N. 368 ORDINANZA 13 - 24 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati in genere - Estorsione - Pena minima edittale di cinque anni di
 reclusione - Sproporzione per eccesso - Quantita'  e  qualita'  della
 sanzione  penale  rientrante nella discrezionalita' del legislatore -
 Ragionevolezza - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P. art. 629, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 27, terzo comma).
 
(GU n.34 del 16-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici:  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
    Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 629, primo
 comma, del codice penale promosso con ordinanza emessa il 7  dicembre
 1994  dal  Tribunale  di  Ferrara nel procedimento penale a carico di
 Brancaleoni Carlo Alberto, iscritta al n. 9  del  registro  ordinanze
 1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4,
 prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Udito nella camera di consiglio del  14  giugno  1995  il  Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
    Ritenuto  che nel corso di un procedimento penale a carico di tale
 Carlo Alberto Brancaleoni, imputato,  tra  l'altro,  del  delitto  di
 estorsione,  il  Tribunale  di  Ferrara,  con  ordinanza  emessa il 7
 dicembre 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27,  terzo
 comma,  della  Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 629, primo comma, del codice  penale  nella  parte  in  cui
 prevede come pena minima edittale cinque anni di reclusione;
      che  a  parere  del  giudice  a  quo, la pena minima edittale di
 cinque anni di reclusione risulta sproporzionata per eccesso nei casi
 in cui - come quello di specie - l'estorsione  appare  di  non  grave
 lesivita';
      che  tale  sproporzione  si  porrebbe  in contrasto con l'art. 3
 della Costituzione, per la differenza  di  trattamento  sanzionatorio
 stabilita  per  l'analoga figura criminosa della rapina, e con l'art.
 27, terzo  comma,  della  Costituzione  in  quanto  l'elevato  minimo
 edittale  comporta  l'applicazione di pena non proporzionata al reale
 disvalore sociale del fatto;
      che nel giudizio avanti alla  Corte  costituzionale  non  si  e'
 costituita  la parte privata ne' ha spiegato intervento il Presidente
 del Consiglio dei ministri;
    Considerato che questa Corte  ha  piu'  volte  affermato  (fra  le
 molte,  v. sentenze nn. 341 e 25 del 1994 e 333 del 1991) che rientra
 nella  discrezionalita'  del  legislatore  la  determinazione   della
 quantita' e qualita' della sanzione penale, e che l'esercizio di tale
 discrezionalita'  puo' essere sindacato solo quando esso non rispetti
 il limite della ragionevolezza e dia luogo quindi a una disparita' di
 trattamento palesemente irragionevole;
      che, nel caso di specie, l'aumento della pena minima edittale da
 tre a cinque anni, introdotto  con  l'art.  8  del  decreto-legge  31
 dicembre  1991,  n.  419, convertito con modificazioni nella legge 18
 febbraio 1992, n. 712, da un lato,  non  da'  luogo  a  macroscopiche
 differenze  rispetto  al  trattamento  sanzionatorio  previsto per il
 delitto di rapina - fattispecie peraltro non del tutto assimilabile a
 quella della estorsione - e, dall'altro, come emerge dalla  Relazione
 accompagnatrice  del  disegno  di  legge  di conversione del decreto,
 appare comunque giustificato dalla esigenza di  evitare  che  possano
 essere   irrogate   pene  che,  con  il  concorso  delle  circostanze
 attenuanti, si mantengano nei limiti per la concessione del beneficio
 della sospensione condizionale della pena, a  causa  della  difficile
 individuazione   in   concreto   dell'aggravante   di  far  parte  di
 un'associazione di stampo mafioso;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  629,  primo  comma,  del  codice   penale,
 sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e 27, terzo comma, della
 Costituzione dal Tribunale di Pescara  con  l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0971