N. 168 ORDINANZA 10 - 16 maggio 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Militari - Ufficiali medici della polizia di Stato - Durata legale del corso di laurea in medicina - Omessa previsione del computo gratuito ai fini di pensione - Richiamo alla giurisprudenza della Corte in materia (v. ordinanza n. 847/1988) - Insussistenza di una diversita' dell'impiego militare rispetto a quello civile - Discrezionalita' legislativa - Legittimita' dell'onerosita' del riscatto - Successivo inquadramento del personale dell'amministrazione della pubblica sicurezza nella categoria dei dipendenti civili dello Stato - Manifesta infondatezza. (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 13 e 32). (Cost., artt. 3, 36, 38 e 97).(GU n.22 del 24-5-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 32 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 12 maggio 1994 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Lazio - sul ricorso proposto da Caciari Tiziana contro la Prefettura di Roma, iscritta al n. 761 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che la Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, degli artt. 13 e 32 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), "in quanto non prevedono il computo gratuito ai fini di pensione del periodo di tempo corrispondente alla durata legale del corso di laurea in medicina in favore degli Ufficiali medici della Polizia di Stato"; che il giudice a quo premette che la ricorrente, in qualita' di medico della Polizia di Stato, chiede il riconoscimento del diritto al computo gratuito del periodo di tempo corrispondente alla durata legale del corso di laurea in medicina ai fini di pensione, computo che viceversa, con il provvedimento impugnato, e' stato legittimamente disposto con riscatto oneroso (ai sensi dell'art. 13 del d.P.R. n. 1092 del 1973), in quanto l'ordinamento del personale della Polizia di Stato e' regolato dalle norme relative agli impiegati civili dello Stato, mentre l'art. 32 del d.P.R. citato, concernente il computo gratuito del tempo degli studi universitari, concerne il solo personale militare; che ricorda, quindi, il giudice remittente che analoga questione, concernente alcuni magistrati della Corte dei conti, venne gia' sottoposta all'esame di questa Corte, la quale, con sentenza (recte, ordinanza) n. 847 del 1988, si pronuncio' negativamente sul presupposto della diversita' dell'impiego militare rispetto a quello civile, e soprattutto in base alla considerazione che il rapporto di impiego militare e' caratterizzato da limiti di eta' per la cessazione dal servizio piu' bassi di quelli fissati per i dipendenti civili; che una situazione analoga si verifica, ad avviso del remittente, proprio anche per i medici del corpo della Polizia di Stato, i quali cessano dal servizio al compimento del sessantesimo anno di eta', cioe' cinque anni prima del personale civile in generale; che non vanno trascurate, infine, le affinita' e talora le identita' di funzioni e mansioni, orari e turni di servizio, diritti e doveri tra medici delle Forze armate, ne' va dimenticato che nel Corpo della Polizia di Stato, anche se dal 1981 di natura civile, esistono accasermamenti, scuole, uso di armi e disciplina che oggettivamente lo avvicinano agli istituti e organizzazioni di tipo militare; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale ha concluso per la manifesta infondatezza della questione; Considerato che questa Corte, con ordinanza n. 847 del 1988, citata dallo stesso giudice remittente, ha gia' affermato (richiamando la precedente sentenza n. 218/1984) che, in materia di contributo di riscatto, spetta al legislatore ordinario un ambito di discrezionalita', non solo nello scegliere i periodi e i servizi da ammettere al riscatto, ma anche nello stabilire se porre a carico del dipendente il relativo onere in tutto o in parte; che nella medesima pronuncia si e' ritenuto che il legislatore, nello stabilire per il personale civile dello Stato, a differenza che per quello militare, l'onerosita' del riscatto, avesse correttamente esercitato tale discrezionalita', in relazione alle peculiarita' proprie dell'impiego militare rispetto a quello civile, con particolare riguardo ai piu' bassi limiti di eta' per la cessazione dal servizio stabiliti per i militari (con conseguente maggior difficolta', rispetto ai civili, di raggiungere il massimo dell'anzianita' per il trattamento di quiescenza); che le anzidette argomentazioni appaiono pienamente valide anche in relazione alla odierna questione; che, invero, a seguito della riforma adottata con la legge 1 aprile 1981, n. 121, il personale dell'Amministrazione della pubblica sicurezza e' stato inquadrato nella categoria dei dipendenti civili dello Stato (cfr. art. 23 della citata legge n. 121 del 1981), con tutte le conseguenze, in relazione alla disciplina dei singoli istituti, che tale modifica dello stato giuridico comporta; che deve, pertanto, ribadirsi che la censurata differenza di regime, in tema di riscatto, tra impiego civile e impiego militare costituisce frutto di una scelta del legislatore certamente non irrazionale, in relazione alle peculiarita' delle due categorie di impiego; che non vale, in contrario, addurre generiche affinita' o analogie di funzioni che, in concreto, avvicinerebbero l'attivita' dei medici della Polizia a quella dei militari; che si rivela, inoltre, inesatto l'argomento del limite di eta' per la cessazione dal servizio del personale in esame - che sarebbe piu' basso rispetto a quello stabilito per il personale civile -, in quanto, ai sensi dell'art. 33, ultimo comma, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 338, il personale inquadrato nei ruoli dei sanitari della Polizia di Stato e' collocato a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'; che, in conclusione, la questione va dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 32 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1995. Il Presidente: BALDASSARRE Il redattore: FERRI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 16 maggio 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 95C0597