N. 361 SENTENZA 13 - 24 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Adozione  -  Minori  - Requisiti soggettivi dei coniugi - Valutazione
 della  idoneita'  -  Attitudini  personali   -   Omesso   riferimento
 all'intero  ambiente  familiare - Richiamo alla interpretazione della
 giurisprudenza ordinaria in materia con riferimento alle  convenzioni
 internazionali esecutive in Italia - Non fondatezza.
 
 (Legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 6).
 
 (Cost., artt. 31 e 32).
 
(GU n.34 del 16-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici:  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
    Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge 4
 maggio  1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
 minori), promosso con ordinanza  emessa  il  22  settembre  1994  dal
 Tribunale  per  i  minorenni  di  Bologna  sull'istanza  proposta  da
 Gianluigi Guarnieri ed Elisabetta Schiavi, iscritta  al  n.  799  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 14 giugno 1995 il Giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel  corso  di  un  procedimento  promosso  per  ottenere  la
 dichiarazione  di idoneita' all'adozione internazionale, il Tribunale
 per i minorenni di Bologna, con  ordinanza  emessa  il  22  settembre
 1994,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  31  e  32  della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  6
 della  legge  4  maggio  1983,  n.  184  (Disciplina  dell'adozione e
 dell'affidamento dei  minori),  nella  parte  in  cui,  stabilendo  i
 requisiti  dei  coniugi che intendono adottare un minore, prevede che
 la valutazione della loro idoneita' si debba riferire alle attitudini
 e risorse degli stessi e non all'intero ambiente familiare.
    Il  giudice  rimettente  premette   che   i   coniugi,   i   quali
 intenderebbero   adottare   due   minori  stranieri,  sono  uniti  in
 matrimonio da oltre tre anni, sono di straordinaria qualita' umana ed
 hanno  i  requisiti  richiesti,  avendo  gia'  adottato  un   bambino
 straniero,  risultato  poi sieropositivo, perfettamente integrato nel
 loro ambiente ed amorevolmente accudito. Tuttavia proprio la presenza
 di un bambino sieropositivo nella famiglia  in  cui  si  chiede,  sul
 presupposto  dell'accertamento preventivo dell'idoneita' dei coniugi,
 di poter  inserire  altri  fanciulli  pone  problemi  per  la  tutela
 sanitaria degli adottandi.
    Il  giudice  rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale,
 che, nel contesto di una attivita' di assistenza e cura alla persona,
 ha  ritenuto  doverosa  la  previsione   di   accertamenti   sanitari
 dell'assenza di sieropositivita' all'infezione da HIV come condizione
 per  l'espletamento  di attivita' che comportino rischi per la salute
 dei terzi (sentenza n. 218 del 1994). Ritiene  che  questo  principio
 debba  essere  tenuto presente anche quando si tratta di prefigurare,
 con l'adozione, la continuita' di vita comune tra bambini,  che  puo'
 determinare,  se  si  escludono regimi non accettabili di controllo e
 separazione, un rischio di contatto ematico non  inferiore  a  quello
 delle categorie professionali che prestano cura alle persone.
    Il   Tribunale   per  i  minorenni  ritiene  che  la  disposizione
 denunciata non consenta di prendere in  esame,  per  il  giudizio  di
 idoneita'  all'adozione, soggetti diversi dai coniugi, e non permetta
 di valutare le situazioni  nelle  quali  non  e'  la  condizione  dei
 genitori  a  costituire  il  problema,  bensi' quella del figlio gia'
 inserito nella famiglia. Questa restrizione  del  campo  di  giudizio
 sarebbe  in  contrasto  con gli artt. 31 e 32 della Costituzione, che
 stabiliscono il dovere della Repubblica di proteggere l'infanzia e di
 tutelare la salute. Difatti sarebbe consentito dichiarare l'idoneita'
 all'adozione anche quando vi sia un rischio gravissimo per la  salute
 dei minori stranieri da adottare.
    2.  - Nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per  l'infondatezza della
 questione.
    L'Avvocatura sostiene che il dubbio di legittimita' costituzionale
 muove  da  preoccupazioni  condivisibili,  ma  non  appare   fondato.
 L'interpretazione  complessiva  della legge n. 184 del 1983, anche ai
 fini della dichiarazione di  idoneita'  all'adozione  internazionale,
 non  solo consente, ma impone al giudice di valutare, con i requisiti
 individuali, anche la complessiva situazione  familiare  dei  coniugi
 che  richiedono  l'adozione e nel cui ambito sara' accolto il minore.
 L'art. 22 della legge n. 184 del 1983  stabilisce  espressamente  che
 per  procedere all'affidamento preadottivo occorre considerare la sa-
 lute  e  l'ambiente  familiare  degli   adottanti.   Sebbene   questa
 disposizione si riferisca ad una fase della procedura di adozione che
 nell'adozione  di minori stranieri il giudice nazionale non affronta,
 gli elementi in essa elencati rappresentano  un'esplicitazione  delle
 circostanze  che  debbono  concorrere favorevolmente per una prognosi
 positiva sull'esito dell'affidamento e, quindi,  anche  per  valutare
 l'idoneita'  dei coniugi, tanto per l'adozione interna che per quella
 internazionale.
    Questa interpretazione, ricorda l'Avvocatura, trova pieno conforto
 nella  giurisprudenza  in  materia  di  dichiarazione  dell'idoneita'
 all'adozione internazionale, che tiene conto del contesto familiare e
 sociale dei richiedenti.
                        Considerato in diritto
    1.  - La questione di legittimita' costituzionale investe l'art. 6
 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che, nel contesto della disciplina
 dell'adozione e dell'affidamento dei minori, stabilisce  i  requisiti
 soggettivi  degli  adottanti  e, tra questi, che si tratti di coniugi
 "idonei ad educare, istruire ed in grado di mantenere  i  minori  che
 intendono adottare".
    Il  Tribunale  per  i  minorenni  di  Bologna  ritiene  che questa
 disposizione, facendo riferimento alle sole attitudini e risorse  dei
 coniugi,   non   consenta  di  tenere  conto,  anche  ai  fini  della
 dichiarazione di idoneita' all'adozione  internazionale,  dell'intero
 ambiente familiare. Sarebbe cosi' irrilevante la presenza di un altro
 figlio,  esso pure adottivo, la cui sieropositivita' all'infezione da
 HIV potrebbe mettere a rischio la  salute  dei  minori  stranieri  da
 adottare  ed inserire nella convivenza familiare. Ne deriva il dubbio
 che  la  mancata  previsione di un giudizio di idoneita' all'adozione
 riferito all'intero ambiente  familiare  degli  adottanti  violi  gli
 artt. 31 e 32 della Costituzione, che stabiliscono rispettivamente il
 dovere della Repubblica di proteggere l'infanzia e di tutelare la sa-
 lute.
    2. - La disciplina complessiva dell'adozione delineata dalla legge
 n.   184   del  1983  ha,  come  essenziale  e  dominante  obiettivo,
 l'interesse dei minori ad un ambiente familiare stabile ed armonioso,
 nel quale essi possano crescere sviluppando la loro  personalita'  in
 un  sano  ed  equilibrato  contesto  di vita, affettivo ed educativo.
 L'adozione implica di necessita'  il  pieno  inserimento  del  minore
 nella  comunita'  familiare  adottiva  (sentenza  n.  89  del 1993) e
 presuppone la valutazione dell'idoneita' dei  genitori  adottivi  non
 nella  loro isolata individualita', ma nel contesto della famiglia di
 definitiva  accoglienza,  nella  quale  l'adottato  e'  chiamato   ad
 integrarsi  pienamente.  Le  condizioni  di  vita  e  di salute nella
 comunita'  familiare  concorrono,  quindi,  ad  offrire  al  prudente
 apprezzamento  del giudice elementi di valutazione dell'idoneita' dei
 coniugi, che nella stessa comunita' hanno naturale responsabilita' ad
 educare, istruire e mantenere i figli anche adottivi, ai  quali  deve
 essere garantito un ambiente che prevedibilmente assicuri loro, in un
 contesto familiare, quella crescita sana e quello sviluppo armonioso,
 che  costituiscono  ragione e finalita' dell'adozione dei minori. Del
 resto l'attitudine ad educare, la situazione personale ed  economica,
 la  salute e l'ambiente familiare sono, tutti, aspetti che concorrono
 ad offrire elementi di  valutazione  dell'idoneita'  degli  adottanti
 (art.  22  della legge n. 184 del 1983) e che non sono ristretti alla
 sola adozione nazionale.
    Questi principi che ispirano la legge n. 184  del  1983  sono  del
 tutto  coerenti  con quelli espressi dalle convenzioni internazionali
 dirette a proteggere in modo specifico i minori, le quali ammettono e
 disciplinano l'adozione esclusivamente nell'interesse  superiore  del
 fanciullo  (si  veda  in  particolare l'art. 21 della Convenzione sui
 diritti del fanciullo, firmata  a  New  York  il  20  novembre  1989,
 ratificata  e  resa  esecutiva  con la legge 27 maggio 1991, n. 176).
 Cosi', nel decidere sull'adozione, e' previsto che  si  tenga  conto,
 oltre  che  della  personalita',  della  salute  e  della  situazione
 economica dell'adottante, anche della vita della sua famiglia e della
 situazione del suo  ambiente  familiare  (art.  9  della  Convenzione
 europea in materia di adozione dei minori, firmata a Strasburgo il 24
 aprile 1967, ratificata e resa esecutiva con la legge 22 maggio 1974,
 n. 357).
    Non  e'  dunque escluso dal complesso delle valutazioni rimesse al
 giudice, che deve  decidere  dell'idoneita'  dei  coniugi  adottanti,
 l'apprezzamento  in  concreto,  sulla  base  di tutti gli elementi di
 fatto ritenuti utili  per  il  giudizio,  della  loro  attitudine  ad
 educare  ed  istruire  i  minori  tenendo  conto dell'intero ambiente
 familiare, senza che sia  in  astratto  di  ostacolo  preclusivo,  ma
 neppure  in  principio indifferente, l'infermita' di componenti della
 comunita' familiare nella quale il minore adottando  sia  chiamato  a
 vivere  e ad integrarsi, dovendo ogni situazione essere prudentemente
 valutata dal giudice nel preminente interesse  dell'adottando,  anche
 quando  questi,  come  nell'adozione  internazionale,  non sia ancora
 individuato.
    Questa  interpretazione  dell'art.  6 della legge n. 184 del 1983,
 affermata piu' volte nella giurisprudenza ordinaria, coerente con  le
 enunciazioni  delle  convenzioni  internazionali che, rese esecutive,
 concorrono a configurare il nostro ordinamento normativo, e' adeguata
 ai principi costituzionali indicati dal giudice rimettente e consente
 di ritenere non fondata la questione di legittimita' costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   6   della   legge  4  maggio  1983,  n.  184  (Disciplina
 dell'adozione  e  dell'affidamento   dei   minori),   sollevata,   in
 riferimento  agli artt. 31 e 32 della Costituzione, dal Tribunale per
 i minorenni di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 1995.
                       Il cancelliere: DI PAOLA
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