N. 421 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 febbraio 1995

                                N. 421
 Ordinanza  emessa  il  16  febbraio  1995 dal pretore di Roma sezione
 distaccata di Castelnuovo di Porto nel procedimento penale a carico
 di Iommi Luciano ed altri
 Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi eccedenti i limiti
    tabellari  previsti  dalla   legge   n.   319/1976   -   Lamentata
    depenalizzazione  -  Irragionevolezza  - Disparita' di trattamento
    rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite con maggior severita'  -
    Lesione  del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento con
    le norme del diritto internazionale, in particolare con quelle CEE
    - Violazione del principio di riserva di legge in  materia  penale
    per   reiterazione   a  catena  dei  decreti-legge  -  Conseguente
    sottrazione del potere legislativo al  Parlamento  -  Carenza  dei
    presupposti costituzionali di necessita' ed urgenza.
 (D.-L. 16 gennaio 1995, n. 9, art. 3).
 (Cost., artt. 3, 10, 11, 25, 32 e 77).
(GU n.29 del 12-7-1995 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale a
 carico di 1) Iommi Luciano, 2) Iommi Antonio, 3) Iommi Giorgio, 4) De
 Bonis Franco, 5) Carnovale Giovanni, imputati dei reati p. e p. dagli
 artt. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976;  25  della  legge  n.
 319/1976  in  relazione  all'art.  6  della  legge  regione  Lazio n.
 41/1982;  alla pubblica udienza del 19 gennaio 1995 ha pronunciato la
 sotto  estesa  ordinanza  di  rimessione  degli   atti   alla   Corte
 costituzionale  per  il giudizio di costituzionalita' dell'art. 3 del
 d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9 in relazione agli artt. 3, 10, 11, 25, 32
 e 77, della Costituzione.
    Il primo e piu' evidente  contrasto  denunciabile  e'  quello  tra
 l'impugnata  norma  e  l'art.  3  della  Costituzione  inteso nel suo
 essenziale  significato  di   limite   di   ragionevolezza   che   le
 disposizioni legislative devono sempre rispettare.
    Si  osserva  al  riguardo  che  in forza della norma denunciata si
 realizza de facto e de iure, la  sostanziale  depenalizzazione  della
 condotta   di   inquinamento  collegata  al  superamento  dei  limiti
 tabellari previsti dalla legge (con la residua rilevanza  penalistica
 della  condotta  inquinante  di  chi  supera la soglia percentuale di
 inquinamento fissata al 20% dei valori  tabellari,  asseggettando  la
 relativa ipotesi alla sola sanzione dell'ammenda).
    Orbene,   in   conseguenza   di   tale  novella,  la  condotta  di
 inquinamento c.d.  sostanziale,  cosi'  definito  perche'  legato  al
 superamento  dei valori considerati inquinanti, riceve un trattamento
 difforme e piu' favorevole rispetto  ai  casi  di  inquinamento  c.d.
 formale  cosi'  definito  perche' connesso alla sola violazione delle
 competenze amministrative dettate dalla legge in merito  al  rilascio
 della  autorizzazione allo scarico, indipendentemente, quindi, da una
 lesivita' in atto dell'interesse sostanziale riguardante l'integrita'
 delle acque.
    Infatti,  tali  violazioni  a  carattere  meramente  formale  sono
 rimaste   assoggettate   alla   pena   alternativa   dell'arresto   o
 dell'ammenda ex art. 21, primo comma, della legge  n.  319  del  1976
 laddove,  per l'ipotesi del superamento dei limiti tabellari da parte
 di scarico produttivo, con la norma denunciata, si e'  realizzata  la
 sostanziale  depenalizzazione  con il residuale ricorso alla sanzione
 penale solo in caso di  superamento  di  una  determinata  soglia  di
 inquinamento.
    Il  trattamento  differenziato  sopra  descritto mostra evidenti i
 segni della incoerenza logica e della disparita' di  trattamento  che
 non  riesce  a trovare alcuna valida giustificazione della diversita'
 delle situazioni di fatto disciplinate.
    Al  contrario,  proprio  confrontando  le  realta'  obiettive   da
 disciplinare emerge la violazione del limite di ragionevolezza atteso
 che  e'  stata introdotta, con la norma denunciata, una disciplina di
 maggiore favore per fatti (di inquinamento  sostanziale)  sicuramente
 piu'  gravi  di  quelli (di inquinamento solo formale) per i quali e'
 stata mantenuta inalterata la precedente disciplina; con il risultato
 abnorme di punire piu' gravemente l'inquinamento formale  (arresto  o
 ammenda)  rispetto  all'inquinamento  sostanziale  (solo  ammenda  o,
 persino, al  di  sotto  della  ricordata  soglia  del  20%,  assoluta
 irrilevanza penale.
    Altro  profilo di contrasto denunciabile e' quello riferibile agli
 artt. 10 e 11 della Costituzione  reclamanti  l'obbligo  dello  Stato
 Italiano  di  conformarsi  agli  obblighi  internazionalmente assunti
 consentendo in condizioni di parita' con gli altri Stati, anche  alle
 necessarie limitazioni di sovranita'.
    Si  osserva  infatti  che  l'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
 Europea impone al nostro Paese  il  pieno  rispetto  delle  direttive
 comunitarie  che,  a  seconda dei casi, ricevono diretta applicazione
 nell'ordinamento  italiano  ovvero   vengono   applicate   attraverso
 l'intermediazione   di   leggi   di   attuazione  che  ne  assicurano
 l'esecuzione ed il rispetto.
    Nella materia che qui interessa sussistono  direttive  comunitarie
 che  impongono  determinati  criteri  normativi  sulla gestione delle
 acque e sulla repressione dei contegni violativi.
    Per ben due volte la Corte europea di Giustizia ha  condannato  il
 nostro  Paese per il riconosciuto contrasto tra la "Legge Merli" e le
 vigenti direttive comunitarie (Corte di giustizia 13 dicembre 1990  e
 28  febbraio  1991) tra le altre ragioni perche' recante norme troppo
 permissive   ai   fini   del   rilascio   delle   autorizzazioni   ed
 insufficientemente  repressive agli effetti sanzionatori in relazione
 all'inosservanza delle prescrizioni  riportate  nelle  autorizzazioni
 medesime.
    Con  la  denunciata norma, che abbassa ulteriormente il livello di
 risposta  penale,  gia'  ritenuto   insufficiente,   si   concretizza
 l'ulteriore  accentuazione  del  grado  in  inadempienza  dello Stato
 italiano verso le direttive comunitarie e verso  le  decisioni  della
 Corte suprema di Giustizia.
    Violato dalla norma denunciata ed, unitariamente, dal d.-l. che la
 contiene  e'  altresi'  il  principio  di riserva di legge in materia
 penale affermato dall'art. 25 della Costituzione, letto in  relazione
 con  l'art.  77  della  Costituzione sulla decretazione di urgenza da
 parte del Governo.
    Si osseva sul punto che la riserva  di  legge  in  materia  penale
 possiede  quale primo e fondamentale significato, quello secondo cui,
 le  scelte  di  politica  criminale,  sono  monopolio  esclusivo  del
 Parlamento.
    L'ammissibilita'   che   nuove   norme  di  diritto  penale  siano
 introdotte attraverso decreti legge o decreti legislativi e' connessa
 alla  circostanza  che,  in  entrambi  i  casi,  si  realizza  ed  e'
 assicurato   comunque   l'intervento   del  Parlamento  in  posizione
 sovraordinata,  ora   quale   organo   delegante   (art.   76   della
 Costituzione),  orale  quale  organo  cui  e'  rimesso  il  potere di
 conferire  stabilita'  e  durevolezza,   attraverso   la   legge   di
 conversione  a disposizioni normative precarie e soggette a decadenza
 in caso di inutile decorso del termine di 60 giorni dettato dall'art.
 77, ultimo comma della Costituzione.
    Nella specie, attraverso la reiterazione a catena di decreti-legge
 non convertiti disciplinanti l'identica materia penale -  l'ultimo  e
 quello  denunciato di incostituzionalita' con la presente ordinanza -
 si e' di fatto realizzata la  sottrazione  al  Parlamento  della  sua
 esclusiva    competenza   a   disporre   in   materia   penale,   con
 l'inammissibile assunzione  da  parte  dell'esecutivo,  del  relativo
 potere  di  bilanciamento  e  di  valutazione  degli interessi che in
 materia penale e' di  esclusiva  competenza  dell'organo  assembleare
 rappresentativo delle sovranita' popolare. Inaltre parole, attraverso
 il  procedimento  indiretto  consistito  nella  ripetuta  adozione di
 decreti-legge  non  convertiti  e  di  identico  contenuto,   si   e'
 realizzato  il risultato contrastante con le precisazioni di cui alla
 Corte Costituzionale che vuole assicurata la competenza esclusiva del
 Parlamento in materia penale.
    Da  ultimo  e'  sussistente  un  evidente contrasto nella norma in
 esame con l'art. 32 della Costituzione.
    Infatti, puo' considerarsi pacifico che  nel  concetto  di  salute
 pubblica, costituzionalmente garantito, debba ricomprendersi anche la
 salubrita'  dell'ambiente  naturale  ed  urbano  entro  cui  ciascuna
 persona viva.
    Questo concetto viene pacificamente riconosciuto in giurisprudenza
 sicche' l'affievolita, ed in alcuni casi del  tutto  esclusa,  tutela
 penale  in  materia di inquinamento sostanziale comporta che la nuova
 normativa si pone in contrasto con le esigenze che  l'art.  32  della
 Costituzione   vuole   assicurate,   anche   e  soprattutto  per  via
 legislativa in materia di tutela della salute.
    La sollevata questione e' rilevante ai fini del presente  giudizio
 atteso  che  investe la norma che direttamente incide sul trattamento
 sanzionatorio applicabile al caso concreto determinandone uno affatto
 diverso.
    Infatti, nella validita'  e  vigenza  della  denunciata  norma  la
 condotta   dell'imputato  risulterebbe  priva  di  rilevanza  penale;
 opposta  ipotesi  ricadrebbe  sotto  i  rigori   della   preesistente
 disciplina  penale  di cui all'art. 21, secondo comma, della legge n.
 319/1976.
                               P. Q. M.
    Vista la  eccezione  di  incostituzionalita'  sollevata  dal  p.m.
 dell'art.  3 del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9, in relazione agli artt.
 3, 10, 11, 25 e 32 della Costituzione;
    Ritenuto  che  la  non  manifesta  infondatezza  delle   questioni
 prospettate    e    rilevati    d'ufficio    autonomi    profili   di
 incostituzionalita' dell'art. 3 del d.-l. 16 gennaio 1995, n.  9,  in
 relazione agli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione;
    Ritenuta    la    rilevanza    della    superiore   questione   di
 costituzionalita' ai fini della definizione del presente giudizio;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva questione di costituzionalita' del richiamato art.  3  del
 d.-l.  16  gennaio 1995, n. 9, in relazione agli artt. 3, 10, 11, 25,
 32 e 77 della Costituzione disponendo la immediata trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura della cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 sia  notificata alle parti in causa ed al p.m., nonche' al Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
    L'ordinanza verra' comunicata a cura del cancelliere ai Presidenti
 delle due Camere;
    Sospende il presente giudizio.
      Castelnuovo di Porto, addi' 16 febbraio 1995
                           Il pretore: CROCE
 
 95C0838