanto  diviene  rilevante  esaminare  l'eventuale  contrasto con i
 principi della Costituzione.
    Le norme interne che prevedono, nell'ipotesi  di  conferimenti  di
 immobili  a societa' di qualsiasi tipo, l'assoggettamento all'imposta
 di registro, all'Invim (quantomeno al momento in cui l'atto di cui si
 controverte e' stato formato)  all'imposta  ipotecaria  e  catastale,
 appaiono  in  contrasto  con  i  principi informatori contenuti nella
 legge con la quale  il  Governo  e'  stato  delegato  ad  emanare  le
 disposizioni  occorrenti per la riforma del sistema tributario (legge
 9 ottobre 1971 n. 825) e,  in  particolare,  con  il  disposto  degli
 articoli  7  e  17  della citata legge-delega, il primo dei quali, in
 tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale,  stabilisce  che
 la  riforma debba adeguarsi alla direttiva comunitaria n. 335/69 che,
 come gia' evidenziato, prevede che gli Stati membri possano,  in  via
 alternativa,  o  esentare  i  conferimenti di immobili a societa', da
 imposta, o assoggettarli all'aliquota  unica  non  superiore  all'1%,
 mentre l'art. 17 delega il Governo ad emanare Testi Unici, sempre nel
 rispetto dei principi direttivi stabiliti dalla legge-delega e quindi
 nel rispetto delle direttive contenute nell'art. 7.
    Il legislatore delegato, superando i criteri direttivi fissati dal
 delegante, ha invece sottoposto i conferimenti ad imposta di registro
 con  aliquota  variabile fra l'1% e il 4%; ha inoltre assoggettato la
 medesima operazione ad Invim e ad imposta catastale ed ipotecaria.
    Ne  consegue,  a  parere  di  questa  Commissione,  che  le  norme
 tributarie  sopra  richiamate,  nella  parte  in  cui  assoggettano a
 registro,  Invim,  imposta  ipotecaria  e  catastale  i  conferimenti
 immobiliari  in  favore  di  societa'  di  qualsiasi  tipo violino il
 disposto dell'art. 76, della Costituzione, non essendosi  il  Governo
 attenuto ai principi direttivi fissati con la legge-delega.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritiene  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 4,  primo  comma,  lettera  a),
 punto  2)  della  tariffa,  parte prima allegatra al d.P.R. 26 aprile
 1986 n. 131 e degli artt. 2 e  10  del  decreto  legislativo  del  31
 ottobre  1990  n.  347  nonche' dell'art. 1 della tariffa allegata al
 medesimo decreto legislativo, nonche'
  dell'art. 2, secondo comma del d.P.R. 26 ottobre  1972  n.  643,  in
 riferimento  all'art.  76 della Costituzione, non prevedendo i citati
 articoli  che  i  conferimenti  a  societa'   di   capitali   vengano
 assoggettati  ad  aliquota  unica  non  superiore  all'1%, cosi' come
 stabilito  dalla  direttiva  comunitaria  n.  335/1969  e  successive
 integrazioni,  alla  quale  il  legislatore  delegante (art. 7, primo
 comma della legge 9 ottobre 1971 n.  825  e  art.  17,  terzo  comma,
 stessa  legge)  ha  disposto  debbano  adeguarsi le norme delegate in
 materia di imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale;
    Ordina la sospensione dei presenti procedimenti riuniti;
    Dispone l'invio degli atti alla Corte costituzionale  perche'  sia
 risolta   la   questione   di   legittimita'  costituzionale  innanzi
 formulata;
    Ordina la notifica della  presente  ordinanza  al  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri,  alle parti del giudizio e la comunicazione
 della stessa ai Presidenti della Camera dei  Deputati  e  del  Senato
 della Repubblica;
    Manda alla segreteria per conseguenti adempimenti.
    Cosi'  pronunziato  in  Padova,  nella  Camera di Consiglio del 12
 dicembre 1994.
                        Il presidente: FABIANI
 
 95C0520