N. 414 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno 1995
N. 414 Ordinanza emessa il 6 giugno 1995 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Costagliola Guarente Silvia Maria ed altre e Sgarbi Vittorio ed altra Responsabilita' civile - Responsabilita' civile dei membri parlamentari per le opinioni espresse nei confronti di cittadini - Immunita' riconosciuta per l'esercizio delle funzioni parlamentari - Limiti - Disciplina del procedimento dettata con decreto-legge ripetutamente reiterato - Carenza dei presupposti per l'emissione di detto atto legislativo - Esautoramento di poteri legislativi del Parlamento. Legge in genere - Decreti-legge - Lamentata omessa previsione del divieto di reiterazione dei decreti-legge gia' decaduti per mancata conversione - Violazione dei principi costituzionali in materia. (D.-L. 12 maggio 1995, n. 165; legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 15, secondo comma). (Cost., artt. 70, 77, secondo e terzo comma).(GU n.28 del 5-7-1995 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 18533 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 1994. Oggetto: risarcimento del danno per lesione alla reputazione e alla identita' personale tra Costagliola Guarente Silvia Maria, Costagliola Anna, Roberto, Paola, Simonetta e Rosanna (avv. Francesco Barra Caracciolo e Giuseppe Fusco, con domicilio in Napoli alla via S. Pasquale 79), attori, e Sgarbi Vittorio (avv. Angelo Breccia Fratadocchi da Roma e avv. Giovanni Caruso, quest'ultimo con domicilio in Napoli, alla via Gramsci 17/b) nonche' la s.p.a. R.T.A. - Reti Televisive Italiane, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro-tempore Adriano Galliani (avv. Vittorio Dotti del Foro di Milano e avv. prof. Enrico Minervini, quest'ultimo con studio in Napoli, alla Riviera di Chiaia n. 168), convenuti; Rilevato che con l'atto introduttivo del presente giudizio gli attori, stretti congiunti del magistrato Gennaro Costagliola, gia' giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Napoli, deceduto il 22 aprile 1994, hanno convenuto in giudizio il dott. Vittorio Sgarbi, deputato al Parlamento, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per la lesione alla reputazione e alla identita' personale che assumevano arrecata al loro congiunto con due trasmissioni televisive e un'intervista al quotidiano "La Repubblica", in cui prima della sua morte improvvisa e dopo pochi giorni da quest'evento venivano espressi giudizi estremamente negativi nella sostanza e nella forma sul suo operato e sulla sua persona; Ricordato che il nucleo dell'attivita' lesiva denunziata consiste nell'addebito fatto dallo Sgarbi al magistrato di aver disposto ingiustamente l'arresto dell' ex deputato Giulio Di Donato non gia' per esigenze cautelari, bensi' per esibizionismo, manierismo e spettacolo e con modalita' inutilmente vessatorie, nonche' di avere prima sostenuto che il giudice andava arrestato e, poi, dopo il suo decesso, che la morte costituiva una pena, benche' superiore a quella invocata; Rilevato che analoga condanna e' stata richiesta a carico dell'emittente televisiva R.T.A. per la trasmissione dei programmi televisivi ritenuti diffamatori; Rilevato che il deputato Sgarbi ha eccepito che le opinioni espresse si ricollegherebbero all'esercizio delle sue funzioni di parlamentare e che pertanto egli dovrebbe essere assolto dalla domanda per l'immunita' riconosciutagli dall'art. 68 della Costituzione ed ha altresi' prospettato la necessita' di applicare, in via subordinata, il disposto del secondo comma del d.-l. 9 novembre 1995 n. 627 (decaduto per mancata conversione ma sostuito ora dal d.-l. 12 maggio 1995 n. 165); Vista la sentenza non definitiva resa in pari data, con la quale questo tribunale ha dichiarato la propria competenza territoriale a conoscere della causa, senza definirne il merito; Ritenuto che l'ambito dell'immunita' comprende anche la responsabilita' civile; Ritenuto, quanto all'ulteriore corso del giudizio, che non risulta evidente l'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, in quanto - ad avviso del tribunale - deve essere verificata in astratto e con riferimento al caso concreto in quali limiti operi la garanzia costituzionale, anche in relazione ai luoghi ed alle modalita' di esternazione delle opinioni che si assumono espresse nell'esercizio delle funzioni di parlamentare; Ritenuto peraltro che la rapportabilita' concreta alla previsione della norma non puo' essere esclusa, potendo essa, in ipotesi, essere affermata in relazione alla considerazione unitaria dell'attivita' dei parlamentari, anche al di fuori delle sedi proprie deputate all'esercizio delle loro funzioni o in esecuzione di incarichi connessi; Ritenuto dunque che, in relazione alla situazione illustrata, per pervenire alla decisione di merito dovrebbe farsi applicazione del d.-l. 12 maggio 1995 n. 110, entrato in vigore il 14 maggio 1995, nelle more della rimessione della causa dal giudice istruttore al collegio, e quindi, al procedimento di cui agli artt. 3, comma secondo, e 5 del decreto; Considerato che tale normativa deve essere previamente sottoposta al controllo della sua legittimita' costituzionale; OSSERVA A) Il d.-l. 12 marzo 1995 n. 165 costituisce sostanzialmente l'ottava reiterazione dell'originario decreto 15 novembre 1993 n. 455, cui sono succeduti, a seguito della successiva mancata conversione, i decreti 14 gennaio 1994 n. 23, 17 marzo 1994 n. 176, 15 luglio 1994 n. 447, 8 settembre 1994 n. 535, 9 novembre 1994 n. 627, 13 gennaio 1995 n. 7 e 13 marzo 1995 n. 69, tal che la materia - che attiene alle garanzie costituzionali dei parlamentari da una parte e dall'altra alla integrita' ed alla tutela di diritti fondamentali dei cittadini, quale quello alla reputazione, - e' stata di fatto regolata, per un considerevole lasso di tempo (oltre un anno e mezzo), ed e' attualmente disciplinata, da provvedimenti aventi forza di legge di provenienza governativa. B) Ora, - ad avviso del tribunale - il fenomeno della reiterazione di tali provvedimenti si pone in contrasto con l'art. 77 della Costituzione, in forza del quale "i decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione". Ed invero, la nuova presentazione di un decreto-legge dopo la scadenza del termine di conversione perpetua, sia pure con effetto ex nunc la disciplina introdotta con il decreto decaduto, cosi' manifestamente violando il limite temporale di vigenza di provvedimenti provvisori che il legislatore costituzionale ha voluto contenere in sessanta giorni. Non varrebbe in contrario rilevare che i decreti-legge non convertiti divengono inefficaci retroattivamente, giacche', a parte gli effetti talora irreversibili gia' verificatisi, la Costituzione non ha riferimento ad un dato soltanto formale, ma vuole che - come si desume dalla necessita' della ricorrenza dei tassativi presupposti indicati dall'art. 77 - l'attivita' legislativa sia effettivamente esercitata delle Camere (art. 70), e solo eccezionalmente, in deroga a questo principio, dal Governo con atti provvisori aventi forza di legge di circoscritta efficacia: il decreto-legge n. 165/1995 appare pertanto emesso in violazione agli artt. 70, 77, comma secondo e terzo, della Costituzione. C) Il legislatore ordinario ha avvertito la necessita' di regolare e di contenere la decretazione da pare del Governo e, con riferimento specifico al fenomeno in esame, lo ha fatto con l'art. 15, comma secondo, della legge 23 agosto 1988 n. 400, vietando la reiterazione dei decreti-legge, per i quali sia stata negata con il voto di una delle due Camere la conversione. Senonche' questa legge - che pure indica con pretesa di compiutezza le ipotesi in cui e' vietato al Governo di provvedere con la decretazione - appare essa stessa in contrasto con gli artt. 70 e 77 della Costituzione nella parte in cui non prevede anche il divieto di riprodurre, con la presentazione di altro decreto-legge, la disciplina sostanziale gia' introdotta con un decreto gia' decaduto per mancata conversione. Si consente cosi' che la funzione legislativa sia esercitata senza limiti di tempo prestabiliti dall'esecutivo. Anche tale norma va percio' denunziata per la sua sospetta incostituzionalita': la rilevanza della relativa questione risulta non solo per gli effetti riflessi della incostituzionalita' della normativa - che ha reso possibile l'emanazione dell'ancora vigente d.-l. n.165 del 1995 - ma anche con riferimento all'eventualita' di una nuova reiterazione che, per i tempi tecnici occorrenti perche' la questione sia decisa dalla Corte costituzionale, potrebbe ulteriormente intervenire in mancanza del divieto che la legge, deputata a regolare specificamente l'attivita' del Governo, avrebbe dovuto formulare. In conclusione, sono rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' del d.-l. 12 maggio 1995 n. 165 e dell'art. 15, comma secondo, della legge 23 agosto 1988 n.400, in relazione agli artt. 70 e 77 della Costituzione, e ne deve essere, di ufficio, rimesso l'esame alla Corte costituzionale, a norma dell'art. 134 della Costituzione e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, sospendendo il giudizio in corso.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale: 1) del d.-l. 12 maggio 1995 n. 165 in relazione agli artt. 70 e 77, commi secondo e terzo, della Costituzione; 2) dell'art. 15, comma secondo, della legge 23 agosto 1988 n. 400, in relazione agli artt. 70 e 77, commi secondo e terzo della Costituzione, nella parte in cui non vieta al Governo la reiterazione dei decreti-legge non convertiti, oltre che di quelli di cui sia stata negata la conversione con il voto di una delle Camere; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e sia comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Napoli, in camera di consiglio, il 6 giugno 1995. Il presidente: SCORDO 95C0831