N. 359 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo 1995
N. 359 Ordinanza emessa il 13 marzo 1995 dal pretore di Taranto nei procedimenti penali riuniti a carico di Di Lello Giulio Nicola Lavoro (collocamento al) - Obbligo di assunzione dei lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio per il tramite dell'ufficio di collocamento - Inosservanza - Previsione di sanzioni penali - Irrazionalita' della impugnata normativa in quanto non tiene conto delle decisioni dell'imprenditore circa l'entita' della sua azienda e delle disponibilita' economiche a far fronte all'onere che deriva dalle nuove obbligatorie assunzioni - Deteriore trattamento dell'imprenditore privato rispetto a quello pubblico per il quale l'adempimento dell'obbligo in questione e' subordinato all'ipotesi di vacanze nell'organico - Incidenza sul principio della liberta' di impresa e della spettanza allo Stato dell'obbligo di assicurare la tutela previdenziale. (Legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 9, 10, 11 e 23). (Cost., artt. 3, 38 e 41).(GU n.25 del 14-6-1995 )
IL PRETORE Decidendo sull'eccezione di incostituzionalita' proposta in relazione all'art. 11 della legge n. 482/1968 per contrasto con l'art. 41 della Costituzione (nella parte in cui la legge ordinaria impone l'obbligo di assunzione di invalidi da parte dell'imprenditore, indipendentemente dallo stato in cui versi l'azienda e da quelle che siano le sue esigenze organizzative ed economiche, cosi' realizzando una grave limitazione della liberta' di impresa), ed in relazione agli artt. 5, 10 e 11 della stessa legge per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione (nella parte in cui la legge ordinaria impone la corresponsione all'invalido - tale essendo colui che sia afflitto di un'invalidita', e quindi da una corrispondente riduzione della capacita' lavorativa, non inferiore al terzo - di un trattamento economico pari a quello di un lavoratore valido, e nella parte in cui finisce per addossare all'impresa e non allo Stato - come invece prescritto dall'art. 38 della Costituzione - gli obblighi di assistenza a favore dei cittadini bisognosi, piuttosto che realizzare un sistema che garantisca l'avviamento professionale - come prescritto dall'art. 38, comma terzo, della Costituzione -, senza far gravare sull'impresa oneri impropri, quale la retribuzione sproporzionata alla capacita' lavorativa, che la costituzione assegna invece allo Stato e che, per principi di eguaglianza e parita' di trattamento, dovrebbero essere infatti distribuiti su tutta la collettivita' sociale e non solo sugli imprenditori); O S S E R V A La questione e' fondata, e ad essa va aggiunta quella conseguenziale della legittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge n. 482/1968, che svolge funzioni sanzionatorie dell'inosservanza del precetto di cui all'art. 11 della predetta legge. Detta ultima norma, per costante interpretazione dottrinaria e giurisprudenziale, impone all'imprenditore di assumere una determinata percentuale di lavoratori invalidi per il solo fatto di averne alle proprie dipendenze gia' un certo numero (35) prefissato dalla legge. Il Di Lello, in ipotesi accusatoria, si troverebbe nella situazione prefigurata dalla norma incriminatrice, per avere alle proprie dipendenze piu' di 35 unita' e non aver assunto invalidi nella proporzione fissata dall'art. 11 della legge n. 482/1968; la questione e' quindi rilevante ai fini della decisione. Come gia' osservato, l'art. 11 della legge n. 482/1968 impone all'imprenditore di assumere una determinata percentuale di lavoratori invalidi per il solo fatto di averne alle proprie dipendenze gia' un certo numero (35) prefissato dalla legge, e quindi in maniera assolutamente imdipendente dalla intenzione dell'imprenditore di procedere ad ulteriori assunzioni; ai fini della norma, e' addirittura irrilevante che le assunzioni - indipendentemente dal parere dell'imprenditore - rispondano o meno alle esigenze dell'impresa. La normativa esaminata appare pertanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, atteso che per l'imprenditoria pubblica e' previsto l'obbligo di procedere ad assunzioni obbligatorie solo nel caso in cui occorra coprire delle vacanze apertesi nell'organico, mentre per l'imprenditore privato l'obbligo discende dal mero fatto di avere un certo numero di dipendenti; cosi' realizzandosi una ingiustificata disparita' di trattamento tra imprenditore privato e imprenditore pubblico. Per l'impresa, che opera sul mercato, in regime di concorrenza con altre imprese, anche estere - e quindi non tenute all'osservanza della norma in parola - il volume dei costi - incidendo sul prezzo del prodotto offerto sul mercato - costituisce un elemento essenziale ai fini della sua concorrenzialita', e quindi della sua stessa sopravvivenza; tra i costi rientra sicuramente quello per retribuzione del lavoro dipendente; sicuramente, si realizza una limitazione della liberta' di impresa e delle regole di mercato (entrambe esplicitamente o implicitamente tutelate dall'art. 41 della Costituzione) laddove si addossino all'impresa costi non necessari ad evitare che la sua attivita' si svolga in contrasto con l'utilita' sociale; il che non e' pero' il caso in esame, atteso che la legge n. 482/1968 non opera per evitare che l'attivita' di impresa si risolva in esiti antisociali, ma impone alla stessa la realizzazione di fini a lei estranei e potenzialmente incompatibili con quelli della sopravvivenza dell'impresa (incidendo sui costi, che, come gia' osservato, sono uno degli elementi decisivi nella realizzazione della concorrenzialita' dell'impresa), e quindi in potenziale lesione della liberta' di impresa pur costituzionalmente tutelata. L'art. 11, poi, impone non solo l'assunzione di lavoratori indipendentemente dalle esigenze dell'impresa, ma individua gli stessi in "categorie protette" che non assicurano pero' la capacita' di eseguire una prestazione lavorativa adeguata al salario e corrispondente a quella di un lavoratore valido; anche per tale profilo, la norma si appalesa in contrasto con i principi costituzionali, incidendo gravemente sulla liberta' di impresa, ed imponendo un trattamento eguale (eguaglianza di salario) di situazioni difformi (diseguaglianza di capacita' lavorativa). Certamente l'art. 38, comma terzo, della Costituzione riconosce agli invalidi il diritto all'avviamento professionale; e' tuttavia evidente, disponendolo il successivo comma quarto, che all'assolvimento dei compiti di cui all'art. 38 della Costituzione debba provvedere lo Stato, e quindi l'intera collettivita' nazionale, e non gia' il singolo od una categoria particolare (in questo caso, quella degli imprenditori che abbiano un certo numero di lavoratori alle proprie dipendenze); anche sotto tale profilo, pertanto, la normativa in esame si appalesa in contrasto col dettato costituzionale, almeno nella parte in cui non prevede, a fianco dell'obbligo di assunzione obbligatoria (che di per se' realizza sicuramente il diritto all'avviamento professionale), che i relativi oneri (individuabili nelle diseconomie indotte dall'assunzione di un lavoratore invalido, non necessario o non capace di eseguire una prestrazione corrispondente alla remunerazione spettante per contratto di categoria) siano a carico dello Stato e non dell'imprenditore.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 9, 10, 11 e 23 in relazione agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del procedimento; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Taranto, addi' 13 marzo 1995 Il pretore: (firma illeggibile) 95C0724