N. 262 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 1995

                                N. 262
 Ordinanza emessa il 28 giugno 1995  dal  pretore  di  Locri,  sezione
 distaccata  di  Caulonia  nel procedimento penale a carico di Barbera
 Antonio
 Ambiente (tutela dell') -  Inquinamento  -  Scarico  di  insediamento
 produttivo   senza   la   prescritta  autorizzazione  (nella  specie:
 allevamento di ovini) -  Possibilita'  di  ottenere  l'autorizzazione
 entro  novanta  giorni  dalla  data  della  conversione  in legge del
 decreto-legge de quo con conseguente estinzione del reato - Lamentata
 omessa  previsione  di  sospendere  i  procedimenti penali in corso -
 Irragionevolezza - Lesione del principio di buon andamento della p.a.
 per essere l'imputato costretto a coltivare il processo al solo  fine
 di  ottenere  in tempo l'autorizzazione - Denunciata reiterazione dei
 decreti-legge in assenza dei requisiti di necessita' ed urgenza.
 (D.-L. 16 gennaio 1995, n. 9, art. 7).
 (Cost., artt. 3, 77 e 97).
(GU n.21 del 17-5-1995 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti del proc. n. 3079/90 reg. mod.  22  e  n.  14152/94
 r.g.  Pretura  a  carico di Barbera Antonio, nato a Riace il 9 giugno
 1957, ivi residente, via  Milano,  24,  imputato  del  reato  di  cui
 all'art.  21  della  legge n. 319/1976 per aver effettuato lo scarico
 dei rifiuti liquidi del proprio allevamento di ovini sul suolo, senza
 aver richiesto la prescritta autorizzazione;
    Sentite  le  parti,  osserva:  nella   fattispecie   concreta   e'
 applicabile il d.-l. n. 9/1995 concernente "Modifiche alla disciplina
 degli scarichi delle pubbliche fognature, e degli insediamenti civili
 che non recapitano in pubbliche fognature".
    Va  pertanto,  rilevato  come lo stesso, nel suo complesso, sia in
 contrasto con l'art. 77 della Costituzione  essendo  evidente,  dalla
 continua  reiterazione,  l'assenza  dei  requisiti  di  necessita' e,
 soprattutto, di urgenza, che costituiscono il presupposto  essenziale
 la cui sussistenza legittima il ricorso a tale strumento normativo.
    L'art.  7 del citato d.-l. n. 9/1995 disciplina il procedimento di
 sanatoria ed, al primo comma, stabilisce che: "I titolari di scarichi
 in  esercizio  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge   di
 conversione  del presente decreto possono presentare, entro 90 giorni
 decorrenti  dalla  predetta  data,  domanda  di   autorizzazione   in
 sanatoria nei limiti e nelle forme prescritte dal presente articolo".
    Al  secondo  comma  viene fissato in 90 giorni dalla presentazione
 della domanda il termine entro il quale l'autorizzazione in sanatoria
 deve essere rilasciata o  negata.  Nulla  e'  previsto  per  il  caso
 (probabile  vista  la  situazione  di  generale difficolta' in cui si
 trovano gli apparati amministrativi degli enti competenti) di inerzia
 della autorita' che deve provvedere al rilascio.
    Ne consegue che in tal caso all'interessato rimane la possibilita'
 di  fare  ricorso  ai  rimedi  previsti  dal  sistema  di   giustizia
 amministrativa (ricorso avverso il silezio-rifiuto).
    L'effetto  del  rilascio  dell'autorizzazione  e'  poi previsto al
 quinto  comma  dell'art.  7:  "Il  rilascio  dell'autorizzazione   in
 sanatoria  di  cui al comma primo estingue i reati previsti dall'art.
 21, commi primo e secondo, della legge 10 maggio 1976, n. 319, e suc-
 cessive modificazioni".
    Questione rilevante  nella  fattispecie  e'  che  tale  disciplina
 normativa,  che  introduce  in sostanza una causa di estinzione anche
 per reati futuri (quelli commessi dopo l'emanazione del decreto-legge
 e prima dell'entrata in  vigore  della  legge  di  conversione),  non
 prevede  alcun  meccanismo  di sospensione del procedimento penale, a
 differenza di quanto avviene,  per  esempio,  con  la  normativa  sul
 condono  edilizio  dove  gli  artt.  38  e  44 della legge n. 47/1985
 prevedono, appunto,  una  sospensione  che  consente  al  privato  di
 attivarsi  per  ottenere la sanatoria e farla poi valere nel processo
 penale  come  causa  estintiva  del reato. Ne' e' possibile procedere
 alla sospensione del processo ex artt. 3 e 479 del c.p.p. poiche' non
 si versa in alcuno dei casi contemplati da tali norme.
    E' dunque  previsto  un  effetto  estintivo  del  reato  collegato
 all'autorizzazione  in  sanatoria, ma manca un meccanismo processuale
 che consenta il tempestivo realizzarsi di tale effetto.
    Cio' significa che nei casi quali quello  in  oggetto  il  giudice
 dovra' proseguire il processo e l'interesato eventualmente condannato
 sara'  costretto  a  coltivare tutti i mezi di impugnazione possibili
 (affrontando  le  relative  spese)   al   solo   fine   di   ottenere
 l'autorizzazione  in  sanatoria  prima  della  irrevocabilita'  della
 sentenza o comunque prima della  esecuzione  della  pena.  In  questo
 ultimo  caso  egli  subira'  comunque  un  pregiudizio  considerati i
 diversi effetti della estinzione della pena  rispetto  all'estinzione
 del  reato.  Questo  ingiustificato  onere,  incidente sul diritto di
 difesa, e' meramente  legato  al  caso.  Dipende  dal  fatto  che  il
 soggetto  e'  stato citato a giudizio in questo periodo. Chi infatti,
 sara' processato in un periodo successivo (per esempio tra  sei  mesi
 perche'  la  richiesta  di fissazione di udienza e' giunta al pretore
 dirigente qualche giorno  dopo)  avra'  il  tempo  di  presentare  la
 domanda, ottenere l'autorizzazione in sanatoria e far valere la causa
 estintiva.
    E'  peraltro evidente come il caso in questione sia ben diverso da
 quelli  in  cui  assumeva  rilievo  il  decorso  del   tempo   oppure
 determinati effetti erano collegati dal legislatore a una certa data,
 cosi  per  i quali la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le
 questioni di legittimita' costituzionale sollevate.
    Nella fattispecie, infatti, come si e' visto, e'  la  possibilita'
 di  far  valere la causa estintiva che e', veramente, legata al caso.
 Non  appare,  quindi  manifestamente  infondata   la   questione   di
 costituzionalita'  della  disciplina  fissata  dal  citato art. 7 per
 intrinseca irragionevolezza della stessa e dunque per  contrasto  con
 il   principio   di   cui   all'art.  3  della  Costituzione  secondo
 l'interpretazione   piu'   volte   sostenuta   dalla   stessa   Corte
 costituzionale.
    La   proposta  questione  di  legittimita'  costituzionale  appare
 altresi' non manifestamente infondata giacche', avendo l'imputato  la
 possibilita'  di presentare la domanda di sanatoria e coltivando egli
 i  mezzi  di  impugnazione  al  solo  fine  di  ottenere   in   tempo
 l'autorizzazione  e  quindi di porre in essere la causa estintiva del
 reato,  l'attivita'  giurisdizionale  dei  vari  giudici  chiamati  a
 decidere finira' per essere meramente pleonastica. Il loro intervento
 sara'   invocato   non   per  effettive  questioni  di  merito  e  di
 legittimita' ma solo per guadagnare tempo. Il che appare in contrasto
 con il principio di buon  andamento  della  p.a.  (applicabile  anche
 all'attivita'    giurisdizionale)    sancito   dall'art.   97   della
 Costituzione.
    Cio' detto per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della
 questione, va ribadita l'indubbia rilevanza della  stessa  posto  che
 nella fattispecie il Barbera Antonio imputato di avere effettuato uno
 scarico  da  insediamento  produttivo senza l'autorizzazione e la sua
 situazione e' esattamente quella prima considerata in astratto.
    Egli  puo'  richiedere  e  ottenere  la  sanatoria con conseguente
 estinzione del reato, ma  cio'  nonostante  questo  giudice,  per  la
 evidenziata  incongruenza  normativa,  non  puo'  che  proseguire  il
 processo e per venire, eventualmente, ad una sentenza di condanna.
    Va pertanto, ritenuta rilevante  e  non  manifestamente  infondata
 anche  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 7 del
 d.-l. n. 9/1995 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
 nella parte in cui non  prevede  la  possibilita'  di  sospendere  il
 processo penale nei confronti di colui che, imputato del reato di cui
 all'art.  21  della  legge  10  maggio  1976,  n. 319, si trovi nelle
 condizioni di  poter  presentare  la  domanda  di  autorizzazione  in
 sanatoria.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita'  costituzionale  del   d.-l.   n.   9/1995   concernente
 "Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e
 degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature",
 nell'intero  suo testo con riferimento all'art. 77 della Costituzione
 e dell'art. 7 del citato d.-l. n. 9/1995 con riferimento agli artt. 3
 e 97 della Costituzione, per i motivi esposti in narrativa;
    Sospende il processo in corso e dispone la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al
 Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' per  la  comunicazione
 al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati.
      Caulonia, addi' 28 febbraio 1995
                           Il pretore: CARIO
                                       L'assistente giudiziario: ROMEO
 95C0537