N. 434 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 febbraio 1995

                                N. 434
 Ordinanza emessa il 16 febbraio 1995  dal  tribunale  di  Milano  nel
 procedimento  civile  vertente  tra Roncaglioni Giuliana e fallimento
 s.r.l. E.C.M.
 Procedure concorsuali - Ripartizione dell'attivo - Crediti  assistiti
    da   privilegio  -  Lamentata  omessa  previsione  per  i  crediti
    derivanti  dall'opera  o  dal  servizio  prestato  dal  lavoratore
    autonomo  (non  intellettuale)  -  Disparita'  di  trattamento, in
    particolare, nei confronti dell'imprenditore artigiano  -  Mancata
    tutela del lavoro.
 (C.C., art. 2751-bis, n. 5).
 (Cost., artt. 3 e 35).
(GU n.35 del 23-8-1995 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
 al  ruolo  generale  come  sopra  indicato,  promossa   con   ricorso
 notificato  in  data  27  gennaio  1992,  causa discussa alla udienza
 collegiale del  giorno  16  febbraio  1994  da  Roncaglioni  Giuliana
 rappresentata  e  difesa dall'avv. Fabio Vimercati, come da mandato a
 margine del ricorso,  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  del
 medesimo,  ricorrente, contro fallimento E.C.M. s.r.l. in persona del
 curatore avv. Pasquale Corrado, contumace, convenuto.
 Sullo svolgimento del processo.
    Con  ricorso  notificato  il 27 gennaio 1992, Roncaglioni Giuliana
 proponeva  ricorso  ex  art.  98  legge   fallimentare   avverso   il
 provvedimento  con il quale il giudice delegato del fallimento E.C.M.
 s.r.l.   aveva   escluso   il   credito   per   difetto   di    prova
 sull'espletamento  e  sull'onerosita'  dell'incarico; chiedeva quindi
 l'ammissione al passivo, in via privilegiata,  per  l'importo  di  L.
 30.000.000.
    A  supporto  del  ricorso deduceva che il credito era maturato per
 prestazioni di consulenza e collaborazione  in  materia  contabile  e
 bancaria,  che  in particolare aveva tenuto rapporti con gli istituti
 di credito e aveva redatto la "prima nota".
    Alla prima udienza compariva il curatore senza costituirsi.
    Dimessi documenti  e  dichiarata  la  contumacia  della  curatela,
 assunte  le prove orali, la causa veniva trattenuta in decisione alla
 udienza collegiale del 16 febbraio 1994 sulle conclusioni delle parti
 quali riportate in epigrafe.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    Due  sono  le  questioni  che  il  Tribunale  deve  esaminare:  a)
 l'esistenza  del  diritto  alla  corresponsione  di  un  compenso per
 l'attivita'  svolta;  b)  la  qualificazione  del   rapporto   e   la
 sussistenza di una causa di prelazione.
    Quanto  alla  questione sub a), va osservato che le prove raccolte
 offrono sufficienti elementi per affermare che la sig.ra  Roncaglioni
 abbia svolto attivita' nell'interesse della E.C.M.
    Il  teste  Luisa  Pizzarelli  ha  dichiarato  che la ricorrente si
 occupava direttamente (e da sola) dei rapporti con  gli  istituti  di
 credito,  in  particolare  redigendo la "prima nota". Il teste Angela
 Andriola  ha  confermato  tali   circostanze,   precisando   che   la
 Roncaglioni  espletava  la  propria  attivita' fuori dai locali della
 societa', presso una consociata.
    La difesa della ricorrente ha prodotto i  registri  contenenti  la
 "prima  nota" dei rapporti bancari che recano la scritturazione della
 opponente.
    In  tale  contesto  deve  presumersi  l'onerosita'  dell'incarico,
 diversamente  da quanto assunto nel provvedimento di esclusione dallo
 stato passivo.
    Per quanto attiene alla  determinazione  del  compenso,  il  primo
 teste  ha ricordato che - forse - il compenso era stato fissato in L.
 2.500.000 mensili al lordo della r.a.
    Va segnalato che l'opponente ha chiesto l'insinuazione al  passivo
 per una annualita' e quindi per l'importo di L. 30.000.000. Non vi e'
 alcuna prova di tale circostanza, ma l'onere probatorio di dimostrare
 il pagamento,
  ex  art.  2697  c.c.  incombeva sulla convenuta curatela, sicche' la
 somma puo' venire ammessa al passivo.
 Sulla qualificazione del rapporto.
    Per cio' che riguarda la questione sub b), il collegio avverte una
 discrasia fra  il  contenuto  delle  deposizioni  testimoniali  e  il
 contenuto  della  procura  gestoria  del  28  maggio 1988 dalla quale
 sembrerebbe di capire  che  alla  Roncaglioni  erano  stati  affidati
 compiti affatto diversi e assai piu' importanti.
    Nondimeno  va  considerato  che  non essendo stata raccolta alcuna
 prova sul fatto che l'opponente abbia utilizzato la  procura,  devono
 reputarsi convincenti le risultanze della prova testimoniale.
    L'opponente  ha  chiesto  l'ammissione  del proprio credito in via
 privilegiata senza specificare la causa di  prelazione  ma  lasciando
 trasparire  che si dovrebbe applicare l'art. 2751-bis, n. 2, del c.c.
 Il collegio non ritiene di  condividere  siffatta  prospettazione  in
 quanto  va  escluso  che  l'attivita'  svolta dalla Roncaglioni possa
 essere qualificata di natura intellettuale. Redigere la "prima  nota"
 e'  una  attivita'  compilativa  dalla  quale  esula  ogni intervento
 "intellettuale", cosi' come i rapporti con gli istituti  di  credito,
 per  quanto e' emerso in istruttoria si sostanziavano in una serie di
 contatti di carattere operativo.
    Se si risolvesse  la  questione  in  questi  termini,  dovendo  al
 contempo  escludersi  la  ricorrenza  di  una  prestazione  di lavoro
 subordinato,  mai  invocata  dall'opponente,  alla  Roncaglioni   non
 spetterebbe  altro che la collocazione del proprio credito al passivo
 chirografario.
    V'e' da chiedersi allora se la prestazione di lavoro  autonomo  (e
 non  intellettuale) non sia ingiustificatamente trattata in modo piu'
 deteriore rispetto ad altre attivita' lavorative.
 Sulla prestazione di lavoro autonomo e sui privilegi di cui  all'art.
 2751-bis del c.c.
    Scorrendo  l'elenco  delle  cause  di  prelazione ci si avvede che
 nessuna disposizione tutela, sotto il profilo del  riconoscimento  di
 un privilegio, il lavoro autonomo.
    Vi  e'  una norma, l'art. 2751-bis del c.c. che contempla le cause
 di prelazione che attengono  ad  obbligazioni  sorte  nell'ambito  di
 prestazioni  di  natura  esplicitamente  o  latamente  lavorativa, ma
 nessuna di queste previsioni comprende il lavoro autonomo.
    E' noto che in materia di  privilegi  si  ritiene  applicabile  il
 principio  del divieto dell'interpretazione analogica sul presupposto
 della natura eccezionale della normativa  che  prevede  le  cause  di
 prelazione rispetto al principio della par condicio creditorum.
    Questo indirizzo trova conferma in vari pronunciamenti delle corti
 di  merito  e  di  legittimita'  (fra le piu' recenti, Cass. 30 marzo
 1992, n. 3878; Cass. 27 febbraio 1990, n. 1510).
    Resta  quindi  all'interprete  solo  la  facolta'   di   far   uso
 dell'interpretazione estensiva che, peraltro, in questa materia e' di
 difficile configurazione attesa la analiticita' della legislazione.
    Se si pone attenzione alla norma di cui all'art. 2751-bis del c.c.
 e'  intuitivo  che una operazione ermeneutica di questo tipo non con-
 duce ad alcun risultato.
    Infatti il lavoratore autonomo, per la definizione che  ne  da  il
 codice,  non  e'  un lavoratore subordinato e ad esso non puo' essere
 assimilato (l'art. 2222 del c.c. dispone espressamente che l'opera  o
 il  servizio  vengono  svolti " .. senza vincolo di subordinazione");
 non  e'  un  professionista  in  quanto  per   l'espletamento   della
 prestazione  non e' prevista l'iscrizione in albi o elenchi appositi,
 ne' l'opera prestata ha natura intellettuale; non  e'  un  agente  in
 quanto  l'attivita'  che  svolge non si realizza con la promozione di
 contratti per conto del proponente (art. 1742 del c.c.);  non  e'  un
 coltivatore diretto in quanto presta la propria opera al di fuori del
 collegamento  con un fondo agricolo; non e' un imprenditore artigiano
 (e tanto meno una cooperativa) in quanto svolge la  propria  opera  o
 servizio con lavoro prevalentemente proprio, e senza quella dotazione
 di mezzi tipica dell'imprenditore.
    La  griglia della norma di cui all'art. 2751-bis del c.c. presenta
 quindi maglie non sufficientemente serrate per comprendere tutti quei
 soggetti che maturano un credito nell'esplicazione di  una  attivita'
 direttamente o latamente lavorativa.
    Esiste, quindi, una zona grigia nel mondo del lavoro che non viene
 tutelata adeguatamente nel caso di insolvenza del committente.
    V'e'  da  chiedersi  allora  se  tale differente trattamento possa
 essere giustificato, ovvero se la disparita' di disciplina  sia  tale
 da   provocare   il   sospetto  della  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 2751-bis del c.c.
    Ad avviso del Collegio non e' irragionevole che il lavoro autonomo
 sia trattato meno favorevolmente del lavoro subordinato, quanto  meno
 per il fatto che nel secondo caso il dipendente e' soggetto al potere
 di   supremazia   del   datore  di  lavoro,  e'  soggetto  al  potere
 disciplinare, e' esposto al rischio  dell'insolvenza  del  datore  di
 lavoro  con  connotazioni  di  maggior  gravita'  in quanto di regola
 esplica quell'attivita' in via  esclusiva  (sicche'  se  fallisce  il
 datore di lavoro, il dipendente non puo' immediatamente procurarsi le
 fonti  di  sostentamento  se  non cercando una nuova collocazione sul
 mercato).
    Ma la disparita' di trattamento non e' irragionevole neppure se il
 confronto viene  proposto  con  il  lavoratore  autonomo  che  presta
 un'opera di natura intellettuale.
    La  piu'  favorevole  tutela  di  cui  gode  il prestatore d'opera
 intellettuale puo' essere  giustificata  dal  fatto  che  per  talune
 attivita'  l'esercizio e' subordinato all'iscrizione in appositi albi
 o elenchi per i quali vi sono regole che ne  disciplinano  l'accesso;
 mentre per le attivita' intellettuali non protette la giustificazione
 della   particolare  tutela  puo'  essere  vista  nel  fatto  che  la
 prestazione   intellettuale   presuppone   comunque    uno    "studio
 applicativo"  particolare  evidentemente  considerato  meritevole  di
 protezione.
    Per quanto riguarda la disparita' di trattamento con l'agente,  la
 spiegazione  puo' essere fornita se si ritiene (come fa la prevalenza
 della dottrina e della giurisprudenza di merito)  che  l'attribuzione
 del privilegio di cui al n. 3 dell'art. 2751-bis del c.c. sia diretta
 a colui che svolge l'attivita' di agente e non al rapporto di agenzia
 in  se' (come parrebbe dalla lettura della norma), quindi a tutela di
 un  soggetto  che  svolge  il  proprio  lavoro  in  un   "clima"   di
 parasubordinazione  (si veda sul punto la volonta' del legislatore di
 trattare  l'agente  alla  stregua  del  lavoratore  subordinato   con
 riferimento  alla tutela processuale purche' l'attivita' venga svolta
 con un contributo prevalentemente personale,  art.  409,  n.  3,  del
 c.p.c.).
    Rispetto  al  coltivatore diretto, la ratio di un trattamento piu'
 deteriore puo' essere individuata nel  rischio  particolarissimo  che
 colora  l'impresa  agricola  che  gia'  fruisce  di  uno statuto piu'
 favorevole (la non assoggettabilita' al fallimento).
    Del  tutto  ingiustificata  appare   invece   la   disparita'   di
 trattamento con il privilegio che assiste l'impresa artigiana.
 Sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione di legittimita'
    costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 5, del c.c., nella parte  in
    cui non prevede eguale tutela per ogni lavoratore autonomo.
    Il  privilegio  di cui all'art. 2751-bis, n. 5, del c.c., e' stato
 giustificato in quanto si e' ritenuto (per  la  prima  volta  con  la
 Novella del 1975) che i crediti maturati dall'impresa artigiana per i
 servizi  prestati  e per la vendita dei manufatti rappresentassero la
 remunerazione del lavoro spiegato dall'imprenditore artigiano; si  e'
 quindi assimilata la figura dell'artigiano a quella del prestatore di
 una  attivita'  lavorativa,  sorvolando sul fatto che l'artigiano e',
 comunque, un imprenditore.
    Non e' qui il caso di ripetere (in quanto ininfluente) quanto  sia
 dibattuto  il  problema  della qualificazione dell'impresa artigiana,
 sia sul fronte del  riconoscimento  del  privilegio,  sia  su  quello
 dell'esonero dal fallimento.
    Ai  fini  che  qui  interessano  bastera'  ricordare che l'impresa
 artigiana (per effetto della legge n. 443/1985) ha  visto  nel  tempo
 dilatare  i  propri  limiti  dimensionali  al  punto che non e' certo
 agevole una distinzione con la c.d. piccola industria.  Nondimeno  il
 legislatore  non  e'  intervenuto  per  rivisitare  la  norma  di cui
 all'art. 2751-bis, n. 5, del  c.c.,  sicche'  oggi  vengono  protetti
 crediti  che  pur  riferibili  ad  attivita'  di  natura  tipicamente
 lavorativa, sono imputati  a  soggetti  che  impiegano  nel  processo
 produttivo  rilevanti  capitali  e  ancor  piu' significativi livelli
 occupazionali.
    Ma se questa scelta non puo' essere sindacata in quanto rientrante
 nella discrezionalita' del  legislatore,  puo'  al  contrario  essere
 valutato  il  fatto che il legislatore abbia omesso di considerare il
 lavoro  autonomo  ai  fini  della  attribuzione  di  una   causa   di
 prelazione.
    Il  diverso regime protettivo appare irragionevole dal momento che
 si accorda una tutela piu' ampia  al  credito  dell'imprenditore  che
 trae  la  remunerazione  del  proprio  lavoro  dall'esercizio  di una
 impresa   rispetto   al   credito   del   prestatore   d'opera   (non
 intellettuale)  che ricava le proprie fonti di reddito dall'esercizio
 di una attivita' prevalentemente personale (si pensi alle figure  del
 pony express, delle modelle, degli accompagnatori turistici, ecc.).
    La  ragione  di  un  trattamento  differenziato non puo' ricavarsi
 dalla tutela accordata dalla Costituzione  solo  ai  primi  (art.  45
 della  Cost.),  dal momento che la fonte primaria tutela, ancor prima
 (art.  35  della  Cost.)  "il  lavoro  in  tutte  le  sue  forme   ed
 applicazioni".
    Che la norma sia posta a tutela anche del lavoro autonomo e' stato
 in   passato   affermato  proprio  dal  giudice  delle  leggi  (Corte
 costituzionale 26 luglio 1984, n. 180).
    Il tribunale ritiene, quindi, che sia non manifestamente infondata
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2751-bis, n. 5,
 del c.c. nella parte  in  cui  non  prevede  che  il  privilegio  sia
 riconosciuto  a  tutti  i  lavoratori autonomi per i crediti nascenti
 dall'opera o dai servizi  prestati.  I  parametri  costituzionali  di
 confronto sono quindi l'art. 3 e l'art. 35 della Costituzione.
 Sulla rilevanza della questione.
    Che   cosi'   impostata  la  questione  di  costituzionalita'  sia
 rilevante ai fini  di  decidere  l'odierna  controversia  e'  agevole
 desumerlo  dal fatto che nella qualificazione del rapporto lavorativo
 svolto dall'opponente sono state escluse le altre  figure  ricomprese
 nell'art. 2751-bis del c.c.
    In  buona sostanza, ove l'eccezione venisse disattesa dalla Corte,
 all'opponente non resterebbe che  la  collocazione  del  credito  nel
 passivo  chirografario,  ove  invece  venisse  accolta,  competerebbe
 l'ammissione al passivo privilegiato.
    Sussistono, pertanto, le condizioni  per  sospendere  il  presente
 giudizio  in  attesa  della  pronuncia della Corte costituzionale cui
 vanno rimessi gli atti ai sensi dell'art. 23 della legge  n.  87  del
 1953.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale di cui all'art. 2751-bis, n. 5, del  c.c.
 in  relazione all'art. 3 e all'art. 35 della Cost. nella parte in cui
 non prevede che "il privilegio spetti anche al prestatore  di  lavoro
 autonomo  (non  intellettuale)  per il credito derivante dall'opera o
 dal servizio prestato";
    Sospende il presente giudizio  sino  alla  decisione  della  Corte
 costituzionale;
    Dispone  la  trasmissione  degli atti alla cancelleria della Corte
 costituzionale e ordina che la presente ordinanza sia notificata alle
 parti  e  alla  Presidenza  del  Consiglio,  nonche'  comunicata   ai
 Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso in camera di consiglio il 16 febbraio 1995
                       Il presidente: PESCHIERA
                                         Il giudice estensore: FABIANI
 95C0904