N. 272 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 novembre 1994

                                N. 272
 Ordinanza emessa il 23 novembre 1994 dal  pretore  di  Roma,  sezione
 distaccata  di  Castelnuovo di Porto nel procedimento penale a carico
 di Bernardini Anna
 Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi eccedenti i  limiti
 tabellari    previsti   dalla   legge   n.   319/1976   -   Lamentata
 depenalizzazione  -  Irragionevolezza  -  Disparita'  di  trattamento
 rispetto  ad  ipotesi  meno  gravi, ma punite con maggior severita' -
 Lesione del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento con  le
 norme  del  diritto  internazionale,  in particolare con quelle CEE -
 Violazione del principio di riserva di legge in  materia  penale  per
 reiterazione a catena dei decreti-legge - Conseguente sottrazione del
 potere legislativo al Parlamento.
 (D.-L. 16 novembre 1994, n. 629, art. 4, secondo comma).
 (Cost., artt. 10, 11, 25, 32 e 77).
(GU n.21 del 17-5-1995 )
                              IL PRETORE
    Nel  procedimento penale a carico di Bernardini Anna, imputata dei
 reati p. e p. dagli artt. 21, terzo comma, della legge  n.  319/1976;
 25  della  legge n. 319/1976 in relazione all'art. 6 della l.r. Lazio
 n. 41/1982; 22 della legge n. 319/1976, alla pubblica udienza del  23
 dicembre  1994 ha pronunciato la sotto estesa ordinanza di rimessione
 degli  atti  alla   Corte   costituzionale   per   il   giudizio   di
 costituzionalita'  dell'art.  4, secondo comma, del d.-l. 16 novembre
 1994, n. 629, in relazione agli artt. 3, 10, 11, 25, 32  e  77  della
 Costituzione.
    Il  primo  e  piu'  evidente  contrasto denunciabile e' quello tra
 l'impugnata norma e  l'art.  3  della  Costituzione  inteso  nel  suo
 essenziale   significato   di   limite   di   ragionevolezza  che  le
 disposizioni legislative devono sempre rispettare.
    Si osserva al riguardo che in  forza  della  norma  denunciata  si
 realizza  de  facto et de iure, la sostanziale depenalizzazione della
 condotta  di  inquinamento  collegata  al  superamento   dei   limiti
 tabellari  previsti dalla legge (con la residua rilevanza penalistica
 della condotta inquinante di chi  supera  la  soglia  percentuale  di
 inquinamento  fissata  al  20% dei valori tabellari, assoggettando la
 relativa ipotesi alla sola sanzione dell'ammenda).
    Orbene,  in  conseguenza  di  tale   novella,   la   condotta   di
 inquinamento  c.d.  sostanziale,  cosi'  definito  perche'  legato al
 superamento dei valori considerati inquinanti, riceve un  trattamento
 difforme  e  piu'  favorevole  rispetto  ai casi di inquinamento c.d.
 formale cosi' definito perche' connesso alla  sola  violazione  delle
 competenze  amministrative  dettate dalla legge in merito al rilascio
 della autorizzazione allo scarico, indipendentemente, quindi, da  una
 lesivita' in atto dell'interesse sostanziale riguardante l'integrita'
 delle acque.
    Infatti,  tali  violazioni  a  carattere  meramente  formale  sono
 rimaste   assoggettate   alla   pena   alternativa   dell'arresto   o
 dell'ammenda  ex  art.  21,  primo comma, della legge n. 319 del 1976
 laddove, per l'ipotesi del superamento dei limiti tabellari da  parte
 di  scarico  produttivo, con la norma denunciata, si e' realizzata la
 sostanziale depenalizzazione con il residuale ricorso  alla  sanzione
 penale  solo  in  caso  di  superamento  di una determinata soglia di
 inquinamento.
    Il trattamento differenziato sopra  descritto  mostra  evidenti  i
 segni  della  incoerenza logica e della disparita' di trattamento che
 non riesce a trovare alcuna valida giustificazione  della  diversita'
 delle situazioni di fatto disciplinate.
    Al  contrario,  proprio  confrontando  le  realita'  obiettive  da
 disciplinare emerge la violazione del limite di ragionevolezza atteso
 che e' stata introdotta, con la norma denunciata, una  disciplina  di
 maggiore  favore  per fatti (di inquinamento sostanziale) sicuramente
 piu' gravi di quelli (di inquinamento solo formale) per  i  quali  e'
 stata mantenuta inalterata la precedente disciplina; con il risultato
 abnorme  di  punire piu' gravemente l'inquinamento formale (arresto o
 ammenda)  rispetto  all'inquinamento  sostanziale  (solo  ammenda  o,
 persino,  al  di  sotto  della  ricordata  soglia  del  20%, assoluta
 irrilevanza penale).
    Altro profilo di contrasto denunciabile e' quello riferibile  agli
 artt.  10  e  11  della Costituzione reclamanti l'obbligo dello Stato
 italiano di  conformarsi  agli  obblighi  internazionalmente  assunti
 consentendo  in condizione di parita' con gli altri Stati, anche alle
 necessarie limitazioni di sovranita'.
    Si  osserva  infatti  che  l'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
 europea  impone  al  nostro  Paese  il pieno rispetto delle direttive
 comunitarie che, a seconda dei casi,  ricevano  diretta  applicazione
 nell'ordinamento   italiano   ovvero   vengono  applicate  attraverso
 l'intermediazione  di  leggi  di   attuazione   che   ne   assicurano
 l'esecuzione ed il rispetto.
    Nella  materia  che  qui inteessa sussistono direttive comunitarie
 che impongono determinati  criteri  normativi  sulla  gestione  delle
 acque e sulla repressione dei contegni vioalativi.
    Per  ben  due volte la Corte europea di giustizia ha condannato il
 nostro Paese per il riconosciuto contrasto tra la "Legge Merli" e  le
 vigenti  direttive comunitarie (Corte di giustizia 13 dicembre 1990 e
 28 febbraio 1991) fra le altre ragioni perche' recante  norme  troppo
 permissive   ai   fini   del   rilascio   delle   autorizzazioni   ed
 insufficientemente repressive agli effetti sanzionatori in  relazione
 all'inosservanza  delle  prescrizioni  riportate nelle autorizzazioni
 medesime.
    Con la denunciata norma, che abbassa ulteriormente il  livello  di
 risposta   penale,   gia'   ritenuto  insufficiente,  si  concretizza
 l'ulteriore accentuazione  del  grado  di  inadempienza  dello  Stato
 italiano  verso  le  direttive comunitarie e verso le decisioni della
 Corte europea di giustizia.
    Violato dalla norma denunciata  ed,  unitariamente,  dal  decreto-
 legge che la contiene e' altresi' il principio di riserva di legge in
 materia  penale  affermato  dall'art. 25 della Costituzione, letto in
 relazione con l'art. 77  della  Costituzione  sulla  decretazione  di
 urgenza da parte del Governo.
    Si  osserva  sul  punto  che la riserva di legge in materia penale
 possiede quale primo e fondamentale significato, quello secondo  cui,
 le  scelte  di  politica  criminale,  sono  monopolio  esclusivo  del
 Parlamento.
    L'ammissibilita'  che  nuove  norme  di   diritto   penale   siano
 introdotte attraverso decreti-legge o decreti legislativi e' connessa
 alla  circostanza  che,  in  entrambi  i  casi,  si  realizza  ed  e'
 assicurato  comunque  l'intervento  del   Parlamento   in   posizione
 sovraordinata,   ora   quale   organo   delegante   (art.   76  della
 Costituzione), ora quale organo cui e' rimesso il potere di conferire
 stabilita' e  durevolezza,  attraverso  la  legge  di  conversione  a
 disposizioni  normative  precarie  e  soggette a decadenza in caso di
 inutile decorso del termine di sessanta giorni dettato dall'art.  77,
 ultimo comma, della Costituzione.
    Nella specie, attraverso la reiterazione a catena di decreti-legge
 non  convertiti disciplinanti l'identica materia penale - l'ultimo e'
 quello denunciato di incostituzionalita' con la presente ordinanza  -
 si  e'  di  fatto  realizzata  la sottrazione al Parlamento della sua
 esclusiva   competenza   a   disporre   in   materia   penale,    con
 l'inammissibile  assunzione  da  parte  dell'esecutivo,  del relativo
 potere di bilanciamento e  di  valutazione  degli  interessi  che  in
 materia  penale  e'  di  esclusiva competenza dell'organo assembleare
 rappresentativo  della  sovranita'   popolare.   In   altre   parole,
 attraverso   il  procedimento  indiretto  consistito  nella  ripetuta
 adozione di decreti-legge non convertiti e di identico contenuto,  si
 e'  realizzato  il  risultato contrastante con le precisazioni di cui
 alla  Corte  costituzionale  che  vuole  assicurata   la   competenza
 esclusiva del Parlamento in materia penale.
    Da  ultimo,  e'  sussistente  un evidente contrasto nella norma in
 esame con l'art. 32 della Costituzione.
    Infatti, puo' considerarsi pacifico che  nel  concetto  di  salute
 pubblica, costituzionalmente garantito, debba ricomprendersi anche la
 salubrita'  dell'ambiente  naturale  ed  urbano  entro  cui  ciascuna
 persona viva.
    Questo concetto viene pacificamente riconosciuto in giurisprudenza
 sicche'  l'affievolita,  ed  in alcuni casi del tutto esclusa, tutela
 penale in materia di inquinamento sostanziale comporta che  la  nuova
 normativa  si  pone  in contrasto con le esigenze che l'art. 32 della
 Costituzione  vuole  assicurate,  anche   e   soprattutto   per   via
 legislativa in materia di tutela della salute.
    La  sollevata questione e' rilevante ai fini del presente giudizio
 atteso che investe la norma che direttamente incide  sul  trattamento
 sanzionatorio applicabile al caso concreto determinandone uno affatto
 diverso.
    Infatti,  nella  validita'  e  vigenza  della  denunciata norma la
 condotta dell'imputata risulterebbe priva  di  rilevanza  penale;  in
 opposta   ipotesi   ricadrebbe  sotto  i  rigori  della  preesistente
 disciplina penale di cui all'art. 21, secondo comma, della  legge  n.
 319/1976.
                               P. Q. M.
    Vista  la  eccezione  di  incostituzionalita'  sollevata  dal p.m.
 dell'art. 4, secondo comma, del d.-l. 16 novembre 1994,  n.  629,  in
 relazione agli artt. 3, 10, 11, 25 e 32 della Costituzione;
    Ritenuto   che  la  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni
 prospettate   e    rilevati    d'ufficio    autonomi    profili    di
 incostituzionalita'  dell'art.  4 del d.-l. 16 novembre 1994, n. 629,
 in relazione agli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione;
    Ritenuta   la   rilevanza    della    superiore    questione    di
 costituzionalita' ai fini della definizione del presente giudizio;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  questione  di  costituzionalita'  del  richiamato art. 4,
 secondo comma, del d.-l. 16 novembre 1994, n. 629, in relazione  agli
 artt.  3,  10,  11,  25,  32  e  77  della Costituzione disponendo la
 immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura della cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 sia  notificata alle parti in causa ed al p.m., nonche' al Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
    L'ordinanza verra' comunicata a cura del cancelliere ai Presidenti
 delle due Camere;
    Sospende il presente giudizio.
      Castelnuovo di Porto, addi' 23 dicembre 1994
                           Il pretore: CROCE
 
 95C0561