N. 356 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 marzo 1995

                                N. 356
 Ordinanza  emessa  il  29  marzo  1995  dal  giudice  istruttore  del
 Tribunale  di  Lecce  nei  procedimenti  civili  riuniti vertenti tra
 s.r.l. Abita.Re ed altra e Comune di Nardo'
 Esecuzione  forzata  -  Esecuzione  mobiliare   e/o   immobiliare   -
 Opposizione  al  precetto  -  Potere  del giudice adito di sospendere
 l'esecuzione, ancorche' non ancora iniziata  -  Omessa  previsione  -
 Compressione del diritto di difesa.
 (C.P.C., artt. 615, comb. disp., 623 e 624).
 (Cost., art. 24).
(GU n.25 del 14-6-1995 )
                         IL GIUDICE ISTRUTTORE
    Sciogliendo la riserva formulata all'udienza 22 marzo 1995;
    Premesso  che,  con  separati  atti di citazione, le cooperative a
 responsabilita' limitata "Abita.Re" e "Silvana" han proposto  rituale
 opposizione  ai  precetti,  coi  quali  il  comune  di Nardo' ha loro
 ingiunto di pagare le somme indicate nelle  convenzioni  ex  art.  35
 della  legge  n.  865/1971,  stipulate  l'11 febbraio 1992 innanzi al
 notaio Bruno Franco;
      che le due cause sono state riunite;
      che,   con   decreto  emesso  su  istanza  delle  opponenti,  la
 esecutivita' dei titoli azionati dall'ente pubblico e' stata  sospesa
 dapprima fino all'8 marzo 1995, e poi fino al 22 marzo 1995;
      che   deve   ora   decidersi  con  ordinanza  sulle  istanze  di
 sospensione (formulate sia ai sensi degli artt. 615, 623  e  624  del
 c.p.c., sia ai sensi dell'art. 700 del c.p.c.), essendovi stato ampio
 contraddittorio scritto tra le parti (cfr. fascicolo di ufficio).
                             O S S E R V A
     A)  Il  comune  opposto  ha  eccepito il difetto di giurisdizione
 dell'a.g.o.  e,  in  subordine,  l'incompetenza   per   materia   del
 Tribunale,  essendo  competente in unico grado la Corte di appello di
 Lecce.
    La prima eccezione non sembra fondata,  per  le  ragioni  indicate
 dalle  opponenti  a  pagg. 3 e 4 della memoria 15 marzo 1995. Siccome
 non si  censurano  atti  amministrativi  o  stime  di  indennita'  di
 espropriazione in quanto tali, bensi' una clausola contrattuale sulla
 cui  base  la  p.a.  intende  procedere  ad esecuzione (mobiliare e/o
 immobiliare), non v'e' neppure competenza  della  Corte  di  appello.
 Qualora   poi   dovesse   ritenersi   l'invalidita'  di  taluni  atti
 amministrativi presupposti dalla clausola impugnata, potra' e  dovra'
 procedersi a disapplicazione ex art. 5 L.A.C.
    Non  appare  opportuna  una piu' ampia disamina di tali questioni,
 atteso il carattere interlocutorio della presente ordinanza.
     B) Secondo le opponenti, le convenzioni notarili ex art. 35 della
 legge n. 865/1971 non sarebbero titoli esecutivi ex art. 474 cpv.  n.
 3 del c.p.c.
    Tale  motivo, sostanzialmente abbandonato nelle memorie depositate
 dopo l'atto introduttivo, sembra efficacemente contestato dal  comune
 di Nardo' nei suoi atti difensivi.
    Anche  in  questo  caso  non  appare allo stato opportuna una piu'
 ampia disamina.
     C) Con le convenzioni dell'11 febbraio 1992, il comune di  Nardo'
 attribui'   alle   opponenti  per  novantanove  anni  il  diritto  di
 superficie ex art. 35, comma  undicesimo,  della  legge  n.  865/1971
 (rectius,  ex  art.  35, comma quarto, atteso che il comma undicesimo
 riguarda il diritto di proprieta') su alcune  aree  con  destinazione
 residenziale,   per  un  corrispettivo  predeterminato.  Le  societa'
 stipularono a garanzia polizze fideiussorie, impegnandosi  a  versare
 separatamente  il  contributo  per opere di urbanizzazione primaria e
 secondaria. In seguito,  con  atto  7  aprile  1992,  la  coop.  r.l.
 "Abita.Re"  si  impegno' a provvedere direttamente all'urbanizzazione
 primaria.
    Secondo le due cooperative,  l'emanazione  dell'art.  5-bis  della
 legge  n. 359/1992 e dell'art. 16 d.lgs. n. 504/1992 comporterebbe la
 riduzione dei corrispettivi indicati nella convenzione,  ancorati  ai
 valori  di mercato. Si avrebbe infatti nullita' ex art. 1419 cpv. del
 c.c. delle relative pattuizioni, sostituite di diritto, ex art.  1339
 del  c.c.,  dalla  regola  di cui all'art. 35, comma ottavo, lett. a)
 della  legge  n.  865/1971,  secondo  cui  il   corrispettivo   della
 concessione  in superficie deve essere "pari al costo di acquisizione
 delle aree nonche' al costo delle relative opere di urbanizzazione se
 gia' realizzate".
    A  tali prospettazioni, i Comune ha replicato in vario modo. Prima
 del  giudizio,  i  consulenti  Angione,  Greco  e  Marra,   da   esso
 incaricati,  hanno  sostenuto  (30  aprile  1993)  l'inapplicabilita'
 dell'art. 5-bis, per poi smentire il 26 luglio 1993 tale asserzione.
    In giudizio, l'opposto ha da un lato sostenuto che le  convenzioni
 11  febbraio  1992, avendo natura contrattuale e quindi, ex art. 1372
 del c.c., forza di legge tra le parti, non potevano essere modificate
 o invalidate da altre leggi (una tesi di incontestabile  originalita'
 ..),  dall'altro  che  le  stesse gia' rispettavano sostanzialmente i
 criteri di cui all'art. 5-bis.
    Premesso che la questione  dell'applicabilita'  dell'art.  16  del
 d.lgs.  n.  504/1992  non  e'  stata approfondita nelle varie memorie
 scritte,  e  puo'  quindi  essere  tralasciata  in  questa  fase,  le
 argomentazioni  del  Comune  possono  essere  esaminate solo dopo una
 breve analisi dell'art. 35, comma ottavo, lett.  a)  della  legge  n.
 865/1971  (ma  anche  l'analisi  del comma dodicesimo, applicabile se
 fosse corretto il richiamo della  convenzione  al  comma  undicesimo,
 porterebbe  agli  stessi  risultati,  dato l'analogo tenore delle due
 norme).
    Il riferimento della lett.  a)  del  comma  ottavo  al  "costo  di
 acquisizione  delle  aree" costituisce rinvio ad un dato numerico: la
 somma in concreto sborsata dall'ente pubblico per espropriare le aree
 da concedere in superficie ai costruttori. E' di  regola  necessario,
 quindi,  che l'ente prima proceda all'acquisizione ed al pagamento, e
 poi alla stipula. Puo' anche  verificarsi  che,  nell'ambito  di  una
 procedura  particolarmente  accelerata ed efficace (e quindi condotta
 in modo diverso da quella all'esame del tribunale),  venga  stipulata
 anticipatamente una convenzione, nella quale il costo di acquisizione
 sia  determinato  in  via  presuntiva, salvo conguaglio (a favore o a
 carico  del  superficiario)  al  momento  della   ultimazione   delle
 espropriazioni necessarie.
    In  tale  secondo  caso,  tuttavia,  la  mancata ultimazione delle
 stesse avra'  valore  di  condizione  risolutiva  della  convenzione.
 Inoltre  il  costo  presuntivo di acquisizione dovra' essere ancorato
 all'unico criterio  certo,  costituito  dalla  determinazione  legale
 delle indennita' di espropriazione e di occupazione di urgenza.
   E' pacifico che le procedure di acquisizione delle aree dei privati
 da  pare  del  comune di Nardo' sono, al momento attuale, ben lontane
 dell'ultimazione,  sicche'  il  riferimento  delle   convenzioni   11
 febbraio   1992   al  prezzo  di  mercato  poteva  valere  solo  come
 riferimento al criterio  piu'  accreditato  in  giurisprudenza  prima
 dell'emanazione   dell'art.   5-bis   della  legge  n.  359/1992.  E'
 giocoforza, quindi, sostituire tale pregresso criterio,  in  concreto
 mai  divenuto  applicabile  a  causa della mancata acquisizione delle
 aree private, con quello di cui all'art. 5-bis, che  e'  il  criterio
 legale oggi vigente.
    Non si tratta percio', a ben vedere, di sostituzione di diritto ex
 artt.  1339  e  1419 cpv. del c.c., non potendosi parlare di nullita'
 della determinazione del prezzo, ma solo  di  variazione  dovuta  del
 parametro  presuntivo  di riferimento ex art. 35, comma ottavo, lett.
 a) della legge n. 865/1971.
    In ogni caso, anche ritenendosi  un'ipotesi  di  sostituzione,  le
 norme   imperative   emanate   dopo   la  conclusione  del  contratto
 produrrebbero nullita'  sin  dalla  loro  entrata  in  vigore  (Cass.
 4220/57;  Cass.  1900/55,  secondo  la  quale "il sopravvenire di una
 legge  statuente  prezzi  massimi  ha  per  effetto  la  nullita' del
 contratto precedentemente concluso per un prezzo superiore".
    Tali  argomentazioni  sono  in  fondo  riconosciute  dallo  stesso
 opposto, quando afferma (pag. 6 della memoria difensiva 8 marzo 1995)
 che le somme dovute dalle cooperative "costituiscono la provvista per
 il  pagamento  delle  indennita'  dovute ai soggetti espropriati". E'
 infatti certo che il comune non liquidera' tali indennita', quando le
 liquidera',  secondo  il  valore  di  mercato,  ma  secondo  il  piu'
 favorevole criterio di cui all'art. 5-bis (cfr. pag. 3 della comparsa
 di  costituzione  e  risposta:  "Il  corrispettivo  che il comune sta
 erogando alle  ditte  espropriate  in  applicazione  dell'art.  5-bis
 citato da controparte ..").
    Quando  poi  sostiene,  con  significativa  genericita',  che tale
 corrispettivo, "maggiorato dell'indennita' di occupazione annua  pure
 dovuta  ai  soggetti  espropriati,  e'  pressocche' pari al prezzo di
 cessione delle aree indicate nelle convenzioni" (cfr.  pag.  3  della
 comparsa  citata),  oppure  che  "il  prezzo  legale  presunto non e'
 diverso" da quello in convenzioni (pag. 3 della memoria di replica 20
 marzo 1995), il comune di Nardo' dice cosa non  provata,  e  comunque
 inverosimile.
    Infatti e' da escludere quanto sostenuto a pag. 2 della memoria 20
 marzo 1995 dell'opposto, secondo cui i corrispettivi 11 febbraio 1992
 comprenderebbero   l'indennita'  di  espropriazione  ex  art.  5-bis,
 l'indennita' di occupazione di urgenza e gli oneri di urbanizzazione.
    Le  operazioni  di  somma  non  risultano  dalla   lettura   delle
 convenzioni. Alla data dell'11 febbraio 1992, inoltre,
 l'art. 5-bis non era stato emanato, sicche' l'indennita' di esproprio
 ai  sensi  di  tale  norma  (introdotta  in sede di conversione di un
 decreto legge "penalistico"  successivo  alle  stragi  mafiose  della
 estate   del   1992)   non   era  calcolabile,  neppure  per  via  di
 "intuizione". Nulla e' dato sapere della durata  e  del  costo  delle
 occupazioni  di  urgenza. Infine gli oneri di urbanizzazione dovevano
 essere pagati separatamente dal corrispettivo  di  cui  all'art.  35,
 comma ottavo,
 lett.  a), trattandosi di opere non ancora eseguite; inoltre la coop.
 "Abita.Re" si assunse in proprio, il 7 aprile 1992,  l'urbanizzazione
 primaria,  senza  riduzione  del corrispettivo predetto, pattuito due
 mesi prima.
      D)  In  conclusione,  deve   allo   stato   ritenersi   che   il
 corrispettivo  di  cui  alle convenzioni 11 febbraio 1992, per il cui
 residuo il comune ha effettuato le intimazioni opposte, non  soltanto
 non rifletta i costi reali di acquisizione delle aree, allo stato non
 ancora sostenuti dall'ente, ma non abbia neppure corrispondenza con i
 costi  presuntivi  legalmente  predeterminati,  i quali devono essere
 specificamente accertati, se del caso tramite C.T.U.
    Pertanto, ai fini delle istanze cautelari proposte, sussiste fumus
 boni iuris, mentre  il  periculum  in  mora  deriva  dal  rischio  di
 pignoramento  per somme ingenti dei beni delle opponenti, e quindi di
 immobilizzazione  di   capitali   destinati   allo   svolgimento   di
 un'attivita'   imprenditoriale   di  pubblico  interesse,  in  quanto
 finalizzata alla costruzione di case economiche o popolari.
     E)  Si  deve  pero'  considerare  che,  secondo la giurisprudenza
 unamine (Cass. 1185/74; 4555/83; 6235/86;  10354/91;  Pret.  Prato  3
 giugno  1993,  in  "Arch.  Locazioni e condominio", 1993, p. 576), il
 giudice dell'opposizione a precetto non ha il  potere  di  sospendere
 l'esecuzione,  in quanto quest'ultima, per definizione, non e' ancora
 iniziata.  Anzi  Cass.  4555/83  e   10354/91   precisano   che   "un
 provvedimento    di   sospensione   dell'esecuzione   emanato   prima
 dell'inizio della medesima  (nella  specie,  da  Pretore  adi'to  con
 opposizione  a  precetto) va considerato tamquam non esset e non puo'
 esplicare alcuna efficacia ne'  nel  procedimento  in  cui  e'  stato
 emesso ne' in procedimenti futuri".
    Tale  regola,  che  soffre eccezione solo in caso di opposizione a
 precetto cambiario, trae origine da  una  particolare  ed  autorevole
 interpretazione  del concetto di "impugnazione" del titolo esecutivo,
 di cui all'art. 623 del  c.p.c.,  nel  cui  ambito  non  rientrerebbe
 l'opposizione   a  precetto.  La  contraria  opinione,  sostenuta  da
 dottrina altrettanto autorevole,  non  ha  mai  fatto  breccia  nella
 giurisprudenza.
    Sicche',  diversamente da quanto stabilito nel c.p.c. del 1865, la
 sospensione con ordinanza dell'esecutivita' dei titoli  azionati  non
 puo'  essere  concessa  ne'  ai  sensi degli artt. 615, 623 e 624 del
 c.p.c., ne' tanto meno ai sensi dell'art. 700 del c.p.c.  (si  vedano
 su tale ultimo punto le considerazioni dell'opposto).
     F) Diventa allora rilevante la questione di costituzionalita' del
 combinato disposto degli artt. 615, 623 e 624 del c.p.c., nella parte
 in  cui non prevede che il giudice dell'opposizione a precetto possa,
 su istanza di parte, disporre la sospensione  dell'esecutorieta'  del
 titolo  nel periodo intercorrente tra la notificazione del precetto e
 del titolo esecutivo ed il pignoramento.
    Sono consentendo di inibire l'inizio dell'esecuzione, infatti,  e'
 possibile  rispettare  il  diritto  di  difesa del debitore, tutelato
 dall'art. 24 della Costituzione, a livello  di  effettivita',  e  non
 solo  dopo  il  pignoramento,  il  quale  e'  sempre  causa  di grave
 pregiudizio, a volte irreparabile.
    Gia' si e' accennato al  pregiudizio  che,  nel  caso  di  specie,
 sarebbe presumibilmente cagionato alle opponenti dal pignoramento. In
 dottrina  si  fanno poi gli esempi (di mancata tutela) dell'esecutato
 che si presenti con la quietanza di pagamento della somma precettata,
 o con il provvedimento  di  revoca  della  esecutivita'  del  titolo;
 dell'esecutato  per consegna o rilascio, il quale secondo la costante
 giurisprudenza di legittimita' puo' fare  opposizione  all'esecuzione
 ex   art.   615   cpv.   del  c.p.c.  solo  dopo  l'accesso  in  loco
 dell'ufficiale giudiziario; dell'esecutato in base a titolo esecutivi
 negoziali (come nel caso presente), indubbiamente  meno  "persuasivi"
 di quelli giudiziali.
    Ne'  puo'  disconoscersi il carattere traumatico del pignoramento,
 rispetto al  quale  la  sospensione  per  opposizione  all'esecuzione
 costituisce spesso riparazione tardiva e parziale, tenuto anche conto
 della modesta portata applicativa dell'art. 96 del c.p.c.
     G)  Ritenuta  pertanto  la rilevanza e non manifesta infondatezza
 della  questione  di  legittimita'  in  esame,  si  vuole   affermare
 espressamente, risolvendo il dubbio di cui a Corte cost. n. 234/1992,
 che   il   potere   di  sospensione,  ove  introdotto  a  seguito  di
 accoglimento della questione,  spetterebbe  nella  presente  fase  al
 sottoscritto giudice istruttore.
    Pret.  Torre Annunziata/Pompei 25 marzo 1994 (in "Foro It.", 1994,
 I, 2269 ss.) ha affermato che la nuova  disciplina  dei  procedimenti
 cautelari  riguarda anche i provvedimenti di sospensione del processo
 esecutivo per opposizione all'esecuzione, con esclusione delle  norme
 relative  alla  concessione  ante  causam  delle misure, in quanto la
 competenza ex art. 624  del  c.p.c.  e'  attribuita  non  al  giudice
 dell'esecuzione  in  quanto  tale,  ma  al giudice dell'esecuzione in
 quanto investito della causa di opposizione. E' ovvio che l'eventuale
 accoglimento  della  questione  di  costituzionalita'  qui   proposta
 radicherebbe   la   competenza  sull'inibitoria  ai  sensi  dell'art.
 669-quater cpv. c.p.c., e cioe' dinanzi a questo G.I.
    Si condivide in particolare la tesi dell'applicabilita' del  nuovo
 procedimento  cautelare, adeguatamente motivata dal giudice di merito
 indicato, a taluni provvedimenti cautelari previsti dal c.p.c. al  di
 fuori  del capo terzo del titolo primo del libro quarto. Essa, che ha
 ricevuto diversi consensi in dottrina, si basa sulla natura espansiva
 del nuovo procedimento, il quale, per i suoi caratteri di  speditezza
 e  di  piena garanzia dei diritti di difesa, deve essere applicato in
 tutte le ipotesi in cui non vi siano ostacoli normativi assolutamente
 insuperabili.
     H) Onde consentire la prosecuzione del  giudizio  di  merito,  si
 sospende il solo sub-procedimento cautelare e si ordina la formazione
 di  copia  autentica  del  fascicolo  di  ufficio (cfr. Trib. Asti 27
 novembre 1991, in "Giur.it." 1993, II, 272 ss.).
                               P. Q. M.
    Visto l'art.  23  della  legge  n.  87/1953,  su  richiesta  delle
 cooperative opponenti, e comunque di ufficio, solleva la questione di
 costituzionalita',   da   ritenere  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata, del combinato disposto degli art.  615,  623,  e  624  del
 c.p.c.,   nella   parte   in   cui   non   prevede   che  il  giudice
 dell'opposizione a precetto possa, su istanza di parte,  disporre  la
 sospensione  dell'esecutorieta'  del titolo nel periodo intercorrente
 tra la notificazione del  precetto  e  del  titolo  esecutivo  ed  il
 pignoramento,  per  contrasto  con  l'art. 24 della Costituzione; per
 l'effetto, sespende il subprocedimento cautelare in corso  ed  ordina
 la trasmissione dei fascicoli di ufficio delle due cause riunite alla
 Corte costituzionale;
    La  presente  ordinanza  va  notificata  alle parti in causa ed al
 Presidente del Consiglio dei Ministri,  e  comunicata  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento;
    Dispone  con  separata  e successiva ordinanza per la prosecuzione
 del giudizio di merito sull'opposizione  a  precetto,  ordinando  sin
 d'ora la formazione e la fascicolazione, a cura della cancelleria, di
 copia  integrale  dei  fascicoli  di ufficio, cui andranno allegati i
 fascicoli di parte.
      Lecce, addi', 29 marzo 1995
                     Il giudice istruttore: GAETA
 
 95C0721