N. 412 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 1995
N. 412 Ordinanza emessa l'11 gennaio 1995 dalla corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Puglia nel giudizio di responsabilita' nei confronti di Lupo Antonio ed altri Regione Puglia - Impiego pubblico - Trattamento giuridico ed economico del personale regionale - Riequilibrio di anzianita' - Determinazione del valore mensile delle classi e degli scatti - Previsione della divisione in ventiquattresimi anziche' in dodicesimi (precedentemente adottata dalla regione e dichiarata incostituzionale con sentenza n. 240/1990) solo a decorrere dal 2 marzo 1989 - Estensione di detto beneficio del riequilibrio a tutto il personale in servizio alla data del 1 marzo 1989 assunto dopo il 1 gennaio 1983 e prima del 31 dicembre 1984 - Mancata previsione della decorrenza dal 1 gennaio 1983 come stabilito dalla legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 - Ingiustificato trattamento di privilegio del personale della regione Puglia rispetto al personale delle restanti regioni - Preclusione dell'azione di responsabilita' per danno erariale del procuratore generale della Corte dei conti - Violazione della sfera di competenza regionale nonche' del principio di copertura finanziaria. (Legge regione Puglia 8 gennaio 1992, n. 2; legge regione Puglia 17 giugno 1994, n. 21, art. 28, primo, secondo e terzo comma). (Cost., artt. 3, 24, 81, quarto comma, 103, secondo comma, e 117).(GU n.28 del 5-7-1995 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' ad istanza del procuratore regionale della Corte dei conti contri i signori Lupo Antonio, Longo Oscar, Giannini Mario, Quaranta Renato, Calignano Antonio, Braccio Pompeo, Laera Alessandro, Cappiello Girolamo, Fontana Salvatore, Borgia Francesco, Augelli Raffaele, Bellomo Michele, Calvario Pasquale, Convertino Cosimo, Paolucci Roberto, Rizzo Marcello, Zingrillo Giuseppe, Dragonetti Rita Leda, Fitto Felice, Fitto Raffaele, Fitto Carmela, Di Nisio Maria Antonietta, Trisorio Liuzzi Giuliana, Trisorio Liuzzi Giuseppe, Trisorio Liuzzi Maria Pia, Buttiglione Antonio, Bafunno Michele, Barrotta Cesare, Bernardini Stanislao, Bufano Oronzo, Di Lorenzo Filippo, Di Maria Teodoro, Ferilli Cosimo, Lacorte Vincenzo, Macri' Camillo, Mansueto Antonio, Meola Marco, Milano Liborio, Tarantino Giovanbattista e Zaccheo Mauro; Visto l'atto introduttivo del giudizio iscritto al n. 287/EL del registro di segreteria; Visti gli altri atti e documenti di causa; Uditi nella pubblica udienza dell'11 gennaio 1995 il relatore, Consigliere dott. Francesco Lorusso, e gli avv.ti Franco Gaetano Scoca, Salvatore Innocente, Gaetano Veneto, Carlo Alberto De Bellis, Antonio Modugno, Pietro Quinto, Giuseppe Panza, Ernesto Nenchia, Giuseppe Castellaneta e Aldo Maggipinto, per i convenuti, nonche' il p.m., nella persona del procuratore regionale dott. Giuseppantonio Stanco; CONSIDERATO IN FATTO E RITENUTO IN DIRITTO Questa vicenda, secondo quanto riferisce il p.r. nel proprio atto di citazione del 18 luglio 1994, trae origine da sette delibere (da n. 85 a n. 91) adottate nella seduta del 18 febbraio 1985 dal Comitato esecutivo dell'Ente regionale per lo sviluppo agricolo della Puglia (che in seguito sara' denominato piu' brevemente E.R.S.A.P.); mediante le quali, in analogia a quanto si stava operando nello stesso periodo nella regione Puglia, fu disposta la liquidazione in dodicesimi, e non in ventiquattresimi, del c.d. "riequilibrio di anzianita'", di cui all'art. 37 - lettere a) e b) - della legge regionale 9 maggio 1984 n. 26 (attuativa dell'accordo nazionale del 29 aprile 1983), in favore del personale in servizio presso il medesimo ente. Infatti, atteso il rapporto di strumentalita' intercorrente tra l'E.R.S.A.P. e la regione Puglia, ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 28 ottobre 1977 n. 32, il trattamento economico dei dipendenti del predetto ente di sviluppo agricolo e' totalmente assimilato a quello di godimento degli impiegati regionali, giusta art. 40, legge regionale 19 mar zo 1982, n. 12. n relazione al calcolo di tale "riequilibrio di anzianita'" - introdotto, peraltro, anche per il comparto del personale dipendente dagli enti locali, dal contemporaneo contratto triennale 1983/85, recepito nel D.P.R. 25 giugno 1983 n. 347, ed in particolare nel suo art. 41, lettere a) e b) - com'e' noto, c'e' stata la norma di interpretazione autentica, contenuta nell'art. 17 del d.-l. 2 marzo 1989 n. 65, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1989 n. 155; a tenore della quale "il valore mensile delle classi e/o degli scatti di stipendio, da quantificare ai sensi .. del punto 11, lettere a) e b), del (predetto) accordo del 29 aprile 1983, .. concernente il personale delle regioni a statuto ordinario (corrispondente al succitato art. 37 della legge della regione Puglia n. 26/84), deve intendersi determinato dividendo il valore della classe e/o dello scatto per il coefficiente 24, che rappresenta il numero dei mesi necessari, per naturare il diritto alla loro attribuzione". Senonche' nella regione Puglia, dopo il primo tentativo tendente a vanificare gli effetti di detta norma statale, sovrapponendo, o quanto meno aggiungendo, una propria autonoma interpretazione (di quell'art. 37 della legge regionale n. 26/84), con il primo comma, dell'articolo unico della legge regionale riapprovata l'8 novembre 1989 - censurato pero' di incostituzionalita' dalla sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 3/15 maggio 1990, perche' ammetteva il criterio contrario della divisione per 12 mesi - e' pero' intervenuta la susseguente legge regionale 8 gennaio 1992 n. 2, intitolata giustappunto "Norme di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 3 maggio 1990". L'articolo unico di questa nuova legge regionale, dopo aver contemplato, nel proprio primo comma, che "A decorrere dal 2 marzo 1989, ai fini della determinazione del riequilibrio di anzianita' di cui all'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984 n. 26, il valore in mesi delle classi e/o scatti risultanti dal reticolo derivante dalla progressione economica della legge regionale 2 marzo 1981 n. 22 e' reso pari ad un ventiquattresimodei relativi valori, invece che ad un dodicesimo dei valori medesimi", nel successivo secondo comma, dispone che "I maggiori trattamenti attribuiti con provvedimenti esecutivi in applicazione del citato art. 37 sono dalla suddetta data conservati ad personam per essere riassorbiti, ai sensi della vigente normativa regionale, con i successivi aumenti di stipendio". Inoltre, piu' recentemente e' sopravvenuta la legge regionale 17 giugno 1994, n. 21, il cui art. 28 ai primi tre commi cosi' recita: "Il riequilibrio di anzianita' previsto dall'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984 n. 26 e disciplinato con successiva legge regionale 8 gennaio 1992 n. 2, nella misura complessivamente determinata e mensilmente spettante per il periodo dal 1 gennaio 1983 al 2 marzo 1989, data di entrata in vigore del d.-l. 2 marzo 1989 n. 65, ha natura retributiva in quanto costituisce emolumento fisso, continuativo e ricorrente, ordinariamente costituito delle remunerazioni spettanti ai dipendenti regionali, esso spetta a tutto il personale in servizio alla data del 1 marzo 1989. L'assegno ad personam pensionabile riveniente dal ricalcolo con effetto dal 2 marzo 1989 del valore delle classi e scatti in ventiquattresimi in conformita' del d.-l. 2 marzo 1989 n. 65, e' riassorbito, ai sensi della vigente normativa regionale, con ogni miglioramento economico successivo al 2 marzo 1989 e cessa comunque di essere corrisposto nei confronti di tutto il personale regionale dal sessantunesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge (in seguito differito al 31 ottobre 1994, per effetto del secondo comma dell'art. 3 della successiva legge regionale 5 settembre 1994 n. 32). Fermo quanto equitativamente previsto dai (precedenti) commi primo e secondo, il riequilibrio di anzianita' di cui all'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26, e' da intendersi in ventiquattresimi ed e' nulla di diritto ogni contraria determinazione con effetto dal sessantunesimo giorno di entrata in vigore della presente legge (poi prorogato al 31 ottobre 1994) e' abrogata la legge regionale 8 gennaio 1992, n. 2". Infine, il primo comma, del su menzionato art. 3 dell'ultima legge regionale n. 32/1994, teste' citata, prescrive: "Il riassorbimento dell'assegno ad personam previsto dal secondo comma dell'art. 28 della legge regionale 17 giugno 1994 n. 21 e' determinato con le modalita' di cui all'art. 92 della legge regionale 25 marzo 1974 n. 18, con esclusione delle indennita' connesse all'esercizio di specifiche funzioni". Da tutto cio' il p.m. ha inferito nella specie un danno per l'erario, che imputa ai convenuti nel presente processo, non soltanto con riferimento alle maggiori somme erogate al predetto titolo (di riequilibrio di anzianita' calcolato in dodicesimi e non in ventiquattresimi) dal 1 gennaio 1983 al 1 marzo 1989, ma pure in relazione ai maggiori esborsi subiti dalle finanze dell'ente pubblico in parola, per corrispondere ai propri dipendenti il suddetto assegno ad personam, dal 2 marzo 1989 in poi, limitandolo pero' fino alla data 31 gennaio 1992. Nel proprio livello introduttivo l'organo inquirente ha altresi' eccepito l'incostituzionalita' sia dell'articolo unico della legge regionale n. 2/92 e sia del secondo comma dell'art. 28 della seguente legge regionale n. 21/1994, perche' queste due norme, oltre a consolidare un evidente privilegio immotivato per tale categoria di personale regionale, qualora fossero riconosciute perfettamente in linea con la Carta costituzionale e non fossero percio' espunte dall'ordinamento, farebbero venir meno i presupposti stessi della responsabilita' degli odierni chiamati in causa per le maggiorazioni stipendiali erogate dall'ERSAP in favore dei propri impiegati dal 1 gennaio 1983 al 31 gennaio 1992. Mentre, obietta ancora il p.r., se a queste due medesime norme si intendesse attribuire un significato di sanatoria di tale responsabilita', vi sarebbero valide ragioni per reputarle violatorie dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione, in quanto, in tema di regolamentazione della giurisdizione, le Regioni non hanno alcuna competenza. L'impostazione di questa tesi e' stata pero' contestata nel corso del dibattimento dalla difesa, che ritiene, invece, perfettamente aderente ai principi costituzionali la predetta normativa regionale. Osserva in proposito il Collegio che tale questione di costituzionalita' posta dal requirente non soltanto non appare affatto priva di manifesta fondatezza, quanto si appalesa pure rilevante ai fini del decidere. Gia' nella surrichiamata sentenza n. 240/90, il supremo organo regolatore dei conflitti di attribuzioni (art. 134 della Costituzione) aveva stigmatizzato il contrasto, con gli artt. 4 e 11 del c.d. legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 e, quindi, con l'art. 117 della Costituzione, del primo comma dell'articolo unico della precedente legge regionale della Puglia riapprovata l'8 novembre 1989, perche' disponeva che il valore delle classi e degli scatti - da assumere nel computo degli anni di effettivo servizio maturati, per gli effetti del riequilibrio di anzianita' - fosse rappresentato dal rapporto ottenuto suddividendo per i dodici mesi dell'anno gli importi risultanti dal reticolo della progressione economica realizzata, al 31 dicembre 1982, in base all'accordo 1979-81; nonostante che l'art. 17 del d.-l. 2 marzo 1989 n. 65 (convertito nella legge 26 aprile 1989 n. 155) avesse stabilito il metodo contrario della divisione per il coefficiente 24. In sostanza, nel primo maldestro espediente della Regione Puglia fu subito rintuzzato, perche' travalicava giustappunto i limiti della competenza legislativa regionale, in tema di trattamento economico del personale, fissati dalla norma interposta, rispetto al predetto art. 117 della Costituzione, ovverossia dalla gia' citata legge n. 93/1983; la quale prescrive, tra l'altro, i criteri della omogeneizzazione e della esaustivita' degli stipendi dei dipendenti regionali, in relazione agli accordi sindacali collettivi. In altri termini, da tale pronuncia della Corte costituzionale, si potrebbe anche inferire implicitamente il postulato, secondo il quale la discrezionalita' legislativa delle Regioni in subiecta materia, quanto meno fino all'entrata in vigore del titolo III del d.-l.gs. 3 febbraio 1993 n. 29 (con le modifiche recate dai successivi decreti legislativi 18 novembre 1993 n. 470 e 23 dicembre 1993 n. 546), dovesse rimanere vincolata dal contenuto dei contratti collettivi da esse sottoscritti a livello nazionale con le OO.SS. dei lavoratori, per il tramite delle rispettive delegazioni rappresentative, di cui all'abrogato art. 10 della medesima legge n. 93/83 - come risultava modificato a seguito dell'altra sentenza della Corte costituzionale n. 219/1984 e dell'art. 2 legge 8 agosto 1985 n. 426 - all'epoca ancora vigente. Sicche' l'assemblea legislativa regionale in questi casi avrebbe dovuto approvare la relativa legge, limitandosi, come in altri comparti del pubblico impiego, di cui all'art. 5 della medesima legge n. 93/1983 e al d.P.R. 5 marzo 1986 n. 68, a prendere atto dell'intervenuto accordo e a recepirne le connesse pattuizioni, senza introdurre variazioni o modifiche di sorta, neppure apparentemente innocue, e, in caso di contrasto fra norma regionale e norma pattizia, avrebbe dovuto prevalere sempre quest'ultima sulla prima. Orbene, come si notava dianzi, la nuova su menzionata legge regionale n. 2/92, al di la' della sua intitolazione, secondo la quale avrebbe dovuto contenere "norme di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 3 maggio 1990", in realta', dei due commi del suo articolo unico riproduce, sotto mentite spoglie, quel meccanismo di calcolo del riequilibrio di anzianita' in base al coefficiente dodici (in luogo di ventiquattro), che proprio quella sentenza aveva censurato. Essa, infatti, dopo aver sancito nel primo comma che il valore mese-classe e/o mese-scatto, ai fini della determinazione del ridetto riequilibrio di anzianita', di cui all'art. 37 della legge regionale n. 26/1984, e' reso pari ad un ventiquattresimo (invece che ad un dodicesimo) a decorrere dal 2 marzo 1989 (e non dal 1 gennaio 1983), nel secondo comma prescrive che i maggiori trattamenti cosi' attribuiti sono conservati, dalla stessa data del 2 marzo 1989, a titolo di assegno personale, riassorbibile con i successivi aumenti di stipendio, ai sensi della normativa regionale vigente. In concreto, con queste due disposizioni, nella regione Puglia, a differenza di altre regioni italiane, si perpetua con effetto dal 1 gennaio 1983, in favore dei propri dipendenti, uno status economico del tutto ingiustificato, perche' al di fuori di qualsiasi previsione del contratto collettivo triennale 1982/1984, siglato in sede nazionale il 29 aprile 1983, eppercio' in reiterata palese violazione di quegli artt. 4 e 11 della legge n. 93/1983 (principi di omogeneita' ed esaustivita' dianzi ricordati), ai quali il giudice costituzionale in quella pronuncia n. 240/1990 aveva giustappunto riconosciuto la valenza di norma interposta per l'esatta applicazione dell'art. 117 della Costituzione, oltre che del precedente art. 3, sulla par condicio dei cittadini ivi compresi i pubblici dipendenti, di fronte alle leggi, anche regionali. Risulterebbe altresi' violato, ad avviso del Collegio, dalla predetta legge regionale n. 2/1992 il quarto comma dell'art. 81 della Costituzione, in ordine alla c.d. "copertura finanziaria" di "nuove e maggiori spese" recate da "ogni altra legge"". Difatti la precedente legge regionale n. 26/1984, a suo tempo, con l'art. 42 aveva individuato nelle finanze autonome della regione Puglia (art. 119 della Costituzione) i mezzi occorrenti, per garantire ai circa quattromila propri dipendenti all'epoca in servizio, la corresponsione dei miglioramenti economici rivenienti dall'applicazione dell'appena recepito accordo nazionale del 29 aprile 1983 (art. 1). In essi (miglioramenti) era pure compreso il riequilibrio di anzianita' calcolato in ventiquattresimi (e non in dodicesimi), come contemplavano concordemente sia l'art. 37 della stessa legge 26/84 e sia il corrispondente art. 11 di detto contratto collettivo di lavoro e come, peraltro, e' confermato dalla prima delibera di giunta regionale n. 4979 del 28 maggio 1984, che, sebbene annullata dalla Commissione statale di controllo, tuttavia fissava i criteri di carattere generale da adottare a tal riguardo. Sicche', allorquando si e' deciso, dapprima con una diversa prassi amministrativa, oltretutto contestata dall'organo di controllo, e poi, a sanatoria, in via legislativa, di modificare in radice il procedimento di computo dell'istituto piu' importante di quell'accordo, ossia il riequilibrio di anzianita', con una decorrenza anteriore di oltre sei anni (dal 1 gennaio 1983), facendolo passare per una mera conferma, ma solo dal 2 marzo 1989, di un dato ermeneutico, che era gia' stato acclarato dalla legislazione statale, seppure con un d.-l., il n. 65/1989 (art. 17), entrato appunto, in vigore lo stesso giorno (art. 21), si sarebbe dovuto altresi' indicare nel contempo le risorse finanziarie cui attingere per coprire i conseguenti maggiori costi. In caso contrario, si e' in presenza di una palese inosservanza non solo della norma costituzionale prima richiamata (quarto comma, art. 81), ma anche di altre norme statali ordinarie, come l'art. 11- ter, della legge 5 agosto 1978 n. 468 (introdotto dall'art. 7 della legge 23 agosto 1988 n. 362), gli artt. 2, 11, 17 e 18 della legge 19 maggio 1976 n. 335 e gli artt. 156 e 158 del r.c.g.s., approvato con r.d. 23 maggio 1924 n. 827, nonche', nel sistema di finanza derivata in cui operano attualmente le regioni, dell'art. 16 della legge 27 febbraio 1967 n.48 (come integrato dall'art. 34 della legge 5 agosto 1978 n. 468 e modificato dall'art. 11 della predetta legge n. 362/1988). Ma le perplessita' di questo giudice, alla luce dell'art. 28 della piu' recente legge regionale 17 giugno 1994 n. 21, invece di dissiparsi, aumentano, specie con riferimento ai primi tre commi. Si comincia, infatti, al primo comma con il conferire al riequilibrio di anzianita' in esame, "nella misura complessiva determinata (in dodicesimi) e mensilmente spettante per il periodo dal 1 gennaio 1983 al 2 marzo 1989", la natura retributiva, perche' costituisce un "emolumento fisso, continuativo e ricorrente, ordinariamente costituito dalle remunerazioni spettanti ai dipendenti regionali" - per dirimere le controversie insorte con gli istituti previdenziali - e, si finisce per estenderlo "a tutto il personale in servizio alla data del 1 marzo 1989", in contrasto sia con il terzo comma, dell'art. 38 della piu' volte citata legge reg. n. 26/84, secondo cui "al personale che viene assunto dopo il 1 gennaio 1983 e prima del 31 dicembre 1984 compete il trattamento economico iniziale previsto dall'art. 3 della legge regionale 2 marzo 1981 n. 22 a cui vanno aggiunti i benefici della presente legge secondo le percentuali di scaglionamento sopraspecificate", e sia con l'accordo triennale 82/1984 del 29 aprile 1983. In altre parole, si attribuisce, sebbene solo nominalmente, per presunta carenza assoluta del requisito delle eventuali anzianita' pregresse da riequilibrare (ma non sempre), una valenza ultrattiva ad un beneficio contrattuale che avrebbe dovuto esaurire i suoi effetti al 31 dicembre 1984. Inoltre, con il secondo comma seguente, al di la' del riassorbimento dell'assegno ad personam di che trattasi, "con ogni miglioramento economico successivo al 2 marzo 1989, "determinato con le modalita' di cui all'art. 92 della legge regionale 25 marzo 1974, n. 18, con esclusione delle indennita' connesse all'esercizio di specifiche funzioni" (art. 3, primo comma, della legge regionale 5 settembre 1994 n. 32) - che rimane, peraltro, eventuale - detto emolumento "cessa comunque di essere corrisposto" al 61 giorno "dalla data di entrata in vigore" della medesima legge regionale n. 21/1994, poi prorogato al 31 ottobre 1994 dal secondo comma di quest'ultimo art. 3 della legge regionale n. 32/1994. In- fine, al terzo comma, dopo aver confermato il valore equitativo dei due commi precedenti e il criterio dei ventiquattresimi, per determinare il riequilibrio di anzianita' di cui all'art. 37 legge regionale n. 26/1984, si afferma solennemente "ed e' nulla di diritto ogni contraria determinazione", oltre all'abrogazione della legge regionale n. 2/1992 "con effetto dal 61 giorno di entrata in vigore della presente legge" (n. 21/1994) poi altrettanto differita al 31 ottobre 1994. Di fronte ad un siffatto quadro ordinamentale, appaiono al Collegio non del tutto ingiustificate le preoccupazioni del requirente, nella misura in cui reputa violato anche il secondo comma dell'art. 103 della Costituzione. Se e' certo difatti che con questo art. 28 (intitolato "disposizione correttive in materia di personale") il legislatore regionale pugliese, al di la' di talune ostentate enunciazioni, peraltro, prive ormai di risultati concreti, ha voluto in definitiva affinare e correggere quel suo disegno politico - iniziato con la legge riapprovata l'8 novembre 1989, cassata per incostituzionalita', e reiterato con la successiva n. 2/1992 - proteso a salvaguardare e conservare in favore dei propri dipendenti i rispettivi trattamenti economici, comunque acquisiti in dodicesimi, con quelle forzature innanzi accennate; e' tuttavia anche vero che da un siffatto ordito traspare, seppure non in termini espliciti, la sottesa intenzione di evitare agli amministratori e ai funzionari regionali il pericolo di subi're l'azione di responsabilita' amministrativo-contabile,di cui agli artt. 30 e 31 della citata legge n. 335/1976, a cagione dalla vicenda in parola, rendendoli in pratica inimputabili per il connesso danno arrecato all'erario regionale. Non si puo' d'altronde disconoscere la pur valida ragione d'ordine pubblico che ha originato tale iniziativa e che sottende oggi, come causa fondante, ad un simile travagliato progetto legislativo; ossia quella di rimediare al notevole conflitto e al conseguente vasto contenzioso giudiziale che quell'attivita' amministrativa distorta aveva suscitato nell'ambito dell'apparato burocratico della regione Puglia e dei suoi enti strumentali. Di contro pero' non si puo' ignorare il dato ricavabile dalla comune esperienza giuridica, che, allorquando interviene una nuova normativa con il dichiarato intento di rendere legittima, ma a posteriori, una precedente azione della p.a. esercitata in contrasto con la legge originariamente vigente, da un lato, se ne sanano gli effetti, per preservare le posizioni giuridiche ed economiche, comunque, conseguite dai rispettivi destinatari, specie se si sono consolidate nel tempo, ma, dall'altro, e' inesorabile che risultino appianate - come nella specie dal 1 gennaio 1983 - anche le connesse responsabilita' di coloro che l'hanno posta in essere, in dissonanza con quanto operato in altri siti. Ma se cio' e' consentito, in presenza di eccezionali contingenze storico-politiche, al legislatore statale, al quale spetta, in via esclusiva, disciplinare e/o limitare la giurisdizione, sebbene entro i canoni precisi stabiliti dal titolo IV - Parte II della Costituzione, non e' altrettanto permesso al legislatore regionale, pena, nel caso di specie, la violazione sia dell'art. 103, secondo comma, della Costituzione, come eccepito dal p.m., che degli artt. 30 e 31 della legge statale 19 maggio 1976 n. 335, nonche' del successivo art. 117, della Costituzione per aver esorbitato dalla propria potesta' legislativa. D'altro canto, opinando altrimenti, si accetterebbe l'immissione surrettizia nel nostro sistema di garanzie obiettive di un'immotivata isola spuria di privilegio, in favore di questa categoria di convenuti, rispetto ai loro omologhi delle altre regioni e degli enti locali minori - in relazione ai quali ultimi in passato si sono verificate vicende analoghe a quella all'esame, con riferimento all'art. 41 del d.P.R. 26 giugno 1983 n. 347, e delle quali questo giudice si e', peraltro, gia' occupato - in difformita' dello stesso art. 3 della Costituzione. Ne' si possono trascurare in questa sede le possibili vulnerazioni che, a causa della sopravvivenza nell'ordinamento di una siffatta disciplina, potrebbe verosimilmente subire il diritto di difesa giudiziale delle ragioni risarcitorie, sul piano patrimoniale, dello Stato-persona; posto che una generica sanatoria di questo tipo sottrarrebbe oltretutto al procuratore regionale della Corte dei conti, titolare della connessa azione processuale, il potere di adire la via giudiziale, per ottenere, dagli amministratori e dipendenti regionali responsabili, il ripristino, seppur non integrale, dell'equilibrio finanziario in tal modo interrotto nell'erario della regione Puglia. Del resto l'art. 24 della Costituzione, del quale si denuncia in questo contesto la violazione, costituisce per tutti i soggetti giuridici, ivi compreso quello pubblico per eccellenza - perche' rappresenta e tutela gli interessi della legge - un baluardo invalicabile e ineludibile. Quanto poi alla rilevanza nel giudizio de quo delle su dedotte questioni di incostituzionalita' delle norme regionali innanzi analizzate, v'e' ancora da osservare che, qualora il giudice dalle leggi, con la sua pronuncia, dovesse escludere o confermare i dubbi sopra esposti, verrebbe meno o risulterebbe avvalorata la pretesa risarcitoria del p.m. per i danni ascritti agli odierni convenuti, con riferimento alle maggiori somme erogate nel periodo dal 1 gennaio 1983 al 31 gennaio 1992, come considerato in premessa.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo unico della legge della regione Puglia 8 gennaio 1992, n. 2, e dei primi tre commi dell'art. 28 dell'altra legge della regione Puglia 17 giugno 1994, n. 21, in relazione agli artt. 3, 24, 81, quarto comma, 103, secondo comma, e 117 della Costituzione; Ordina la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, gli atti vengano rimessi alla Corte costituzionale e che copia della presente ordinanza venga notificata alle parti, ai presidenti pro-tempore della giunta e del consiglio regionale della Puglia e al commissario liquidatore dell'Ente regionale di sviluppo agricolo per la Puglia, nonche' al commissario del Governo presso la regione Puglia. Cosi' provveduto in Bari, nella camera di consiglio dell'11 gennaio 1995. Il presidente: SERNIA Depositata in segreteria il 31 marzo 1995. Il direttore di segreteria: SCANNI 95C0801