N. 335 SENTENZA 12 - 20 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Agricoltura  e  foreste  -  Regione  Sicilia  -  Provvidenze  per  la
 vitivinicoltura  -  Convenzioni  stipulate  dall'assessore  regionale
 all'agricoltura  e foreste con vari istituti di diritto pubblico e in
 particolare con l'istituto sperimentale zootecnico per la  Sicilia  -
 Sottrazione  al  parere  del  Consiglio  di  Stato  -  Richiamo  alla
 giurisprudenza della Corte in materia  (v.  sentenza  n.  29/1995)  -
 Diversita'  del  controllo successivo sulla gestione dai controlli di
 legittimita'e contabili - Inammissibilita'.
 
 (Legge regione Sicilia 25 ottobre  1975,  n.  70,  art.  10;  statuto
 regione  siciliana  art.  23;d.-lgs.  6  maggio 1948, n. 654, art. 4,
 secondo comma)
 
(GU n.33 del 9-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,  prof.  Francesco
    GUIZZI,  prof.  Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
    Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
    Nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10  della
 legge  della  Regione  siciliana 25 ottobre 1975, n. 70 (Modifiche ed
 integrazioni alla legge regionale 30  luglio  1973,  n.  28,  recante
 provvidenze per la vitivinicoltura), promosso con ordinanza emessa il
 26  ottobre  1994  dalla Corte dei conti, Sezione di controllo per la
 Regione siciliana, negli atti relativi al  decreto  n.  3146  del  20
 dicembre  1993  dell'Assessore  regionale  all'agricoltura e foreste,
 iscritta al n. 72 del registro  ordinanze  1995  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima serie speciale,
 dell'anno 1995;
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
    Udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1995 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi gli avvocati Francesco Castaldi e Giovanni  Lo  Bue  per  la
 Regione siciliana;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  Corte  dei  conti,  Sezione di controllo per la Regione
 siciliana, con ordinanza emessa  il  26  ottobre  1994,  in  sede  di
 controllo  sulla  gestione  in  relazione  al  decreto n. 3146 del 20
 dicembre 1993 dell'Assessore regionale all'agricoltura e foreste,  ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della
 legge  regionale  siciliana  25  ottobre  1975,  n.  70 (Modifiche ed
 integrazioni alla legge regionale 30  luglio  1973,  n.  28,  recante
 provvidenze per la vitivinicoltura), in riferimento all'art. 23 dello
 Statuto   regionale   ed  all'art.  4,  secondo  comma,  del  decreto
 legislativo 6 maggio  1948,  n.  654  (Norme  per  l'esercizio  nella
 Regione siciliana delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato).
    L'ordinanza di rimessione espone che con foglio di osservazioni n.
 188  del  22 marzo 1994 l'Ufficio di controllo della Corte dei conti,
 avendo rilevato, tra l'altro, la mancata acquisizione del parere  del
 Consiglio  di  giustizia  amministrativa,  restituiva all'Assessorato
 regionale all'agricoltura e foreste il decreto n. 3146 del  1993  con
 il   quale   era  stata  approvata  una  convenzione  con  l'Istituto
 sperimentale zootecnico per la Sicilia ai fini della realizzazione di
 un centro genetico per la valorizzazione e la conservazione di  razze
 bovine autoctone.
    Nelle   successive  controdeduzioni,  l'Amministrazione  regionale
 replicava che in base all'art. 10 della legge  regionale  n.  70  del
 1975  alle convenzioni - quale quella in oggetto - previste dall'art.
 16 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 24, doveva  applicarsi  il
 disposto  dell'art.  2, secondo comma, della legge regionale 31 marzo
 1972, n. 19, modificato dall'art. 2 della legge regionale  26  maggio
 1973,  n.  21,  che  esclude  l'obbligo  di  richiedere il parere del
 Consiglio di  giustizia  amministrativa  sui  progetti  di  contratto
 d'appalto  di  opere pubbliche di importo inferiore ad un miliardo di
 lire, cifra poi elevata a  sei  miliardi  dall'art.  14  della  legge
 regionale 29 aprile 1985, n. 21.
    Poiche'   la  spesa  prevista  per  la  convenzione  in  argomento
 ammontava a lire 2.979.000.000, l'Amministrazione  riteneva,  quindi,
 di   non  dover  acquisire  il  parere  del  Consiglio  di  giustizia
 amministrativa.
    Non  considerando  risolto  il  contrasto  con   l'Amministrazione
 regionale,   il   consigliere   delegato   al  controllo  degli  atti
 dell'Assessorato agricoltura e foreste investiva della  questione  la
 Sezione di controllo.
    Nell'adunanza  del  26  ottobre  1994 la Sezione di controllo, pur
 constatando il superamento del termine  posto  dall'art.  3,  secondo
 comma,  della  legge  14  gennaio  1994,  n.  20, per l'esercizio del
 controllo preventivo di legittimita', riteneva tuttavia, ai sensi del
 quarto comma dello stesso art. 3, di esaminare gli atti in  questione
 in  virtu' del generale potere di controllo successivo sulla gestione
 e della  facolta'  di  pronunciarsi,  in  questa  sede,  anche  sulla
 legittimita'  dei  singoli atti. A tal fine, la Sezione richiamava il
 potere di integrare, ai  sensi  del  dodicesimo  comma  dello  stesso
 articolo,   il   programma   di  controllo  sulla  gestione  definito
 annualmente,  integrazione  prevista  in  relazione  a  situazioni  e
 provvedimenti  che  richiedano  -  come  ritenuto nella fattispecie -
 tempestivi accertamenti e verifiche.
    Nel corso del  procedimento  di  controllo  sulla  gestione  cosi'
 instaurato,  la  Sezione di controllo sollevava, quindi, la questione
 di legittimita' costituzionale di cui e' causa.
    2. - La Sezione remittente ritiene la questione non manifestamente
 infondata in quanto, a  suo  giudizio,  il  progetto  di  convenzione
 avrebbe dovuto essere sottoposto al parere del Consiglio di giustizia
 amministrativa  ai  sensi  dell'art.  6 del regio decreto 18 novembre
 1923, n. 2440, che prevede detto parere  per  tutti  i  contratti  di
 importo  superiore  ai 18 milioni. La Regione ha, invece, ritenuto di
 applicare l'art. 10 della legge regionale 25  ottobre  1975,  n.  70,
 che,  eliminando l'obbligo della richiesta di parere del Consiglio di
 giustizia amministrativa per le  convenzioni  comportanti  una  spesa
 inferiore  a  6  miliardi, violerebbe il principio di cui all'art. 23
 dello Statuto regionale ed all'art. 4,  secondo  comma,  del  decreto
 legislativo n. 654 del 1948, secondo cui il legislatore regionale non
 potrebbe  escludere  dalla  richiesta  di  parere  del  Consiglio  di
 giustizia  amministrativa  i  provvedimenti  per  i   quali   analoga
 richiesta risulta prevista, con riferimento al Consiglio di Stato, da
 leggi statali.
    A  sostegno  di  tali  argomentazioni,  la  Sezione  di  controllo
 richiama la sentenza  di  questa  Corte  n.  991  del  1988,  che  ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 13 della legge
 regionale n.  1  del  1980  nella  parte  in  cui  prevedeva  che  le
 convenzioni  stipulate  dall'Assessore  regionale per la cooperazione
 dovessero essere assistite da un parere preventivo  della  competente
 commissione  dell'Assemblea  regionale  siciliana,  prescindendo  dal
 parere del Consiglio di giustizia amministrativa.
    La sollevata questione di legittimita' costituzionale e'  ritenuta
 dalla  stessa  Sezione  rilevante,  in  quanto  il  suo  accoglimento
 verrebbe a viziare il procedimento di formazione dell'atto  regionale
 sottoposto  a  controllo,  comportando  la  sua  dichiarazione di non
 conformita' a legge.
    In punto di ammissibilita' la Corte remittente  richiama,  infine,
 la sentenza di questa Corte n. 226 del 1976, che ha riconosciuto alla
 Sezione  di  controllo  della  Corte  dei conti, in sede di controllo
 preventivo di legittimita',  la  legittimazione  a  proporre  in  via
 incidentale questioni di costituzionalita'.
    3.  -  Si  e'  costituita  nel  giudizio la Regione siciliana, per
 chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile  o,  comunque,
 infondata.
    Secondo    la    resistente   la   questione   sollevata   sarebbe
 pregiudizialmente inammissibile per difetto di  legittimazione  della
 Sezione  di  controllo  della Corte dei conti a proporre questioni di
 legittimita' costituzionale in sede  di  controllo  successivo  sulla
 gestione,  ai sensi dell'art. 3, quarto comma, della legge 14 gennaio
 1994, n. 20.
    Nel controllo sulla gestione, infatti, non sarebbero riscontrabili
 i requisiti necessari per l'individuazione di un "giudice"  e  di  un
 "giudizio"  ai  fini della promozione di un incidente di legittimita'
 costituzionale, requisiti posti in luce nella  sentenza  n.  226  del
 1976,  proprio  in  relazione  alla riconosciuta legittimazione della
 Corte dei conti a sollevare questioni di costituzionalita' in sede di
 controllo preventivo di legittimita'.
    A questo riguardo la Regione richiama ampiamente anche la sentenza
 n. 29 del 1995 per  sottolineare  la  differenza  sostanziale  tra  i
 controlli  di  legittimita'  e  contabilita'  ed  il  controllo sulla
 gestione nel quale la Corte dei  conti  accerta  la  rispondenza  dei
 risultati  dell'attivita'  amministrativa  agli  obiettivi  stabiliti
 dalla legge, valutando comparativamente costi,  modi  e  tempi  dello
 svolgimento  di  tale  azione  e  confrontando  ex-post la situazione
 effettivamente  realizzata   con   la   situazione   ipotizzata   dal
 legislatore come obiettivo da realizzare.
    La  resistente  ricorda,  in particolare, l'affermazione contenuta
 nella citata sentenza secondo cui l'art. 3, quarto comma, della legge
 n. 20 del  1994,  laddove  ammette  che  la  Corte  dei  conti  possa
 incidentalmente esprimersi sulla legittimita' di singoli atti, non ha
 inteso  confondere  due  forme  di  controllo  che  restano diverse o
 stabilire surrettiziamente un  potere  generale  di  vigilanza  e  di
 controllo  diretto a sovrapporsi a quelli disciplinati da altre norme
 di legge.
    A  giudizio  della  Regione,   la   questione   sarebbe   altresi'
 inammissibile   per  irrilevanza,  in  quanto  l'impugnato  art.  10,
 correttamente interpretato, operando  un  rinvio  recettizio  (e  non
 formale)  alla  legge regionale n. 21 del 1973, limiterebbe l'esonero
 dall'obbligo del parere del  Consiglio  di  giustizia  amministrativa
 alle  sole  convenzioni  relative  a  programmi di ricerca di importo
 inferiore ad un miliardo di lire, non applicandosi a tali fattispecie
 l'elevazione del limite a sei miliardi disposta per  i  controlli  di
 appalto  di opere pubbliche da una norma successiva, non recepita dal
 rinvio. La convenzione in  esame  avrebbe  dovuto,  pertanto,  essere
 rinviata  dalla  Corte  dei conti, in sede di controllo preventivo di
 legittimita',  per  l'acquisizione  del  parere  del   Consiglio   di
 giustizia  amministrativa,  proprio  in attuazione dell'art. 10 della
 legge regionale n. 70 del 1975.
    La questione sarebbe, comunque, infondata nel merito in quanto  la
 norma   impugnata   non   interferirebbe   con  la  disciplina  delle
 attribuzioni del Consiglio di giustizia  amministrativa,  limitandosi
 ad  introdurre  una  deroga  all'acquisizione  del parere dell'organo
 consultivo per le convenzioni di minore importo, in  armonia  con  il
 principio   di   snellimento   e  di  accelerazione  delle  procedure
 amministrative  affermato  in  piu'  occasioni   nella   legislazione
 nazionale.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  dei  conti,  Sezione di controllo per la Regione
 siciliana, dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10
 della legge della Regione siciliana 25 ottobre 1975, n. 70 (Modifiche
 ed  integrazioni  alla legge regionale 30 luglio 1973, n. 28, recante
 provvidenze per la vitivinicoltura), che ha sottratto al  parere  del
 Consiglio   di  giustizia  amministrativa  le  convenzioni  stipulate
 dall'Assessore regionale all'agricoltura e foreste con vari  istituti
 di  diritto  pubblico (e, in particolare, con l'Istituto sperimentale
 zootecnico per  la  Sicilia),  ove  tali  convenzioni  presentino  un
 importo  inferiore  ad  un  miliardo  di  lire  (art.  2  della legge
 regionale 26 maggio 1973, n.  21),  importo  successivamente  elevato
 (dall'art.  14  della  legge  regionale  29 aprile 1985, n. 21) a sei
 miliardi.
    Ad  avviso  dell'organo  remittente  la   disposizione   impugnata
 verrebbe  a  contrastare  con  l'art.  23 dello Statuto della Regione
 siciliana nonche'  con  l'art.  4,  secondo  comma,  delle  norme  di
 attuazione  per  l'esercizio  nella  Regione siciliana delle funzioni
 spettanti al Consiglio di Stato (decreto legislativo 6  maggio  1948,
 n.  654),  dove  si  stabilisce  che  "gli  atti per i quali le leggi
 vigenti richiedono il parere del Consiglio di  Stato,  qualora  siano
 emanati dall'Amministrazione regionale, sono sottoposti al parere del
 Consiglio di giustizia amministrativa".
    2.    -    Risulta   pregiudiziale   l'esame   dell'eccezione   di
 inammissibilita' prospettata dalla Regione  siciliana,  in  relazione
 all'asserito  difetto  di  legittimazione  dell'autorita' remittente.
 Tale eccezione viene fondata  sul  fatto  che  la  Corte  dei  conti,
 Sezione  di  controllo  per  la  Regione  siciliana,  ha sollevato la
 questione di cui e' causa non in  sede  di  controllo  preventivo  di
 legittimita'  sul  decreto dell'Assessore regionale all'agricoltura e
 foreste n. 3146 del 1993, bensi'  in  sede  di  controllo  successivo
 sulla  gestione, esercitato ai sensi dell'art. 3, quarto comma, della
 legge 14 gennaio 1994, n. 20.
    L'eccezione merita di essere accolta.
    3. - In proposito va innanzitutto ricordato che questa Corte,  con
 la  sentenza  n.  226  del  1976,  ha  riconosciuto  alla  Sezione di
 controllo  della  Corte  dei  conti,  nell'esercizio  del   controllo
 preventivo  di legittimita' sugli atti del Governo, la legittimazione
 a sollevare questioni di costituzionalita' ai sensi dell'art. 1 della
 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1,  e  dell'art.  23  della
 legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dovendosi  riferire al controllo in
 questione la natura di un "giudizio".
    Tale riconoscimento, nella richiamata sentenza, veniva fondato sul
 fatto che "anche se il procedimento svolgentesi davanti alla  Sezione
 di  controllo  non  e' un giudizio in senso tecnico - processuale, e'
 certo  tuttavia  che,  ai  limitati  fini  dell'art.  1  della  legge
 costituzionale  n.  1  del  1948 e dell'art. 23 della legge n. 87 del
 1953, la funzione in quella sede svolta dalla  Corte  dei  conti  e',
 sotto  molteplici  aspetti,  analoga  alla  funzione giurisdizionale,
 piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi  nel
 valutare  la conformita' degli atti che ne formano oggetto alle norme
 del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi  apprezzamento  che
 non sia di ordine strettamente giuridico". E questo tanto piu' ove si
 consideri  che  nel  procedimento relativo al controllo preventivo di
 legittimita'   ricorrono   "elementi,    formali    e    sostanziali,
 riconducibili  alla  figura  del  contraddittorio" (deferimento delle
 pronunce alla Sezione di controllo da parte del consigliere delegato;
 comunicazione  tempestiva  del   deferimento   alle   amministrazioni
 interessate,  che possono presentare deduzioni e farsi rappresentare;
 motivazione  della  decisione  etc.)  e,  pertanto,  assimilabili  ai
 caratteri propri del procedimento giurisdizionale.
    4.  -  I  profili  cosi'  evidenziati con riferimento al controllo
 preventivo di legittimita' - e suscettibili di ricondurre  lo  stesso
 ai  termini  di  un  "giudizio"  -  non  si riscontrano nel controllo
 successivo  sulla  gestione  del  bilancio  e  del  patrimonio  delle
 amministrazioni  pubbliche  di  cui  all'art.  3, quarto comma, della
 legge 14 gennaio 1994, n. 20.
    Tale tipo di controllo ha formato di recente oggetto di  esame  da
 parte di questa Corte con la sentenza n. 29 del 1995, che ha messo in
 luce  le  radicali diversita' che vengono a contrapporre il controllo
 in questione a quello preventivo di legittimita',  oggi  disciplinato
 dall'art.  3,  commi  1  e  2,  della legge n. 20 del 1994. In questa
 sentenza e' stato sottolineato come  il  controllo  successivo  sulla
 gestione  "debba essere eseguito, non gia' in rapporto a parametri di
 stretta legalita', ma  in  riferimento  ai  risultati  effettivamente
 raggiunti  collegati  agli  obbiettivi  programmati nelle leggi e nel
 bilancio, tenuto conto delle procedure e dei mezzi utilizzati per  il
 loro  raggiungimento",  dovendosi  il  fine  ultimo di tale controllo
 identificare in quello "di favorire una maggiore funzionalita'  nella
 pubblica  amministrazione attraverso la valutazione complessiva della
 economicita'/efficienza dell'azione amministrativa  e  dell'efficacia
 dei servizi erogati" (par. 9.1).
    Da  qui  la diversita' del controllo successivo sulla gestione dai
 controlli di  legittimita'  e  contabili,  diversita'  che  "non  sta
 soltanto  nel  fatto,  pur  rilevante  . . secondo il quale, mentre i
 controlli da ultimo menzionati concernono singoli atti, quello  sulla
 gestione  riguarda  invece  l'attivita'  considerata nell'insieme dei
 suoi effetti  operativi  e  sociali,  ma  risiede  soprattutto  nella
 struttura stessa della funzione di controllo". Con il controllo sulla
 gestione la Corte dei conti e' tenuta, infatti, ad accertare, secondo
 l'espressa  previsione  dell'art.  3, quarto comma, della legge n. 20
 del 1994, "la rispondenza dei risultati dell'attivita' amministrativa
 agli obbiettivi stabiliti  dalla  legge,  valutando  comparativamente
 costi,  modi  e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa" e
 ad operare ex post il confronto  "tra  la  situazione  effettivamente
 realizzata  con l'attivita' amministrativa e la situazione ipotizzata
 dal legislatore come obbiettivo da realizzare, in modo da verificare,
 ai fini della valutazione del  conseguimento  dei  risultati,  se  le
 procedure ed i mezzi utilizzati, esaminati in comparazione con quelli
 apprestati  in  situazioni  omogenee,  siano  stati  frutto di scelte
 ottimali dal punto di vista dei  costi  economici,  della  speditezza
 dell'esecuzione     e    dell'efficienza    organizzativa,    nonche'
 dell'efficacia dal punto di vista dei risultati". E se e' vero - come
 precisa la stessa sentenza - che l'art.  3,  quarto  comma,  consente
 alla  Corte  dei  conti,  in  sede  di  controllo  sulla gestione, di
 verificare "la legittimita' e la regolarita'  delle  gestioni"  e  di
 pronunciarsi  incidentalmente  "sulla  legittimita'  dei singoli atti
 delle amministrazioni dello Stato", e' anche vero  che  la  norma  in
 questione   non  ha  inteso  "minimamente  confondere  due  forme  di
 controllo radicalmente diverse o stabilire surrettiziamente un potere
 generale  di  vigilanza o di controllo diretto a sovrapporsi a quelli
 disciplinati da altre norme di legge", ma soltanto affermare che  "la
 rilevazione  di eventuali illegittimita', di scorrettezze contabili o
 di cattivo funzionamento dei controlli interni puo' essere assunta  a
 elemento o a indizio per la distinta valutazione complessiva connessa
 all'esercizio del controllo di gestione" (par. 11.1).
    Dal   complesso  di  tali  rilievi  emerge,  dunque,  evidente  la
 conclusione che il controllo successivo sulla  gestione,  cosi'  come
 risulta oggi positivamente configurato, non e' tale da poter assumere
 le   connotazioni   di   un   controllo  assimilabile  alla  funzione
 giurisdizionale, cioe' preordinato alla tutela del diritto  oggettivo
 con  "esclusione  di  qualsiasi  apprezzamento  che non sia di ordine
 strettamente giuridico': e questo  quand'anche  il  controllo  stesso
 venga,  incidentalmente  od occasionalmente, a comportare un giudizio
 sulla legittimita' di singoli atti. Il  fatto  e'  che  il  controllo
 sulla  gestione  -  per i suoi scopi, per i suoi effetti e per le sue
 modalita' di esercizio - viene a configurarsi essenzialmente come  un
 controllo   di  carattere  empirico  ispirato,  piu'  che  a  precisi
 parametri normativi, a canoni di comune  esperienza  che  trovano  la
 loro  razionalizzazione nelle conoscenze tecnico-scientifiche proprie
 delle varie discipline utilizzabili ai  fini  della  valutazione  dei
 risultati  dell'azione  amministrativa  (v. ancora sentenza n. 29 del
 1995, par. 11.2).
    La natura di tale controllo si  presenta,  pertanto,  estranea  ai
 caratteri di un "giudizio" nel cui ambito risulti possibile sollevare
 - alla luce delle precisazioni offerte dalla giurisprudenza di questa
 Corte - questioni di costituzionalita'.
    Va,  di  conseguenza,  esclusa  la  legittimazione della Corte dei
 conti, Sezione di controllo per la Regione siciliana, a sollevare  la
 questione di cui e' causa.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata dalla Corte dei conti, Sezione di controllo per la  Regione
 siciliana,  nei  confronti  dell'art.  10  della  legge della Regione
 siciliana 25 ottobre 1975, n.  70  (Modifiche  ed  integrazioni  alla
 legge  regionale  30  luglio  1973, n. 28, recante provvidenze per la
 vitivinicoltura), in relazione all'art 23 dello Statuto della Regione
 siciliana ed all'art. 4, secondo comma,  del  decreto  legislativo  6
 maggio 1948, n. 654.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0938