N. 275 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 febbraio 1995
N. 275 Ordinanza emessa il 21 febbraio 1995 dal pretore di Udine, sezione distaccata di Cividale del Friuli nel procedimento penale a carico di Rizzi Filippo ed altri Edilizia ed urbanistica - Reati commessi anteriormente al 31 dicembre 1993 - Condono - Previsione dell'estinzione del reato di costruzione abusiva o di interventi edilizi non autorizzati in zone o fabbricati sottoposti a vincoli paesaggistici a seguito di rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria subordinato al conseguimento delle autorizzazioni della autorita' preposte al vincolo - Lamentata omessa previsione dell'identico beneficio in caso di opere incidenti sul paesaggio (nella specie: opere per il drenaggio delle acque di scolo e di modifica della gradonatura preesistente) regolarmente concesse o autorizzate dall'autorita' comunale, ma prive dell'autorizzazione paesaggistica - Deteriore trattamento per coloro che hanno violato la legge penale in misura inferiore. (Legge 28 febbraio 1985, n 47, art. 31; legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39). (Cost., art. 3).(GU n.21 del 17-5-1995 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Rizzi Filippo, Rizzi Massimo, Giovagnoli Paolo e Cois Luciano, imputati del reato di cui all'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con legge 8 agosto 1985, n. 431 e punito ai sensi dell'art. 20, lett. c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, osserva quanto segue: all'udienza del 7 febbraio 1995 il pubblico ministero ha richiesto a questo pretore, ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nella parte in cui, al comma ottavo, nel caso di interventi edilizi nelle zone e fabbricati sottoposti a vincolo ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497, e del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, prevede l'estinzione del reato per la violazione del vincolo stesso, a seguito del rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo. A parere del p.m. la recente normativa in materia di sanatoria degli abusi edilizi, prevedendo che la domanda di condono possa essere presentata solamente in relazione alle opere indicate nell'art. 31, primo comma, della legge n. 47/1985 tra le quali non vi sono le opere realizzate in assenza della sola autorizzazione prevista dall'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, consentendo a coloro che hanno realizzato interventi urbanistici in zona sottoposta al vincolo della cd. "legge Galasso", senza richiedere la concessione edilizia ne' l'autorizzazione paesaggistica, di sanare anche il reato conseguente la violazione del vincolo, e non prevedendo invece tale favorevole effetto per coloro che abbiano realizzato analoghi interventi richiedendo ed ottenendo la concessione edilizia, ma non l'autorizzazione paesaggistica. Il contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza appare al p.m. evidente in considerazione della disparita' di trattamento che si realizzarebbe in tale caso, venendo ad essere discriminati coloro che si sono posti in contrasto con la legge penale in misura, per cosi' dire, minore. Al riguardo il pretore osserva che, all'udienza del 7 febbraio 1995 il difensore degli imputati Rizzi Filippo e Rizzi Massimo ha dichiarato che questi hanno presentato domanda per usufruire del condono edilizio, ai fini dell'estinzione del reato loro contestato, e cio' comporterebbe per il pretore l'obbligo di disporre la sospensione del procedimento ex art. 44 della legge n. 47/1985. Anzitutto, in relazione alla rilevanza della prospettata questione di legittimita' costituzionale, si osserva che a parere di questo giudice, in particolare a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, la possibilita' di sanatoria delle opere abusive deve ritenersi estesa a tutti gli interventi comportanti una trasformazione urbanistica del territorio, e non solo agli interventi concretantisi in realizzazione di nuovi edifici od ampliamento di edifici preesistenti. Inizialmente l'art. 1 del d.-l. 27 settembre 1994, n. 551, nel prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, alle opere abusive, ultimate entro il 31 dicembre 1993, indicava le stesse in ampliamenti di manufatti preesistenti o nuove costruzioni, con precisi limiti di cubatura, con cio' sembrando riferirsi solamente agli edifici abusivi, anche in sintonia con le finalita' perseguite dal governo nell'emanazione dei decreti-legge, circa la regolarizzazione del c.d. "abusivismo di necessita'". Con l'entrata in vigore dell'art. 39 della legge n. 724/1994 la situazione appare tuttavia mutata, tanto da far ritenere che il legislatore abbia inteso ampliare la possibilita' di sanatoria anche ad altri interventi non qualificabili come edilizi in senso stretto, e purtuttavia, per costante giurisprudenza penale ed amministrativa, soggetti al previo controllo dell'autorita' comunale, e per i quali deve comunque ritenersi prescritta la concessione edilizia o l'autorizzazione.: trattasi di interventi vari, quali sbancamenti, recinzioni, demolizioni, scavi, riporti, spianamenti e livellamenti del terreno. L'art. 31, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, riferendosi semplicemente a "costruzioni od altre opere", realizzate in assenza di licenza, concessione o autorizzazione edilizia, aveva consentito di ritenere compresi nel condono introdotto con tale legge anche tali interventi. Tale interpretazione estensiva puo' tuttavia essere applicata anche alla nuova normativa, e cio' non appare anzitutto contrastare con il dato letterale del primo comma dell'art. 39 della legge n. 724/1994, ove si richiamano espressamente le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e dove comunque il riferimento generale e' alle "opere abusive", mentre le successive prescrizioni circa la volumetria dei manufatti possono intendersi specificazioni relative ai piu' frequenti casi di abusivismo relativo ad abitazioni. Ulteriore dato testuale che appare confortare nella prospettata interpretazione e' costituito al richiamo, effettuato dal citato art. 39, al terzo comma, ai fini della determinazione dell'oblazione, alla tabella allegata alla legge n. 47/1985 e, al quinto comma "alle opere di cui al numero 7 della tabella allegata alla legge 28 febbraio 1985, n. 47": al punto 7 della richiamata tabella erano indicate le "opere o modalita' di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume". Peraltro anche il settimo comma del citato art. 39 della legge n. 724/1994 richiama, con riferimento alle opere eseguite su immobili soggetti alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e al d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, "ampliamenti o tipologie d'abuso che non comportano aumento di superficie o di volume". Una siffatta interpretazione appare peraltro conforme al principio di cui all'art. 3 della Costituzione, poiche' di norma gli abusi relativi alla costruzione od ampliamento di edifici (specie in zone soggette a vincolo) hanno impatto ambientale ben piu' consistente di (spesso modesti), interventi di sbancamento, livellamento o riporto di terreno. Per i motivi esposti si ritiene che anche l'intervento oggetto dell'imputazione nel presente procedimento (esecuzione di lavori di miglioramento fondiario consistiti nella realizzazione di opere di drenaggio delle acque di scolo ed interventi di movimento di terreno che determinavano la modifica della graduatoria preesistente, in zona soggetta a vincolo paesaggistico), in quanto soggetta al rilascio di concessione edilizia, qualora questa non fosse stata rilasciata, avrebbe potuto usufruire della sanantoria, con conseguente estinzione anche del reato derivante dalla violazione del vincolo. Nel caso di specie, come indicato nella memoria difensiva dimessa, i lavori sono stati autorizzati con concessione edilizia del 1990, e furono di fatto terminati nei primi mesi del 1991. Ulteriore requisito per l'accesso al condono, e' costituito dall'ultimazione dell'opera abusiva entro il 31 dicembre 1993, e tale requisito appare anch'esso sussistente. Nella perizia del consulente del p.m. di data 20 aprile 1993, allegata alla memoria difensiva dimessa dal difensore di Cois Luciano, si afferma infatti, sulla base del sopralluogo di data 23 marzo 1993, che l'intervento e' stato realizzato come da progetto approvato, e quindi almeno a tale data i lavori devono ritenersi ultimati. Che l'effetto estintivo del "reato per la violazione del vincolo" previsto dall'ottavo comma del citato art. 39 sia riferito alla violazione dell'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312 appare evidente, non solo perche' il d.-l. n. 312/1985 e' espressamente richiamato dalla norma in esame, ma anche perche' la legge 29 giugno 1939, n. 1497 non prevedeva sanzioni penali. Peraltro gia' l'art. 38, secondo comma, della legge del 1985 consentiva l'estinzione, a seguito del procedimento di sanatoria previsto dagli artt. 31 e segg., di reati previsti da altre leggi connesse all'attivita' edilizia. Evidente appare pertanto la disparita' di trattamento istituita con la recente normativa di sanantoria degli abusi edilizi, ove si consideri che gli odierni imputati, per il solo fatto di aver regolarmente ottenuto la necessaria concessione edilizia per l'esecuzione dell'opera, non possono usufruire dell'estinzione del reato di cui all'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, mentre qualora, con condotta maggiormente rilevante dal punto di vista penale, avessero realizzato l'opera in zona soggetta a vincolo senza neppure essere in possesso della prescritta concessione, andrebbero esenti, a seguito del perfezionamento del procedimento amministrativo di sanatoria, da ogni sanzione. A parere di questo giudice non puo' ritenersi neppure, nella ricerca di un'interpretazione della normativa in esame conforme al dettato costituzionale, che questa introduca un condono non solo "edilizio" bensi' "edilizio ed urbanistico", con conseguente possibilita' per gli imputati di avvalersi della sanatoria al solo fine di ottenere l'estinzione del reato paessaggistico. Tale soluzione deve essere esclusa anzitutto per l'impossibilita', aderendo a tale interpretazione, di determinare la somma dovuta a titolo di oblazione, poiche' le tabelle allegate alla legge n. 47/1985 e richiamate dalla recente normativa, si riferiscono agli illeciti edilizi, ed in particolare ad opere realizzate in assenza o in difformita' dalla concessione edilizia, e l'oblazione viene determinata diversamente a seconda della conformita' o meno delle opere stesse agli strumenti urbanistici; tali indicazioni non paiono estensibili agli illeciti paesaggistici, ne' pare possa farsi riferimento in tali casi alla previsione residuale del punto 7 della tabella, poiche' in tal caso gli illeciti verrebbero sanzionati tutti in ugual misura. Peraltro la recente normativa richiama espressamente i capi IV e V della legge n. 47/1985, e quindi in primo luogo l'art. 31 della stessa, che dichiara sanabili solo le opere eseguite senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire, ovvero in difformita' da esse, o in base a licenza, concessione o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace. Ma a parere di questo pretore l'impossibilita' di ritenere applicabile la normativa sul condono ai soli illeciti paesaggistici, non correlati ad una violazione edilizia, discende dal testo stesso dall'art. 39, ottavo comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724: in tale disposizione infatti l'effetto estintivo del "reato per violazione del vincolo" viene espressamente ricondotto al "rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo". In altri termini mentre, ai sensi dell'art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l'estinzione dei reati ivi indicati conseguiva all'integrale versamento dell'oblazione, e a tale momento, in mancanza di contraria disposizione della nuova normativa, deve farsi riferimento anche oggi per l'estinzione dei reati correlati alla mancanza di atto autorizzativo comunale, per il "reato per la violazione del vincolo" l'art. 39, ottavo comma della legge 23 dicembre 1994, n. 724 prevede espressamente che l'estinzione del reato consegua (solamente) al "rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria, sobordinato al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo". Tale interpretazione appare conforme al primo comma dell'art. 39 citato, che richiama le disposizioni della legge n. 47/1995 nella parte in cui non siano modificate dall'art. 39 stesso. Pertanto appaiono non estensibili al caso di specie le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale con la sentenza 31 marzo 1988, n. 369, in relazione alla distinzione tra effetto costitutivo prodotto dal rilascio della concessione in sanatoria, ed effetto estintivo dei reati integrati dall'esecuzione delle opere abusive. Una ulteriore possibile interpretazione della normativa tale da adeguare la stessa al dettato costituzionale e' stata dal Pubblico Ministero individuata ipoteticamente, per poi giungere a negarne la praticabilita', nella possibilita' per gli imputati di avvalersi del condono previa disapplicazione della concessione edilizia. Tale soluzione muove dal richiamo all'art. 25, primo comma, del r.-d. 3 giugno 1940, n. 1357, recante il regolamento di esecuzione della legge 29 giugno 1939, n. 1497, che prescrive: "Sia nella zona dei piani territoriali paesistici sia nell'ambito delle bellezze d'insieme, quando sia imposto il vincolo a termini della legge e del presente regolamento, i (sindaci) non possono rilasciare licenza di costruzione se non previo favorevole avviso della competente Soprintendenza". In applicazione di tale norma, poiche' la concessione edilizia rilasciata dal sindaco in assenza di previa autorizzazione paesaggistica dovrebbe ritenersi illegittima, la stessa dovrebbe essere revocata dal sindaco nell'esercizio dei suoi poteri di autotutela, e la domanda di condono edilizio presentata dagli imputati potrebbe nel caso di specie trovare accoglimento, con rilascio di una nuova concessione e conseguente estinzione anche del reato loro contestato. Tale soluzione appare tuttavia anche a questo pretore non condivisibile, poiche' la norma citata fa riferimento esclusivamente alla opere da realizzarsi nelle zone comprese nei piani territoriali paesistici o vincolate come bellezze d'insieme, ed esclude pertanto implicitamente le opere interessanti zone vincolate singolarmente, ai sensi dell'art. 1, nn. 1 e 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497. Si deve pertanto ritenere che la norma, peraltro emanata in epoca ben anteriore all'entrata in vigore della legge "Galasso", non detti un principio generale valevole per ogni zona soggetta a vincolo, e non sia pertanto suscettibile di interpretazione analogica. Peraltro la natura del vincolo di cui alla legge "Galasso" e' stata ritenuta diversa da quella dei vincoli paesaggistici previsti dalla legislazione previgente. In ordine alla rilevanza della prospettata questione di costituzionalita', sollevata in sede di atti preliminari al dibattimento, si richiama la circostanza che gli imputati hanno gia' presentato domanda di condono, hanno prodotto copia dell'attestazione dei versamenti effettuati, e che gia' con sentenza 31 marzo 1988, n. 369 la Corte costituzionale ha ritenuto sufficiente, ai fini della rilevanza, che sia stata avanzata richiesta di sospensione del procedimento ex art. 44 della legge n. 47/1985. Per le ragioni suesposte deve quindi essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non consentono la sanatoria di opere abusive per le quali sia gia' stata rilasciata regolare concessione edilizia e dell'art. 39, ottavo comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nella parte in cui subordina l'estinzione del reato di cui all'art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, al rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cividale del Friuli, addi' 21 febbraio 1995 Il pretore: VITULLI 95C0564