N. 200 SENTENZA 18 - 30 maggio 1995

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego pubblico - Dipendenti del Ministero della difesa -  Personale
 comandato  presso  gli  uffici  della giustizia militare - Indennita'
 giudiziaria  -  Attribuzione  -  Esclusione  -  Impugnazione  di  una
 disciplina   transitoria  della  giurisdizione  speciale  militare  -
 Mancata  realizzazione  dei  ruoli  -  Ragionevolezza  della   scelta
 legislativa  -  Invito al legislatore ad intervenire nel dare assetto
 organizzativo ed economico, a parita' di attivita' lavorativa, a quel
 personale civile eccedente le centoventinove  unita'  previste  dalla
 disposizione impugnata - Non fondatezza.
 
 (Legge 15 febbraio 1989, n. 51, art. 1).
 
 (Cost., artt. 3 e 36).
 
(GU n.24 del 7-6-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
    Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennita' giudiziaria  al
 personale  amministrativo  delle magistrature speciali), promosso con
 ordinanza emessa il  13  giugno  1994  dal  Tribunale  amministrativo
 regionale  del  Lazio sul ricorso proposto da Bruni Vittorio ed altri
 contro il Ministero della difesa ed altro, iscritta  al  n.  638  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  5 aprile 1995 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Avverso il provvedimento con cui il Ministro della difesa  ha
 negato  la  corresponsione  dell'indennita'  prevista  dalla legge 22
 giugno 1988, n. 221  (Provvedimenti  a  favore  del  personale  delle
 cancellerie  e  segreterie  giudiziarie),  ed  estesa  dalla legge 15
 febbraio 1989, n. 51  (Attribuzione  dell'indennita'  giudiziaria  al
 personale   amministrativo   delle   magistrature  speciali),  alcuni
 dipendenti, civili e militari, del Ministero della difesa,  comandati
 a  prestare  servizio  presso  gli  uffici  della giustizia militare,
 proponevano ricorso avanti il Tribunale amministrativo regionale  del
 Lazio,  chiedendo il riconoscimento dello specifico emolumento goduto
 dal personale amministrativo di tutte le magistrature. In subordine -
 ove l'impugnativa non avesse trovato accoglimento - essi  eccepivano,
 per  contrasto  con  gli  articoli  3,  36  e  97 della Costituzione,
 l'incostituzionalita' della disposizione invocata.
    All'esito del giudizio, il Tribunale amministrativo regionale  del
 Lazio   ha   sollevato,   in  relazione  agli  artt.  3  e  36  della
 Costituzione, questione di costituzionalita' dell'art. 1 della  legge
 n.  51  del  1989,  nella  parte  in  cui esclude dal godimento della
 indennita' i dipendenti del Ministero della difesa - appartenenti  ai
 ruoli  militari  ovvero  ai ruoli civili ed in possesso di qualifiche
 funzionali diverse dalla IV o dalla V ovvero eccedenti il  numero  di
 129  unita'  -  distaccati temporaneamente a prestare servizio presso
 gli uffici giudiziari della giustizia militare.
    2. - Il rimettente premette che l'art. 1 della  legge  n.  51  del
 1989  ha  esteso  al personale amministrativo del Consiglio di Stato,
 dei  Tribunali  amministrativi  regionali,  della  Corte  dei  conti,
 dell'Avvocatura  dello  Stato  e  dei Tribunali militari il diritto a
 percepire lo speciale emolumento istituito dalla  legge  n.  221  del
 1988  (la  cosiddetta  indennita' giudiziaria). Per quanto concerne i
 Tribunali militari, esso ha esteso il beneficio soltanto al personale
 civile del Ministero della difesa, appartenente alla  IV  ed  alla  V
 qualifica  funzionale,  limitatamente a un contingente massimo di 129
 unita'.
    I ricorrenti - sebbene tutti assegnati a prestare servizio  presso
 gli uffici giudiziari della giustizia militare - non avrebbero dunque
 alcun  diritto  al  beneficio  e  non rientrerebbero nella previsione
 della norma denunciata in quanto dipendenti  militari  del  Ministero
 della  difesa  o  dipendenti  civili con qualifiche diverse da quelle
 indicate dalla legge ovvero appartenenti alle predette qualifiche, ma
 di numero eccedente il contingente complessivo delle 129 unita'.
    L'emolumento  in  questione  troverebbe  giustificazione  non   in
 generiche   finalita'   di  "espansione  retributiva",  ma  nel  dato
 oggettivo    costituito     dalle     particolari     caratteristiche
 (qualificazione  e  gravosita')  dell'attivita'  lavorativa,  si' che
 sarebbe  in  contrasto  con  il  principio  sancito dall'art. 3 della
 Costituzione,  l'esclusione  dal  beneficio  per  la  categoria   cui
 appartengono  i  ricorrenti.  Ne' puo' offrire idonea giustificazione
 alla privazione dell'emolumento che costoro siano civili o  militari,
 o  che alcuni non abbiano il possesso delle qualifiche indicate dalla
 norma, o infine l'esubero numerico in rapporto alle 129  unita'.  Per
 tutti  costoro,  nessuno  escluso, sussisterebbe infatti il requisito
 dell'impiego nelle strutture giudiziarie militari, che e' a base  del
 diritto al beneficio.
    Peraltro, anche a prescindere dalla legittimita' dei provvedimenti
 amministrativi  di  assegnazione  agli  uffici giudiziari militari di
 personale che, per ruolo, qualifica e quantita' e' diverso da  quello
 preso  in  considerazione  dalla  legge impugnata, resta il principio
 della necessita' di corrispondere la  retribuzione  prevista  per  le
 mansioni effettivamente svolte dal dipendente, pena un ingiustificato
 arricchimento  per  l'Amministrazione, piu' volte affermato da questa
 Corte (sentenze nn. 296 del 1990 e 57 del 1989 e ordinanza n. 908 del
 1988). Ne risulterebbe, dunque, un  contrasto  con  il  diritto  alla
 retribuzione  corrispondente  alla qualita' del lavoro prestato cosi'
 come stabilito dall'art. 36 della Costituzione.
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo per l'infondatezza della questione.
    Il dubbio prospettato dal giudice a  quo  non  avrebbe  fondamento
 logico-giuridico  in  relazione a quanto gia' stabilito dal Consiglio
 di Stato nella decisione n. 1144 del 1993. Nel respingere  l'identica
 eccezione  di  legittimita'  costituzionale sollevata con riferimento
 agli stessi parametri costituzionali, il Consiglio di  Stato  avrebbe
 chiaramente   affermato   la   iniquita'   d'un  esito  positivo,  in
 considerazione del trattamento gia' favorevole riservato al personale
 militare, rispetto a quello civile, con il  godimento  di  specifiche
 indennita'  loro  attribuite,  e  con  una  progressione  economica -
 diversamente dagli altri dipendenti pubblici - connessa  al  grado  e
 non alla qualifica. Di conseguenza, la questione dovrebbe dichiararsi
 infondata  anche  sulla  base della costante giurisprudenza di questa
 Corte che non ritiene comparabili situazioni fra loro intrinsecamente
 eterogenee.  Per  il  personale  civile  la  legge   -   "in   attesa
 dell'istituzione  di  appositi  ruoli  organici"  -  avrebbe imposto,
 inoltre,  un  limite  quantitativo  allo  scopo   di   frenare   quei
 prevedibili  fenomeni di corsa al "distacco", con immaginabili rischi
 di sovraffollamento nell'assenza,  appunto,  di  un  ruolo  organico.
 Anche  in  tal caso la discrezionalita' del legislatore sarebbe stata
 esercitata con rispondenza a criteri di logicita' e ragionevolezza  e
 ispirata  a  ragioni  di  economicita',  efficienza  e buon andamento
 dell'amministrazione.
                        Considerato in diritto
    1. - Viene all'esame della Corte la questione di costituzionalita'
 dell'art. 1 della legge 15 febbraio  1989,  n.  51,  che  attribuisce
 l'indennita'    giudiziaria   al   personale   amministrativo   delle
 magistrature speciali e, in tale ambito, anche al  "personale  civile
 del   Ministero  della  difesa,  inquadrato  nella  quarta  e  quinta
 qualifica   funzionale,   distaccato   temporaneamente,   in   attesa
 dell'istituzione  degli  appositi ruoli organici, a prestare servizio
 presso  gli uffici giudiziari della giustizia militare, limitatamente
 ad un contingente massimo di 129 unita'". Esso sarebbe  in  contrasto
 con  il  principio  costituzionale  di uguaglianza, per l'illegittima
 disparita' di trattamento che verrebbe ad  intercorrere  tra  le  129
 unita'  del personale civile del Ministero della difesa, appartenenti
 alla quarta e quinta qualifica funzionale, distaccate temporaneamente
 presso i tribunali militari, e le altre unita':
      di personale civile  dello  stesso  ministero,  pure  distaccato
 presso  i  tribunali  militari,  non appartenente a quelle qualifiche
 oppure in numero eccedente le 129 unita' nelle anzidette qualifiche;
      di personale militare dello stesso ministero, distaccato  presso
 i predetti tribunali e appartenenti a varie qualifiche.
    Si  assume  anche  il  contrasto,  ai  sensi  dello  art. 36 della
 Costituzione, con il  principio  di  corrispondenza  del  trattamento
 economico  rispetto  alle  mansioni esercitate, pena l'ingiustificato
 arricchimento per la pubblica amministrazione (cfr. sentenze nn.  296
 del 1990 e 57 del 1989).
    2. - La questione e' infondata.
    Come  si e' gia' rilevato nella sentenza n. 334 del 1992, la legge
 n.  51  del  1989,  dopo  vari  passaggi   legislativi,   ha   esteso
 l'indennita'    giudiziaria   al   personale   amministrativo   delle
 giurisdizioni  speciali,  ivi  compreso  il  "personale  civile   del
 Ministero  della difesa, inquadrato nella IV e V qualifica funzionale
 distaccato temporaneamente, in attesa  dell'istituzione  di  appositi
 ruoli  organici,  a  prestare  servizio  presso gli uffici giudiziari
 della giustizia militare, limitatamente ad un contingente massimo  di
 129  unita'".  Il fondamento dell'estensione di siffatto beneficio al
 personale amministrativo delle giurisdizioni  speciali  e'  stato  da
 questa  Corte  ravvisato  nel  parallelismo  tra  le due categorie di
 personale (di magistratura e amministrativo) in servizio  presso  gli
 organi  giurisdizionali,  e giustificato, per i dipendenti civili del
 Ministero della difesa, limitatamente  a  coloro  che,  nella  misura
 massima  di  129  unita', risultano inquadrati nella IV e V qualifica
 funzionale. Non possono quindi avere ingresso,  in  questa  sede,  le
 ricognizioni  effettuate  dagli  uffici  ministeriali e dal Consiglio
 della Magistratura militare, secondo cui presterebbero  servizio,  di
 fatto,  all'incirca  altre  140  unita' di personale, non tutte nelle
 qualifiche "privilegiate" dal legislatore.
    3.  -  Quella  impugnata  e',  expressis  verbis,  una  disciplina
 transitoria  della  giurisdizione  speciale  militare che trae il suo
 funzionamento     dall'apporto     del     personale,     "distaccato
 temporaneamente",  "in  attesa  dell'istituzione  di  appositi  ruoli
 organici". Ruoli che,  allo  stato,  risultano  ancora  irrealizzati,
 nonostante  le  pressanti  sollecitazioni  avanzate  in proposito dal
 Consiglio della Magistratura militare.
    La  questione  di  costituzionalita'  nasce   in   questo   ambito
 organizzatorio,  ed e' alimentata dal suo mancato assestamento. Ma la
 disposizione,  impugnata  in  base  al  principio  costituzionale  di
 uguaglianza,  trova  la  sua  ragione  d'essere  nell'esercizio della
 discrezionalita' del legislatore,  resa  non  irrazionale  nelle  sue
 scelte dalla clausola di transitorieta': percio', solo in presenza di
 ruoli  organici della giurisdizione - individuando le qualifiche e il
 numero dei posti - potrebbero adeguatamente  compiersi  le  richieste
 valutazioni   di   razionalita'.  Ove,  pero',  tale  regime  dovesse
 protrarsi  oltre  ogni  ragionevole  misura  temporale,  la  Corte  -
 nuovamente investita - non potrebbe  fare  a  meno  di  riconsiderare
 l'orientamento  sinora  espresso. Ne' puo' soccorrere il principio di
 corrispondenza  dei  trattamenti  economici  alle   (pari)   mansioni
 esercitate   dai   ricorrenti.  Tale  principio,  infatti,  non  puo'
 penetrare, sul piano delle valutazioni  costituzionali,  nel  cennato
 stadio  di  organizzazione (transitoria) della materia, anche se, sul
 diverso piano delle fattispecie concrete, non mancano le pronunce  di
 alcuni  giudici  amministrativi  che hanno dato una qualche rilevanza
 economica alla pari attivita' lavorativa  svolta  da  quel  personale
 civile eccedente le 129 unita' previste dalla disposizione impugnata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1  della  legge  15  febbraio  1989,  n.  51  (Attribuzione
 dell'indennita'   giudiziaria   al   personale  amministrativo  delle
 magistrature speciali), sollevata, in riferimento agli artt. 3  e  36
 della  Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio
 con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 30 maggio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0656