N. 347 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 ottobre 1994- 22 maggio 1995
N. 347 Ordinanza emessa il 25 ottobre 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 22 maggio 1995) dal pretore di Lecce, sezione distaccata di Casarano nel procedimento penale a carico di Pantaleo Pietruccia Processo penale - Procedimento innanzi al pretore - Indagini preliminari - Informazione di garanzia - Necessita' solo in caso di compimento, da parte del p.m., di atti ai quali ha diritto di assistere il difensore - Irragionevole disparita' di trattamento rispetto al rito innanzi al tribunale - Compressione del diritto di difesa. Processo penale - Procedimento innanzi al pretore - Decreto di citazione a giudizio - Lamentata omessa previsione del divieto di emissione, da parte del p.m., dell'atto senza il previo invio dell'informazione di garanzia, il compimento di alcuna indagine e senza interrogatorio dell'imputato - Disparita' di trattamento - Lesione del diritto di difesa - Delegazione, di fatto, dell'esercizio dell'azione penale al privato. Processo penale - Procedimento innanzi al pretore - Indagini preliminari - Dichiarazioni rese spontaneamente dall'indiziato o assunte alla presenza del difensore dalla p.g. - Utilizzazione in giudizio - Esclusione salvo che per la contestazione - Compressione del diritto di difesa. (Legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 38 (recte: art. 2, dir. 38, ultima parte); c.p.p. 1988, artt. 369, 554, primo comma, 350, secondo, terzo e settimo comma, 503, terzo comma, e 514, primo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 112).(GU n.25 del 14-6-1995 )
IL PRETORE Ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente ordinanza alla pubblica udienza del 25 ottobre 1994, nei confronti di Pantaleo Pietruccia, nata il 16 aprile 1945 a Ruffano, ivi residente, via prov. per Casarano, imputata del reato p. e p. dagli articoli 624 e 625 n. 1 del c.p. per essersi impossessata a scopo di profitto, della somma di L. 1.100.000 in contanti che sottraeva nell'abitazione di proprieta' di Matafune Antonia nella quale si introduceva approfittando della momentanea assenza della proprietaria. In Ruffano il 30 luglio 1988. F A T T O Con decreto del 2 luglio 1994, il sostituto Procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Lecce disponeva la citazione a giudizio, davanti a questa sezione distaccata di pretura di Pantaleo Pietruccia da Ruffano per rispondere del reato p. e p. dagli artt. 624 e 625 n. 1 del c.p. per essersi impossessata, a scopo di profitto, della somma di L. 1.100.000 in contanti che sottraeva nell'abitazione di proprieta' di Metafune Antonia nella quale si introduceva approfittando della momentanea assenza della proprietaria. Al dibattimento del 25 ottobre 1994, la parte lesa Metafune Antonia, res. nello stesso Comune, si costituiva parte civile e, quindi, le parti chiedevano i mezzi istruttori di rispettiva pertinenza. Subito dopo, a richiesta di questo pretore, il pubblico ministero d'udienza precisava che, in seguito alla denunzia della Metafune del 30 luglio 1988 alligata al fascicolo d'ufficio, l'imputata era stata interrogata dalla p.g. con l'assistenza del proprio difensore di fiducia e, in seguito, il 2 ottobre 1994 era stata rinviata a giudizio col decreto sopra indicato, senza il compimento di altri atti istruttori. Sulla base di cio', questo Pretore sollevava d'ufficio le questioni di costituzionalita' riportate nel dispositivo letto in udienza, per i seguenti motivi in D I R I T T O 1. - Non puo' non evidenziarsi, anzitutto, (e cio' anche ai fini della non manifesta infondatezza e della rilevanza delle questioni di costituzionalita' sollevate) il contenuto e le caratteristiche della denunzia di furto in data 30 luglio 1988 da parte di Metafune Antonia Pasqualina nei confronti dell'imputata Pantaleo, alligata agli atti del fascicolo d'ufficio come si e' gia detto. Deve poi rilevarsi che, in data 29 luglio 1994, il p.m. richiedeva di essere autorizzato a citare i testi: Castelluzzo Giovanni della stazione C.C. Ruffano; Metafune Antonia Pasqualina; Vergaro Damiana; "sulle specifiche modalita' dell'azione delittuosa commessa, e sulle circostanze di tempo e di luogo in cui e' stata perpetrata". Infine, in data 20 gennaio 1994, veniva ammessa da questo pretore la richiesta del difensore della parte civile di sentire la teste Vergaro Damiana, cognata della Metafune, sulle seguenti circostanze: "verso le ore 10,30 del 30 luglio 1988 ho avvisato Pietruccia Pantaleo, che era venuta in casa di mia cognata per farle visita -, che quest'ultima era appena uscita ma sarebbe tornata dopo poco: nonostante cio' la Pantaleo sali' la scala, mostrando di non credere alle mie parole. La chiamai piu' volte per convincerla a non entrare. Io per le mie condizioni di salute non riuscivo a camminare, per cui scendevo da casa alla mattina e rimanevo al piano terra tutto il giorno fino alla sera quando risalivo per la notte; pertanto passavo tutto il giorno nel cortile e locali a piano terra". Orbene, come puo' evincersi da tali premesse, e' indubbio che l'imputata Pantaleo, per un fatto reato che avrebbe compiuto in data 30 luglio 1988, e' stata citata a giudizio, davanti a questa sezione distaccata di Pretura, con decreto del p.m. notificatole in data 16 luglio 1994, per comparire all'udienza del 25 ottobre 1994 e rispondere del reato di furto aggravato, come sopra precisato. Cio' e' avvenuto senza "informazione di garanzia" ex art. 369 del c.p.p., senza interrogatorio dell'imputato e senza il compimento di nessun atto istruttorio. Tanto e' previsto, pero', dalla normativa vigente: in quanto, anzitutto, per cio' che concerne l'informazione di garanzia, ex art. 38 della legge delega del 1987 e 369, comma primo s.c., la stessa deve esser inviata "sin dal compimento del primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere" previo avviso ex art. 364 del c.p.p . Cosi' come stabilito e precisato dalla Corte di cassazione con sentenza del 13 gennaio 1993, n. 4784, "onde evitare che i tipici atti a sorpresa (es. perquisizioni e sequestri) possano restare seriamente pregiudicati, tant'e' che l'art. 365 c. prevede che per essi il difensore non ha diritto di ricevere il preventivo avviso ma solo facolta' di assistervi". Pertanto, nel caso in esame, non essendo stato compiuto alcun atto istruttorio, non vi era obbligo per il P.M. di inviare la suddetta "informazione". Inoltre, non puo' obliterarsi quanto osservato da parte della dottrina, in sede di esame della disciplina del "Procedimento davanti al Pretore" ex art 549 e segg. del c.p.p. e 103 della legge delega e cioe che: "nel rito innanzi al pretore non e' prevista l'udienza preliminare (art. 416 e seg. del c.p.p.), momento centrale di verifica sull'operato di una parte (il p.m.); per cui protagonista, in tal processo, resta il p.m. cui e' data facolta' di emettere direttamente il decreto di citazione a giudizio, e condurre, quindi, al dibattimento l'imputato, senza informazione di garanzia, senza interrogarlo (anche perche' non e' stato riprodotto l'obbligo previsto a pena di nullita' dell'art. 376 del c.p.p., abrogato) e senza alcuna rivelazione preventiva di atti o elementi di accusa (salvo naturalmente che non ritenga di svolgere le indagini preliminari con la disciplina di cui agli artt. 551 e 553 del c.p.p.). Al giudice per le indagini preliminari e', invece, riservato l'esame della richiesta di archiviazione e della richiesta di emissione del decreto penale di condanna. Ne' puo' desumersi il contrario da quanto previsto dall'art. 554 del c.p.p., che si limita a stabilire "Concluse le indagini (facoltative, come si e' detto) il pubblico ministero trasmette agli atti al g.i.p. con richiesta di archiviazione o di decreto penale di condanna ovvero emette decreto di citazione a giudizio". Peraltro, a differenza di quanto stabilito dal secondo comma dell'art. 405 s.c. e cioe' che il p.m. richiede il giudizio davanti al G.I.P. presso il Tribunale entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale e' attribuito il reato e' iscritto nel registro del reato; salve, ovviamente, le proroghe di cui agli artt. 406 e 407 s.c. (e cio' in considerazione delle differenti caratteristiche di quel rito desumibili dalla disciplina di cui agli artt. 405 e segg.), nessun termine e' espressamente stabilito per l'emissione del decreto di citazione a giudizio davanti al Pretore. Ne consegue che, non potendosi far ricorso a quanto disposto dall'art. 549 del c.p.p. (Norme applicabili al procedimento davanti al Pretore) - anche per non porsi in contrasto con il disposto di cui all'art. 103 della legge delega - in definitiva, il p.m. puo' disporre la citazione a giudizio dell'imputato senza compiere atti istruttori, con il solo obbligo di notificare il decreto (senza la necessita' di indicare le fonti di prova a differenza della richiesta di rinvio a giudizio ex art. 405 del c.p.p.) all'imputato stesso e al suo difensore, almeno quarantacinque giorni prima della data fissata per il giudizio ex art. 555 u.p. del c.p.p. (Naturalmente deve tenersi conto, in deroga, della particolare disciplina del giudizio abbreviato, dell'applicazione della pena su richiesta, del procedimento per decreto e del giudizio direttissimo, ex arrt. 560 e 566 del c.p.p.). 2. - A questo punto, e', comunque, opportuno, a parere del giudicante - per la evidente pertinenza col tema in esame - riportare testualmente quanto risulta del "Monitoraggio del nuovo processo penale ordinario e minorile", relativo al primo quadriennio dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale del 1989, effettuato, per tutto l'arco del quadriennio, dall'ufficio quinto della Direzione generale affari penali del Ministero di grazia e giustizia (ufficio ricerche, documentazioni e monitoraggio) e coordinato, nell'ultima fase, dal Servizio studi, statistiche e, programmi (costituito presso il Gabinetto del Ministro con d.m. 16 gennaio 1992), in ossequio a quanto disposto dall'art. 15 del d.lgs. 28 luglio 1989 n. 273. Omissis . "Iscrizione delle notizie di reato". Omissis .. Va, infine, tenuto conto della proporzione tra il numero delle notizie di reato iscritte presso le procure della Repubblica presso la pretura e quello delle stesse notizie iscritte presso le procure della Repubblica presso il tribunale: notizie di reato per autore, identificato o ignoto; - periodo dall'ottobre 1989 al dicembre 1993 -: Procura presso la Pretura 174,18%; Procura presso il Tribunale: 24,2% omissis .. "La prima elementare osservazione e' che il procedimento pretorile, normalmente considerato come secondario, se non addirittura 'speciale', investe la maggior parte del carico giudiziario". "Un qualunque progetto di revisione del codice non puo' non tenere nella dovuta considerazione tale rito per la immediata incidenza su tutta la giustizia penale". Omissis .. "Il giudizio presso la pretura" omissis .. "Per cio' che concerne le preture, sono pervenuti complessivamente a giudizio, nel periodo in questione, 937.990 procedimenti relativi a 958.624 imputati liberi, 74.101 detenuti in carcere e 5.190 agli arresti domiciliari. Il tempo intercorrente tra la citazione e la data dell'udienza, cresce, anche in Pretura, in misura esponenziale negli anni. Difatti il numero dei procedimenti per i quali passano piu' di sei mesi tra la citazione e l'udienza sono 5.308 nel 1990, 43.634 nel 1991, 92.495 nel 1992 e 148.691 nel 1993. Questo e' un sintomo di gravissimo malessere e conferma la tendenza all'ingolfamento del dibattimento con effetti prevedibili sulle prescrizioni dei reati". E' necessario rammentare in proposito che tutto cio' era stato esattamente previsto da magistrati, avvocati e docenti universitari negli "Incontri di studio sul nuovo codice di procedura penale, del novembre 1988 e giuguo 1989 sullo specifico argomento: "Procedimento davanti al pretore nel nuovo c.p.p.", nel corso dei quali si osservava testualmente quanto segue: omissis .. "La direttiva n. 12 sulla nuova competenza del pretore e' stata attuata dall'art. 7 del c.p.p., che, dopo aver fissato il limite generale (reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena detentiva) indica dodici figure di reato che, pur prevedendo una pena detentiva superiore ai quattro anni, vengono attribuite alla competenza del pretore. Insomma si conferma e si amplia di molto la competenza fissata con la legge del 1984. E' evidente che la nuova competenza si estende anche alla legislazione penale speciale; cosi', ad es. il pretore sara' competente anche per i fatti di cui all'art. 72 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, comma secondo, sugli stupefacenti e cioe' detenzione, trasporto e commercio di sostanze classificate nelle tabelle II e IV della legge. Ma il combinato disposto del primo comma dell'art. 7 e del secondo comma, ultima parte, dell'art. 5 stesso codice (la Corte di assise e' competente per i delitti previsti nel titolo I del libro II del cod. pen. Delitti contro la personalita' dello Stato, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni), assegna alla competenza del pretore oltre quindici figure criminose gia' di competenza della Corte di assise". Omissis .. E' certo che la competenza del Pretore, tutta in salita sin dal 1865, ha raggiunto limiti davvero ragguardevoli sia sotto il profilo della quantita' (secondo autorevoli calcoli, il pretore dovrebbe trattare tra il 75 e l'80% di tutti gli affari penali) che della qualita' (si pensi, per es., ai reati di competenza della Corte di Assise e all'omicidio colposo)". Omissis .. "Quindi l'80% degli affari penali: ma allora il vero procedimento ordinario, quanto meno sotto il profilo quantitativo e' quello pretorile. Se cio' e' vero ne discendono due conseguenze: la prima e' che forse una attenzione maggiore andava dedicata a questo processo, anche se - va detto - il legislatore vi ha dedicato un intero libro, l'VIII, con quattro titoli e 19 articoli - da 549 e 567 - e modifiche a quattro articoli dell'ordinamento giudiziario (2, 7, 70 e 72); la seconda e' che le sorti del nuovo processo penale si giocano essenzialmente nelle Preture. Particolare attenzione e particolare cura va, quindi, dedicata alle Preture: una revisione radicale dei mandamenti e delle circoscrizioni va attuata immediatamente. Provvedimenti che apprestano il personale, le strutture ed i mezzi sono necessari per tutti gli Uffici Giudiziari; ma, con particolare riguardo per le Preture che sosterranno l'impatto maggiore, sono indilazionati; la posta in gioco e' elevata, perche' si tratta del successo o del fallimento del primo codice della Repubblica italiana". Ed ancora: negli "Incontri di studio e documentazione per i magistrati: Problemi interpretativi ed applicativi del nuovo c.p.p. alla luce dell'esperienza realizzata nel primo periodo di applicazione", si evidenziava quanto segue: "I problemi del p.m. in Pretura". omissis.. "Per quanto concerne il processo pretorile va detto che, sin da prima della sua entrata in vigore, era stato rilevato come questo nascesse come un rito debole, una sorta di fratello minore mal riuscito del vero processo penale, strutturato per le aule del tribunale. Era gia' stata osservata con perplessita' la previsione che consente al p.m. il rinvio a giudizio senza controllo alcuno, il ruolo ibrido e dimidiato del g.i.p. in assenza dell'udienza preliminare, la posizione subalterna (che si verifica in particolare in pretura) delle parti civili e degli enti esponenziali, un dibattimento in cui viene consentita come normale l'esclusione della cross-examination e la verbalizzazione manuale. Ma al di la' di questi limiti, che sinora abbiamo solo parzialmente potuto verificare, indubbiamente ha profondamente inciso il tradimento della riforma, consumato quando il nuovo codice e' stato fatto entrare in vigore, non solo senza che venisse operata quella profonda modernizzazione insita nelle sue stesse disposizioni (si pensi solo alla verbalizzazione meccanizzata), ma addirittura riuscendo a peggiorare (rispetto alle vecchie preture) le condizioni strutturali con cui, in particolare, i nuovi uffici di procura sono stati costretti a partire. Ma la questione e' piu' complessa e le conseguenze poi verificatesi erano anche difficilmente prevedibili appieno: in realta' con il nuovo processo sono stati fatti saltare delicati equilibri e prassi formatisi da anni che, in termini del tutto anomali quanto necessitati, consentivano ad interi uffici di andare avanti e di avere un intervento magari non del tutto soddisfacente, ma spesso efficace e rispondente alle domande sociali. In particolare, in pretura la realta' e' che nessun ufficio e' mai stato nelle condizioni di far fronte all'imponente massa cartacea che quotidianamente perviene. Se una tale situazione preesisteva e' innegabile che il nuovo processo l'abbia fatta letteralmente esplodere per diversi ordini di fattori. Anzitutto, la carenza di strutture, i nuovi incombenti spesso complessi e formalistici imposti al magistrato e la distribuzione dei vecchi apparati burocratico-amministrativi delle preture (che sapevano come canalizzare la valanga di atti che pervenivano quotidianamente) ha reso evidente e fatto arrivare sul tavolo del magistrato, in particolare nelle procure, un cumulo di carte incredibili di cui molte di qualita' altrettanto incredibile (dalle denuncie per art. 650 del c.p. per non aver fornito le generalita' del guidatore in caso di violazione dei limiti di velocita', a quelle per accattonaggio, alla segnalazione delle persone sorprese a dormire nelle stazioni ferroviarie): Inoltre lo stesso spirito del nuovo codice, che impone la diretta disponibilita' della Polizia Giudiziaria alla magistratura, comporterebbe che le procure della Repubblica, se tutto funzionasse, non potrebbero piu' essere Uffici postali, meri recettori di notitiae criminis, comunque rilevate, ma l'elemento propulsore e dirigente di indagini, evidentemente selezionate, sia come oggetto, sia come qualita'; Infine, l'introduzione di termini per la conduzione delle indagini preliminari che non rendono piu' possibili accantonamenti, piu' o meno momentanei ed espliciti, imponendo un'immediata (e prossoche' impossibile) attivazione di tutto. Omissis. La seconda questione e' relativa al carico penale. Va detto con chiarezza che nessun codice puo' reggere ad un afflusso di affari penali come quello che si ha nel nostro Paese. Anche qui, solo in apparenza, nulla e' cambiato rispetto a prima, arrivando in teoria lo stesso numero di segnalazioni di reato con il vecchio e con il nuovo codice. Difatti l'introduzione di termini, prima per la comunicazione delle notizie di reato e poi per lo svolgimento delle indagini preliminari, ha fatto saltare i delicati equilibri su cui reggeva il nostro sistema. All'entrata in vigore del codice si e' cosi' verificato un vero e proprio ingorgo nella registrazione dei fascicoli, ingorgo tuttora non risolto se il numero di procedimenti non registrati nelle procure presso le Preture delle grandi citta' si conta a dicine di migliaia. E adesso, a mesi di distanza, siamo coscienti che non riusciremo in alcun modo a far fronte al carico penale sopravvenuto. Di qui scelte drammatiche sui criteri con cui determinare che fatti perseguire e quali lasciare negli armadi. Questa situazione non puo' essere retta a lungo, ne' una soluzione e' data dalle periodiche proroghe dei termini che sinora si sono avute. E' invece necessaria una coraggiosa deflazione del carico penale, ricorrendo ai vari strumenti che possono consentire un tale risultato; dalla decriminalizzazione, alla depenalizzazione con degrado ad illecito amministrativo, dall'estensione della perseguibilita' a querela, all'introduzione di cause di non punibilita' omissis .. 3. - Cio' necessariamente premesso, con riferimento alle questioni di costituzionalita' di cui al dispositivo letto in udienza, ritiene ora il giudicante, di analizzare le norme sospettate di incostituzionalita', iniziando da quanto disposto dall'art. 30 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (delega legislativa al governo della Repubblica per la emanazione del nuovo cod. di proc. penale) e, cioe' l'obbligo del p.m. di comunicare all'imputato e, in copia alla persona offesa, gli estremi dei reati per cui sono in corso le indagini, a partire dal primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere". Pietruccia Orbene, occorre, anzitutto, per compiutezza di indagine, tener presente cio' che la Corte Costituzionale, in varie decisioni, ha stabilito per quanto concerne l'art. 24 della Costituzione: "Il diritto di difesa ricomprende, non solo la pretesa al regolare svolgimento di un giudizio, che consenta liberta' di dedurre ogni prova a discolpa e garantisca piena esplicazione del contraddittorio, ma anche quella di ottenere il riconoscimento della completa innocenza; da considerare il bene della vita costituente l'ultimo e vero oggetto della difesa, rispetto al quale le altre pretese al giusto procedimento assumono funzione strumentale". omissis .. "All'affermazione categorica del diritto inviolabile di difesa, proprio anche per la portata generale della norma che la contiene, non si accompagna, nel testo costituzionale, l'indicazione, dotata di pari forza cogente, del o dei modi di esercizio di quel medesimo diritto. Con la conseguenza che e' consentito al legislatore, valutando la diversa struttura dei procedimenti i diritti e gli interessi in gioco, le peculiari finalita' dei vari stati e gradi della procedura, dettare specifiche modalita' per l'esercizio del diritto di difesa, alla tassativa condizione, pero', che esso venga, nelle differenti situazioni processuali, effettivamente garantito a tutti su un piano di uguaglianza" omissis .. (C. cost. 15 dicembre 1967 n.151, Giur. cost. 1967, 1974; C. cost. 14 luglio 1971, n. 175, Foro it., 1971, I, 2453; C. cost. 16 dicembre 1971, n. 202, ivi, 1972, I, 2; C. cost. 20 marzo 1975 n. 70, ivi, 1975, I, 1052; C. cost. 16 luglio 1972, n. 72, Giur. cost. 1979, I, 596; C. cost. 21 luglio 1983, n. 224; C. cost. 10 ottobre 1979, n. 125, Giur. cost. 1979, I, 852, con note di G. Zagrebelsky e G. Vassalli). Con particolare riferimento alla "comunicazione giudiziaria ex art. 304 c.p.p. abrogato, la stessa Corte cosi' si e' espressa: "La mancata previsione dell'obbligo di inviare l'avviso di procedimento nelle ipotesi in cui il Pretore non ritenga di esperire attivita' istruttoria non lede in alcun modo la difesa dell'imputato e delle altre parti del processo, non estendendosi la garanzia costituzionale del diritto di difesa sino alla tutela della aspirazione di evitare lo strepitus fori (C. cost.; 29 dicembre 1972, n. 197, Giur. cost. 1972, 2203)". "Non contrasta con l'art. 24 della Cosituzione, l'art. 390 del c.p.p. nella parte in cui prevede l'obbligo della comunicazione giudiziaria se il Pretore intende procedere alla emissione del decreto di citazione a giudizio senza effettuare alcuna istruttoria, sulla sola base delle indagini preliminari svolte dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa (C. cost., 13 febbraio 1974, n. 29; Giur. cost., 1974, 102)". La comunicazione giudiziaria non e' imposta dalla Costituzione e rappresenta pertanto un istituto di favore non assolutamente indispensabile all'esercizio del diritto di difesa che il legislatore ordinario ha ritenuto, nella sua discrezionalita', di introdurre a migliore garanzia di coloro che possono avere nel processo penale e possono assumere la qualita' di parte. (C. cost., 28 luglio 1976, n. 208, Giust. pen., 1976, I, 331; C. cost. 13 febbraio 1974, n. 29, Giur. cost., 1974, 102). In particolare, con quest'ultima sentenza la Corte, - naturalmente nell'ottica dell'allora vigente c.p.p. del 1930 - dichiarava la infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 390 del cod. proc. pen., in relazione all'art. 225 dello stesso codice, nella parte in cui non prevedono, per gli atti di istruzione preliminare compiuti di propria iniziativa della polizia, l'obbligo della comunicazione giudiziaria che e' imposta per i medesimi atti allorche' siano effettuati a richiesta del magistrato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione; "All'uopo con la stessa sentenza, il giudice delle leggi precisava: omissis .. In sostanza gli atti preliminari della polizia giudiziaria anticipano il procedimento ma non sono fase di esso e, pertanto, esulano strictu senso dagli stati e gradi di procedimento presidiati dal diritto inviolabile della difesa (sentenza n. 197 del 1972 e n. 20 del 1974, Foro it., 1973, I, 324; id., 1974, I, 995). E se questa Corte, con la sua sentenza n. 86 del 1968 (id., 1968 I 1681), ha esteso le garanzie proprie dell'istruzione (introdotte con la riforma di cui alla legge 18 giugno 1955 n. 517) agli atti compiuti dalla polizia giudiziaria, cio' non implica che la comunicazione giudiziaria debba andare oltre i confini fissati dalla legge ordinaria. Omissis .. rientra nella discrezionalita' del legislatore ordinario determinare la sfera di applicazione della comunicazione stessa. E la sua estraneita' agli atti preliminare d'iniziativa della polizia giudiziaria non viola i diritti della difesa, che sono adeguatamente protetti dal combinato disposto degli artt. 225, 304-bis, 304-ter e 304-quater. E' esatto il rilievo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, che la difesa, nella sua globalita', non si esaurisca in cio' che prevedono gli articoli ora menzionati, ma se si da' ingresso ad atti che richiedono l'avviso al difensore, il prevenuto ne riceve notizia e, con cio' stesso, viene a conoscenza delle indagini in corso a suo carico e puo' prendere tutte quelle misure che ritiene a lui agevoli, con particolare riguardo alle memorie e istanza (artt. 145 e 304-bis, terzo comma, del cod. proc. pen.), che e' logico siano ammissibili ora anche in sede sommarie informazioni della polizia giudiziaria ivi compresa la richiesta di audizione di testimoni a discarico. Omissis. Infine, l'esclusione della comunicazione giudiziaria non e' irragionevole: potrebbe, se mai, apparire abnorme la disposizione che prevedesse l'indiscriminato e generalizzato avvertimento circa le indagini preliminari, sia per la difficolta' di tenere sullo stesso piano dell'inquisito gli altri interessati (cui pure spetta la comunicazione: art. 8 e 9 della legge 5 dicembre 1969 n. 932; art. 5 della legge 15 dicembre 1972 n.773), spesso del tutto ignoti, specie all'inizio delle indagini stesse; sia perche' la comunicazione (che, per l'ora citato art. 3 dalla legge n. 773 del 1972, deve essere dettagliata e ciscostanziata con indicazione delle disposizioni che si pretendono violate e della data del fatto), sarebbe di remora e di ostacolo, in una fase cosi' delicata e discreta, a che la polizia giudiziaria, nell'espletamento delle sue funzioni istituzionali (art. 219 del cod. proc. pen.), assicurasse le prove e ne evitasse l'inquinamento". E' necessario tener presente altresi' quanto precisato sul punto dalla stessa Corte con la sentenza del 24 aprile 1975, n. 99, allorquando dichiarava costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 24 della Costituzione, l'art. 304 del c.p.p. (abrog.) nella parte in cui non prevede che la "comunicazione giudiziaria", nei casi di procedimento penale a carico di imputato minorenne, sia inviata anche all'esercente la patria potesta' o la tutela su di lui,: omissis .. "La questione e' fondata, sia pure solo con riferimento all'art. 304 del c .p.p . Per vero l'art. 17 del gia' menzionato r.d.-l. n. 104 del 1934 riguarda non l'istruttoria. ma la fase del giudizio ed in relazione ad essa prevede esplicitamente che copia del decreto di citazione sia notificata per conoscenza all'esercente la patria potesta' o tutela; e sfugge, pertanto alle censure mosse dal giudice a quo. A diversa conclusione deve invece giungersi, come si e' gia' accennato, per cio' che concerne l'art. 303 del c.p.p. A tale proposito va considerato che la peculiare natura del processo penale e degli interessi in esso coinvolti richiede la possibilita' della diretta personale partecipazione dell'imputato. Acquista cosi' rilievo accanto alla difesa tecnica, cui attende il difensore, l'autodifesa, che ha riguardo a quel complesso di attivita' mediante le quali l'imputato e' posto in grado di influire sullo sviluppo dialettico del processo e di contribuire cosi', attivamente, ad una piu' sicura ricerca della verita' materiale (sent. n. 186 del 1973). L'uno e l'altro aspetto del diritto di difesa trovano puntuale riscontro nell'art. 24, comma secondo, della Costituzione, che, come questa Corte ha di recente ribadito, tutela l'autodifesa, non meno della difesa tecnica, quale diritto primario dell'imputato, immanente a tutto l'iter processuale, dalla fase istruttoria a quella di giudizio, sino al momento di chiusura del dibattimento, in cui l'imputato deve avere per ultimo la parola (sent. n. 205 del 1971). omissis .. basti considerare che la comunicazione giudiziaria ha proprio lo scopo di rendere edotta la persona indiziata di un reato dell'inizio della procedura a suo carico, in modo da consentirgli di predisporre tempestivamente la sua difesa nella fase piu' delicata del processo, quella in cui viene impostata l'accusa e vengono raccolte le prime prove. Ne' va dimenticato, che il diritto di difesa del duplice aspetto che sopra e' stato sottolineato, e' in primo luogo garanzia di contraddittorio. Il che e' quanto dire, che esso puo' dirsi assicurato solo nella misura in cui si dia all'interessato la possibilita' di partecipare ad una effettiva dialettica processuale (sentenza n. 190 del 1970) e di contribuire, cosi' attivamente, ad una piu' sicura ricerca della verita' materiale, possibilita' che, per quanto si e' detto, nel caso di specie considerato, non e' pienamente realizzabile senza l'intervento, oltre che del difensore, dell'esercente la patria potesta' o la tutela". Omissis .. Con successiva sentenza n. 248 del 1983, infine, la medesima Corte (con decisione ritenuta di estrema importanza dalla dottrina, "essendo stato superato in senso garantistico l'orientamento giurisprudenziale precedente, anticipando l'operativita' del diritto di difesa ad un momento in cui non e' ancora intervenuta la 'soggettivazione' dell'indizio di reita' ed introducendo un parziale contraddittorio tra controllore - pubblico laboratorio - e controllato - titolare dello scarico - nell'ambito di una procedura ammmistrativa che si svolge anteriormente all'intervento del magistrato penale), dichiarava: illegittimo, per violazione dell'art. 24 della Costituzione, l'art. 15, settimo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, come sostituito dall'art. 18 della legge 2 dicembre 1979, n. 650, nella parte in cui non prevede che il laboratorio provinciale di igiene e profilassi dia avviso al titolare dello scarico affinche' possa presenziare, eventualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecuzione dell'analisi". All'uopo la Corte precisava testualmente: omissis .. La questione e' fondata. Questa Corte ha gia' precisato che il diritto di difesa sarebbe violato qualora la nozione di procedimento nel quale il secondo comma dell'art. 24 della Costituzione garantisce la difesa come diritto inviolabile venisse intesa in senso restrittivo escludendo le attivita' "preordinate" a una pronuncia penale che si traducono in processi verbali di cui e' consentita la lettura in dibattimento "poste in essere al di fuori del normale intervento del magistrato (sent. n. 86/1988, Foro it., 1968, I, 1689). In base a tale orientamento, la Corte ha compreso nel concetto di procedimento nel quale si deve realizzare il diritto di difesa, gli atti di polizia giudiziaria di cui all'art. 225 del c.p.p.; (sent. n. 86/1988) e la fase di revisione dell'analisi prevista dall'art. 44 del r.d.-l. 15 ottobre 1925 n. 2033 in materia di repressione delle frodi nelle preparazioni e nel commercio di sostanze di uso agrario (sent. n. 149/1969, id., 1970, I, 8). Situazioni paragonabili a quelle oggetto di giudizio di legittimita' costituzionale definite con le sopracitate sentenze si riscontrano, per quanto ora si dira', nella fattispecie all'esame della Corte". E' opportuno riportare ora quanto rilevato nella relazione al codice di procedura penale del 1988 con riferimento all'art. 369 gia' citato: "L'art. 369, concernente l'informazione di garanzia e' stato introdotto per attuare la direttiva 38, parte quinta. Dai lavori preparatori della legge-delega emerge chiaramente che il legislatore con tale direttiva, considerando che, in concreto, il vigente istituto della comunicazione giudiziaria (frutto della modifica apportata, con legge 15 dicembre 1972, n. 773, all'avviso di procedimento introdotto con legge 15 dicembre 1969, n.932), anziche' assolvere a quelle funzioni garantistiche per le quali era stato concepito, spesso ha determinato rilevanti lesioni della reputazione di indiziati a carico dei quali successivamente non e' risultato alcun concreto elemento di responsabilita', ha voluto ovviare a tale grave inconveniente adottando una soluzione che, pur conservando sostanzialmente e concretamente la funzione di garantire l'esercizio del diritto difesa da parte dell'imputato, anche nella fase delle indagini preliminari, evita di produrre a persone, che magari non saranno mai rinviate a giudizio, danni - anche in termini di indagini e di costi umani - propri del procedimento penale. Nella redazione dell'articolo si e' anche tenuto conto del recente disegno di legge governativo n. 499/s, comunicato alla presidenza del Senato il 5 ottobre 1987, concernente la modifica della comunicazione giudiziaria. Nella relazione, fra l'altro tale disegno di legge e' presentato come una anticipazione del nuovo codice. L'espressione 'comunicazione giudiziaria' e' stata, cosi', sostituita con quella 'informazione di garanzia', apparsa piu' idonea a qualificare l'istituto in esame. Detta informazione di garanzia non viene piu' data all'inizio dell'indagine, ma, coerente con la sua funzione istituzionale, sin dal compimento del primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere. E' solo in tale momento, infatti, che sorge l'esigenza di notiziare l'imputato del procedimento a suo carico, giacche' solo in relazione al compimento degli atti suddetti puo' in concreto estrinsecarsi l'attivita' del difensore". Nei primi commenti per detto nuovo istituto si osservava che, comunque, rimaneva valido quanto affermato in precedenza dalla costante giurisprudenza di legittimita' e di merito, secondo cui detta comunicazione era dovuta soltanto quando lo sviluppo delle indagini fosse tale da consentire la fondata attribuzione, a taluno, della qualifica di "indiziato" (o, secondo la nuova terminologia, di "persone sottoposte ad indagini"). Piu' precisamente la Corte di cassazione, con puntuale uniformita' sino al 1988, aveva affermato che la comunicazione giudiziaria puo' assolvere seriamente e fattivamente la funzione garantistica che la legge le attribuisce solo se effettuata nei confronti nei soggetti raggiunti da concreti elementi processualmente valutabili. L'obbligo di essa pertanto, implica e presuppone che nei confronti del soggetto esistano prove o quanto meno indizi di reita' e non solo dei meri sospetti. Con la 'comunicazione' infatti, il giudice e' tenuto ad indicare le norme di legge violate e la data del fatto in concreto addebitato, e cioe' specifiche indicazioni incompatibili con le presupposizioni di un mero sospetto (tra le ult.: Cass. Pen. sez.I 19 gennaio - 20 febbraio 1987, n.93). 4. - Il giudicante, prendendo atto dell'orientamento della giurisprudenza (ordinaria e costituzionale) e delle determinazioni del legislatore del 1989, sopra necessariamente riportate, non puo' esimersi di osservare, anzitutto, - sulla base anche di una lunghissima esperienza pretorile gia' sino al 1989 - che "l'avviso di procedimento" o "la comunicazione giudiziaria" (ora "informazione di garanzia"), in tanto hanno potuto provocare agli indiziati a carico dei quali successivamente non e' risultato alcun concreto elemento di resposabilita' i gravi pregiudizi indicati nella richiamata relazione al nuovo c.p.p., in quanto, tra l'altro, nonostante le numerose istanze in tal senso da parte degli operatori del diritto - e non soltanto di quelli - il legislatore non ha ancora sancito il divieto di indiscriminata pubblicazione di tale informativa del p.m. che meritava, per le sue caratteristiche sopra evidenziate, l'obbligo del segreto ex art. 71 della legge delega e 329 del c.p.p. oltre che per il rispetto degli artt. 2 e 24 della Costituzione e delle numerose convenzioni internazionali in materia. Ed, intanto, si continuano a registrare molto spesso, per persone che magari non saranno mai rinviate a giudizio, "danni anche in termini di immagine e di costi umani propri del procedimento penale". Inoltre, ritiene il giudicante che quanto leggesi nella relazione del nuovo c.p.p. con riferimento all'istituto dell'informazione, di garanzia - e cioe' che la stessa non viene data dall'inizio delle indagini ma sin dal compimento del primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere, sorgendo solo in tale momento l'esigenza di notiziare l'imputato del procedimento a suo carico, giacche' solo in relazione al compimento degli atti suddetti puo' in concreto estrinsecarsi l'attivita' del difensore - rende doverose alcune considezioni. All'uopo e' necessario richiamare sia la sentenza n. 248 del 1983 della Corte costituzionale - sopra riportata - relativa all'estensione del concetto di "procedimento" al fine di realizzare piu' adeguatamente il diritto alla difesa ex art. 24 della Costituzione, sia quella del 24 settembre 1975 n. 99 - pure sopra riportata - con riferimento alla reale funzione della "comunicazione giudiziaria" (ora informazione di garanzia) ed alla necessita' della stessa "per rendere edotta la persona indiziata di un reato dall'inizio della procedura a suo carico, in modo da consentirle di predisporre tempestivamente la sua auto-difesa e di contribuire (anche al di la' della difesa tecnica), attivamente, ad una piu' sicura ricerca della verita' materiale". Ne' puo' obliterarsi quanto previsto, non solo dall'art. 367 del c.p.p., secondo cui in (tutto) il corso delle indagini preliminari i difensori hanno facolta' di presentare memorie e richieste scritte al p.m., ma, soprattutto, dall'art. 374 p.p. del c.p.p. (Presentazione spontanea) secondo cui "chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini ha facolta' di presentarsi al p.m. e di rilasciare dichiarazioni". Il tutto, a parere del giudicante, puo' far ritenere che, anche a prescindere dal compimento di atti ai quali il difensore ha diritto di assistere, si appalesa ugualmente indispensabile per la piena realizzazione del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione, informare ufficialmente e segretamente l'indagato (senza che lo apprenda dalla voce o dall'opinione pubblica "giornalistica") dell'inizio di un procedimento penale a suo carico, sia pure con i limiti e le cautele evidenziati dalla dottrina e dalla giurisprudenza di cui sopra si e' detto, onde evitare qualsivoglia pregiudizio alle indagini della p.g. e del p.m. Compito, quest'ultimo, ovviamente, (ma non assolutamente ed illimitatamente discrezionale) del legislatore (su impulso auspicabile, in particolare, dalla Commissione per la revisione delle norme del codice di procedura penale e disposizioni complementari, istituita con d.m. 12 novembre 1994) cui spetta anche il potere di fissare un ragionevole lasso di tempi, con possibili proroghe, entro cui il p.m. presso la pretura circondariale, - in considerazione delle particolari caratteristiche del procedimento relativo, gia' diffusamente evidenziate - allorquando non ritenga ancora di chiedere al g.i.p. pretorile il decreto di archiviazione e di compiere atti istruttori al fine di emettere il decreto di citazione a giudizio - per qualsivoglia motivo legittimo -, debba informare l'indagato dell'inizio di un procedimento a suo carico per consentirgli, con effettivita', quanto considerato ed affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 99 del 1975 teste' richiamata e dagli stessi artt. 367 e 394 p.p. del nuovo c.p.p. in ossequio, anzitutto, all'art. 24 della Costituzione italiana e nell'ambito della interpretazione di questa norma da parte del giudice delle leggi, come sopra evidenziato. La necessita' ora posta in risalto e' determinata, appunto, dall'obbligo di non violare detta norma fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, pur con la consapevolezza che detta informativa non e' imposta specificatamente dalla Carta fondamentale dello Stato. Ma non e' ne' rilevante ne' decisivo, neppure, a parere del giudicante, riconoscere che la garanzia costituzionale del diritto di difesa possa estendersi sino alla tutela dell'aspirazione (comunque, non da sottovalutare) di scongiurare lo strepitus fori. Trattandosi, invece, di evitare - come potrebbe verificarsi con l'attuale disciplina legislativa sopra richiamata - che l'indagato venga citato a giudizio dibattimentale (senza alcuna colpa, naturalmente, del p.m., per quanto si e' detto e si dira') a distanza di un notevolissimo lasso di tempo - presumibilmente addirittura sino ai termini prescrizionali - senza aver mai saputo che e' stato iniziato nei suoi confronti un procedimento penale, con l'intuibile grave pregiudizio del suo diritto di difendersi, nel senso precisato dalla stessa Corte costituzionale (in particolare: sent. n. 99 del 1975). Ne' puo' dirsi che il rimedio di cui si parla sia in contrasto con i principi del nuovo Codice di procedura penale, essendo stato anzi espressamente stabilito nell'art. 2 della legge delega per la sua emanazione (legge 16 febbraio 1987, n. 81) che "il codice di procedura penale deve attuare i principi della Costituzione ed adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale" con i criteri della "massima semplificazione nello svolgimento del processo" e con la "partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni stato e grado del procedimento". Orbene, appare evidente, a parere del giudicante, che l'inconveniente paventato in pregiudizio dell'indagato nel procedimento pretorile sia, non solo in contrasto con detti principi, ma finisca anche con impedire, per l'involontario mancato apporto difensivo, l'eventuale eliminazione di numerosi procedimenti prima ancora del dibattimento; non dovendosi, all'uopo, obliterare quanto stabilito gia' dall'art. 37 della legge delega (potere dovere del p.m. di compiere indagini in funzione dell'esercizio dell'azione penale e dell'accertamento di fatti specifici, ivi compresi gli elementi favorevoli alll'imputato) sia dell'art. 358 del c.p.p. (il p.m. compie ogni attivita' necessaria ai fini indicati nell'art. 326 e svolge altresi' accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini). In ogni caso, la scarsissima possibilita' dell'indagato e del suo difensore di intervenire, senza la suddetta "informativa", per dedurre le discolpe, puo' pure non incentivare il p.m. a compiere indagini preliminari di sua competenza con qualsivoglia esito, giungendosi al dibattimento - in seguito al decreto di citazione a giudizio pretorile - senza elementi di prova che ivi deve "formarsi" ed inducendo il giudice del dibattimento a svolgere - con affanno e lunghissima notoria perdita di tempo - che indagini preliminari di competenza della p.g. e del pubblico ministero. Avvalora questa ultima preoccupazione la Corte costituzionale con l'importante sentenza n. 445 del 26 settembre-12 ottobre 1990 ove, sia pure in parte, questa problematica viene lucidamente affrontata con riferimento alla ritenuta incostituzionalita' dell'art. 554, secondo comma, del c.p.p., stabilendo, conclusivamente, quanto segue: .Omissis. "Come efficacemente osserva l'ordinanza del giudice di Vercelli, non puo' affatto dirsi che il disposto dell'art. 554, secondo comma, 'soddisfi realmente le esigenze di semplificazione che informano il rito innanzi al pretore'. Il costringere il giudice per le indagini preliminari - che 'a fronte di una richiesta di archiviazione contrassegnata da assenza o carenza di indagini, ritenga di non accoglierla' - ad innescare sempre' il meccanismo del decreto di citazione a giudizio piuttosto che, piu' semplicemente, come previsto dall'art. 409 del c.p.p., darsi luogo all'indicazione di nuove indagini' entro un termine strettamente prefissato, significa, da un lato, precludere in modo prematuro lo sblocco rappresentato dall'archiviazione, che a seconda dell'esito delle nuove indagini, potrebbe essere riproposta dal pubblico ministero e, questa volta, condiviso dal giudice per le indagini preliminari; dall'altro lato, significa far mettere obbligatoriamente in moto le complesse incombenze traducentesi negli atti introduttivi del giudizio, senza che vi sia oggettivamente l'insuperabile necessita': cosi' appesantendo i ruoli del dibattimento per rinviare a quella sede - che dovrebbe, invece, essere deflazionata al massimo - accertamenti assai piu' speditamente e, comunque, immediatamente realizzabili in fase di indagini preliminari. La conseguenza, sotto quest'aspetto, e' che proprio il rito pretorile, da disciplinare per delega secondo criteri di massima semplificazione, viene sottoposto ad inevitabili complicanze, mentre il rito di base fruisce della possibilita' di acquisire agilmente, nel termine indispensabile fissato dal giudice, ulteriori chiarimenti, comunque preziosi per le determinazioni del pubblico ministero" Omissis .. Ne consegue, a parere del giudicante, la non manifestamente infondatezza degli artt. 38 della legge delega del 1987, 369 e 554 del c.p.p. laddove prevedono nel procedimento pretorile soltanto l'informazione di garanzia sin dal primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere senza nessun termine ragionevole per informare l'indagato - nei modi piu' adeguati e opportuni possibili - che e' stato iniziato un procedimento a suo carico e non si ritiene ancora di chiedere l'archiviazione o compiere, comunque, atti istruttori o disporre il decreto di citazione a giudizio davanti al pretore. Cio' per violazione degli artt. 24 (per le ragioni sopra precisate), 3 (diversificazione irragionevole e incoerente tra il rito preliminare presso il Tribunale e quello presso il pretore: sentenza Corte costituzionale nn. 445 del 1990 e 112 della Costituzione (esclusivita' del p.m. a compiere atti preliminari per l'obbligatorio esercizio dell'azione penale). 5. - Laddove pero' codesta on. Corte dovesse ritenere manifestamente infondata la questione di costituzionalita' cosi' come ora prospettata e, permanesse, quindi, la non obbligatorieta' dell'informazione di garanzia nel caso sopra specificato, ritiene questo pretore di sottoporre alla stessa - sia pure in via subordinata, per quanto sopra detto - quella relativa all'art. 554, primo comma, del c.p.p. in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, nella parte in cui autorizza il p.m. a rinviare l'imputato a giudizio senza compiere alcuna indagine e senza prima sentire l'indagato; o comunque, ritenuta rilevante la questione di legittimita' nella parte in cui la norma succitata viene interpretata nel senso surriferito. Questione sollevata anche dal pretore di Arezzo, sezione distaccata di Sansepolcro, con ordinanza del 21 giugno 1994, in Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 1994, con la motivazione che si condivide e si riporta in parte di seguito, integrata da quanto sopra si e' precisato correlativamente: omissis .."Nel corso dell'istruttoria dibattimentale odierna emergeva che il rinvio a giudizio era stato disposto, non solo senza aver prima sentito l'imputato, ma anche senza avere compiuto alcuna indagine tesa ad accertare la fondatezza della denuncia o ad individuare resistenza di prove. In relazione a tale situazione questo pretore ritiene di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 554, primo comma, del c.p.p. che cosi' statuisce: 'Concluse le indagini, il p.m. trasmette gli atti al g.i.p. con richiesta di archiviazione o di decreto penale di condanna ovvero emette decreto di citazione a giudizio'. La questione di legittimita' costituzionale che questo pretore ravvisa investe tale norma laddove autorizza il p.m. a rinviare a giudizio l'imputato senza compiere alcuna indagine, senza prima sentirlo o, comunque, laddove la suddetta norma viene interpretata in tal senso. Si potrebbe anche dire che la norma e' incostituzionale per la sua genericita', in quanto non stabilisce un minimun di attivita' di indagine da compiere prima del rinvio a giudizio. Su questo punto e' opportuno richiamare l'attenzione della Corte perche' il fenomeno sta assumendo proporzioni inusitate, prassi costante. La giustificazione che si da' normalmente e' l'eccessivo carico di lavoro del pubblico ministero pretorile. omissis .. Comunque, eventuali difficolta', se ci sono, non possono essere scaricate sul giudice del dibattimento le cui possibilita' sono davvero esigue rispetto ai mezzi di cui puo' disporre il p.m. Omissis .. da tale modo di fare derivano conseguenze gravi e negative quali: l'inusitato aumento dei processi come conseguenza del fatto che viene a mancare qualsivoglia riscontro sulla fondatezza delle accuse; l'allungamento del tempo occorrente per celebrarli, perche', quanto piu' le accuse sono infondate e basate su sospetti, tanto piu' l'imputato e' portato a difendersi con una valanga di prove che, essendo richieste per la prima volta in udienza, spesso presentano difficolta' di assunzione. Omissis .. 'il proliferare dei processi allontana sempre di piu' il tempo della loro celebrazione favorendo la prescrizione dei reati. Di fatto il pretore non e' chiamato a celebrare processi ma a svolgere indagini preliminari di competenza degli organi di polizia giudiziaria e del pubblico ministero (tra l'altro, quasi sempre, delegante in udienza un v. procuratore onorario, per le gravi carenze organiche dagli uffici della procura della Repubblica presso la pretura circondariale di cui si dira'). Per le conseguenze cui puo' dare luogo, la norma in questione costituisce una grave smagliatura nel sistema processuale penale vigente. Puo' essere considerata una specie di buco nero ove puo' passare di tutto: dall'accusa piu' infondata e presuntuosa, al tentativo di ricatto, alla strumentalizzazione della giustizia penale. Che la norma in questione per il suo contenuto e comunque per il modo in cui viene interpretata sia in contrasto con la legge ordinaria e con quella costituzionale sembra evidente. Il principio di consentire ad una persona indagata di difendersi entro un lasso di tempo ragionevole e' uno dei cardini del nostro ordinamento penale. E' recepito addirittura per le violazioni amministrative che se non contestate entro cinque mesi dal fatto non sono piu' punibili. Lo scopo e' evidentemente quello di consentire una difesa efficace che rischia di essere vanificata col passare del tempo'. Omissis .. Per quanto riguarda le norme costituzionali che si possono ritenere violate questo pretore si limita a richiamare gli artt. 3, 24 e 112. Il principio di eguaglianza e' violato sono un duplice aspetto: in quanto l'attribuzione della qualifica di imputato, che e' certamente una posizione scomoda e di inferiorita' rispetto a quella di parte lesa, viene attribuita dando credito solo ad una sola delle parti che hanno interesse alla vicenda. Questo e' certamente grave per quelle situazioni di reciprocita che molto di frequente sono alla base delle situazioni dalle quali scaturiscono le querele o le denuncie specie quando provengono non da organi dello Stato preposti all'accertamento dei reati ma da privati; il principio e' anche violato con riferimento alla posizione di chi viene rinviato a giudizio di fronte al tribunale che gode garanzie molto maggiori. Ne' la giustificazione puo' essere individuata nella minore gravita' dei reati di competenza del pretore; situazioni che non sempre si verifica. Basti pensare ai maltrattamenti in famiglia, alla ricettazione, al furto pluriaggravato. Il diritto alla difesa non solo e' violato, ma e' addirittura eliminato alla radice nello stato e nella fase delle indagini. Dire che in realta' tutte le garanzie dell'imputato vengono assicurate nel dibattimento non convince, sia per la diversita' di posizione in cui viene a trovarsi la persona imputata sia perche', intervenendo il dibattimento e la conoscenza dell'accusa a distanza di anni, le possibilita' di difesa vengono o possono essere vanificate dal decorso del tempo. Basti pensare al fatto che l'imputato potrebbe non piu' ricordare o che testimoni importanti potrebbero essere scomparsi o che riscontri possibili a breve distanza dal fatto non sarebbero piu' tali. L'art. 112 e' violato perche', di fatto l'esercizio dell'azione penale e' delegato al privato, e perche' possono essere portati in dibattimento - e di fatto vengono portati - processi sforniti di prove. In conclusione lo scrivente non puo' non richiamare la sentenza n. 445 del 26 settembre-12 ottobre 1990 dove questa problematica viene lucidamente affrontata con riferimento alla ritenuta incostituzionalita' dell'art. 554, secondo comma, del c.p.p. che pur aveva un ambito molto piu' modesto con conseguenze meno gravi. omissis ..". Naturalmente, per far fronte ad eventuali nuove incombenze che potrebbero scaturire dall'esito positivo delle proposte questioni di costituzionalita' di cui sopra, gli uffici delle procure presso le preture circondariali dovrebbero contestualmente essere poste finalmente in condizioni strutturali e di operativita' adeguate - a livello anche umano - per scongiurare gli inverosimili inconvenienti di cui sopra - non a caso - si e' fatto ampiamente cenno, insieme alle prospettive di vere e proprie paralisi. Tenendo presente, all'uopo, che, a parere del giudicante, anche le gravi e persistenti carenze e imperfezioni di questa natura possono - determinare - come sta avvenendo - la violazione non soltanto dei principi informatori del nuovo codice di produra penale, ma pure di basilari norme della Carta fondamentale dello Stato oltre quelle gia' richiamate e piu' specificatamente l'art. 97, primo comma. 6. - In ordine di gradualita' e alternativa, il giudicante deve ora prospettare a codesta on. Corte l'ultima questione di costituzionalita' contenuta nel dispositivo di questa ordinanza, tenuto conto che nel caso in esame, l'imputata Pantaleo, dopo la denuncia a suo carico, secondo quanto riferito dal p.m. di udienza, fu sentita dai Carabinieri di Ruffano. Orbene, ex art. 350 u.p. 514 e 503, terzo comma, del c.p.p., dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputata alla polizia giudiziaria, spontaneamente o assunte in presenza del difensore, non e' consentita l'utilizzazione in dibattimento salva la possibilita' per il p.m. ed i difensori di sevirsene per contestare in tutto o in parte il contenuto delle deposizioni. Pertanto, in mancanza di informazione di garanzia, di interrogatorio dell'indagato e del compimento di atti istruttori da parte del p.m.; pretorile, secondo la vigente disciplina - ferme restando tutte le considerazioni svolte a supporto delle altre questioni sollevate - l'ulteriore impossibilita' di utilizzare adeguatamente (naturalmente nei limiti dei principi relativi alla formazione della prova nel nuovo processo penale a distanza, a volte, come si e' visto, di molti anni dal fatto, gli unici elementi ricavabili dalle indagini preliminari condotte dalla p.g. in un momento relativamente prossimo all'accadimento, con riferimento al contatto ed alla partecipazione dell'indagato, potrebbe pregiudicare, a parere del giudicante, a seconda del contenuto delle dichiarazioni da lui rese in quella sede, sia il diritto di difesa dell'imputato in dibattimento, sia la funzionalita' dell'accusa in questa fase del procedimento, per il difetto di una sia pur minima dialettica processuale da coordinare e sviluppare sotto il controllo del giudice. Ne consegue la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' degli art. 350, secondo, terzo e settimo comma, 514, primo comma, e 503, terzo comma, del c.p.p. laddove escludono l'acquisizione e l'utilizzabilita' delle dichiarazioni spontanee rese dall'indagato o assunte alla presenza del difensore dalla p.g., se non limitatamente all'ipotesi di contestazione di cui all'art. 503 s.c., per violazione degli artt. 24 e 112 della Costituzione. A questo punto non e' superfluo evidenziare che sussiste, anche, a parere del giudicante, la rilevanza delle questioni sollevate con riferimento a procedimento in esame. Invero, laddove la Corte dovesse accoglierle, anzitutto, l'omesso avviso di procedimento nel senso sopra precisato o "informazione di garanzia" da parte del p.m. nei confronti dell'imputata comporterebbe o la nullita' assoluta ex art. 179 del c.p.p.; - perche' concernente "l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale" - o quella definita dalla dottrina e dalla giurisprudenza "a regime intermedio", corrispondente, nella nuova disciplina, a quelle di cui all'art. 180 del vigente c.p.p. che colpirebbe, il decreto di citazione a giudizio, gli atti antecedenti e quelli successivi ex art. 555 s.c., conseguenzialmente coinvolto nonostante l'attuale formulazione. Cosi' pure, nella gradata ipotesi di omesso interrogatorio dell'imputata stessa anteriormente all'emissione del decreto di citazione a giudizio; con necessaria trasmissione, in entrambi in casi, degli atti al p.m. non trattandosi di regressione anomala del procedimento alla fase anteriore (arg. a cont. tra le altre, Cass. pen. s.u. 13 luglio 1993, n. 19). Infine, nell'ulteriore ipotesi di piena utilizzabilita' in dibattimento delle dichiarazioni rese dall'imputata alla p.g., la rilevanza e' in re ipsa per le ragioni gia' espresse in merito.
P. Q. M. Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 gennaio 1948, n. 1; visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalita' degli artt. 38 della legge-delega del 1987, 369, 554, 350 e 503 del c.p.p. laddove stabiliscono rispettivamente che l'informazione di garanzia debba essere inviata all'imputato e alla persona offesa soltanto nel caso di compimento di atti ai quali il difensore ha diritto di assistere e che il p.m. puo' emettere il decreto di citazione a giudizio davanti al Pretore senza informazione di garanzia, senza interrogatorio dell'indagato e senza compiere alcuna indagine ed, infine, che non possano esser acquisiti i verbali di dichiarazioni spontanee rese dall'indagato, o assunte alla presenza del difensore dalla p.g., per violazione degli artt. 24, 112 e 3 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone altresi' che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e alle parti costituite. Casarano, addi' 25 ottobre 1995 Il pretore: SODO 95C0699