N. 287 SENTENZA 15 - 29 giugno 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Querela  -  Nuove  modalita'  di presentazione -
 Recapito a cura di  un  incaricato  o  spedita  per  posta  in  piego
 raccomandato - Richiamo alla giurisprudenza della Corte di cassazione
 in ordine alla sottoscrizione - Identificazione della "sottoscrizione
 autentica"   con   la  "sottoscrizione  autenticata"  -  Intento  del
 legislatore volto a porre una ragionevole cautela resa necessaria dal
 mancato contatto  tra  il  querelante  e  gli  uffici  deputati  alla
 ricezione  dell'atto - Insussistenza di una arbitraria limitazione al
 diritto di querela - Non fondatezza.
 
 (C.P.P. comb. disp. artt. 337, prima comma, e 409; d.lgs.  28  luglio
 1989, n. 271, art. 39).
 
 (Cost., artt. 24, primo comma, e 112)
 
(GU n.28 del 5-7-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 337, comma 1, e 409 del codice di procedura penale  e  39
 del  decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione,
 di coordinamento e  transitorie  del  codice  di  procedura  penale),
 promosso  con  ordinanza  emessa il 7 ottobre 1994 dal Giudice per le
 indagini preliminari presso la Pretura  di  Torino  nel  procedimento
 penale a carico di Lavarini Francesco iscritta al n. 802 del registro
 ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  17  maggio  1995  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Per l'ipotesi di reato di cui all'art. 590 del codice penale,
 Massimo  Giordano,  persona offesa, proponeva querela contro Lavarini
 Francesco, presunto responsabile del fatto, spedendola il  16  maggio
 1994 a mezzo del servizio postale. Il 19 maggio il pubblico ministero
 presso  la  Pretura circondariale di Torino inviava al Giudice per le
 indagini preliminari la richiesta di archiviazione, perche' la  firma
 apposta   in   calce  alla  querela  era  "priva  dell'autenticazione
 prescritta ad substantiam dall'art.  337,  comma  1,  del  codice  di
 procedura penale".
    Sulla  richiesta  del pubblico ministero, il giudice ha sollevato,
 in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 112 della  Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
 artt.  337,  comma  1,  e 409 del codice di procedura penale e 39 del
 decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di  attuazione,  di
 coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).
    2.  - Nel nuovo codice di procedura penale, osserva il rimettente,
 la querela si configura come un atto negoziale, cui si  applicano  le
 regole  interpretative dettate dagli artt. 1362 e seguenti del codice
 civile e carente, dunque, di particolari requisiti di forma,  essendo
 proponibile  anche  oralmente  o  a mezzo di procuratore speciale; la
 sottoscrizione  del  dichiarante  sarebbe,  tuttavia,  un   requisito
 essenziale,  il  cui  difetto  impedirebbe (come nel codice abrogato)
 l'efficacia dell'atto. Orbene,  il  primo  comma  dell'art.  337  del
 codice  di  procedura  penale  consentirebbe  di far recapitare da un
 incaricato o di inoltrare per posta  la  querela  con  sottoscrizione
 "autentica";   qualificazione,   quest'ultima,   interpretata   dalla
 giurisprudenza di legittimita' nel senso di "autenticata".
    In realta', sotto un  profilo  puramente  terminologico,  prosegue
 l'ordinanza, la sottoscrizione "autentica" avrebbe un significato ben
 diverso  da quello di sottoscrizione "autenticata": secondo la comune
 accezione, l'aggettivo "autentico" significherebbe infatti genuino e,
 quindi, assicurerebbe certezza; se invece  venisse  interpretato  nel
 senso  di "autenticazione", sarebbe breve il passo verso la creazione
 di una forma ad substantiam. Del  resto,  se  il  legislatore  avesse
 voluto  il  requisito  formale  dell'autenticazione,  l'avrebbe detto
 chiaramente (l'art.  583,  ultimo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale, in tema di spedizione dell'atto di impugnazione, richiede, ad
 esempio,    a    pena   di   inammissibilita',   la   "sottoscrizione
 autenticata"). Il termine "autentica", inserito nella disposizione di
 cui all'art. 337, comma 1, dovrebbe, in  conclusione,  essere  inteso
 come una forma di tutela della provenienza e della effettiva volonta'
 del  privato,  e  non come certificazione (formale) dell'autenticita'
 della  firma.  Ed anche il riferimento all'art. 39 delle disposizioni
 di attuazione del codice di rito, che menziona l'autenticazione degli
 atti, non autorizzerebbe un rinvio all'art. 337 (ove si presuppongono
 soltanto le norme in cui e' prevista tale formalita').
    Mentre la giurisprudenza di merito - sostiene il giudice a  quo  -
 avrebbe  piu'  volte interpretato strettamente il valore della parola
 "autentica", la Corte di cassazione sarebbe incorsa  nella  censurata
 equiparazione,  cadendo  poi  nelle difficolta' di soluzione circa la
 necessita' della nomina dei difensori autorizzati all'autentica della
 querela.
    3. - Ne conseguirebbe una violazione degli artt. 24, primo  comma,
 e  112  della Costituzione, essendo leso sia il principio secondo cui
 tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti  sia
 quello  dell'obbligatorieta'  dell'azione penale, poiche' il pubblico
 ministero, di fronte all'incertezza dell'autenticita' della firma del
 querelante,  non  potrebbe  esercitare  l'azione   penale   vedendosi
 costretto   a  richiedere  l'archiviazione  del  procedimento  (senza
 possibilita' di accertare la genuinita' della  firma).  La  questione
 sarebbe   poi   rilevante,   giacche'  tale  potere  di  accertamento
 (officioso)  difetterebbe  anche  per  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari,  investito  della richiesta di archiviazione. Di qui, la
 questione di costituzionalita' del  combinato  disposto  degli  artt.
 337,  comma  1,  e  409  del  codice  di  procedura penale e 39 delle
 disposizioni di attuazione in relazione agli artt. 24, primo comma, e
 112 della  Costituzione  "in  quanto,  ritenendo  ad  substantiam  il
 requisito  dell'autenticazione della firma per la validita' dell'atto
 di querela, secondo l'interpretazione in malam partem", in base  alla
 quale  "l'espressione  autentica  significa 'autenticazione' in senso
 stretto, viene leso" con cio' "il principio  della  possibilita'  per
 tutti  di  agire  in  giudizio  per  la  tutela dei propri diritti in
 contrasto con i principi  basilari  di  conservazione  del  contratto
 (artt.  2724  e 1362 del codice civile), poiche' fanno derivare da un
 fattore esterno  la  validita'  di  una  manifestazione  di  volonta'
 espressa e sottoscritta".
    4.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo l'inammissibilita' per irrilevanza.
   La  decisione della Corte, ad avviso dell'interventore, non sarebbe
 pregiudiziale alla definizione del caso concreto, poiche' il  giudice
 a  quo  -  pur  potendo  adottarne una diversa - avrebbe sollevato la
 questione sulla base dell'interpretazione in malam partem, nel  senso
 di "autenticazione".
    La   giurisprudenza   costituzionale  sarebbe  infatti  ferma  nel
 dichiarare  inammissibili  le  questioni  che  si  risolvono  in  una
 prospettazione  di  dubbi  interpretativi e solleciterebbe una scelta
 fra  le  diverse  interpretazioni   corrispondenti   ad   altrettanti
 indirizzi giurisprudenziali (ordinanze nn. 269 e 227 del 1991, 77 del
 1990 e 848 del 1988).
                        Considerato in diritto
    1.  -  Viene  all'esame  della Corte, per contrasto con i principi
 contenuti negli artt. 24, primo comma, e 112 della  Costituzione,  la
 questione  di  costituzionalita'  del  combinato disposto degli artt.
 337, comma 1, e 409  del  codice  di  procedura  penale  e  39  delle
 disposizioni  di  attuazione;  combinato  disposto  che,  secondo  il
 consolidato  indirizzo  giurisprudenziale  della Corte di cassazione,
 identifica la "sottoscrizione autentica", richiesta dall'art. 337 per
 la querela "recapitata da un incaricato o spedita per posta in  piego
 raccomandato", con la "sottoscrizione autenticata".
    2.  - L'Avvocatura generale dello Stato ha formulato una eccezione
 di inammissibilita' rilevando che il giudice a quo avrebbe  sollevato
 la  questione di costituzionalita' sulla base di una "interpretazione
 in  malam  partem",  in  tal  modo  prospettando   solo   un   dubbio
 interpretativo   che   implica  la  scelta  tra  due  interpretazioni
 corrispondenti ad altrettanti indirizzi giurisprudenziali.
    L'eccezione va pero' disattesa: il rimettente ha infatti  ritenuto
 come  gia'  consolidato  (per  opera  della  Corte  di cassazione) il
 diritto lungo la linea interpretativa definita in  malam  partem;  e,
 pertanto, si deve passare all'esame del merito della questione.
    3. - La questione e' infondata.
    Preceduta  e  seguita da una parte della giurisprudenza di merito,
 la scelta interpretativa compiuta dalla  Corte  di  cassazione  (che,
 peraltro,  il  giudice a quo riferisce, oltre che all'art. 337, anche
 all'art. 409 del codice di  procedura  penale  e  all'art.  39  delle
 disposizioni  di  attuazione) non e' lesiva dei valori costituzionali
 invocati nell'ordinanza di rimessione.
    Il recapito della querela mediante una  persona  incaricata  o  la
 spedizione   per   posta   della   stessa,   in  piego  raccomandato,
 rappresentano una novita' del codice di rito  penale  in  vigore  dal
 1989. L'avere il legislatore previsto per tali forme di "recapito" la
 garanzia   della  reale  volonta'  del  querelante,  sotto  forma  di
 "sottoscrizione autenticata"  -  come  interpretata  dalla  Corte  di
 cassazione - non costituisce lesione del diritto di agire in giudizio
 ai sensi dell'art. 24, primo comma, ne', a fortiori, del principio di
 obbligatorieta'  dell'azione  penale,  contenuto  nell'art. 112 della
 Costituzione.
    Il legislatore, nel disciplinare le nuove forme  di  presentazione
 (a  mezzo  di  "recapito"  o  "spedizione"),  ha  inteso  evitare che
 l'organizzazione   della   giurisdizione   penale   possa    mettersi
 inutilmente  in  movimento,  coinvolgendo  persone  e  risorse  senza
 costrutto. Non si tratta, dunque,  di  un'arbitraria  limitazione  al
 diritto  di  querela,  ma  -  per  essersi  estese  le  modalita'  di
 presentazione da parte  dell'avente  diritto  -  di  una  ragionevole
 cautela  resa necessaria dal mancato contatto tra il querelante e gli
 uffici deputati alla ricezione dell'atto, che e'  in  re  ipsa  nelle
 suddette nuove modalita'.
    Resta,  in  tali ragioni, assorbita anche la seconda censura mossa
 dal rimettente.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 del  combinato disposto degli artt. 337, comma 1, e 409 del codice di
 procedura penale e 39 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.  271
 (Norme  di  attuazione,  di coordinamento e transitorie del codice di
 procedura penale), sollevata, in riferimento  agli  artt.  24,  primo
 comma,   e  112  della  Costituzione  dal  Giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura   circondariale   di   Torino,   con
 l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 29 giugno 1995.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 95C0856