N. 370 ORDINANZA 13 - 24 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati  in  genere  -  Emissione  di  assegni a vuoto - Remissione del
 debito  -  Condizione  di  improcedibilita'  -  Omessa  previsione  -
 Richiamo  alla  decisione  della Corte in materia n. 203/93 - Valenza
 della successiva remissione del debito quale ripristino di  interessi
 patrimoniali  ma non ristoratrice dell'intervenuta lesione della fede
 pubblica - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 11).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.34 del 16-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: avv. Mauro FERRI, prof. Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,
    dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano VASSALLI, prof. Francesco
    GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.
    Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge
 15 dicembre  1990,  n.  386  (Nuova  disciplina  sanzionatoria  degli
 assegni  bancari)  promosso con ordinanza emessa il 26 settembre 1994
 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a  carico  di  Carrato
 Massimo,  iscritta  al n. 71 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale,
 dell'anno 1995;
    Udito nella camera di consiglio del  28  giugno  1995  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Carrato
 Massimo,  imputato  del  reato di emissione di assegno bancario senza
 provvista, il Pretore di Brescia con ordinanza del 26 settembre  1994
 ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  in  via
 incidentale dell'art. 11 della legge 15 dicembre 1990, n. 386  (Nuova
 disciplina  sanzionatoria  degli  assegni  bancari)  con  riferimento
 all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede, quale condizione  di
 improcedibilita'  (o come causa estintiva) per i reati afferenti agli
 assegni, anche la remissione del debito;
      che - rileva il  Pretore  remittente  -  soltanto  il  pagamento
 dell'assegno   e  degli  accessori  determina  l'improseguibilita'  o
 improcedibilita' dell'azione penale,  non  anche  la  rimessione  del
 debito  alla  quale  non puo' estendersi in via analogica la medesima
 disciplina;
      che tale esclusione e' pero' irragionevole ( ex  art.  3  Cost.)
 atteso che attraverso la remissione (totale o parziale che sia) viene
 meno  l'interesse  del creditore all'adempimento (nell'ipotesi in cui
 tale atto intervenga prima che il credito divenga  esigibile)  ovvero
 viene  meno  il  danno conseguente all'inadempimento (nell'ipotesi in
 cui la remissione intervenga successivamente);
      che  tale  assimilabilita'  della  remissione  del   debito   al
 pagamento   comporta   che,   al   fine   della  improseguibilita'  o
 improcedibilita' dell'azione penale per  il  reato  di  emissione  di
 assegno senza provvista, la disciplina non puo' che essere la stessa.
    Considerato che - come questa Corte ha gia' ritenuto (sent. n. 203
 del  1993)  e  come  risulta  altresi' affermato nella giurisprudenza
 della Corte di cassazione - la circolazione degli assegni bancari  e'
 presidiata  da  tutela  penale  in  ragione  della  loro  funzione di
 strumento di pagamento e non gia' di strumento di credito, sicche' il
 bene  giuridico  tutelato  e'  costituito  dall'affidamento  che   la
 collettivita'  fa nell'assegno come mezzo solutorio per l'adempimento
 delle obbligazioni pecuniarie;
      che la successiva remissione del debito puo' valere semmai  solo
 a ripristinare gli interessi patrimoniali, ma non elide l'intervenuta
 lesione della fede pubblica;
      che   viceversa   l'eccezionale   ipotesi   di  improcedibilita'
 dell'azione penale, introdotta dagli artt. 8 ed 11 della legge n. 386
 del 1990 per perseguire una finalita' deflattiva di  processi  penali
 relativi  a  fatti  che  non destano particolare allarme sociale, nel
 caso di pagamento non solo  dell'assegno  ma  anche  degli  accessori
 (interessi,  penale e spese di protesto), conserva comunque - proprio
 in ragione  di  tale  complessivo  (piu'  oneroso)  pagamento  -  una
 funzione  disincentivante dell'impiego dell'assegno come strumento di
 credito, funzione che invece sarebbe del tutto frustrata se anche  la
 mera  remissione  del debito sortisse il medesimo effetto di paralisi
 dell'azione penale;
      che  pertanto   e'   pienamente   giustificata   la   disciplina
 differenziata  delle due situazioni poste in comparazione, sicche' la
 censura di  costituzionalita'  allegata  dal  giudice  rimettente  si
 appalesa manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 11 della legge  15  dicembre  1990,  n.  386
 (Nuova  disciplina sanzionatoria degli assegni bancari) sollevata, in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Brescia con
 l'ordinanza trascritta in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0973