N. 310 SENTENZA 28 giugno - 12 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza -  Enasarco  -  Agenti  e  rappresentanti  di
 commercio  -  Trattamento  pensionistico  integrativo  -  Criteri  di
 calcolo - Meccanismo di adeguamento degli  scaglioni  in  riferimento
 alla  svalutazione  monetaria  -  Omessa previsione - Introduzione di
 nuova tutela per le pensioni di importo piu' basso - Non fondatezza.
 
 (Legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 25).
 
 (Cost., artt. 3 e 38).
 
(GU n.33 del 9-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 25 della  legge
 2  febbraio  1972  (recte:  1973),  n. 12 (Natura e compiti dell'Ente
 nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di  commercio
 e  riordinamento  del  trattamento pensionistico integrativo a favore
 degli  agenti  e  dei  rappresentanti  di  commercio),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  24  maggio  1994  dal  Pretore  di  Torino nel
 procedimento civile vertente tra Scala Renato e l'Ente  nazionale  di
 assistenza  per  gli  agenti e rappresentanti di commercio (Enasarco)
 iscritta al n. 554 del registro ordinanze  1994  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  40, prima serie speciale,
 dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  costituzione  dell'Enasarco  nonche'  l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 30 maggio 1995 il Giudice relatore
 Renato Granata;
    Uditi l'avv. Bartolo Spallina per l'Enasarco  e  l'Avvocato  dello
 Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel corso di un giudizio promosso da Scala Renato, titolare
 di pensione di vecchiaia a  carico  dell'Enasarco  con  decorrenza  1
 settembre 1981, al fine di ottenere da quest'ultimo ente il ricalcolo
 della pensione senza le riduzioni previste dall'art. 25 della legge 2
 febbraio   1973,  n.  12,  ma  sulla  sola  base  della  media  delle
 provvigioni, il Pretore di Torino con ordinanza del 24 maggio 1994 ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25  cit.
 in  riferimento  agli  artt.  3  e  38  Cost. invocando un riesame di
 analoga questione in precedenza sollevata e  ritenuta  manifestamente
 infondata da questa Corte con ordinanza n. 366 del 1989.
    Premesso   che  la  disposizione  censurata  prevede  che  qualora
 l'ammontare  annuo  della  pensione  erogata  dall'Enasarco,  che  ha
 funzione  integrativa  di  altro  trattamento  pensionistico (art. 2,
 primo comma, legge n. 12 del 1973 cit.), superi determinati  importi,
 fissati  a  scaglione  da  un minimo di L. 5.000.000 fino ad oltre L.
 10.000.000, sulle somme in eccedenza a tali importi  deve  calcolarsi
 una detrazione progressivamente crescente da un minimo del 10% per le
 somme  comprese tra L. 5.000.000 e L. 6.000.000 ad un massimo del 20%
 per le somme eccedenti L. 20.000.000, il  pretore  rimettente  dubita
 (non  della  legittimita'  in  se'  di  tale automatica riduzione del
 trattamento  pensionistico   integrativo,   bensi')   della   mancata
 previsione  di  un meccanismo di adeguamento degli scaglioni suddetti
 in ragione della rilevante  svalutazione  monetaria  intervenuta  nel
 tempo e della elevazione dei massimali e delle aliquote contributive;
 mancato  adeguamento  che  avrebbe incrinato il criterio di razionale
 proporzionalita' tra entita'  reale  del  trattamento  pensionistico,
 versamenti  contributivi  e  aliquote  percentuali  di  riduzione. Ed
 infatti -  osserva  il  pretore  rimettente  -  mentre  nel  1973  la
 riduzione  di  cui  all'art.  25  colpiva la fascia alta di pensioni,
 essendo il  massimale  di  contribuzione  pari  a  L.    9.000.000  e
 l'aliquota  contributiva  pari  al  6% (art. 6 legge n. 12 del 1973),
 successivamente da una parte vi e' stata una ragguardevole perdita di
 valore della moneta, d'altra parte il  massimale  e  l'aliquota  sono
 stati  progressivamente  incrementati  (con d.P.R. 24 giugno 1978, n.
 460 il massimale era stato  portato  a  L.  12.000.000  e  l'aliquota
 all'8%  ed  ancora,  con  d.P.R.  31 marzo 1983, n. 277, il massimale
 aveva raggiunto l'importo di L. 24.000.000 con aliquota  al  10%  per
 attestarsi  infine,  ferma l'aliquota, a L. 34.000.000 per gli agenti
 monomandatari ed a somme superiori per i plurimandatari).  Quindi con
 il passare del tempo, la riduzione di  cui  all'art.  25  cit.    era
 venuta a colpire non soltanto la fascia di pensioni alte, ma anche la
 fascia  media  e  medio-bassa,  tenuto anche conto che il trattamento
 minimo dell'Enasarco ammonta a circa L. 5.000.000 annue.
    Questa situazione - rileva conclusivamente il pretore rimettente -
 evidenzia una vulnerazione degli artt. 3 e 38, secondo  comma,  Cost.
 in  quanto sono trattate in modo eguale situazioni diseguali; inoltre
 e'  violato  il   principio   di   effettivita'   delle   prestazioni
 assistenziali  e previdenziali, per le quali deve tenersi conto anche
 di  un  rapporto  di  proporzionalita'  tra  quanto  l'assicurato  e'
 chiamato  a  versare e quanto andra' poi a percepire come trattamento
 pensionistico.
    2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che   la   questione   sollevata   sia   dichiarata  inammissibile  o
 manifestamente infondata in  quanto  gia'  dichiarata  manifestamente
 infondata con ordinanza n. 366 del 1989 di questa Corte.
    3.  -  Si e' costituito l'Enasarco chiedendo parimenti - anche con
 una  successiva  memoria  -   che   la   questione   sia   dichiarata
 inammissibile   perche'   non  esiste  nell'ordinamento  positivo  un
 principio che valga ad assicurare in maniera diretta il meccanismo di
 adeguamento ipotizzato dal Pretore rimettente, potendo tale risultato
 essere  raggiunto  in  forme  e  con  articolazioni  differenziate  e
 variamente modulate.
    Comunque  -  secondo  la  difesa  dell'Enasarco  - la questione e'
 infondata. Nel sottolineare il carattere integrativo  della  pensione
 erogata  dall'ente,  osserva  la  difesa  che  l'elevazione nel tempo
 dell'aliquota contributiva e del  massimale  annuo  provvigionale  da
 sottoporre  a contribuzione determinano l'innalzamento dell'ammontare
 delle pensioni annue, in nulla incidendo nel rapporto tra prestazione
 liquidata e  versamenti  contributivi  eseguiti;  sicche'  quindi  le
 riduzioni  previste  dall'art.  25 censurato trovano applicazione sui
 piu' elevati  importi,  senza  che  possa  ritenersi  sussistente  la
 prospettata  maggiore  e  sfavorevole  incidenza sul nuovo pensionato
 rispetto al vecchio pensionato. Mentre la individuazione  dei  limiti
 annui  pensionistici  entro i quali deve operare la riduzione rientra
 nella discrezionalita' del legislatore.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata  sollevata  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dell'art. 25
 della legge 2 febbraio  1973,  n.  12  (Natura  e  compiti  dell'Ente
 nazionale  di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio
 e riordinamento del trattamento pensionistico  integrativo  a  favore
 degli agenti e dei rappresentanti di commercio) - in forza del quale,
 quando   l'ammontare  annuo  della  pensione  erogata  dall'Enasarco,
 integrativa di altro trattamento  pensionistico,  supera  determinati
 importi  (fissati  a  scaglione  da un minimo di L. 5.000.000 fino ad
 oltre L. 10.000.000) deve  calcolarsi,  sulle  somme  eccedenti,  una
 detrazione  progressivamente  crescente  (da un minimo del 10% per le
 somme comprese tra L. 5.000.000 a L. 6.000.000 fino ad un massimo del
 20% per le somme eccedenti L. 10.000.000) - in quanto  violerebbe  il
 combinato  disposto  degli artt. 3 e 38 Cost.  nella parte in cui non
 prevede un meccanismo di  adeguamento  degli  scaglioni  suddetti  in
 ragione  della rilevante svalutazione monetaria intervenuta nel tempo
 e della elevazione dei massimali e delle aliquote  contributive  (per
 effetto  delle  quali  attualmente  la  detrazione  colpisce anche le
 pensioni di  importo  vicino  al  trattamento  minimo);  e  cio'  per
 contrasto  sia  con  il  principio  di effettivita' delle prestazioni
 assistenziali e previdenziali, per le quali deve tenersi conto  anche
 di  un rapporto di "razionale proporzionalita'" tra entita' reale del
 trattamento  pensionistico,  versamenti  contributivi   ed   aliquote
 percentuali  di  riduzione,  sia  con  il  principio  di  eguaglianza
 sostanziale, non potendo  tale  rapporto  essere  ingiustificatamente
 sfavorevole  per il nuovo pensionato rispetto al vecchio, costretto a
 versare piu' contributi per percepire poi una  pensione  nominalmente
 piu'   alta,   ma   in  effetti  maggiormente  decurtata,  in  virtu'
 dell'applicazione dell'art. 25 censurato.
    2.   -   Va   preliminarmente   rilevato   che   l'eccezione    di
 inammissibilita'   sollevata   dalla   difesa  dell'Enasarco  non  ha
 carattere pregiudiziale, ma implica la valutazione nel  merito  della
 censura di costituzionalita'; solo - infatti - ove si riscontrasse la
 denunciata  violazione  dei  parametri  allegati  si  potrebbe  porre
 utilmente un problema di inammissibilita' della questione in  ragione
 della  (asserita)  pluralita' dei rimedi finalizzati alla reductio ad
 legitimitatem.
    3. - Nel merito la questione non e' fondata.
    L'art. 25 censurato - nel piu' ampio contesto della disciplina del
 trattamento pensionistico a favore degli agenti e dei  rappresentanti
 di    commercio,   trattamento   che   e'   integrativo   di   quello
 dell'assicurazione generale obbligatoria estesa a tale  categoria  di
 assicurati  dalla  legge 22 luglio 1966, n. 613 - va correlato con il
 precedente art. 10 nel senso che il criterio di calcolo  dell'importo
 delle  pensioni  di  vecchiaia  e' fissato da tale combinato disposto
 (degli artt.  10  e  25)  secondo  una  sequenza  di  operazioni  che
 terminano   con  quella  specificamente  indicata  nell'art.  25.  In
 particolare occorre considerare, nell'ultimo decennio, le provvigioni
 sulle  quali  sono  stati  versati  i   contributi   assicurativi   e
 individuare  la media piu' elevata di quelle calcolate per ognuno dei
 periodi di tre anni consecutivi compresi nel decennio; su tale  media
 si  calcolano  tanti  quarantesimi del settanta per cento quanti sono
 gli anni di anzianita' contributiva fino ad un massimo  di  quaranta;
 infine - come ultima operazione - si riduce l'importo cosi' calcolato
 secondo  un'aliquota progressiva a scaglioni (a partire dal 10% sugli
 importi da L. 5.000.000 a L. 6.000.000 fino al 20%  per  gli  importi
 eccedenti L. 10.000.000).
    Quest'ultima  operazione  -  di c.d. "riduzione" - svolge non solo
 una funzione  (meramente  contabile)  di  integrare  il  criterio  di
 calcolo  della  pensione  di  vecchiaia quale previsto dal precedente
 art. 10; ma anche (e  soprattutto)  quella  di  operare  un  moderato
 effetto  di riequilibrio, in chiave solidaristica, tra le pensioni di
 maggior importo e quelle di minor importo. Sotto il primo profilo  la
 funzione  della  "riduzione"  non  e'  dissimile da quella sottesa al
 precedente art. 21 che fissa le aliquote di riduzione della  pensione
 ai  superstiti;  in  tal  modo  la  pensione  di  vecchiaia  e' anche
 differenziata dalla pensione  di  invalidita'  permanente  (totale  e
 parziale), che si calcola sulla base di criteri analoghi, ma senza la
 riduzione  dell'art. 25. Sotto questo aspetto - puo' subito rilevarsi
 - la idoneita' (ex  art.  38  Cost.)  del  trattamento  previdenziale
 costituito  dalla pensione di vecchiaia (a carattere integrativo) non
 potrebbe che essere valutata nel suo complesso e  non  gia'  isolando
 una   singola  operazione  della  sequenza  di  calcolo  dell'importo
 spettante  all'assicurato  per  presentarla  -   suggestivamente   ma
 impropriamente  -  come  penalizzante  compressione  del  trattamento
 stesso,  mentre  si  tratta  di  un  momento   del   piu'   complesso
 procedimento di calcolo del trattamento previdenziale.
    4.  -  C'e'  poi  la  funzione riequilibratrice della "riduzione",
 conseguente  alla  previsione  di  un'aliquota  non  gia'  fissa,  ma
 proporzionale   all'ammontare  della  stessa  pensione  di  vecchiaia
 secondo scaglioni determinati in cifra fissa e rimasti invariati  dal
 1973.  Si  ha  quindi  che il criterio di calcolo in esame, ancorche'
 neutro (e quindi uniforme) quanto ai parametri indicati nell'art. 10,
 e'  invece  mirato  quanto  all'ultima  operazione  di  calcolo   (la
 "riduzione")  in modo da essere piu' favorevole per le pensioni basse
 e meno per le pensioni alte.
    Questa funzione non e' insensibile al fenomeno della  svalutazione
 monetaria:  rimanendo  invariati  gli  scaglioni correlati alle varie
 aliquote   di   riduzione,   l'aumento   della    base    imponibile,
 congiuntamente  peraltro ai massimali, ha comportato che un crescente
 numero di  pensioni  di  vecchiaia  sia  soggetto  alle  aliquote  di
 riduzione  piu'  elevate,  piuttosto  che  a quelle piu' basse. Si e'
 quindi verificata una progressiva traslazione di un crescente  numero
 di  pensioni  di  vecchiaia verso le aliquote piu' elevate sicche' la
 finalita' di riequilibrio si e' affievolita  (nel  senso  che  mentre
 originariamente  il  favor  era  per  la intera platea delle pensioni
 medio-basse, oggi avvantaggiate sono essenzialmente  le  pensioni  al
 minimo)  ed  e'  destinata  a  risultare  sempre  meno incisiva fino,
 eventualmente, ad azzerarsi nel momento in cui il trattamento  minimo
 di   pensione   dovesse   raggiungere   lo  scaglione  corrispondente
 all'aliquota massima, la quale a quel punto sarebbe del tutto  neutra
 al pari delle aliquote di riduzione di cui all'art. 21.
    Ma  da  una  parte  tale  progressivo  svilimento  della  funzione
 riequilibratrice della "riduzione" opera per  tutte  le  pensioni  di
 vecchiaia   indipendentemente   dal   momento  della  erogazione  del
 trattamento previdenziale  sicche'  non  c'e'  sotto  questo  aspetto
 violazione del principio di eguaglianza, come gia' ritenuto da questa
 Corte  (ordinanza  n.  366  del  1989).  D'altra  parte rientra nella
 discrezionalita' del  legislatore  la  correzione  di  tale  effetto,
 atteso  che  in  un  sistema  di previdenza integrativa (quale quella
 gestita dall'Enasarco), che garantisce comunque il trattamento minimo
 di pensione,  non  sussiste  una  necessita'  costituzionale  che  il
 criterio  di calcolo delle pensioni di vecchiaia sia apprezzabilmente
 differenziato in ragione dell'importo, piu'  o  meno  elevato,  delle
 stesse. Correzione questa non necessitata dai parametri evocati ed in
 particolare dall'art. 38 Cost., tanto piu' che "il precetto che siano
 preveduti  ed  assicurati  mezzi  adeguati  alle esigenze di vita dei
 lavoratori si  riferisce  principalmente  all'organizzazione  e  alla
 gestione  della  previdenza  obbligatoria" (sentenza n. 87 del 1995),
 mentre nella fattispecie si tratta di previdenza integrativa.
    5. - Va infine pure considerato che la scelta in ordine  al  grado
 di  incidenza  da  attribuire al meccanismo di "riduzione" ex art. 25
 della legge n. 12 del 1973 (come in generale "la  determinazione  del
 possibile  e  necessario  sistema  di  indicizzazione  della  base di
 computo  del  trattamento  pensionistico  erogato  agli   agenti   di
 commercio":  cfr.  sentenza n. 265 del 1992) si coniuga, nel contesto
 di  una  piu'  complessa  valutazione   dell'equilibrio   finanziario
 dell'ente  previdenziale gestore dell'assicurazione in questione, con
 l'altra scelta concernente la determinazione  delle  stesse  aliquote
 contributive  e dei massimali progressivamente incrementati nel tempo
 atteso che, in un complessivo bilanciamento dei  molteplici  dati  di
 riferimento,  viene  in rilievo anche il progressivo svilimento della
 funzione  riequilibratrice  originariamente   sottesa   all'art.   25
 censurato e la conseguente piu' ampia operativita' della riduzione in
 esame,  che ha influito come fattore di contenimento e di contrappeso
 rispetto alle esigenze di maggiore provvista. D'altra  parte  proprio
 la   natura   di  previdenza  integrativa  potrebbe  giustificare  un
 atteggiamento del legislatore di graduale abdicazione  al  meccanismo
 riequilibratore,  piuttosto  che  di sua rivitalizzazione, tanto piu'
 che, dopo  il  riordino  di  tale  sistema  previdenziale  settoriale
 operato  dalla  legge  n. 12 del 1973, sono stati estesi ( ex d.l. 23
 dicembre 1977, n. 942, convertito in legge 27 febbraio 1978,  n.  41)
 alle  pensioni  erogate  dall'Enasarco il trattamento minimo previsto
 per l'assicurazione generale obbligatoria e la  stessa  perequazione,
 sicche'  una  nuova  tutela  e'  stata  introdotta per le pensioni di
 importo piu' basso.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  25  della  legge  2 febbraio 1973, n. 12 (Natura e compiti
 dell'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti  di
 commercio e riordinamento del trattamento pensionistico integrativo a
 favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio) sollevata - in
 riferimento  agli  artt.  3  e 38 della Costituzione - dal Pretore di
 Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 12 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0889