N. 326 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1994
N. 326 Ordinanza emessa il 9 dicembre 1994 dal Consiglio di Stato, sezione V giurisdizionale sul ricorso proposto dal comune di Villongo contro il Comitato regionale di controllo, regione Lombardia, sezione di Bergamo ed altra Impiego pubblico - Dipendenti degli enti locali - Previsione della validita' ed efficacia dei provvedimenti deliberativi riguardanti il trattamento del personale di detti enti, adottati prima del 31 agosto 1993, che abbiano previsto profili professionali od operato inquadramenti in modo difforme dal d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, e successive modificazioni e integrazioni (fattispecie: attribuzione ad un vigile capo della settima qualifica funzionale) - Deteriore trattamento dei dipendenti degli enti che abbiano osservato la normativa di cui al d.P.R. n. 347/1983 rispetto ai dipendenti degli enti che l'abbiano violata - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Violazione del principio di generalita' e astrattezza della legge. (D.-L. 27 agosto 1994, n. 515, art. 2, comma 01, convertito in legge 28 ottobre 1994, n. 596). (Cost., artt. 3, 70, 97 e 98, primo comma).(GU n.24 del 7-6-1995 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella camera di consiglio del 9 dicembre 1994; Visto l'appello proposto dal comune di Villongo, in persona del sindaco p.-t., rappresentato e difeso dagli avv.ti F. Gamba e M. Cassola ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via G.B. Vico n. 1, nonche' dall'avv. Franco Prosperi Mangili, come da procura speciale depositata in data 8 giugno 1994; contro il Comitato regionale di controllo, regione Lombardia, sezione di Bergamo, in persona del presidente p.-t., non costituito; e nei confronti della regione Lombardia, in persona del presidente p.-t., non costituita; per l'annullamento della sentenza n. 163/1991 del 18 febbraio 1991, emessa dal t.a.r. per la Lombardia - sezione distaccata di Brescia, con cui e' stato respinto il ricorso n. 335/1987 presentato dal comune di Villongo; Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 9 dicembre 1994 la relazione del consigliere G.P. Cirillo e udito, altresi', l'avv. Prosperi Mangili per il comune appellante; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Il comune di Villongo ha chiesto in primo grado l'annullamento dell'ordinanza del CO.RE.CO. di Bergamo prot. n. 9999/10000 del 10 febbraio 1987 con cui ha annullato la propria delibera n. 122 del 2 ottobre 1986 con cui, tra l'altro, era stata attribuita al capo vigile, sig. Guerino Mangano, la settima qualifica ai sensi del d.P.R. n. 347 del 1983. Il t.a.r. ha rigettato il ricorso. Propone ora appello il comune medesimo, deducendo, anzitutto, che il sig. Guerino Mangano deve ritenersi il responsabile dell'area di vigilanza urbana e quindi, siccome tale figura professionale ricopre una posizione apicale, gli deve essere attribuita la settima qualifica funzionale. Sicche' e' errato l'assunto del tribunale secondo cui, ai sensi dell'art. 40 ex d.P.R. n. 347 del 1983, i vigili urbani sono inclusi nella quinta qualifica e i loro capi nella sesta. Deduce, inoltre, il comune appellante che l'organo di controllo, anziche' stabilire la posizione che contraddistingue il responsabile dell'area di vigilanza urbana, si e' limitato ad evidenziare il dato dell'esiguita' del numero dei vigili da coordinare per escludere l'attribuzione della settima qualifica al dipendente indicato. Sicche' il tribunale avrebbe dovuto indagare sui compiti e sulle mansioni assegnate alla figura professionale in esame. Deduce, infine, il comune che l'art. 40 del d.P.R. n. 347 del 1983 prevede che l'operazione di primo inquadramento funzionale ha decorrenza dal 1 gennaio 1983, sulla base delle declaratorie delle qualifiche funzionali e dei profili professionali, e indipendentemente dal livello di inquadramento acquisito con i precedenti accordi. Sicche' e' del tutto irrilevante la circostanza, ritenuta invece decisiva dal tribunale, secondo cui l'attribuzione definitiva della qualifica era avvenuta solamente nella primavera del 1983, poiche' l'indicata disposizione non prevede affatto il possesso in capo all'istante della qualifica di capo vigile alla data del 31 dicembre 1982, anzi prescinde dall'inquadramento acquisito. Pertanto ha chiesto la riforma della sentenza parziale impugnata. Con memoria depositata il 25 novembre 1994, l'appellante ha dedotto, in caso di mancato accoglimento dei motivi su esposti, che al caso di specie si applica l'art. 6-bis della legge 28 ottobre 1994 n. 596, il quale stabilisce che, quand'anche l'inquadramento operato dal comune di Villongo fosse contrastante con la normativa di cui al d.P.R. n. 347/1983, esso dovrebbe ritenersi comunque valido ed efficace. D I R I T T O 1. - Durante lo svolgimento del giudizio - avente per oggetto l'appello promosso avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione distaccata di Brescia), con cui e' stato respinto il ricorso presentato dal comune di Villongo tendente ad ottenere l'annullamento dell'ordinanza del comitato regionale di controllo n. 9999/10000 del 10 febbraio 1987, che aveva a sua volta annullato in parte il provvedimento n. 122/86 relativo all'inquadramento del proprio personale, tra cui il vigile Guerino Mangano - e' intervenuto l'art. 6-bis della legge 28 ottobre 1994, n. 596, di conversione del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 515, recante: "Provvedimenti urgenti in materia di finanza locale per l'anno 1994", ripubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 22 novembre 1994. Tale articolo, inserito in una normativa che non sembrerebbe diretta al risanamento delle finanze degli enti locali, stabilisce: "I provvedimenti deliberativi riguardanti il trattamento del personale degli enti locali che, adottati prima del 31 agosto 1993, abbiano previsto profili professionali od operato inquadramenti in modo difforme dalle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347, e successive modificazioni ed integrazioni, sono validi ed efficaci. La disposizione del presente comma si applica agli enti locali ancorche' dissestati i cui organici, per effetto dei provvedimenti di cui sopra, non superino i rapporti dipendenti-popolazione previsti dal comma 14 del presente articolo, cosi' come modificato dall'art. 2 del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 515". 2. - Sulla rilevanza della questione, il collegio osserva che la norma di cui si denuncia l'illegittimita' costituzionale, sopravvenuta nel corso del giudizio, e' di immediata applicazione al caso in esame, nel quale si tratta di provvedimento di inquadramento adottato prima del 31 agosto 1993 e che l'applicazione della norma potrebbe comportare l'accoglimento dell'appello del comune, tendente appunto alla conservazione dell'atto di inquadramento, annullato dall'organo di controllo per violazione del decreto n. 347 del 1983. 3. - Ritenuta, dunque, la rilevanza della norma ai fini della decisione della lite, la Sezione dubita, altresi', che la disposizione sopra trascritta sia in contrasto con gli artt. 97, 98, primo comma, e 70 della Costituzione. 4. - Il decreto del Presidente della Repubblica n. 347 del 1983, che ha recepito l'accordo nazionale di lavoro per il comparto degli enti locali, costituisce nel sistema uno strumento preciso voluto dal legislatore per attuare un razionale assetto del personale alla luce dei principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialita' della p.a., di cui all'art. 97 e 98, primo comma, della Costituzione. Sicche' una norma, come quella che si denuncia, che dichiari puramente e semplicemente di rinunciare all'assetto dato da una normativa organica, senza sostituirgliene uno diverso, sembra porsi in contrasto con il principio, racchiuso nelle norme di cui all'art. 97 e 98, primo comma, della Costituzione, di razionale ordinamento del pubblico impiego. 5. - In secondo luogo, si prospetta il contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con lo stesso art. 70 della Costituzione, che, attribuendo alle camere il potere legislativo, presuppone la concezione dello Stato come Stato di diritto, essenzialmente caratterizzato dal principio della dipendenza da un'unica legge comune, valevole per tutti e per la generalita' dei casi, anziche' da un potere arbitrario. Discende dallo Stato di diritto, ossia dal primato della funzione legislativa nel senso suddetto, che i singoli provvedimenti delle autorita' debbano conformarsi alle regole previste in via generale dalla legge, e discendono, in particolare, le specificazioni esplicite o implicite dell'art. 97 e 98, primo comma, che i pubblici uffici siano organizzati secondo disposizioni di legge e che lo status dei pubblici impiegati sia definito sulla base della legge o in ogni caso con norme di carattere generale. Ne discende pure la regola che la legge, cosi' come non deve usurpare la sfera delle decisioni specifiche che le varie autorita' debbono adottare in base alla legge comune (sostituendosi allora l'arbitrio dell'organo legislativo a quello delle singole autorita'), neppure deve essere tale da consentire qualsiasi decisione e da legittimare nuovamente l'arbitrio per questa via. Sembra che la stessa essenza dello Stato di diritto, cosi' definita, sia violata quando la legge espressamente consente alle pubbliche amministrazioni di regolare il rapporto d'impiego a piacimento; ovvero quando, che e' lo stesso, posta una normativa di carattere generale sull'ordinamento gerarchico ed economico degli impiegati di una categoria di enti, quale e' il decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347, la legge sancisca poi che la violazione di tale normativa e' irrilevante. Naturalmente, altro sarebbe una "sanatoria", intesa come definizione, a determinate condizioni, di specifiche violazioni di legge, altro e' dire che i provvedimenti assunti in violazione di una normativa di carattere generale restano "validi ed efficaci", prevedendosi cosi', in violazione dell'art. 3 Cost., un identico indifferenziato regime rispetto a situazioni diverse.
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 6-bis del decreto-legge 27 agosto 1994, n. 515, convertito in legge 28 ottobre 1994, n. 596, con riferimento agli artt. 97, 98, primo comma, 3 e 70 della Costituzione, ne rimette l'esame alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Che gli atti siano, poi, trasmessi alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, addi' 9 dicembre 1994. Il presidente: ANELLI Il consigliere estensore: CIRILLO I consiglieri: LA MEDICA - DI NAPOLI - CIMMINO 95C0669