N. 360 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 dicembre 1994

                                N. 360
 Ordinanza  emessa  il  7 dicembre 1994 dalla Corte dei conti, sezione
 giurisdizionale   per   la   regione   Campania   nel   giudizio   di
 responsabilita' nei confronti di Palma Antonio ed altro
 Impiego  pubblico  -  Dipendenti degli enti locali - Previsione della
 validita' ed efficacia dei provvedimenti deliberativi riguardanti  il
 trattamento del personale di detti enti, adottati prima del 31 agosto
 1993,   che   abbiano   previsto  profili  professionali  od  operato
 inquadramenti in modo difforme dal d.P.R. 25 giugno 1983, n.  347,  e
 successive  modificazioni  e  integrazioni  -  Ingiustificato  eguale
 trattamento dei  dipendenti  legittimamente  inquadrati  rispetto  ai
 dipendenti  che  per  effetto  della  sanatoria derivante dalla norma
 impugnata, vengono a ricoprire eguale posizione e qualifica pur senza
 averne avuto titolo - Incidenza sui principi di imparzialita' e  buon
 andamento   della  p.a.  -  Violazione  del  principio  di  copertura
 finanziaria per la mancata indicazione dei mezzi di  copertura  della
 maggior  spesa  o minor entrata conseguente alla sanatoria preclusiva
 dell'azione di responsabilita' per il risarcimento del danno.
 (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 3, comma 6-bis, aggiunto  dalla
 legge 28 ottobre 1994, n. 596; d.-l. 27 agosto 1994, n. 515; legge 28
 ottobre 1994, n. 596, artt. 2 e 9).
 (Cost.,  artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 81, quarto comma, 97,
 primo comma, e 128).
(GU n.25 del 14-6-1995 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
 responsabilita'  promosso  dal  procuratore  generale della Corte dei
 conti nei confronti di Palma Antonio e Laurito Aniello nella qualita'
 il primo di commissario  prefettizio  e  l'altro  di  dipendente  del
 comune di Cannalonga (provincia di Salerno);
    Visto l'atto introduttivo del giudizio iscritto al n. 306/e.l. del
 registro di segreteria;
    Visti gli altri atti e documenti di causa;
    Udito  nella  pubblica  udienza del 7 dicembre 1994 il consigliere
 relatore prof. Michael Sciascia;
    Udito altresi' nella medesima udienza il vice procuratore generale
 dott. Filippo Esposito;
                           RILEVATO IN FATTO
    Il procuratore  regionale  presso  questa  sezione,  con  atto  di
 citazione in data 30 luglio 1993 ha chiamato a giudizio i sigg. Palma
 Antonio  e  Laurito  Aniello,  chiedendone  la  condanna in solido al
 pagamento in favore del  comune  di  Cannalonga  della  somma  di  L.
 12.552.304,  oltre  alla  rivalutazione  monetaria  ed agli interessi
 legali, nonche' in favore dello Stato alle spese del giudizio.
    La richiesta di parte  attrice  si  fonda  sull'inquadramento  del
 convenuto  sig.  Aniello Laurito in qualifica non spettante del ruolo
 del comune di Cannalonga.
    Il Laurito,  nominato  "aggiunto  di  segreteria",  a  seguito  di
 concorso  interno, con delibera giuntale n. 122 del 30 novembre 1991,
 venne inquadrato nel sesto livello retributivo funzionale,  ai  sensi
 del  d.P.R.  n.  347/1983,  con  deliberazione  giuntale n. 201 del 9
 dicembre 1985.
    Infine   il  commissario  prefettizio  dott.  Antonio  Palma,  con
 deliberazione  n.  79  del  20  novembre  1987,  1  a  rettifica  del
 precedente  inquadramento, attribui' al predetto la settima qualifica
 funzionale.
   La procura generale presso questa sezione guirisdizionale regionale
 nel suindicato atto di citazione osserva che il comune di Cannalonga,
 in base al censimento del 1981 (con 1174 abitanti)  era  classificato
 di  IV  categoria,  per  cui  la  qualifica  massima  attribuibile al
 dipendente Laurito era la sesta, ai sensi dell'art. 2, ultimo  comma,
 del  d.P.R. n. 347/1983, e non la settima, attribuita ad personam con
 la  delibera  commissariale  sopraindicata.  Inoltre  il   requirente
 aggiunge   che   le   mansioni   svolte   dall'impiegato,   descritte
 puntualmente nella  delibera  di  giunta  municipale  n.  201  del  9
 dicembre  1985,  propriamente  rientravano  fra  quelle  della  sesta
 qualifica funzionale,  secondo  la  previsione  dell'allegato  A  del
 d.P.R. n. 347/1983.
    L'attribuzione de qua, secondo il pubblico Ministero, ha provocato
 a  detto comune un danno determinato in L. 12.552.304 considerando le
 differenze stipendiali  dalla  data  di  decorrenza  dell'illegittimo
 inquadramento  fino  al collocamento a riposo del dipendente medesimo
 avvenuto il 30 settembre 1992.
    Del danno cosi' calcolato sono  stati  chiamati  a  rispondere  in
 solido tra di loro il commissario prefettizio che adotto' la delibera
 in  questione  ed  il beneficiario della medesima per aver dato causa
 alla deliberazione n. 79/1987 e averne tratto vantaggio.
    Si sono costituiti nel presente  giudizio  i  convenuti,  i  quali
 hanno presentato memorie difensive.
    In   esse   hanno   eccepito   preliminarmente   la   prescrizione
 quinquennale prevista dall'art.  58,  comma  quarto,  della  legge  8
 giugno  1990  n. 142 ed hanno quindi aggiunto nel merito che, in sede
 di prima applicazione del citato art. 40, sarebbe stato possibile nei
 comuni di IV classe l'inquadramento ad personam nella  VII  qualifica
 funzionale  del  dipendente  il  quale  alla  data del 1 gennaio 1983
 rivestiva tale posizione apicale;  che  comunque  l'ente  locale  non
 avrebbe  sofferto  alcun  danno di carattetre patrimoniale, essendosi
 costantemente avvalso della attivita' del sig. Laurito, il  quale  ha
 svolto  -  senza  soluzione  di  continuita'  -  mansioni  della  VII
 qualifica; che il suddetto dipendente ha svolto attivita'  di  natura
 amministrativa  e  contabile consistente nella istruttoria formale di
 atti e di provvedimenti e nella elaborazione  di  dati,  con  diretta
 responsabilita  per i risultati delle attivita' esplicate e di quelle
 dell'intero ufficio.
    Il procuratore regionale presso questa sezione ha  poi  depositato
 una  nota integrativa in data 7 novembre 1994, ove ha insistito sulla
 richiesta  contenuta  nella  citazione,  in  quanto  la  sopravvenuta
 disposizione  di  cui  alla  legge  28  ottobre  1994  n.  596 che ha
 introdotto, all'art. 3 della legge 24 dicembre 1993 n. 537, il  comma
 6-bis   tale   non   avrebbe   affatto   innovato   in   materia   di
 responsabilita'. Cio' in quanto la norma de  qua  avrebbe  sanato  le
 illegittimita'   degli   inquadramenti,   ma   non  l'illiceita'  dei
 comportamenti di coloro che hanno concorso a porli in  essere,  cosi'
 come  affermato da questa stessa Corte con riguardo all'art. 28 della
 legge 31 maggio  1990  n.  128,  quale  contempla  analoga  norma  di
 "sanatoria" per gli Amministratori delle uu.ss.ll.
    In via subordinata il procuratore regionale ha sollevato questione
 di illegittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 3, comma
 primo  (sei  profili),  24,  comma  primo,  e  97, comma primo, della
 Costituzione.
    Nell'udienza del 7 dicembre 1994, assenti  i  convenuti,  il  vice
 procuratore   generale   dott.  Filippo  Esposito  ha  confermato  le
 richieste contenute nell'atto di citazione e  nella  nota  aggiuntiva
 del procuratore regionale.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.  -  La  sezione  con  sentenza  non  definitiva in pari data ha
 respinto l'eccezione di  prescrizione  quinquennale  sollevata  dalla
 difesa  del  convenuto  Palma  ed ha assolto dalla domanda attrice il
 convenuto Aniello Laurito.
    Definiti, quindi, la pregiudiziale di rito e  l'ambito  soggettivo
 passivo  del  giudizio,  ha rinviato a questa ordinanza il compito di
 approfondire   la   rilevanza   dei   profili    di    illegittimita'
 costituzionale ai fini della decisione della presente causa e la loro
 non   manifesta   infondatezza,   al   fine  di  investire  la  Corte
 costituzionale, quale giudice delle leggi.
    2. - All'uopo si appalesa  quindi  necessario  accertare  se  tale
 eccepita  illegittimita'  costituzionale  si presenti in relazione di
 pregiudizialita' necessaria rispetto alla  definizione  del  presente
 giudizio, ossia se essa sia rilevante.
    Orbene  dimostrandosi  fondata  nel  merito  la prospettazione del
 Pubblico Ministero, come invero  appare  dagli  atti  depositati,  in
 ordine  alla  mancanza  dei presupposti per il disposto inquadramento
 del dipendente de quo nella settima qualifica, si dovrebbe  da  parte
 di  questo  giudice  tenere  conto  della  sopravvenuta  disposizione
 "sanante" di cui alla legge 28 ottobre 1994 n. 596 che,  in  sede  di
 conversione  del  d.-l.  27  agosto  1994 n. 515, con l'art. 2, comma
 primo, ha inserito all'art. 3 della legge 24 dicembre 1993 n. 537  il
 comma 6-bis.
    La   disposizione   sopravvenuta,  infatti,  dichiara  "validi  ed
 efficaci"  gli  inquadramenti  illegittimi,  semprecche'  la   pianta
 organica  del  comune  non sia sopradimensionata rispetto al rapporto
 dipendenti-popolazione.
    Orbene dagli atti depositati dalla procura regionale,  consistenti
 in  una  nota  del  segretario  comunale,  risulta  che  il comune di
 Cannalonga non ha mai  superato  il  rapporto  dipendenti-popolazione
 previsto dal comma quattordicesimo del citato art. 3.
    Pertanto   la   norma   de   qua   appare  senz'altro  applicabile
 astrattamente all'inquadramento del Laurito nel VII livello,  che  e'
 stato quindi reso "valido ed efficace".
    Di  qui  l'ulteriore  aspetto  della  questione, ossia se permanga
 l'illiceita' del comportamento tenuto dal convenuto Palma a fronte di
 un inquadramento che, pur essendo stato effettuato  illegittimamente,
 e' divenuto "valido ed efficace" in virtu' di susseguente legge.
    Avendo  il  legislatore  reso validi, e quindi legittimi "ex tunc"
 tali inquadramenti, viene meno l'elemento  dell'antigiuridicita'  del
 comportamento  di  chi  lo  ha disposto pur in violazione delle leggi
 all'epoca vigenti.
    Ad opposta soluzione si sarebbe pervenuti se il legislatore avesse
 operato una "sanatoria" del genere di quella utilizzata nell'art. 28,
 comma secondo, della legge 31  maggio  1990  n.  128  per  le  unita'
 sanitarie  locali,  con  cui  -  restando  ferma  l'invalidita' delle
 delibere  -  sono stati temporaneamente fatti salvi gli effetti degli
 inquadramenti pur illegittimamente disposti.
    Un comportamento e' illecito se ed in quanto - oltre a  concorrere
 l'elemento oggettivo e quello psicologico - si ponga in contrasto con
 l'ordinamento     giuridico,     ovvero    possieda    la    qualita'
 dell'antigiuridicita', che e' l'essenza dell'illecito stesso.
    Allorche'  il  comportamento  sanzionato   e'   consistito   nella
 circostanza  storica  dell'aver,  l'amministratore  o il funzionario,
 adottato  o  concorso  a   vario   titolo   ad   adottare   un   atto
 amministrativo,  allora  la legittimita' di questo - da accertarsi in
 via pregiudiziale ed incidentale ai sensi e per gli  effetti  di  cui
 agli  artt.  4  e  5  della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E -
 costituisce  l'elemento  fondamentale  per  valutare  la  sussistenza
 dell'antigiuridicita' del comportamento.
    Ed un atto valido non puo' in se', ove non accompagnato da altre e
 diverse   circostanze   contrastanti   con  l'ordinamento  giuridico,
 determinare una sanzione risarcitoria a carico di chi  esso  adotto',
 perche' siffatto comportamento sarebbe lecito.
    Se   diversamente  si  opinasse,  si  giungerebbe  all'assurdo  di
 sanzionare comportamenti di coloro che hanno  posto  in  essere  atti
 legittimi sia nella forma che nella sostanza.
    Di   conseguenza   la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 eccepita dal pubblico ministero diviene rilevante ai fini di decidere
 la presente  causa,  poiche'  -  dando  applicazione  alla  censurata
 disposizione di legge - si giungerebbe a conclusioni comunque diverse
 ed opposte da quelle cui si sarebbe pervenuti in mancanza di esse.
    3.  -  In via subordinata parte attrice censura la disposizione di
 legge in discorso, in quanto contrasterebbe con gli artt. 3, 24 e  97
 della Costituzione.
    Indubbiamente  la  disposizione  legislativa  de qua determina una
 diffusa disparita' di trattamento  tra  soggetti  che  versano  nella
 medesima   situazione   giuridica  in  dispregio  a  quanto  previsto
 dall'art. 3 della Costituzione.
    Ma, ai fini del presente giudizio, intercorrente tra  il  pubblico
 ministero,  quale  sostituto  processuale  del comune di Cannalonga -
 titolare del rapporto sostanziale di credito - e un soggetto, come il
 convenuto Palma, legato ad esso da un rapporto di servizio, non hanno
 rilevanza discriminatoria quei profili  prospettati  dal  procuratore
 regionale   concernenti   i   dipendenti,  ancorche'  i  sospetti  di
 illegittimita' costituzionale indubbiamente  sembrano  fondati  e  da
 esaminare, ove sollevati dal giudice amministrativo o d'ufficio dalla
 stessa Corte costituzionale.
    Infatti  l'idoneita'  discriminatoria  de qua deve essere valutata
 non in astratto - rispetto a tutte le possibili situazioni  coinvolte
 -,  ma  in  concreto con riferimento ai rapporti giuridici rientranti
 nell'oggetto del giudizio in corso, in  quanto  il  giudizio  di  non
 manifesta infondatezza deve coniugarsi necessariamente a quello della
 rilevanza delle questioni prospettate.
    Pertanto  sono da disattendere - non rilevando in questa sede, ove
 si  conosce  del  preteso  rapporto  creditorio  tra  comune  e   suo
 amministratore  pur  straordinario -, le censure, rispetto all'art. 3
 della Costituzione, indicate nella menzionata nota aggiuntiva, ed  in
 particolare  i  profili  dal  secondo al sesto i quali evidenziano la
 disparita'  di  trattamento  che la disposizione di cui al piu' volte
 citato comma 6-bis  crea  tra  dipendenti  beneficiari  e  non  della
 "sanatoria".
    Una   siffatta  disparita'  viene  prospettata  o  tra  dipendenti
 nell'ambito dello stesso ente (secondo profilo) o con riferimento  ad
 appartenenti  ad  enti  diversi  destinatari  o  meno della sanatoria
 (terzo profilo), o che  abbiano  ottenuto  inquadramenti  rispetto  a
 precedenti  e/o  successivi  contratti  collettivi (quarto profilo) o
 secondo che gli atti di inquadramento siano stati  adottati  prima  o
 dopo  il  termine  del  31 agosto 1983 (quinto profilo) o rispetto ai
 rimanenti impiegati pubblici (sesto profilo-prima parte).
    E' evidente che, con riferimento alla  presente  causa,  tutte  le
 anzidette  prospettazioni  si  presentano  invero,  con riguardo alle
 posizioni di  dipendenti  pubblici,  come  ipotetiche  disparita'  di
 trattamento  tra  situazioni estranee al rapporto sostanziale dedotto
 dallo stesso procuratore  regionale  e,  quindi,  sono  nel  concreto
 irrilevanti in ragione del giudizio in corso.
    L'unico  aspetto non privo di pregio nella presente sede e' quello
 (contenuto nel sesto profilo-seconda parte) relativo a disparita'  di
 trattamento   tra   l'amministratore   citato   in   giudizio  e  gli
 amministratori  degli  altri  enti  pubblici  non  destinatari  della
 "sanatoria".
    Parimenti pertinente, anche se con una necessaria precisazione, e'
 la  prima delle allegate censure de quibus (primo profilo), allorche'
 si presenta una disparita' di trattamento tra il comune titolare  del
 rapporto  sostanziale, oggetto di questo procedimento giurisdizionale
 - e naturalmente di tutti quelli versanti nelle  medesime  condizioni
 -, e i comuni non destinatari della contestata disposizione di cui al
 comma 6-bis.
    E'  pero'  da  notare  che  essa  non  ha  luogo  - come affermato
 impropriamente - tra comuni finanziariamente dissestati e non  -  non
 distinguendo  in tal senso la legge in parola -, ma tra comuni, siano
 essi dissestati o meno, che abbiano la pianta organica del  personale
 sopradimensionata   o  sottodimensionata  rispetto  alla  popolazione
 residente secondo criteri fissati dallo  stesso  articolo  nel  comma
 quattordicesimo.
    In  ordine  a  tali  ultime  censure, va approfondita la questione
 della loro non manifesta infondatezza.
    Certamente l'art. 3 della Costituzione impone  ai  legislatore  di
 garantire  -  come  condizione  essenziale di un ordinato svolgimento
 della vita sociale nei suoi vari aspetti - la par condicio tra  tutti
 i  soggetti dell'ordinamento giuridico, talche' nessuno di essi possa
 venirsi a trovare -  senza  una  valida  giustificazione  fondata  su
 presupposti  logici obiettivi, i quali razionalmente ne giustifichino
 l'adozione (Corte costituzionale sentenza 16 febbraio 1963 n.7) -  in
 posizione deteriore o privilegiata rispetto agli altri.
    Se  sulla  posizione svantaggiata e' evidente la ratio della norma
 costituzionale, lo  e'  allo  stesso  modo  in  ordine  ai  privilegi
 ingiustificati;   talche'   al   beneficio   degli   uni  corrisponde
 generalmente il pregiudizio, diretto o comunque  diffuso,  di  altri,
 sussistendo sempre una correlazione tra posizioni giuridiche, a volte
 collegate in veri e propri rapporti giuridici.
    E   tale  uguaglianza  -  al  di  la'  dell'atecnica  terminologia
 costituzionale, che menziona "tutti i cittadini" -,  si  riferisce  a
 tutti  i soggetti dell'ordinamento giuridico, sia persone fisiche che
 giuridiche, siano esse private o pubbliche.
    Cio'   conduce   a   ritenere   che   sembra    costituzionalmente
 inammissibile,  non ricorrendo alcuna valida ragione giustificatrice,
 il privilegio dell'irresponsabilita' per il compimento  di  atti  che
 altrimenti  sarebbero  certamente dannosi per un ente pubblico, quale
 il comune di Cannalonga.
    All'uopo non e' dato comprendere le ragioni  di  tale  scelta  del
 legislatore,  che collega il favor a circostanze contingenti, nemmeno
 ben  individuate  temporalmente,  come  il  rapporto  abitanti-pianta
 organica,   senza   tener   assolutamente   in  conto  ne'  l'impatto
 finanziario sugli enti dissestati e su quelli (in  gran  maggioranza)
 comunque  in  difficolta'  finanziarie  ne'  le  effettive necessita'
 organiche di tali enti ne' specificare con  la  dovuta  chiarezza  il
 momento  temporale  cui riferirsi per l'effettuazione del calcolo del
 rapporto de quo.
    Tanto piu' che non si collega la "sanatoria"  alla  disponibilita'
 in  pianta  organica  della qualifica e del profilo illegittimamente"
 concessi, che quindi si risolvono, specie se attribuiti ad  personam,
 in meri ed ingiusti favoritismi.
    E tale privilegio introdotto dal citato comma 6-bis pone tutti gli
 amministratori  comunali  dei  comuni  destinatari di essa - e tra di
 essi del convenuto Palma - in posizione  di  vantaggio  rispetto  sia
 agli  amministratori  di  altri  comuni,  che  continuano  ad  essere
 assoggettati a varie  forme  di  responsabilita'  personali,  che  al
 comune  di appartenenza - e nella specie a quello di Cannalonga -, il
 quale  viene  a  trovarsi  correlativamente  in  una  situazione   di
 "soggezione"    dovendo    necessariamente    subire    gli   effetti
 pregiudizievoli di un atto  compiuto  da  un  suo  amministratore  in
 violazione  della  legge  e  quindi  degli interessi stessi dell'ente
 pubblico.
    Dunque e' stata  determinata  una  situazione  di  disparita'  del
 comune  di  Cannalonga  - e di tutti i comuni destinatari della norma
 contestata -, che e' stato  inoltre  privato  della  possibilita'  di
 tutelarsi  giudizialmente  -  anche  in violazione dell'art. 24 della
 stessa Costituzione, il quale afferma che  "Tutti  possono  agire  in
 giudizio  a  tutela  dei  propri  diritti  e  interessi legittimi" -,
 tramite  il  procuratore  regionale  presso  la  competente   sezione
 giurisdizionale  della  Corte  dei  conti, per ottenere dalla suprema
 giurisdizione contabile il risarcimento del danno perpretato alle sue
 finanze, nonche' per esercitare il suo  potere-dovere  di  autotutela
 con l'annullamento degli atti illegittimi specie se dannosi.
    Nello   stesso   momento   la  disposizione  censurata  ha  quindi
 attribuito,  per  i  motivi   sopraillustrati,   al   convenuto   una
 ingiustificata  posizione  di  privilegio  sia  nei  confronti  degli
 amministratori dei comuni non destinatari della "sanatoria"  e  degli
 altri  enti  pubblici  non  locali che particolarmente del comune "di
 appartenenza" (cioe' nella specie quello di  Cannalonga),  nonche'  a
 quest'ultimo  ente  un'ingiustificata  posizione  di  svantaggio  nei
 confronti dell'amministratore medesimo.
    4.  -  Pertinente  e  fondata   appare,   poi,   la   censura   di
 illegittimita'  costituzionale  del  citato comma 6-bis, sollevata in
 relazione all'art. 97 della Costituzione.
    La   somma   Carta   si  occupa  specificatamente  della  pubblica
 amministrazione  agli  artt.  97  e  98,  fissando   inderogabilmente
 principi fondamentali di organizzazione e funzionamento di essa.
    Il  citato  art.  97  in  particolare,  come ha notato la dottrina
 costituzionalistica, appartiene  a  quel  numeroso  gruppo  di  norme
 costituzionali,  aventi  ad oggetto la posizione di principi intesi a
 regolare l'attivita' statuale  e,  segnatamente  quella  legislativa,
 obbligandola  ad  indirizzarsi  in  un certo senso o ad astenersi dal
 rivolgersi in altro, e comunque ponendole dei limiti.
    In particolare, quando la Costituzione detta alcuni criteri a  cui
 si  deve conformare la legge, questa e' senz'altro anticostituzionale
 se non dispone nel modo e nei limiti voluti dalla somma Carta.
    Esaminando in tale prospettazione le  disposizioni  costituzionali
 sull'organizzazione della pubblica amministrazione, si deve osservare
 che  l'art.  97  rappresenta  -  come  ha  giustamente  segnalato  il
 procuratore  regionale  -  il  limite  della   discrezionalita'   del
 legislatore in tale materia.
    Senza  addentrarsi  nell'approfondimento  delle  nozioni  di  buon
 andamento  e  di  imparzialita'  della  pubblica  amministrazione   -
 peraltro   ben   individuati   dalla   giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale  -,  che  costituiscono  i  criteri  affermati   dalla
 suddetta  disposizione costituzionale, va comunque osservato che essi
 si riferiscono anche alla disciplina del pubblico impiego, se  ed  in
 quanto  in  ipotesi  questa  possieda  l'idoneita' ad influire in via
 immediata     sul     funzionamento      e/o      sull'organizzazione
 dell'amministrazione.
    E'  innegabile che il comma 6-bis dell'art. 3 piu' volte citato si
 ponga in contrasto con il criterio  del  buon  andamento,  in  quanto
 determina  un'alterazione della pianta organica - sia essa di diritto
 o di fatto, a seconda delle interpretazioni che si vogliano  dare  ad
 essa  -  e quindi della struttura burocratica comunale e provinciale,
 consolidando situazioni determinatesi al di fuori di una  valutazione
 del merito e delle capacita' individuali.
    Inoltre   l'aver   indifferenziatamente   incluso   tra  gli  enti
 destinatari della disposizione di legge  altresi'  quelli  dissestati
 non  puo'  non determinare un ulteriore aggravamento della situazione
 finanziaria di questi, laddove si ponga mente sulla  circostanza  che
 buona  parte  dei problemi di siffatti enti deriva dal peso economico
 derivante dal personale.
    E l'aggravarsi ed il perpetuarsi di tale crisi finanziaria  riduce
 o impedisce o protrae la possibilita' per comuni e province, e specie
 di  quelli  dissestati,  di realizzare il precetto costituzionale del
 "buon andamento" della pubblica amministrazione.
    In  aggiunta,  la  disposizione  contestata  contraddice   l'altro
 criterio  in  parola, cioe' quello dell'imparzialita', che si risolve
 essenzialmente nel rispetto della giustizia sostanziale.
    Infatti viene impedito in primo luogo all'ente locale  di  operare
 un'adeguata e corretta ponderazione di interessi pubblici relativi ad
 obiettivi  ed effettive necessita' operative di ciascun ente, che poi
 si  riflettono  in  una  strumentale  strutturazione   della   pianta
 organica.
    In   secondo  luogo  viene  poi  a  realizzarsi  un'ingiustificata
 compressione della professionalita' di  coloro  che  non  sono  stati
 beneficiati   illegittimamente   da   inquadramenti   in   qualifiche
 superiori,  stabilizzando   situazioni   di   prevaricazione   spesso
 correlate  ad inammissibili intromissioni di parte e determinando una
 corrente  e   comprensibile   insoddisfazione   e   frustrazione   di
 aspirazioni   legittime   con   conseguente   disaffezione   dei  non
 beneficiati  e  detrimento  delle   potenzialita'   della   struttura
 amministrativa  accompagnata  dalla  diffusione della convinzione che
 l'impegno e la preparazione non premiano.
    Pertanto la scelta  del  legislatore  nel  porre  tale  contestata
 disposizione  altresi'  appare,  nella sua palese irrazionalita', una
 violazione dell'art. 97, comma primo, della Costituzione.
    5.  -   Il   Collegio,   oltre   ai   summenzionati   profili   di
 incostituzionalita' eccepiti da parte attrice in relazione agli artt.
 3,   comma   primo,  24,  comma  primo,  e  97,  comma  primo,  della
 Costituzione  -  tutti  giudicati  rilevanti  e  non   manifestamente
 infondati  -,  ritiene  di sollevare d'ufficio, con riferimento anche
 agli artt. 128  e  81,  comma  quarto,  della  Carta  costituzionale,
 ulteriori  analoghi  aspetti  che  appaiono parimenti rilevanti e non
 manifestamente infondati.
    Per quanto riguarda l'art. 128 della  Costituzione,  esso  prevede
 che  le  province  ed  i  comuni  sono  enti autonomi nell'ambito dei
 principi  fissati  da  leggi  generali  della   Repubblica   che   ne
 determinano le funzioni.
    Ne   consegue   che  sia  inammissibile  ogni  compressione  delle
 autonomie locali che non si limiti a fissare  principi  generali  nel
 quadro di un disegno istituzionale di siffatti enti conforme comunque
 alla  Costituzione od a fornire indicazioni operative, ma detti norme
 di comportamento o financo imponga alterazioni nella loro struttura o
 nel loro funzionamento,  specie  se  queste  non  siano  motivate  da
 esigenze  di  coordinamento  ritenute essenziali, come in particolare
 quelle di ordine  finanziario,  che  si  riflettono  sulla  comunita'
 nazionale per il vigente sistema di finanza derivata.
    La  stessa  legge  8  giugno  1990,  n.  142,  la quale - nel dare
 esecuzione alla previsione costituzionale, ancorche' dopo quarantadue
 anni dalla sua entrata in vigore  -  detta  i  principi  fondamentali
 nella  materia,  all'art.  1,  comma terzo, impedisce che leggi della
 Repubblica possano "introdurre deroghe  ai  principi  della  presente
 legge  se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni"
 ed all'art. 51, comma ottavo, ultimo periodo dispone chiaramente  che
 "Nell'ambito  dei  principi  stabiliti  dalla  legge,  rimane inoltre
 riservata agli  atti  normativi  degli  enti,  secondo  i  rispettivi
 ordinamenti,  la  disciplina  relativa alle modalita' di conferimento
 della titolarita' degli uffici nonche' alla  determinazione  ed  alla
 consistenza dei ruoli organici complessivi".
    Orbene,  il  citato  comma 6-bis ha autoritativamente "superato" o
 almeno "stabilizzato" situazioni  di  illegittimita'  precedentemente
 determinate  con  colpa  o dolo da amministrazioni ordinarie o peggio
 straordinarie, alterando autoritativamente la struttura burocratica e
 la pianta organica di province e comuni, i quali  vengono  privati  -
 con  una  c.d.  "leggina", cioe' una legge speciale la quale peraltro
 non ha previsto l'abrogazione espressa dell'art.  51,  comma  ottavo,
 ultimo  periodo,  della  legge  n.  142/1990, cosi' come testualmente
 indicato, in esecuzione  del  citato  art.  128  della  Costituzione,
 dall'art.  1,  comma  terzo,  della  stessa legge - della potesta' di
 autorganizzazione nell'ambito dei principi fissati da  leggi  statali
 generali.
    Potesta'  questa  che  puo' esercitarsi anche attraverso l'uso dei
 poteri discrezionali di annullamento d'ufficio in via  di  autotutela
 nei  confronti di deliberazioni illegittimamente assunte ove ritenute
 non conformi all'interesse pubblico concreto ed attuale dell'ente.
    Tale disposizione neppure  trova  una  giustificazione  di  ordine
 generale  e  d'interesse nazionale ne' appare motivata da esigenze di
 natura economica o finanziaria.
    Anzi essa viene ad aggravare la loro crisi finanziaria, specie nei
 confronti degli enti dissestati, e  comunque  incide  sulle  autonome
 scelte delle istituzioni territoriali di base, le quali sono altresi'
 condizionate   dai   fondi   a   disposizione;   talche'  il  doversi
 necessariamente farsi carico per tempi lunghi di maggiori  oneri  per
 il  personale inquadrato pur illegittimamente in qualifiche superiori
 impedisce di perseguire  finalita'  di  immediato  interesse  per  le
 comunita' locali rappresentate.
    Inoltre   ogni   ingiustificata   alterazione  autoritativa  della
 struttura burocratica e nella  pianta  organica  crea  impedimenti  o
 impossibilita',  a  fronte  degli  anzidetti  tanti  limiti di ordine
 finanziario attualmente esistenti, nella programmazione ed attuazione
 di programmi ed obiettivi di sviluppo.
    6. - La norma fondamentale, di cui al quarto  comma  dell'art.  81
 della   Costituzione,   poi,  impone  al  legislatore  di  prevedere,
 allorche' dispone una spesa, i mezzi per far fronte ad essa.
    E cio' anche se viene imposta una spesa a carico dei bilanci degli
 enti locali, i quali sono privi, nel vigente sistema pubblico - salvo
 marginali eccezioni -, di potesta' tributaria, dipendendo la  finanza
 locale,  per  la  quasi  totalita',  dai trasferimenti disposti dallo
 Stato sulla base  di  leggi  generali,  per  cui  il  peso  economico
 effettivo viene a gravare in tutto o in parte sul bilancio statale.
    Occorre  quindi  anche  in  questi  casi l'individuazione di mezzi
 finanziari aggiuntivi rispetto  a  quelli  gia'  previsti,  facendoli
 derivare da nuove o maggiori entrate ovvero da minori spese.
    Altrimenti  sarebbe  consentito al legislatore statale, disponendo
 spese tramite il sistema del  trasferimento  di  risorse  -  peraltro
 finanziariamente inesistenti in termini di cassa - ad enti pubblici e
 segnatamente  a  quelli  locali, di sfuggire al dovere costituzionale
 cui al citato art. 81, comma quarto, con la  conseguenza  di  gravare
 ulteriormente  la  finanza statale - in relazione alla quale la spesa
 consiste nel "trasferimento" di fondi - e la c.d.  "finanza  pubblica
 allargata"  di oneri aggiuntivi tra l'altro imposti autoritativamente
 agli enti medesimi.
    Al contrario va quantificata l'incidenza di ogni  disposizione  di
 legge  a  carico  della  finanza statale - sia pure sotto la forma di
 ulteriori trasferimenti di fondi a favore degli  enti  pubblici  -  e
 vanno previsti adeguati strumenti di copertura dei flussi finanziari.
    Orbene  il  complesso normativo di cui al d.-l. 27 agosto 1994, n.
 115  ed  alla  legge  di  conversione  28  ottobre  1994,   n.   596,
 nell'introdurre  all'art.  2, comma primo, la contestata disposizione
 sanante,  non  porta  al  successivo  art.  9  intitolato  "Copertura
 finanziaria", ne' in alcuna altra parte del testo legislativo, alcuna
 indicazione concernente mezzi di copertura della specifica spesa.
    Del tutto insufficiente e' la previsione contenuta nel citato art.
 9  che  si  riferisce  espressamente  a specifici interventi indicati
 negli espressamente richiamati artt. 1  e  4  dello  stesso  contesto
 legislativo, ignorando le spese di cui all'art. 2 che pur ha disposto
 la contestata sanatoria.
    Daltronde   la   "stabilizzazione"  di  inquadramenti  illegittimi
 rappresenta un  elemento  innovativo  rispetto  al  quadro  normativo
 preesistente   e   determina   di   conseguenza   una   spesa   nuova
 precedentemente non prevista dalla normativa sostanziale.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23,  comma  terzo,  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Preliminarmente  giudica  rilevante e non manifestamente infondata
 la questione di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
 artt.  3,  comma primo, 24, comma primo, 97, comma primo, e 128 della
 Costituzione, dell'art. 3, comma 6-bis della legge 24 dicembre  1993,
 n.  537  nel testo introdotto dalla legge 28 ottobre 1994, n. 596, in
 sede di conversione del d.-l. 27 agosto 1994,  n.  515,  nonche',  in
 riferimento  all'art.  81,  comma  quarto,  della  Costituzione,  del
 combinato disposto di cui agli artt. 2 e 9  della  legge  28  ottobre
 1994, n. 596 di conversione del d.-l. 27 agosto 1994, n. 515;
    Sospende  pertanto  il giudizio e riservatasi ogni altra pronuncia
 in rito ed in merito, dispone la trasmissione degli atti  alla  Corte
 costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura  della segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia
 comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e  della  Camera
 dei deputati;
    Spese riservate al merito.
      Cosi'  disposto  in  Napoli,  nella  camera  di  consiglio del 7
 dicembre 1994.
                        Il presidente: COVELLI
                                                 L'estensore: SCIASCIA
 95C0725