N. 413 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 1993

                                N. 413
 Ordinanza emessa il 5 marzo  1993  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
 giurisdizionale  per  la  regione  siciliana  sul ricorso proposto da
 Scarpinati Carmela
 Pensioni - Pensioni di guerra di riversibilita' in favore di vedove -
    Esclusione del diritto per  difetto  del  requisito  della  durata
    almeno  annuale  del  matrimonio  -  Irragionevole  disparita'  di
    trattamento rispetto alle pensioni di riversibilita'  alle  vedove
    dei   dipendenti  civili  e  militari,  nonche',  in  particolare,
    rispetto alla pensione indiretta di guerra alla  vedova  che,  per
    effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 450/1991, non
    e'  piu'  soggetta  alla  predetta condizione - Negativa incidenza
    sulle condizioni familiari - Richiamo alle  sentenze  della  Corte
    costituzionale  nn.  450/1991 e 123/1990 - Richiesta di riesame di
    questione gia' proposta.
 (Legge 18 marzo 1968, n. 313, art. 59; d.P.R. 23 dicembre 1978, n.
    915, art. 51, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 29 e 31).
(GU n.28 del 5-7-1995 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 19/1994/ord.  sul  ricorso
 in  materia  di pensione di guerra iscritto al n. 7424/G del registro
 di segreteria,  avverso  il  provvedimento  n.  2372851,  emesso  dal
 Ministero  del  tesoro  in data 26 aprile 1969, proposto dalla sig.ra
 Scarpinati  Carmela,  vedova  di  Messina  Francesco,   elettivamente
 domiciliata  in  Roma,  viale Corso n. 63, presso lo studio dell'avv.
 Alessandro Pintus (suo procuratore generale);
    Uditi all'udienza del 5 marzo 1993 il relatore, referendario dott.
 Vincenzo Lo Presti, l'avv. Giambelluca Nicolo' per la  ricorrente  ed
 il  pubblico  ministero  nella  persona del vice procuratore generale
 dott. Guido Carlino;
    Esaminati gli atti ed i documenti di causa.
                               F A T T O
    La signora Scarpinati Carmela, vedova del sig. Messina  Francesco,
 aveva  chiesto la riversibilita' della pensione di guerra, di cui era
 in godimento il marito per l'infermita' "T.B.C. polmonare",  deceduto
 il 5 settembre 1965, per infermita' diversa dalla predetta.
    Con  il  decreto  impugnato, considerato che, nella fattispecie in
 questione, il matrimonio tra i predetti coniugi era durato meno di un
 anno (dal 24 aprile 1965 al 5 settembre 1965) e non  risultava  prole
 anche se postuma, il Ministero del tesoro ha respinto l'istanza della
 ricorrente  in  applicazione  degli  artt.  44  e  59  della legge n.
 313/1968.
    Con ordinanza n. 179/1991, per il caso  di  specie,  questa  Corte
 sollevava  questione  di  legittimita' costituzionale con riferimento
 agli artt. 44 e 59 della  legge  n.  313/1968,  nella  parte  in  cui
 subordinano  il diritto alla riversibilita' della pensione, in favore
 della vedova, alla condizione che il matrimonio sia durato da  almeno
 un anno, e, pertanto, sospendeva il giudizio.
    La  sottoposizione della predetta questione, all'esame della Corte
 costituzionale, si e' resa  necessaria  in  quanto  quest'ultima  con
 sentenza   n.   123  del  1990  aveva  dichiarato  la  illegittimita'
 costituzionale dell'art. 81 del d.P.R. 1092/1973 nella parte  in  cui
 subordinava la concessione del trattamento pensionistico delle vedove
 dei dipendenti civili e militari alla durata del matrimonio.
    Pertanto,  questa  Corte  ha  ritenuto  che,  nella  specie, fosse
 ipotizzabile una ingiustificata disparita' di trattamento tra  vedove
 di  dipendenti  civili  e  militari,  nei  confronti delle quali tale
 condizione e' stata eliminata nella predetta sentenza,  e  vedove  di
 pensionati di guerra, rispetto alle quali detta condizione era ancora
 sussistente, con violazione quindi dell'art. 3 della Costituzione.
    La  Corte  costituzionale,  con  ordinanza  n.  274  del  1992, ha
 dichiarato la inammissibilita' della questione, nei termini in cui e'
 stata sollevata, ritenendo che l'ordinanza di  rimessione  non  fosse
 adeguatamente   motivata   sotto   il  profilo  della  rilevanza  non
 risultando della stessa se il caso concerna una pretesa  di  pensione
 di  riversibilita' ex art. 44, terzo comma (norma peraltro di cui era
 gia' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale con sentenza n.
 450 del 1991), ovvero ex art. 59, primo comma, della legge  18  marzo
 1968,  n.  313,  nonche'  ex  art.  40,  terzo comma (norma anch'essa
 investita d'illegittimita' costituzionale), e 51,  primo  comma,  del
 d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915.
    Il  procuratore generale, in data 24 settembre 1992, ha presentato
 conclusioni scritte nelle quali, ritenendo  che  il  caso  di  specie
 rientri  nell'ipotesi  disciplinata  dall'art. 59, primo comma, della
 legge n. 313/1968 (art. 51 della legge 915/75), in quanto il  coniuge
 della  ricorrente  e'  deceduto per "emorragia cerebrale", infermita'
 diversa da  quella  (T.B.C.  polmonare)  riconosciuta  dipendente  da
 c.s.g. ed indennizzata con iscrizione della IV cat. oltre gli assegni
 di  cura,  ha  chiesto che venga nuovamente sollevata la questione di
 legittimita' costituzionale  con  riferimento  alla  suddetta  norma,
 anche  in  relazione  alle  motivazioni  contenute  nella sentenza n.
 450/1991 della Corte Costituzionale.
    In via subordinata ha chiesto la reiezione del ricorso.
    In sede  dibattimentale  il  p.m.  ha  confermato  le  conclusioni
 scritte,  l'avv.  Giambelluca,  per  la  difesa, si e' associato alle
 conclusioni del P.M. in ordine alla  richiesta  diretta  a  sollevare
 l'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  49, primo
 comma, della legge n. 319/1968.
                             D I R I T T O
    La  disposizione  di legge che regola la fattispecie in questione,
 come giustamente rilevato dal p.m. nelle sue conclusioni scritte,  e'
 l'art.  59 della legge n. 313/1968, norma poi riprodotta nell'art. 51
 della legge n. 915/1978.
    Detta norma  disciplina  le  ipotesi  in  cui  il  titolare  della
 pensione  di guerra deceda per un'infermita' diversa da quella per la
 quale ha goduto del trattamento pensionistico e subordina il  diritto
 del   coniuge   superstite   alla  pensione  di  riversibilita'  alla
 condizione che il matrimonio, dal quale non sia nata prole  anche  se
 postuma, sia durato almeno un anno.
    La  normativa,  in  questione fa parte di un genus di disposizioni
 giuridiche, colpite tutte da  dichiarazioni  di  incostituzionalita',
 perche'  subordinavano  il  diritto  alla  pensione di riversibilita'
 della vedova alla condizione  che  il  matrimonio  avesse  avuto  una
 durata minima stabilita dalla legge.
    Anzitutto,   infatti,   l'art.  81,  secondo  comma  del  t.u.  n.
 1092/1973,  il  quale  subordinava  il  diritto  della  vedova   alla
 riversibilita'  della  pensione  alla  condizione  che  il matrimonio
 avesse avuto una durata non inferiore a due anni e' stato  dichiarato
 incostituzionale,   perche'   in   contrasto   con   l'art.  3  della
 Costituzione, con la gia' citata sentenza n. 123 emessa  dalla  Corte
 costituzionale il 16 marzo 1990.
    In  tale  pronuncia la Corte, avvalendosi dell'art. 27 della legge
 n.   87/1953,   ha   esteso   la   declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale  all'art.  6,  comma secondo, della legge n. 1646/1962
 sugli istituti di previdenza contenente una analoga disposizione.
    La Corte costituzionale, con la predetta sentenza, non ha peraltro
 ritenuto di  avvalersi  dell'art.  27  della  legge  n.  83/1953  per
 estendere  la  declaratoria  di illegittimita' costituzionale anche a
 quelle norme che, in materia di pensioni di  guerra,  subordinano  il
 diritto  della vedova alla pensione di riversibilita' alla condizione
 che il matrimonio sia durato almeno un anno (art. 40 e 51 del  d.P.R.
 n. 915/1978, gia' art. 44 e 59 della legge n. 313/1968).
    Di queste ultime norme si era occupata la Corte costituzionale con
 la sentenza n. 2 del 1980, ritenendo legittimo il requisito di durata
 minima  del matrimonio, ivi previsto, sul presupposto che dette norme
 contenessero una disciplina di favore per le pensioni di guerra  (per
 le  quali, il diritto della vedova alla riversibilita' della pensione
 era subordinata alla condizione che il matrimonio fosse durato almeno
 un anno) rispetto alle pensioni ordinarie (nelle  quali  tale  durata
 minima era stabilita in due anni).
    Tali  argomentazioni,  alla luce della citata sentenza della Corte
 Costituzionale n. 123 del 1990, sembravano venute meno, in quanto  il
 "favor"   per   le   pensioni  di  guerra,  evidenziato  dalla  Corte
 Costituzionale con la predetta decisione n. 2 del 1980, rispetto alle
 pensioni ordinarie (sulla  base  del  quale  era  stata  ritenuta  la
 legittimita'  delle  norme  in  questione)  non poteva piu' ritenersi
 sussistente.
    Era, quindi auspicabile che venisse dichiarata  la  illegittimita'
 costituzionale   delle   norme   in  questione  nella  parte  in  cui
 prevedevano un requisito minimo di durata del matrimonio.
    Con riferimento a tale esigenza la Corte  costituzionale,  con  la
 sentenza   n.   450   del   4/13   dicembre   1991,   ha   dichiarato
 costituzionalmente illegittimi gli  artt.  44,  ultimo  comma,  della
 legge n. 313/1968 e l'art. 40, terzo comma del d.P.R. n. 915/1978 per
 contrasto  con gli art. 3, 29 e 31 della Costituzione, nella parte in
 cui  subordinano  il  diritto  della vedova alla riversibilita' della
 pensione quando il dante causa sia deceduto per la stessa  infermita'
 pensionata,  alla  condizione  che  il matrimonio sia durato almeno 1
 anno.
    Premesso, quanto sopra, alla luce di tale  ultima  sentenza  della
 Corte  costituzionale, appare evidente, come l'art. 59 della legge n.
 313/1968, sostanzialmente  riprodotto  nell'art.  51  del  d.P.R.  n.
 915/1978  sia  attualmente  l'unica  norma, appartiene al genus sopra
 indicato, (che subordina, il diritto della vedova alla riversibilita'
 della pensione alla condizione che il matrimonio sia durato almeno un
 anno) attualmente in vigore, in quanto non  espressamente  dichiarata
 incostituzionale.
    Le   predette   considerazioni   determinano   la   non  manifesta
 infondatezza, di cui  all'art.  23  della  legge  n.  87/1953,  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale,  sollevata dal p.m., con
 riferimento all'art. 59 della legge n. 313/1968, riprodotto nell'art.
 51 del d.P.R. n. 915/1978, per contrasto con gli artt.  3,  29  e  31
 della Costituzione.
    Sotto  il  profilo  della  rilevanza  la questione di legittimita'
 costituzionale, sollevata dal p.m. e' parimenti fondata.
    Infatti, il  giudizio  in  questione,  non  puo'  essere  definito
 indipendentemente  della  risoluzione della questione di legittimita'
 costituzionale suindicata; questo perche' la predetta  norma  tuttora
 vigente,  e'  applicabile alla fattispecie in questione, in quanto il
 matrimonio,   celebrato   successivamente   alla   insorgenza   delle
 infermita' invalidanti, ha avuto una durata inferiore a un anno.
    Pertanto,  l'accoglimento  od  il  rigetto  del  ricorso dipendono
 necessariamente  dalla  risoluzione  della  predetta   questione   di
 legittimita' costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134 della Costituzione e 23, terzo comma, della
 legge 11 marzo 1953, n. 87, ritiene rilevante  e  non  manifestamente
 infondata,  in relazione agli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione, la
 questione di legittimita' costituzionale, degli  articoli  59,  della
 legge  18  marzo  1968,  n.  313,  e  51,  primo comma, del d.P.R. 23
 dicembre 1978, n. 915, nella parte in cui subordinano il diritto alla
 pensione di riversabilita' del coniuge superstite alla condizione che
 il matrimonio sia durato almeno un anno;
    Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti
 alla Corte Costituzionale;
    Ordina che, a cura della Segreteria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alla  ricorrente,  al  Procuratore generale presso questa
 Corte ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Palermo nella camera  di  consiglio  del  5  marzo
 1993.
                       Il presidente: CORAZZINI
 
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