N. 310 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 1994- 8 maggio 1995
N. 310 Ordinanza emessa il 4 ottobre 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale l'8 maggio 1995) dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Pietroni Paolo contro il Consiglio nazionale ordine dei giornalisti ed altri Professioni - Ordine dei giornalisti - Procedimento disciplinare - Mancata previsione della facolta' del giornalista incolpato di partecipare alla fase istruttoria e di indicare testimoni a discarico - Disparita' di trattamento rispetto a quanto stabilito dal r.d. n. 36/1934 per gli avvocati e procuratori legali sottoposti a procedimento disciplinare - Incidenza sul diritto di difesa in giudizio. (Legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 56, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.23 del 31-5-1995 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Pietroni Paolo, elettivamente domiciliato in Roma, via Pier Luigi da Palestrina, n. 19 presso lo studio dell'avv. Corso Bovio che lo difende in virtu' di procura in calce al ricorso, ricorrente, contro il Consiglio nazionale ordine dei giornalisti in persona del presidente pro-tempore Giovanni Faustini, elettivamente domiciliato in Roma, viale Carso n. 67 presso lo studio dell'avv. Vincenzo Falcucci che lo difende insieme all'avv. Antonio Pandiscia in virtu' di procura a margine del controricorso, controricorrente, e il Consiglio regionale ordine dei giornalisti per la Lombardia, intimato, e il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Milano, intimato, per la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d'appello di Milano il 24 novembre-18 dicembre 1992; Sentita la relazione della causa svolta dal cons. dott. Cardillo nella pubblica udienza del 4 ottobre 1994; Udito l'avv. Bovio difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; Uditi gli avvocati Pandiscia e Falcucci, difensori del controricorrente che hanno chiesto il rigetto del ricorso; Udito il p.m. in persona del sost. proc. gen. dott. Lugaro che ha concluso per il rigetto del primo e secondo motivo, accoglimento del terzo motivo, assorbiti gli altri. RILEVATO IN FATTO Il Consiglio regionale dell'ordine dei giornalisti per la Lombardia inizio' di ufficio, ai sensi dell'art. 48 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, procedimento disciplinare nei confronti di Paolo Pietroni, direttore di fatto di un supplemento settimanale del Corriere della Sera, per avere ispirato la pubblicazione di un articolo il cui contenuto costituiva violazione della deontologia professionale sotto il profilo della commistione tra informazione e pubblicita'. A conclusione del procedimento il Consiglio regionale inflisse al giornalista la sanzione della censura, che fu confermata dal Consiglio nazionale dell'ordine con deliberazione del 9 maggio 1991. Questa deliberazione fu impugnata dal Pietroni dinanzi al tribunale di Milano che, in accoglimento del ricorso, annullo' la sanzione inflitta ritenendo affetto da nullita' il procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio regionale nel quale il giornalista, nonostante ne avesse fatto richiesta, non era stato ammesso ad assistere e partecipare, di persona o a mezzo di un difensore, alla raccolta delle prove a suo carico. La Corte d'appello di Milano, pronunciando sulla impugnazione proposta dal Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti, con sentenza del 24 novembre 1992 respinse il ricorso del Pietroni avverso il provvedimento sanzionatorio ritenendo, tra l'altro, che la natura amministrativa del procedimento disciplinare non consentiva l'applicabilita' delle norme o dei principi del codice di rito, dovendosi solo garantire all'incolpato un effettivo diritto di difesa che in concreto era stato assicurato al Pietroni con il deposito della trascrizione di tutte le testimonianze assunte e con la concessione di un termine per memorie. Il Pietroni ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 65 della legge professionale, sulla base di sei motivi. Resiste il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti. Gli altri intimati non hanno svolto attivita' difensiva. OSSERVA IN DIRITTO Superate le questioni preliminari, viene all'esame della Corte il terzo motivo con il quale il Pietroni censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inesistente la denunziata violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, sostenendo l'art. 56 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, non consentendo la partecipazione dell'incolpato o del suo difensore alla escussione dei testimoni e alla raccolta delle altre prove nel procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio regionale dell'ordine, preclude l'effettivo esercizio del diritto di difesa e discimina il giornalista da altri professionisti, il cui ordinamento prevede persino che l'incolpato possa dedurre prova a discarico, ponendosi in contrasto sia con il dettato costituzionale sia con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Il collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sia rilevante, dipendendo dalla sua soluzione l'accoglimento o il rigetto del motivo di ricorso, e non manifestamente infondata. L'art. 56 della legge n. 69 del 1963, che regola il procedimento disciplinare dei giornalisti, dispone che il Consiglio regionale dell'ordine deve svolgere un'attivita' istruttoria, volta all'acquisizione di sommarie informazioni e alla raccolta di eventuali prove, senza alcuna limitazione, idonee a dimostrare i fatti che, a norma dell'art. 48 della legge, costituiscono illeciti disciplinari, ma non consente che possa parteciparvi il giornalista interessato perche' prevede che questo deve essere sentito nelle sue discolpe soltanto dopo il compimento e la comunicazione degli atti istruttori e la formale contestazione dei fatti accertati. Non puo' dubitarsi che, potendo l'attivita' istruttoria del Consiglio risolversi, come nel caso in esame, nell'interrogatorio di persone informate dei fatti, all'indiziato di illecito disciplinare e' preclusa la possibilita' di contrastare la formazione delle prove a suo carico con la richiesta di chiarimenti o con la deduzione di testimoni a discarico, essendogli consentita la difesa soltanto ex post e unicamente con dichiarazioni verbali e con il deposito di documenti e memorie che non rendono completa l'attuazione del diritto di difesa. Invece in altri ordinamenti professionali il legislatore ha predisposto strumenti che tutelano compiutamente l'incolpato nella fase istruttoria del procedimento disciplinare. In particolare l'ordinamento forense approvato con r.d. 22 gennaio 1934, n. 36 stabilisce (artt. 48-0) che con l'atto introduttivo del procedimento deve essere comunicato all'incolpato l'elenco dei testimoni a carico che saranno interrogati con assegnazione di un termine entro il quale, personalmente o a mezzo di un difensore, possa prendere visione degli atti del procedimento, proporre deduzioni e indicare testimoni a discarico, e dispone che nella seduta fissata per l'assuzione dei testimoni la raccolta delle prove avviene alla presenza dell'incolpato e del suo difensore che puo' esporre oralmente le deduzioni istruttorie formulate per iscritto. Questa normativa, che assicura in maniera completa l'esercizio del diritto di difesa nel procedimento disciplinare, e' conforme al principio, sancito dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 4 novembre 1950 ratificata dall'Italia con la legge n. 848 del 1955 secondo cui ogni accusato ha diritto di difendersi da se stesso o con l'assistenza di un difensore e di interrogare o fare interrogare i testimoni a carico nonche' di ottenere la convocazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testi a carico. Sembra al Collegio che il diverso trattamento disciplinare dei giornalisti, che contrasta con il richiamato principio generale, non sia razionalmente giustificato. Secondo logica e giustizia non sono ravvisabili differenziazioni tra l'ordinamento professionale degli avvocati e quello dei giornalisti, entrambi regolatori dell'attivita' di liberi professionisti iscritti in albi obbligatori per legge, ne' tra i procedimenti disciplinari da essi previsti, entrambi predisposti a salvaguardia della deontologia professionale e a tutela dei diritti dei terzi. Neppure sussiste diversita' tra le sanzioni irrogabili, che vanno dalla censura alla radiazione dall'albo e percio' incidono, sia per gli avvocati che per i giornalisti, sulla dignita' dell'uomo sotto l'aspetto dell'autostima e della coscienza del proprio valore nell'ambito dei rapporti sociali, che costituisce un valore posto dalla Costituzione a base dei diritti della persona umana. Pertanto non sembra privo di fondamento l'assunto del ricorrente secondo cui, non essendo oggettivamente diversa la situazione del giornalista da quella dell'avvocato sottoposti a procedimento disciplinare, la normativa dell'ordinamento dei giornalisti dovrebbe essere conforme al dettato dell'art. 6 della convenzione richiamata che e' norma dello Stato. Si impone la sospensione del giudizio con rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' dica se l'art. 56, comma 2, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, nella parte in cui non prevede che il giornalista incolpato possa partecipare alla fase istruttoria e indicare testimoni a discarico, sia in contrasto con gli artt. 3, comma 1, e 24, comma 2, della Costituzione.
P. Q. M. Sospende il giudizio e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 56, comma 2, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, in relazione agli artt. 3, comma 1, e 24, comma 2, della Costituzione; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al pubblico ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in camera di consiglio il 4 ottobre 1994. Il presidente: PATIERNO 95C0635