N. 452 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 aprile 1995

                                N. 452
 Ordinanza  emessa  il 7 aprile 1995 dalla corte d'appello di Roma nel
 procedimento penale a carico di Piscopo Giuseppe (detenuto)
 Processo  penale  -  Giudice  del  dibattimento  -  Dichiarazione  di
    incompetenza  per territorio su eccezione gia' proposta e respinta
    all'udienza preliminare  -  Trasmissione  degli  atti  al  giudice
    ritenuto   competente  anziche'  al  p.m.  presso  quest'ultimo  -
    Conseguente  preclusione,  per  l'imputato,  di   taluni   diritti
    processuali   (nella  specie:  richiesta  di  rito  abbreviato)  -
    Irrazionalita' - Compressione del diritto di difesa - Lesione  del
    principio del giudice naturale precostituito per legge.
 Processo    penale    -   Giudice   di   appello   -   Eccezione   di
    incostituzionalita' in merito alla dichiarazione  di  incompetenza
    territoriale  su  eccezione gia' sollevata e respinta nell'udienza
    preliminare  -  Annullamento  della  sentenza  di  primo  grado  e
    rimessione  degli  atti al p.m. presso il giudice territorialmente
    competente - Omessa previsione  -  Irrazionalita'  -  Lesione  del
    diritto   di   difesa   e   del  principio  del  giudice  naturale
    precostituito per legge.
 (C.P.P. 1988, artt. 23, primo comma, e 24, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 25).
(GU n.35 del 23-8-1995 )
                          LA CORTE D'APPELLO
    1. - Ha pronunciato in camera di consiglio la  seguente  ordinanza
 nei  confronti  di  Piscopo  Giuseppe,  nato  ad Albano Laziale il 19
 luglio  1955,  detenuto;   sollevando   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 23 e 24 del c.p.p. in relazione agli artt.
 3, 24 e 25 della Costituzione.
    Il Piscopo e' appellante avverso la sentenza del tribunale di Roma
 in  data  3  giugno  1993 con la quale era stato condannato alla pena
 ritenuta di giustizia per il reato di cui agli artt. 110, 73 e 80 del
 d.P.R. n. 309/1990;  il  processo  viene  dalla  Cassazione,  che  ha
 annullato  con rinvio, per un vizio di forma, la sentenza della corte
 d'appello di Roma del 26 gennaio 1994.
                               F A T T O
    Con richiesta di rinvio a giudizio rivolta  al  g.i.p.  presso  il
 tribunale  di  Velletri,  il  p.m.  presso  quella procura esercitata
 l'azione penale nei confronti di Piscopo Giuseppe e  Guaimare  Romero
 per il reato di cui agli artt. 110, 73 e 80 d.P.R. del n. 309/1990.
    All'udienza  preliminare  del  4 febbraio 1993, mentre il Guaimare
 chiedeva  di  procedersi  con  rito  abbreviato,  senza  ottenere  il
 consenso  del p.m., il Piscopo eccepiva l'incompetenza per territorio
 del giudice adito, indicando la competenza  del  tribunale  di  Roma;
 l'eccezione, tempestivamente sollevata, veniva respinta dal g.i.p., e
 il  Piscopo  veniva  rinviato  a  giudizio  davanti  al  tribunale di
 Velletri.  In  quest'ultima  sede  l'eccezione  di  incompetenza  per
 territorio  veniva  riproposta,  e il tribunale, ritenuta fondata, si
 spogliava del processo, dichiarando la competenza  del  tribunale  di
 Roma.
    Quest'ultimo  giudice,  ritenuta  la propria competenza, giudicava
 nel merito,  condannando  il  Piscopo  alla  pena  di  nove  anni  di
 reclusione  e  sessanta  milioni  di  multa,  naturalmente  col  rito
 ordinario. Per completezza, va aggiunto che il tribunale  riconosceva
 la  diminuente  del rito abbreviato al Guaimare e lo condannava a sei
 anni e quaranta milioni.
    Il  tribunale  di  Roma  giungeva  alla  predetta  decisione   non
 accogliendo  la  richiesta  del Piscopo di restituzione degli atti al
 g.i.p. o al p.m. di  Roma  perche'  si  procedesse  a  nuova  udienza
 preliminare,  ne'  quella  di essere ammesso a richiedere il giudizio
 abbreviato, e dichiarava non fondata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale riguardante le norme applicate.
    Con   i   motivi  d'appello  e  nell'odierna  udienza  il  Piscopo
 riproponeva fra l'altro la questione di legittimita'  costituzionale;
 questa  Corte la ritiene rilevante e non manifestamente infondata per
 i motivi che seguono.
                             D I R I T T O
    1. - Stabilisce l'art. 22, terzo comma del c.p.p. che  il  g.i.p.,
 dopo  la chiusura delle indagini preliminari, se riconosce la propria
 incompetenza (anche territoriale), la dichiara con sentenza e rimette
 gli  atti  al  p.m.  presso  il  giudice  competente:  questi  dovra'
 esercitare  ex  novo  nelle  forme ordinarie l'azione penale, si' che
 all'imputato non viene precluso l'esercizio di  alcuna  sua  facolta'
 processuale.
    Se invece, il g.i.p. - pur espressamente sollecitato - non ritenga
 la  propria  incompetenza  per  territorio,  il  sistema  del codice,
 secondo le  previsioni  degli  artt.  23  e  24  del  c.p.p.  che  si
 impugnano, comporta nelle fasi ulteriori - malgrado l'eccezione fosse
 stata tempestivamente proposta nell'udienza preliminare, ed anche nel
 caso in cui successivamente ne sia stata ritenuta la fondatezza - una
 sostanziale,   irrimediabile  irrilevanza  della  questione,  con  la
 conseguente  definitiva  sottrazione  del  processo  al  suo  giudice
 naturale, e violazione del diritto di difesa.
    Infatti,  stando  alle  predette  norme,  si  opera in tal caso un
 semplice spostamento dall'uno all'altro giudice del dibattimento,  di
 tal  che  ne' il giudice di primo grado ne' quello di appello possono
 ripristinare la situazione giuridica violata -  e  tempestivamente  e
 fondatamente  denunciata -, rimettendo l'imputato nella condizione di
 farsi giudicare dal suo giudice naturale precostituito per legge, che
 e' il g.i.p. territorialmente competente.
    In tale situazione, da un lato si fa salvo un decreto che  dispone
 il  giudizio  che  e'  stato  pronunciato  da  un giudice sicuramente
 incompetente, la cui competenza  era  stata  contestata  prima  della
 pronuncia: ed e' evidente che viene in tal modo vanificato il diritto
 di  difesa  garantito  dall'art.  24  della  Costituzione. Il sistema
 previsto dalla  legge  comporta  infatti  l'assurda  conseguenza  che
 rimanga  priva  di  risultato un'eccezione tempestivamente proposta e
 riconosciuta fondata.
    D'altro lato, all'imputato e' preclusa la possibilita' di  operare
 le  sue scelte processuali - pur delicate, importanti e irripetibili,
 quale quella di chiedere il giudizio  abbreviato  -  davanti  al  suo
 giudice  naturale; lo si costringe, anzi, o a perdere definitivamente
 tutte le sue opzioni, o a farle valere davanti ad un giudice che  non
 soltanto  e'  ritenuto  incompetente  da  esso  imputato,  ma  e' poi
 effettivamente riconosciuto tale nel processo.
    2. - E' appena il caso di ricordare  che  l'analoga  questione  di
 legittimita'  costituzionale  sollevata  in relazione alla competenza
 per materia e' stata  accolta  dalla  Corte  costituzionale,  con  la
 sentenza  n. 76 dell'11 marzo 1993; non cosi', invece, in ordine alla
 competenza per territorio, per il rilievo  che  in  questo  caso  non
 sarebbero pregiudicati i diritti e gli interessi dell'imputato.
    In  proposito  peraltro  osserva  questa  Corte  che  quest'ultimo
 argomento  si  attaglia  soltanto  al  caso  in  cui  l'eccezione  di
 incompetenza per territorio sia stata dedotta o rilevata per la prima
 volta   davanti   al   giudice   del  dibattimento,  quando  la  fase
 dell'udienza preliminare sia ormai superata senza  incidenti.  Quando
 invece,  come  nella  specie,  l'eccezione  di incompetenza sia stata
 sollevata - ed erroneamente respinta - nell'udienza  preliminare,  la
 mancata  previsione,  nel  sistema del codice, di una declaratoria di
 nullita' del decreto che dispone il giudizio pronunciato dal  giudice
 incompetente,  e  la mancata previsione di un conseguente ritorno del
 processo davanti a quello competente - nella stessa fase e senza  che
 sia  maturata  per  le  parti  alcuna  preclusione  -  determina  una
 situazione di palese illegittimita', per l'evidente  sottrazione  del
 processo  al giudice naturale e l'altrettanto evidente vanificazione,
 sul punto, del diritto di difesa.
    3. - Esemplare e' proprio il caso concreto, nel  quale  l'imputato
 Guaimare   ha   potuto  usufruire  del  rito  abbreviato  per  averlo
 "validamente" chiesto al g.i.p. di Velletri successivamente  ritenuto
 incompetente,  mentre  al  Piscopo  la  possibilita'  di procedere al
 giudizio  abbreviato  e'  stata  preclusa  proprio   dall'aver   egli
 esercitato  la  facolta'  legittima  di  sollevare  -  fondatamente -
 l'eccezione di incompetenza, coerentemente rifiutando il giudice  non
 naturale.
    4.  -  Si  osserva,  ancora, che il sistema del codice consente il
 rimedio sulla incompetenza territoriale del giudice per  le  indagini
 preliminari  nel  solo  caso  in  cui, appunto, l'imputato, dopo aver
 prospettato in udienza preliminare l'eccezione  di  incompetenza  per
 territorio,  contraddittoriamente si rassegni a chiedere, mediante il
 rito abbreviato, di essere giudicato dal  medesimo  giudice:  in  tal
 caso,  in  appello,  l'eccezione  potra'  trasformarsi  in  motivo di
 gravame, e il giudice di secondo grado potra', ai sensi dell'art.  24
 del c.p.p., annullare la sentenza di primo grado e rimettere gli atti
 al giudice competente per un nuovo giudizio abbreviato.
    In   tutti   gli  altri  casi,  invece,  non  e'  prevista  alcuna
 conseguenza al fatto che la pronuncia sia stata emessa da un  giudice
 incompetente,  malgrado  - e questo e' l'assurdo - detta incompetenza
 sia stata tempestivamente rilevata e successivamente riconosciuta.
    Non  esiste,  in  particolare,  alcun  rimedio  al  caso  in   cui
 l'imputato,  dopo aver prospettato in udienza preliminare l'eccezione
 di incompetenza per territorio, si veda - come nel caso di  specie  -
 rinviato  a  giudizio;  e  cio'  sia nel caso che egli non intendesse
 chiedere il giudizio abbreviato, sia nel caso opposto.
    5. - Nel primo caso, non sara' mai posto rimedio al fatto  in  se'
 che  una  pronuncia  giurisdizionale  -  qual'e'  pur  sempre  quella
 sull'alternativa tra il rinvio a giudizio e la sentenza di non  luogo
 a  procedere  -  sia  stata  emessa non dal giudice naturale ma da un
 giudice concretamente riconosciuto incompetente dopo che  l'eccezione
 era  stata  sollevata; e questo pare gia' di per se' confliggente con
 le esigenze di trasparenza della giurisdizione  e  dei  rapporti  non
 solo  fra  g.i.p.  e  imputato,  ma  anche  fra g.i.p. e p.m.; e pare
 comunque motivo  di  incostituzionalita'  della  disciplina  prevista
 dagli artt. 23 e 24 del c.p.p. con riferimento agli artt. 24, secondo
 comma, e 25, primo comma, della Costituzione.
    E'   appena  il  caso  di  osservare  in  proposito  che  il  mero
 spostamento di competenza territoriale pronunciato  dal  giudice  del
 dibattimento   che   riconosca   la  fondatezza  dell'eccezione,  non
 costituisce  un  rimedio  esaustivo  e  costituzionalmente  corretto,
 giacche'  viene  in  ogni  caso fatta salva la decisione del rinvio a
 giudizio,  laddove,  invece,  ben  potrebbe,  il  g.i.p.  "naturale",
 territorialmente competente, - davanti al quale l'imputato ha diritto
 di  comparire - non accogliere le richieste del p.m., decidere per il
 proscioglimento, o - per esempio - atteggiarsi diversamente in ordine
 alla liberta' personale.
    6. - Nel secondo caso, non puo' essere posto rimedio al fatto  che
 l'imputato e' concretamente privato, dalla disciplina che si impugna,
 del  diritto di vedersi giudicato dal suo giudice naturale in sede di
 giudizio abbreviato: infatti, alla stregua delle norme attualmente in
 vigore,   malgrado   la   riconosciuta   fondatezza    dell'eccezione
 tempestivamente  sollevata,  in  udienza  preliminare non ci si torna
 piu', e al giudizio abbreviato -  che  coerentemente  non  sia  stato
 chiesto davanti al giudice incompetente - non si puo' piu' procedere,
 proprio  in  conseguenza  del fatto che l'accoglimento dell'eccezione
 comporta la mera trasmissione degli atti al giudice competente per il
 dibattimento, con la salvezza dell'udienza  preliminare  e  dei  suoi
 effetti preclusivi.
    7. - Non sembra, in proposito, adeguato l'attuale sistema.
    Esso,  infatti,  non  prevede  in  senso assoluto nessun controllo
 sulla competenza del g.i.p. nel caso in cui l'udienza preliminare  si
 concluda  col  rinvio  a giudizio; e comporta un rimedio efficace nel
 solo caso in cui l'imputato, che voglia essere giudicato  dal  g.i.p.
 competente,  si  rassegni  a chiedere il giudizio abbreviato anche se
 non  lo  voleva  chiedere,  si  faccia  prima  giudicare  dal  g.i.p.
 incompetente,  e  provveda poi ad impugnare la sentenza proponendo il
 motivo  specifico;  a parere di questa Corte, un sistema che, per far
 valere il principio del giudice naturale, contempli per l'imputato la
 necessita'  assoluta  di  compiere  atti  di  cosi'   grave   portata
 processuale, non e' un sistema costituzionalmente accettabile.
    8.  -  E'  infine  appena  il  caso di porre in rilievo - ai sensi
 dell'art. 3 della Costituzione - l'irrazionalita' di tale farraginosa
 disciplina, che da un lato subordina la possibilita'  per  l'imputato
 di   essere   giudicato  dal  g.i.p.  competente  per  territorio  al
 compimento da parte sua di  comportamenti  onerosi  e  contraddittori
 (l'eccezione  di  incompetenza,  la richiesta di giudizio abbreviato,
 l'impugnazione dell'eventuale sentenza), e che  dall'altro,  dopo  la
 sentenza n. 76/1993, ingiustificatamente distingue tra competenza per
 materia e competenza per territorio, la prima foriera di conseguenze,
 la seconda no: quasi che il giudice territorialmente incompetente sia
 un giudice "naturale" e "precostituito per legge".
    8.  -  Le norme impugnate - artt. 23 e 24 del c.p.p. - sono dunque
 incostituzionali, con  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  25  della
 Costituzione,  in quanto - nelle ipotesi di cui si discute - di fatto
 comportano, appunto, la salvezza dell'udienza preliminare tenuta  dal
 giudice  incompetente:  in  analogia con quanto stabilito dalla Corte
 costituzionale con la citata sentenza  n.  76/1993,  dovrebbe  invece
 essere  prevista  la declaratoria di nullita' del decreto che dispone
 il giudizio e la restituzione degli atti, per l'ulteriore  corso,  al
 p.m. presso il giudice territorialmente competente.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi degli
 artt. 3, 24 e 25 della Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 23, primo comma, del c.p.p., nella parte in
 cui non prevede che il giudice del dibattimento - il quale  riconosca
 la propria incompetenza per territorio dopo che la relativa eccezione
 sia  stata gia' sollevata e respinta nell'udienza preliminare - debba
 rimettere gli atti, ai sensi dell'art. 22 del c.p.p. al  p.m.  presso
 il giudice territorialmente competente;
    Nonche'  dell'art. 24, primo comma, del c.p.p., nella parte in cui
 non prevede che  il  giudice  d'appello,  investito  della  questione
 suddetta,  debba annullare la sentenza di primo grado e rimettere gli
 atti, a norma dell'art. 22 del  c.p.p.  al  p.m.  presso  il  giudice
 territorialmente competente;
    Visto  l'art.  23  della  legge  11 marzo 1953, n. 87, sospende il
 giudizio in corso e ordina la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale,   con   gli   adempimenti   di  legge  a  cura  della
 cancelleria.
      Roma, addi' 7 aprile 1995
                         Il presidente: BARONE
 
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