N. 360 SENTENZA 13 - 24 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  -  Stupefacenti - Coltivazione di piante da cui si
 estraggono sostanze stupefacenti - Trattamento sanzionatorio penale -
 Previsione  di  sanzioni  amministrative   se   finalizzata   all'uso
 personale  della  sostanza  -  Omessa previsione - Non comparabilita'
 della condotta delittuosa prevista dall'art. 73 del d.P.R. 9  ottobre
 1990,  n.  309,  con  alcuna  altra  previsione normativa riguardante
 l'importazione,  l'acquisto  o  la  detenzione  di  tali  sostanze  -
 Mancanza   di   un  nesso  di  immediatezza  con  l'uso  personale  -
 Discrezionalita' legislativa -  Non  apprezzabilita'    ex  ante  con
 certezza della quantita' di prodotto ricavabile - Non fondatezza.
 
 (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75, come modificato dal d.P.R. 5
 giugno 1993, n. 171; d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73).
 
 (Cost., artt. 3, 13, 25 e 27).
 
(GU n.34 del 16-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici:  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
    Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 73 del d.P.R. 9
 ottobre  1990,  n.  309  (Testo  unico  delle  leggi  in  materia  di
 disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze psicotrope, prevenzione,
 cura e riabilitazione dei  relativi  stati  di  tossicodipendenza)  e
 dell'art.  75  dello  stesso  d.P.R.  9  ottobre  1990,  n. 309, come
 modificato a seguito del d.P.R.  5 giugno 1993, n.  171  (Abrogazione
 parziale,  a  seguito  di  referendum popolare, del testo unico delle
 leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
 psicotrope,  prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
 tossicodipendenza,  approvato  con  decreto  del   Presidente   della
 Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309),  promossi  con  le  seguenti
 ordinanze:  1)  ordinanza emessa il 24 novembre 1994 dal Tribunale di
 Camerino nel procedimento penale a carico di Leocata Agatino iscritta
 al n. 104 del registro ordinanze 1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  9,  prima serie speciale, dell'anno
 1995; 2) ordinanza emessa il 10 febbraio 1995 dalla  Corte  d'appello
 di   Catanzaro   nel  procedimento  penale  a  carico  di  Pellegrino
 Donatella,  iscritta  al  n.  199  del  registro  ordinanze  1995   e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 16, prima
 serie speciale, dell'anno 1995.
    Visti gli atti di intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 14 giugno 1995 il Giudice
 relatore Renato Granata;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del procedimento  penale  in  grado  d'appello  nei
 confronti  di  Pellegrino Donatella - che il Tribunale di Cosenza con
 sentenza del  23  dicembre  1993  aveva  giudicata  responsabile  del
 delitto  di  cui  all'art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
 309 perche' senza la prescritta autorizzazione aveva coltivato  dieci
 piantine  di  canapa  indiana  contenenti  un principio tossicologico
 attivo nella misura dello 0,64%, pari ad una dose media  di  sostanza
 stupefacente - la Corte d'appello di Catanzaro ha sollevato d'ufficio
 (con  ordinanza  del  10  febbraio  1995)  questione  incidentale  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 73, comma 1, come modificato  a
 seguito  del  d.P.R.  n. 171 del 1993, nella parte in cui non prevede
 che anche la coltivazione di piante da  cui  si  estraggono  sostanze
 stupefacenti - oltre che l'importazione, l'acquisto o la detenzione -
 venga  punita  soltanto  con  sanzioni  amministrative se finalizzata
 all'uso personale della sostanza.
    La  Corte  rimettente  -  dopo  aver   escluso   l'interpretazione
 adeguatrice     perche'     contrastata    dall'orientamento    della
 giurisprudenza della Corte di cassazione - ritiene la violazione  del
 principio di eguaglianza sotto il profilo che per condotte ugualmente
 caratterizzate  dalla  destinazione  della sostanza all'uso personale
 (coltivazione da  un  lato  e  acquisto,  importazione  e  detenzione
 dall'altro)    sarebbe    previsto   un   trattamento   sanzionatorio
 diversificato.
    Argomenta in particolare  la  Corte  che  l'esito  del  referendum
 abrogativo  cancella  il  principio del divieto dell'uso personale di
 sostanze stupefacenti sancito al comma 1 dell'art. 72 e -  eliminando
 il  parametro  quantitativo  della  dose  media giornaliera - pone la
 finalita' dell'uso personale quale unico  discrimine  tra  l'illecito
 penale  e quello amministrativo, a prescindere dal tipo di condotta e
 dalla natura e  quantita'  della  sostanza  stupefacente.  Quindi  il
 rilievo  depenalizzante  assunto dall'uso personale della droga nella
 nuova disciplina, indipendentemente  da  parametri  quantitativi  non
 piu'  esistenti,  dovrebbe  equiparare  la  coltivazione  alle  altre
 condotte previste dall'art. 75 ai  fini  degli  effetti  sanzionatori
 indicati nella medesima norma.
    2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che la questione sia dichiarata infondata.
    3. - Nel procedimento penale a carico di Leocata Agatino, imputato
 del delitto previsto dall'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 cit. per
 aver  coltivato, senza autorizzazione, una piantina di canapa indiana
 contenente il principio attivo della cannabis indica nella misura  di
 4,4  mg., il Tribunale di Camerino ha sollevato (con ordinanza del 24
 novembre  1994)  questione  incidentale  di  tale  disposizione   con
 riferimento agli artt. 13, 25 e 27 della Costituzione.
    Premesso  che non puo' essere condivisa la prospettazione, secondo
 la quale il referendum abrogativo, rendendo penalmente irrilevante la
 condotta di detenzione di sostanze stupefacenti  per  uso  personale,
 avrebbe  prodotto l'effetto sistematico di considerare la condotta di
 coltivazione penalmente sanzionabile solo in quanto vi sia  la  prova
 dell'essere  tale  condotta  preordinata all'attivita' di spaccio, il
 Tribunale rimettente, richiamando la sentenza  n.  333  del  1991  di
 questa  Corte quanto al principio della necessaria offensivita' della
 fattispecie penale, sottolinea in particolare che non ogni previsione
 di anticipazione della tutela e',  di  per  se',  in  quanto  tipica,
 compatibile  con  valori  espressi  dalla  Costituzione in materia di
 offensivita' del reato (artt. 25 e 27 Cost.), ma lo e'  nella  misura
 in  cui non risulti, rispetto alle esigenze di tutela, manifestamente
 arbitraria o irragionevole; tale e' invece  proprio  l'incriminazione
 della     condotta     di    coltivazione    (penalmente    rilevante
 indipendentemente dalla percentuale di principio attivo contenuta nel
 prodotto della coltivazione stessa) nelle ipotesi  in  cui  essa  dia
 luogo  a  quantita' (o qualita') di infiorescenze dalle quali non sia
 ricavabile il principio  attivo  in  misura  sufficiente  a  produrre
 l'effetto  che  costituisce  lesione  (nel caso di assunzione) ovvero
 messa in pericolo del bene tutelato  (nel  caso  di  sola  produzione
 della sostanza a seguito di coltivazione).
    4.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che la questione sia dichiarata inammissibile atteso che il Tribunale
 rimettente pretende in realta' di trasferire alla Corte  un  problema
 di   interpretazione   della  norma  ordinaria  che,  considerata  la
 fattispecie e l'orientamento della  giurisprudenza,  puo'  pienamente
 risolversi  nel  senso della avvenuta depenalizzazione della condotta
 in esame per effetto della abrogazione referendaria.
    5. - In prossimita' della camera di consiglio  l'Avvocatura  dello
 Stato  ha  depositato  una memoria insistendo per la pronuncia di non
 fondatezza della questione di costituzionalita' sollevata dalla Corte
 d'appello di Catanzaro in ragione della sostanziale diversita'  delle
 condotte poste in comparazione (da una parte "coltivazione" di piante
 da   cui   si   estraggono   sostanze   stupefacenti   e   dall'altra
 "importazione", "acquisto" o "detenzione" delle stesse).
                        Considerato in diritto
    1. - Sono state sollevate questioni  incidentali  di  legittimita'
 costituzionale:  a)  dell'art.  75  del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli  stupefacenti
 e   sostanze  psicotrope,  prevenzione,  cura  e  riabilitazione  dei
 relativi stati di tossicodipendenza), come modificato a  seguito  del
 d.P.R.  5  giugno  1993,  n.  171, nella parte in cui non prevede che
 anche la  coltivazione  di  piante  da  cui  si  estraggono  sostanze
 stupefacenti - oltre che l'importazione, l'acquisto o la detenzione -
 venga  punita  soltanto  con  sanzioni  amministrative se finalizzata
 all'uso   personale  della  sostanza,  per  sospetta  violazione  dei
 principi di ragionevolezza e di parita' di trattamento (art. 3 Cost.)
 rispetto alla condotta, non  piu'  penalmente  perseguibile,  di  chi
 illecitamente   importa,   acquista,   o  comunque  detiene  sostanze
 stupefacenti o psicotrope per farne uso personale;  b)  dell'art.  73
 del  medesimo d.P.R. n. 309 del 1990 cit. - in riferimento agli artt.
 13, 25 e 27 Cost. - nella parte in cui prevede la  illiceita'  penale
 della  condotta  di  coltivazione di piante indicate dall'art. 26 del
 d.P.R. n. 309 del 1990, da cui si estraggono sostanze stupefacenti  o
 psicotrope      univocamente     destinate     all'uso     personale,
 indipendentemente dalla percentuale di principio attivo contenuta nel
 prodotto  della  coltivazione  stessa  per  sospetta  violazione  del
 principio  della  necessaria  offensivita'  della  fattispecie penale
 nell'ipotesi  in  cui  la  coltivazione  dia  luogo  a  quantita'  (o
 qualita')   di  infiorescenze  dalle  quali  non  sia  ricavabile  il
 principio  attivo  in  misura  sufficiente   a   produrre   l'effetto
 (stupefacente)   potenzialmente   lesivo   nel   caso  di  successiva
 assunzione.
    2. - Preliminarmente i due giudizi vanno riuniti  per  connessione
 oggettiva  delle questioni di costituzionalita', in quanto, ancorche'
 diversi siano i profili e le prospettive delle due censure,  entrambi
 sono comunque attinenti al reato di coltivazione di piante, da cui si
 estraggono  sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73 del d.P.R. n.
 309 del 1990 cit.).
    3. - Va esaminata innanzi tutto la censura mossa all'art.  75  del
 d.P.R.  n.  309  del  1990  cit.  dalla  Corte d'appello di Catanzaro
 perche' di portata piu' ampia di quella sollevata  dal  Tribunale  di
 Camerino e quindi in rapporto di continenza rispetto a quest'ultima.
    4.  -  In  via  pregiudiziale  -  quanto  all'ammissibilita' della
 questione - deve considerarsi  che  la  Corte  rimettente  parte  dal
 presupposto  esegetico  della perdurante irrilevanza dell'(eventuale)
 fine perseguito dall'agente di destinare ad uso personale le sostanze
 stupefacenti estratte dalle piante, indicate nell'art. 26 del  d.P.R.
 n.  309  del  1990  cit., coltivate senza autorizzazione, fine che il
 successivo art. 75 - come emendato dopo l'esito referendario  sancito
 dal  d.P.R.  5  giugno  1993,  n.  171  -  prevede  (ma  soltanto con
 riferimento alle condotte di importazione, acquisto o  detenzione  di
 sostanze stupefacenti) quale linea di confine tra l'illecito penale e
 quello  amministrativo.  In  particolare, operando la ricognizione di
 quello che assume essere allo stato il "diritto  vivente",  la  Corte
 rimettente  esclude  che  sia  possibile,  in  via di interpretazione
 adeguatrice, far rifluire anche la condotta  della  coltivazione  per
 "uso  personale"  in  quelle  previste  dall'art.  75  cit.  e quindi
 ritenerla  depenalizzata.  Tanto  e'   sufficiente   -   prescindendo
 dall'identificabilita',   o   meno,  di  un  "diritto  vivente"  gia'
 formatosi e tenendo conto comunque dell'evoluzione  giurisprudenziale
 in  materia  - per poter passare ad esaminare nel merito la questione
 di  costituzionalita',  atteso  che  si  appalesa   come   plausibile
 l'esegesi  operata  dalla  Corte  d'appello rimettente. Ed infatti la
 giurisprudenza della Corte di cassazione, dopo un'iniziale  pronuncia
 favorevole  all'interpretazione adeguatrice (Cass., sez. VI, 3 maggio
 1994, n.  6347),  della  quale  questa  Corte  ha  tenuto  conto  per
 dichiarare     l'inammissibilita'    di    analoga    questione    di
 costituzionalita' (sentenza n.  443  del  1994),  ha  successivamente
 optato  per  un'interpretazione  stretta  che limita la rilevanza del
 fine dell'"uso personale" alle sole condotte tassativamente  indicate
 nell'art.  75,  disposizione  questa  che  non  contempla - come gia'
 rilevato - la condotta  della  "coltivazione"  (Cass.,  sez.  IV,  29
 settembre  1994  n.  12621;  Cass., sez. VI, 12 luglio 1994 n. 3353);
 esegesi quest'ultima che,  a  prescindere  dagli  eventuali  sviluppi
 ulteriori   del   cosi'   insorto  contrasto  di  giurisprudenza,  e'
 sufficiente a giustificare l'esame nel merito  della  questione  alla
 stregua  del  presupposto  interpretativo  dal  quale  muove la Corte
 rimettente.
    5. - Nel merito la questione non e' fondata in ragione  della  non
 comparabilita'  della  condotta  delittuosa,  prevista  dall'art.  73
 citato, con alcuna  di  quelle  allegate  come  tertia  comparationis
 sicche' non sussiste la denunciata disparita' di trattamento.
    Si  ha  infatti  da  una  parte  che  la  detenzione, l'acquisto e
 l'importazione   di   sostanze   stupefacenti   per   uso   personale
 rappresentano   condotte   collegate  immediatamente  e  direttamente
 all'uso stesso, e cio' rende non irragionevole un atteggiamento  meno
 rigoroso  del legislatore nei confronti di chi, ponendo in essere una
 condotta direttamente antecedente al consumo,  ha  gia'  operato  una
 scelta  che,  ancorche'  valutata  sempre  in  termini di illiceita',
 l'ordinamento non intende contrastare nella piu' rigida  forma  della
 sanzione  penale,  venendo in rilievo, in un contesto emergenziale di
 contingente aggravamento delle conseguenze  delle  tossicodipendenze,
 il   rischio   alla   salute   dell'assuntore   ove   ogni   condotta
 immediatamente antecedente al consumo fosse assoggettata  a  sanzione
 penale.  Invece  nel  caso  della  coltivazione manca questo nesso di
 immediatezza con l'uso  personale  e  cio'  giustifica  un  possibile
 atteggiamento  di  maggior  rigore, rientrando nella discrezionalita'
 del legislatore  anche  la  scelta  di  non  agevolare  comportamenti
 propedeutici  all'approvigionamento  di sostanze stupefacenti per uso
 personale.
    Per altro verso la scelta della non criminalizzazione del  consumo
 in  se'  (che  rappresenta  una  nota  costante di tale disciplina di
 settore, pur nelle alterne formulazioni ispirate a maggiore  o  minor
 rigore)  implica  necessariamente  anche,  in  qualche misura, la non
 rilevanza penale di comportamenti immediatamente  precedenti  essendo
 di  norma  la detenzione (spesso l'acquisto, talvolta l'importazione)
 l'antecedente ultimo dell'assunzione. La linea di confine  di  queste
 condotte   che,  per  il  fatto  di  approssimarsi  all'area  di  non
 illiceita' penale (quella del consumo), si giovano di riflesso di una
 valutazione di maggiore tolleranza,  e'  stata  segnata  prima  dalla
 "modica  quantita'",  poi  dalla  "dose  media  giornaliera",  infine
 dall'"uso personale"; ma si tratta pur sempre di una sorta di cintura
 protettiva del nucleo centrale
  (id est il consumo) per  evitare  il  rischio  che  l'assunzione  di
 sostanze  stupefacenti  - che il legislatore ha ritenuto da ultimo di
 contrastare  appunto   con   la   comminatoria   di   sanzioni   solo
 amministrative   per   le   condotte   ritenute  piu'  immediatamente
 antecedenti - possa indirettamente risultare di fatto assoggettata  a
 sanzione  penale.  La  coltivazione  invece  e'  esterna a quest'area
 contigua al consumo e cio' gia' di per se' rende ragione  sufficiente
 di una disciplina differenziata.
    6. - Ne' va taciuto che la stessa destinazione ad uso personale si
 presta  ad  essere apprezzata in termini diversi nelle situazioni qui
 comparate. Infatti nella  detenzione,  acquisto  ed  importazione  il
 quantitativo  di  sostanza  stupefacente  e'  certo  e  determinato e
 consente, unitamente ad altri  elementi  attinenti  alle  circostanze
 soggettive  ed  oggettive  della condotta, la valutazione prognostica
 della destinazione della sostanza. Invece nel caso della coltivazione
 non e' apprezzabile ex ante con  sufficiente  grado  di  certezza  la
 quantita'  di  prodotto  ricavabile dal ciclo piu' o meno ampio della
 coltivazione  in  atto,  sicche'  anche  la   previsione   circa   il
 quantitativo  di  sostanza  stupefacente  alla  fine estraibile dalle
 piante coltivate, e la correlata valutazione della destinazione della
 sostanza stessa ad uso personale, piuttosto che a spaccio,  risultano
 maggiormente ipotetiche e meno affidabili; e cio' ridonda in maggiore
 pericolosita' della condotta stessa, anche perche' - come ha rilevato
 la  stessa  giurisprudenza  della  Corte  di cassazione - l'attivita'
 produttiva  e'  destinata   ad   accrescere   indiscriminatamente   i
 quantitativi  coltivabili  e  quindi  ha  una  maggiore potenzialita'
 diffusiva delle sostanze stupefacenti estraibili.
    Pertanto, anche nel diverso contesto normativo  rappresentato  dal
 d.P.R.  n.  309  del  1990,  deve  pervenirsi ad una pronuncia di non
 fondatezza della questione di costituzionalita', non dissimilmente da
 quanto in precedenza gia' ritenuto da questa  Corte  con  riferimento
 agli  artt.  26, 28, 71, 72 e 80 della legge 22 dicembre 1975, n. 685
 (ordinanza n. 231 del 1982).
    7. - Neppure fondata e' la seconda questione.
    La verifica del  rispetto  del  principio  dell'offensivita'  come
 limite  di rango costituzionale alla discrezionalita' del legislatore
 ordinario nel perseguire penalmente condotte segnate da  un  giudizio
 di  disvalore  implica  la  ricognizione  della  astratta fattispecie
 penale, depurata dalla variabilita' del suo concreto atteggiarsi  nei
 singoli  comportamenti in essa sussumibili. Operata questa astrazione
 degli elementi essenziali del delitto in esame, risulta una  condotta
 (quella  di  coltivazione di piante da cui sono estraibili i principi
 attivi  di  sostanze  stupefacenti)  che  ben  puo'  valutarsi   come
 "pericolosa",  ossia  idonea  ad  attentare  al bene della salute dei
 singoli per il solo fatto di arricchire  la  provvista  esistente  di
 materia  prima  e  quindi  di creare potenzialmente piu' occasioni di
 spaccio di droga; tanto piu' che - come gia' rilevato  -  l'attivita'
 produttiva   e'   destinata   ad   accrescere  indiscriminatamente  i
 quantitativi coltivabili. Si tratta quindi  di  un  tipico  reato  di
 pericolo, connotato dalla necessaria offensivita' proprio perche' non
 e'  irragionevole  la valutazione prognostica - sottesa alla astratta
 fattispecie criminosa - di attentato al bene giuridico protetto. E  -
 come  gia'  questa  Corte ha avuto occasione di rilevare (sentenze n.
 133 del 1992 e n. 333 del 1991; ma cfr.  anche  sentenza  n.  62  del
 1986)  -  non  e'  incompatibile  con il principio di offensivita' la
 configurazione di reati di pericolo presunto;  ne'  nella  specie  e'
 irragionevole  od  arbitraria la valutazione, operata dal legislatore
 nella  sua  discrezionalita',  della  pericolosita'   connessa   alla
 condotta di coltivazione.
    8.  -  Diverso profilo e' quello dell'offensivita' specifica della
 singola condotta in concreto accertata; ove questa sia  assolutamente
 inidonea  a  porre a repentaglio il bene giuridico tutelato (come nel
 caso - prospettato dal giudice rimettente  -  della  coltivazione  in
 atto, e senza previsione di ulteriori sviluppi, di un'unica pianta da
 cui possa estrarsi il principio attivo della sostanza stupefacente in
 misura  talmente  esigua  da  essere  insufficiente,  ove  assunto, a
 determinare  un  apprezzabile  stato  stupefacente),  viene  meno  la
 riconducibilita'   della  fattispecie  concreta  a  quella  astratta,
 proprio perche' la indispensabile  connotazione  di  offensivita'  in
 generale  di quest'ultima implica di riflesso la necessita' che anche
 in concreto la offensivita' sia ravvisabile almeno in  grado  minimo,
 nella  singola  condotta  dell'agente,  in difetto di cio' venendo la
 fattispecie a rifluire nella figura del reato  impossibile  (art.  49
 cod.  pen.). La mancanza dell'offensivita' in concreto della condotta
 dell'agente non radica pero' alcuna questione  di  costituzionalita',
 ma  implica  soltanto  un  giudizio  di  merito  devoluto  al giudice
 ordinario (sentenze n. 133 del 1992 e n. 333 del 1991 gia' citate).
    Costituisce  poi  questione  meramente   interpretativa,   rimessa
 altresi'  al giudice ordinario, la identificazione, in termini piu' o
 meno restrittivi, della nozione di "coltivazione"  che,  sotto  altro
 profilo,  incide  anch'essa  sulla  linea  di  confine del penalmente
 illecito.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 75 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309  (Testo  unico  delle
 leggi   in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze
 psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
 tossicodipendenza),  come  modificato  a  seguito del d.P.R. 5 giugno
 1993,  n.  171,  sollevata,   in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Catanzaro con l'ordinanza
 indicata in epigrafe;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309  (Testo  unico  delle
 leggi   in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze
 psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
 tossicodipendenza),  sollevata, in riferimento agli artt. 13, 25 e 27
 della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Camerino  con   l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0963