N. 266 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 dicembre 1994

                                N. 266
 Ordinanza emessa il 2 dicembre 1994 dal Consiglio di  Stato,  sezione
 sesta  giurisdizionale  sui ricorsi riuniti proposti da Ente autonomo
 Flumendosa contro Camboni Sebastiano ed altri
 Impiego  pubblico - Dipendenti dell'E.A.F. (Ente autonomo Flumendosa)
 - Computo della indennita' integrativa speciale nella  determinazione
 della  indennita'  di anzianita' - Prevista automatica estinzione dei
 giudizi in corso con declaratoria  di  compensazione  delle  spese  -
 Compressione  della  funzione  giurisdizionale  -  Limitazione  della
 garanzia giurisdizionale contro gli atti  illegittimi  della  p.a.  -
 Incidenza  sul  diritto  di  difesa - Riferimento alle sentenze della
 Corte costituzionale n.  243/1993 e 123/1987.
 (Legge 29 gennaio 1994, n. 87, art. 4).
 (Cost., artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo  comma,  103  e
 113).
(GU n.21 del 17-5-1995 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sui ricorsi in appello n.
 1812, 1813, 1826, 1827, 1828, 1829, 1830, 1831 tutti del 1991;  6982,
 6983,  6984,  7012,  7013,  7014, 7015, 7016, 7017, 7018, 7019, 7020,
 7021, 7028, 7029, 7030, 7031, 7032, 7033,  7034,  7035,  7036,  7037,
 7038, 7039, 7093, 7094, 7095, 7096, 7097, 7098, 7122, 7123, tutti del
 1993;  1651,  1652, 1653, tutti del 1994, proposti dall'Ente Autonomo
 Flumendosa - E.A.F. in persona  del  suo  legale  rappresentante  pro
 tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
 con  domicilio  eletto  in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, contro
 rispettivamente,  Camboni  Sebastiano;  Marras   Giovanni   e   Salis
 Salvatore;  Zara  Francesco; Spanu Giovanni; Mattana Giovanni, Muscas
 Vincenzo, Condotti Salvatore,  Maccioni  Efisio  e  Mancosu  Ottavio;
 Anedda  Marco  e  Corda  Gino;  Corso  Angelo; e Pambira Mario, tutti
 rappresentati e difesi dall'avv. Alberto Piga, con  domicilio  eletto
 in Roma presso l'avv. Giuliano Bologna, in via Merulana n. 234;
    Cordeddu  Maria  Grazia;  Montanari  Francesco;  Berti  Giampaolo;
 Chiavini Angiolino; Rinaldi Gabriele; Cammella Teodoro; Erriu  Paolo;
 Marini  Giorgio;  Petretto  Angelo;  Megna Elio; Mocci Eraldo; Pittau
 Luciano; Mereu Salvatore; Pusceddu  Giuseppe;  Bandel  Lucio;  Pirina
 Giancarlo;  Pettinau  Giorgio;  Soddu Antonio; Cestaro Arnaldo; Locci
 Antonio; Mura  Antonio;  Cossu  Mario;  Orsi  Marcello;  Ecca  Gianni
 Cesare;  De Montis (o Demontis) Luciano; Murrau Saverio; Pia Antonio;
 Mantega Maria Pia; Nurchi Antonio; Murru Giorgio; Campullu  Giovanni;
 Pivano  (o  Rivano)  Enrico;  e  Saba  Ignazio, tutti rappresentati e
 difesi dall'avv. Raffaele Gallus  Cardia,  con  domicilio  eletto  in
 Roma, in via Purificazione n. 31;
    Casti   Francesco;   Diana   Angelo;   e   Pinna   Gennaro,  tutti
 rappresentati e difesi dall'avv. Paolo Secci, con domicilio eletto in
 Roma presso l'avv. Raffaele Gallus Cardia, in  via  Purificazione  n.
 31;  per  l'annullamento delle sentenze n. 867, dal n. 891 al n. 895,
 nn.  905 e 906, tutte del 10 giugno 1991; dal n. 1881 al n. 1883, dal
 n.  1885 al n. 1909 tutte del 30 dicembre 1992; dal n. 607 al n.  614
 tutte  del  27  maggio 1993, pronunciate dal Tribunale amministrativo
 regionale della Sardegna;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore il cons. Corrado Allegretta;
    Uditi all'udienza pubblica del 2 dicembre 1994 l'avv. dello  Stato
 Clemente e l'avv. Gallus Cardia, anche per delega degli avv.ti Piga e
 Secci;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
                               F A T T O
    L'E.A.F.  -  Ente  Autonomo  Flumendosa,  impugna  le  sentenze in
 epigrafe indicate, con le quali il tribunale amministrativo regionale
 della  Sardegna  ha   riconosciuto   il   diritto   degli   appellati
 all'indennita'    di    anzianita'    ricalcolata    tenendo    conto
 dell'indennita' di contingenza corrisposta con l'ultima retribuzione,
 oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali.
    Sostiene l'appellante che erroneamente il tribunale, pur ritenendo
 che ai dipendenti dell'E.A.F. si applichi la normativa dettata  dalla
 legge  20 marzo 1975 n. 70, affermi la computabilita' dell'indennita'
 di contingenza nella base di calcolo dell'indennita' di anzianita'.
    Gli appelli si concludono con la domanda che il Consiglio di Stato
 annulli le sentenze impugnate e dichiari  l'inesistenza  del  diritto
 preteso  dagli  appellati;  con vittoria delle spese dei due gradi di
 giudizio.
    All'udienza del 2 dicembre 1994, sentiti i difensori presenti,  il
 Collegio si e' riservato la decisione.
                             D I R I T T O
    Per  la  loro  evidente  connessione,  gli appelli in esame devono
 essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
    La  controversia  concerne   la   computabilita'   dell'indennita'
 integrativa  speciale  nel  trattamento di fine rapporto spettante ai
 dipendenti dell'Ente Autonomo Flumendosa - E.A.F.
    In  proposito,  la  normativa  cui  occorre  far  riferimento   e'
 contenuta,  per  ammissione dello stesso Ente appellante, nel vigente
 regolamento  organico  del   personale   dipendente,   adottato   con
 deliberazione   commissariale  n.  1084  dell'11  settembre  1986  in
 applicazione della legge regionale  8  maggio  1984  n.  17,  che  ha
 disposto la regionalizzazione dell'Ente, con obbligo per lo stesso di
 estendere  ai  suoi dipendenti il trattamento economico del personale
 regionale con  effetti  giuridici  dal  1›  giugno  1984  ed  effetti
 economici dal successivo 31 dicembre.
    Per quanto riguarda il trattamento previdenziale, tuttavia, l'art.
 77  del  predetto  regolamento  stabilisce  che  "sino all'entrata in
 vigore della legge che disciplinera' la materia relativa al fondo per
 l'integrazione del trattamento di  quiescenza,  di  previdenza  e  di
 assistenza  del  personale  continueranno  ad  avere applicazione nei
 confronti del personale attualmente avente diritto le disposizioni di
 cui alla deliberazione  n.  254  del  25  luglio  1960  e  successive
 modificazioni   ed   integrazioni",   cioe'   le  disposizioni  della
 preesistente normativa regolamentare dell'Ente.
    La norma e' stata successivamente interpretata  con  deliberazione
 commissariale  24  ottobre 1986 n. 1240 nel senso che "il riferimento
 ..   relativo   alla   normativa   assicurativa,   previdenziale   ed
 assistenziale  vigente anteriormente all'entrata in vigore del citato
 regolamento  ricomprende,  per   l'indennita'   di   anzianita',   la
 disposizione contenuta nell'art. 13 della legge 20 marzo 1975 n. 70".
    Non  essendo  ancora intervenuta la legge regionale concernente il
 nuovo  trattamento  di  previdenza,  trova   applicazione,   in   via
 transitoria,  il  citato  art.  13, il quale stabilisce che "all'atto
 della cessazione dal servizio spetta al  personale  un'indennita'  di
 anzianita',  a totale carico dell'ente, pari a tanti dodicesimi dello
 stipendio annuo lordo  complessivo  in  godimento  qualunque  sia  il
 numero  di  mensilita' in cui esso e' ripartito, quanti sono gli anni
 di servizio prestato".
    Nello stipendio annuo  lordo  complessivo,  tuttavia,  non  poteva
 essere  compresa,  ai  fini di cui si tratta l'indennita' integrativa
 speciale siccome  erogata,  a  norma  dell'art.  26  della  legge  n.
 70/l975,  "nella misura e con le forme vigenti per il personale dello
 Stato" e, pertanto, come indennita' non utile a detti fini.
    Secondo quanto esposto dalla difesa  dell'Ente  e  non  contestato
 dagli  appellati, inoltre, costoro non sono iscritti all'I.N.A.D.E.L.
 e, pertanto, manca, altres/', il presupposto in forza  del  quale,  a
 norma dell'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, potrebbe sorgere
 il  loro  diritto  a vedersi ricomprendere, nell'indennita' premio di
 servizio  corrisposta  da  tale  Istituto,  l'indennita'  integrativa
 speciale.
    Nelle  more  del  giudizio,  tuttavia,  prima  e'  intervenuta  la
 pronuncia 19 maggio 1993 n.  243  della  Corte  costituzionale  sulla
 questione  di legittimita' costituzionale delle disposizioni di legge
 che tale computabilita' negavano e, poi, e'  entrata  in  vigore  (in
 data 6 febbraio 1994) la legge 29 gennaio 1994, n. 87, recante "Norme
 relative  al  computo  della  indennita'  integrativa  speciale nella
 determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti"  (pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1994).
    Questa  legge  all'art.  4 stabilisce che "i giudizi pendenti alla
 data di entrata in vigore della presente legge aventi ad  oggetto  la
 riliquidazione  del  trattamento di fine servizio comunque denominato
 con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati
 estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti".
    La disposizione che prevede  l'estinzione  d'ufficio  dei  giudizi
 pendenti  assume,  dunque, evidenza nel presente giudizio, ricorrendo
 l'ipotesi, prevista dal precedente art. 3, primo comma, di  "rapporti
 attinenti  alla  liquidazione dell'indennita' di buonuscita o analogo
 trattamento" non ancora giuridicamente esauriti.
    Della sua costituzionalita',  tuttavia,  questa  Sezione  ha  gia'
 avuto  modo di dubitare (si veda, per tutte, l'ordinanza n. 664 del 3
 maggio 1994).
    Si e' ritenuto, invero, che, nel contesto  normativo  della  legge
 considerata, l'art. 4 si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, primo
 e secondo comma, 25, primo comma, 103 e 113 della Costituzione.
    La  norma  in  esso  contenuta  incide,  infatti, direttamente sul
 diritto di difesa quale  garantito  dall'art.  24,  primo  e  secondo
 comma, della Costituzione.
    Dopo  aver  ricordato  che  il potere del legislatore ordinario di
 variamente disciplinare il diritto di difesa, quale espressione della
 tutela  giurisdizionale,  in  funzione  di  superiori  interessi   di
 giustizia,  incontra  limiti,  fra cui il principale e' rappresentato
 dalla condizione che l'esercizio del diritto di difesa sia  garantito
 in  modo  effettivo  ed  adeguato  alle  circostanze,  la  menzionata
 ordinanza rileva che il limite anzidetto risulta ampiamente  superato
 allorche',    come    nella   specie,   il   legislatore   intervenga
 successivamente all'esercizio dell'azione con disposizioni preclusive
 intese a vanificare la tutela giurisdizionale, specie se  questa  sia
 stata  gia'  sperimentata,  essendosi  resa necessaria in conseguenza
 dell'inerzia del legislatore a fronte di posizioni soggettive che  la
 Corte  costituzionale,  con la sentenza sopra citata, ha poi ritenuto
 direttamente garantite dalla Costituzione.
    Il  contrasto  con  l'art.  3  della Costituzione, sul piano della
 razionalita',  si  e'  ravvisato  nel   fatto   che,   imponendo   la
 dichiarazione  di  estinzione  dei  giudizi pendenti, la disposizione
 normativa si risolve proprio nella  vanificazione  di  quegli  stessi
 giudizi,  che  hanno reso possibile la proposizione incidentale della
 questione di illegittimita' costituzionale in materia e che,  seppure
 ancora  non  definitivamente decisi dal giudice naturale con sentenza
 passata in cosa giudicata, pur tuttavia hanno consentito di  incidere
 sull'ordinamento generale attraverso la pronuncia suddetta.
    Ad   ulteriore   sospetto  di  incostituzionalita'  da'  corpo  la
 compromissione del diritto di difesa derivante dalla  estinzione  dei
 giudizi  pendenti,  in  relazione  ai  tempi  lunghi  previsti per la
 realizzazione della pretesa e, in definitiva, per  il  riconoscimento
 del  diritto,  dal  momento  che,  per un verso, anche i soggetti che
 avevano gia' proposto la loro pretesa in  sede  giurisdizionale  sono
 tenuti  a  proporre  apposita domanda entro un determinato termine di
 decadenza  (art.  3,  secondo  comma),  e,  per  altro  verso,   tale
 estinzione  potrebbe  consentire alla Amministrazione di rimettere in
 discussione, caso per caso, l'esistenza stessa del diritto, anche  in
 relazione  a  quelle  ipotesi  che  per  tale aspetto potrebbero gia'
 pervenire a pronta soluzione.
    Anche la  disposta  compensazione  delle  spese  del  giudizio  e'
 apparsa in violazione delle garanzie costituzionali poste dagli artt.
 24,  primo  e  secondo comma, 25, primo comma, della Costituzione, in
 quanto sottrae al giudice naturale della pretesa sostanziale  dedotta
 in  giudizio  tale  parte  accessoria  della  controversia,  che  per
 principio costituzionale non puo' esserne distolta.
    Il sospetto di illegittimita' dell'art.4 della  legge  n.  87  del
 1994  e' stato esteso poi alla violazione degli artt. 103 e 113 della
 Costituzione,  sotto   il   profilo   dell'illegittima   interferenza
 dell'esercizio del potere legislativo nella sfera di attribuzioni del
 potere  giurisdizionale  in  un ambito che vede come giudice naturale
 delle relative controversie il giudice amministrativo.
    Per le stesse ragioni, del resto, la Corte costituzionale ha  gia'
 dichiarato  incostituzionale, con sentenza n. 123 del 10 aprile 1987,
 una norma di identico contenuto della legge n. 425 del 1984.
    Questo Collegio non  ha  motivo  di  dissentire  dalle  precedenti
 pronunce   e,   peraltro,   tutti   gli   aspetti  di  illegittimita'
 costituzionale  sopra  delineati  sono  rilevanti   ai   fini   della
 definizione del giudizio.
    Dalla  risoluzione  della  relativa questione dipende, infatti, se
 possa essere dichiarata l'estinzione del giudizio, ovvero  se  questo
 debba  proseguire  fino  a  conclusioni  di  merito, salva ogni altra
 iniziativa processuale delle parti intesa a determinare  comunque  la
 chiusura senza una pronuncia di merito.
    Per  le  considerazioni  fin  qui  svolte,  previa  riunione degli
 appelli e sospensione del giudizio, la soluzione della  questione  di
 illegittimita'  costituzionale  di  cui sopra dev'essere rimessa alla
 Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Previa riunione dei ricorsi in epigrafe, visti  l'art.  134  della
 Costituzione,  l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n.
 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, sospende il giudizio e
 dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
 per  la  risoluzione  della  questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 4 della legge 29 gennaio 1994 n. 87,  nella  parte  in  cui
 dispone  che  i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della
 legge, aventi ad oggetto la riliquidazione del  trattamento  di  fine
 servizio   comunque   denominato   con  l'inclusione  dell'indennita'
 integrativa  speciale,  sono   dichiarati   estinti   d'ufficio   con
 compensazione  delle  spese  fra  le  parti,  per  contrasto  con gli
 articoli 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma,  103  e  113,
 della Costituzione;
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria  la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa ed alla Presidenza del  Consiglio  dei
 Ministri,  nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati
 e del Senato della Repubblica.
    Cosi  deciso  in   Roma   dal   Consiglio   di   Stato   in   sede
 giurisdizionale,  sezione  sesta,  nella  camera  di  consiglio del 2
 dicembre 1994.
                        Il presidente: LASCHENA
                                 Il consigliere, rel. est.: ALLEGRETTA
 95C0540