N. 381 SENTENZA 13 - 25 luglio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Imputato  che  si  avvalga della facolta' di non
 rispondere - Possibilita' che sia  data  lettura  anche  dei  verbali
 delle   dichiarazioni  rese  alla  polizia  giudiziaria  in  sede  di
 interrogatorio delegato dal P.M.  -  Omessa  previsione  -  Questione
 ormai  chiaramente risolta nel senso auspicato dal giudice rimettente
 in  seguito  alla  sentenza  della  Corte   n.   60/95   dichiarativa
 dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 513, primo comma, c.p.p.
 -  Richiamo  alle  decisioni  della  Corte  di  non  fondatezza  e di
 manifesta infondatezza nn.  476/1992,  176  e  338  del  1993  -  Non
 fondatezza - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 513, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 76, 109, 111 e 112).
 
(GU n.34 del 16-8-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 513  del  codice
 di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa il 6 giugno 1994 dal Pretore di Padova nel
 procedimento penale a carico di Ferrero Federico, iscritta al n.  544
 del  registro  ordinanze  1994  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1994;
     2)  ordinanza  emessa  il  18 ottobre 1994 dal Pretore di Padova,
 sezione distaccata di Piove  di  Sacco,  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Bartolami  Stefano,  iscritta  al  n.  707  del  registro
 ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 49, prima serie speciale, dell'anno 1994;
      Visto l'atto di intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
      Udito  nella  camera  di consiglio del 28 giugno 1995 il Giudice
 relatore Mauro Ferri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 6 giugno 1994 (r.o. n. 544/94), il  Pretore
 di  Padova  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in
 riferimento agli artt. 3, 76 e 111 della Costituzione, dell'art.  513
 del  codice  di procedura penale "nella parte in cui non prevede che,
 qualora l'imputato o le persone  indicate  nell'art.  210  c.p.p.  si
 avvalgano  della  facolta'  di non rispondere, sia data lettura anche
 dei verbali delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria in sede
 di interrogatorio delegato dal p.m. ex art. 370.1 del c.p.p.".
    Il giudice remittente premette che, in sede di  esame  di  persona
 imputata  in  procedimento  connesso  avvalsasi della facolta' di non
 rispondere, il pubblico ministero ha chiesto di  dare  lettura  delle
 dichiarazioni  da  essa  rese  alla  polizia  giudiziaria, in sede di
 interrogatorio delegato,  ma  che  tale  richiesta  non  puo'  essere
 accolta  in  base  al  disposto dell'art. 513 del codice di procedura
 penale. Cio' posto, ad avviso del giudice  a  quo,  tale  preclusione
 viola,  da  un  lato,  gli  artt.  3  e  111  della Costituzione, per
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  ad  atti   con
 identica valenza probatoria che vengono invece acquisiti al fascicolo
 del  dibattimento se utilizzati per le contestazioni (art. 503, comma
 5, del codice di procedura penale), con conseguente perdita di  fonti
 di  prova  tale  da  influire  anche  sull'obbligo  costituzionale di
 motivazione delle sentenze; dall'altro, l'art. 76 della Costituzione,
 per contrasto con la legge delega n. 81 del 1987, la cui direttiva n.
 76 prevede, all'ultimo periodo, "una specifica diversa disciplina per
 gli atti assunti dal pubblico ministero di cui  e'  sopravvenuta  una
 assoluta impossibilita' di ripetizione".
    2.1. - Con ordinanza del 18 ottobre 1994 (r.o. n. 707/94), il Pre-
 tore  di Padova - sezione distaccata di Piove di Sacco - ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.
 3,  109  e  112  della  Costituzione,  dell'art.  513  del  codice di
 procedura penale "nella parte in cui non consente che,  nel  caso  in
 cui  imputato o persona indicata dall'art. 210 c.p.p. sia contumace o
 assente o si rifiuti di sottoporsi all'esame, sia  data  lettura  dei
 verbali   delle   dichiarazioni   rese   dal  soggetto  alla  polizia
 giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari, alla presenza  del
 difensore ex art. 350.3 del c.p.p.".
    Il  giudice  remittente  premette che, in sede di esame di persona
 imputata in procedimento connesso avvalsasi  della  facolta'  di  non
 rispondere,  il  pubblico  ministero ha chiesto di dare lettura delle
 dichiarazioni da essa rese, in sede di  sommarie  informazioni,  alla
 polizia  giudiziaria,  ma  che  tale  richiesta  non  e'  allo  stato
 accoglibile ai sensi dell'art. 513 del  codice  di  procedura  penale
 (pur  dopo  la sentenza di questa Corte n. 254 del 1992). Cio' posto,
 ad avviso del giudice a quo, quest'ultima norma contrasta con  l'art.
 3  della  Costituzione,  per  disparita'  di  trattamento  in tema di
 letture,  non  giustificata  dall'identita'  dell'interrogante (tanto
 piu' alla luce delle modifiche apportate all'art. 503, comma  5,  del
 codice  di  procedura  penale); con l'art. 109 della Costituzione, in
 quanto il pubblico ministero si vede  contrastato  nell'utilizzazione
 della  polizia  giudiziaria  anche  per  atti  legittimi  e necessari
 perche' il nuovo processo penale possa utilmente funzionare;  infine,
 con l'art. 112 della Costituzione, in quanto si determina una perdita
 di   fonti  di  prova  ritualmente  acquisite,  senza  che  cio'  sia
 giustificato dalla tutela di alcun confliggente diritto.
    2.2. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, concludendo per la manifesta infondatezza della  questione,
 gia' decisa con sentenza n. 476 del 1992.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le questioni sollevate con le ordinanze di rimessione hanno
 ad oggetto la medesima norma di legge, per  cui  i  relativi  giudizi
 vanno riuniti e decisi con unica sentenza.
    2.1.  - Con ordinanza del 6 giugno 1994 (r.o. n. 544 del 1994), il
 Pretore di Padova, nel corso di un dibattimento nel quale una persona
 imputata in procedimento connesso si e' avvalsa della facolta' di non
 rispondere ai sensi dell'art. 210 del codice di procedura penale,  ha
 sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513 del
 codice medesimo (in particolare la censura deve intendersi  riferita,
 in  aderenza  alla  fattispecie,  al comma 2), nella parte in cui non
 prevede che, verificandosi la indicata evenienza, possa darsi lettura
 dei verbali delle dichiarazioni  rese  dalle  suddette  persone  alla
 polizia giudiziaria in sede di interrogatorio da questa effettuato su
 delega  del  pubblico ministero, ai sensi dell'art. 370 del codice di
 procedura penale.
    Ad avviso del remittente, la norma viola, da un lato, gli artt.  3
 e 111 della Costituzione per ingiustificata disparita' di trattamento
 rispetto  ad  atti con identica valenza probatoria (il riferimento e'
 all'art. 503, comma 5, del  codice  di  procedura  penale,  il  quale
 prevede  l'acquisizione  al fascicolo del dibattimento, se utilizzate
 per le  contestazioni,  delle  dichiarazioni  assunte  dalla  polizia
 giudiziaria  su delega del pubblico ministero), con conseguenze anche
 sull'obbligo di motivazione delle  sentenze;  dall'altro,  l'art.  76
 della  Costituzione, per contrasto con la direttiva n. 76 della legge
 di delega n. 81 del 1987.
    2.2. - La questione non e' fondata, in  quanto,  a  seguito  della
 sentenza  di questa Corte n. 60 del 1995 (successiva all'ordinanza di
 rimessione), la medesima deve ormai  intendersi  chiaramente  risolta
 nel senso auspicato dal remittente.
    Con   la   predetta   pronuncia,   infatti,  e'  stata  dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 513, comma 1, del codice di
 procedura penale "nella parte in cui  non  prevede  che  il  giudice,
 ricorrendone le condizioni, disponga che sia data lettura dei verbali
 delle  dichiarazioni  dell'imputato assunte dalla polizia giudiziaria
 su delega del pubblico ministero".
    A  tale  conclusione  la  Corte  e'  pervenuta  sulla  base  della
 essenziale   considerazione  che  l'interrogatorio  effettuato  dalla
 polizia giudiziaria a cio' delegata si svolge (cosi' come, del resto,
 avviene per gli altri atti delegabili, ai sensi dell'art. 370,  comma
 1,   del   codice  di  procedura  penale)  con  le  stesse  modalita'
 garantistiche  di  quello   compiuto   personalmente   dal   pubblico
 ministero,   ed  e'  anzi  assistito  dall'ulteriore  garanzia  della
 presenza obbligatoria del  difensore.  Ne  derivava  una  irrazionale
 disparita'  di disciplina nel regime di utilizzazione processuale, in
 deroga al criterio di assimilazione seguito nello stesso codice (cfr.
 il citato art. 503, comma 5), tra atti diretti ed atti delegati.
    Cio' posto, appare evidente l'immediato riflesso di tale pronuncia
 sulla disciplina dettata dall'impugnato  coma  2  dell'art.  513  del
 codice  di  procedura  penale - relativo, come detto sopra, all'esame
 delle persone indicate nell'art. 210 -,  il  quale  rinvia  al  comma
 precedente   in   ordine   alla   individuazione   del  novero  delle
 dichiarazioni  rese  prima  del  dibattimento,   dei   cui   verbali,
 ricorrendone  i presupposti (tra i quali, a seguito della sentenza n.
 254 del 1992 di questa Corte, anche l'essersi avvalsi della  facolta'
 di  non rispondere), puo' essere disposta la lettura. Del resto, come
 questa Corte ha evidenziato nella sentenza da  ultimo  citata,  dalla
 circostanza che, in presenza di procedimenti connessi o collegati, si
 addivenga  o  meno  al  simultaneus  processus  non  possono derivare
 disparita' di regime in tema di lettura, e quindi di utilizzabilita',
 delle  dichiarazioni  rese  durante  le  indagini  preliminari  dagli
 imputati di detti procedimenti.
    3.1.  -  Con ordinanza del 18 ottobre 1994 (r.o. n. 707 del 1994),
 il Pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco, nel corso
 di un dibattimento  in  cui  una  persona  imputata  in  procedimento
 connesso  si  e'  avvalsa  della  facolta' di non rispondere ai sensi
 dell'art. 210 del codice di procedura penale, ha sollevato  questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  513  del codice medesimo
 (anche  in  questo  caso  la   censura   deve   intendersi   riferita
 specificamente  al  comma  2),  nella  parte  in cui non prevede che,
 verificandosi detta evenienza, sia data  lettura  dei  verbali  delle
 dichiarazioni rese dalle indicate persone alla polizia giudiziaria in
 sede  di  assunzione  di sommarie informazioni ai sensi dell'art. 350
 del codice di procedura penale, con l'assistenza del difensore.
    Ad avviso  del  remittente,  la  norma  viola  gli  artt.  3  (per
 disparita'  di  trattamento  probatorio  non  giustificata,  data  la
 presenza del difensore,  dall'identita'  del  soggetto  interrogante,
 polizia giudiziaria o pubblico ministero), 109 (in quanto il pubblico
 ministero  "si  vede  contrastato  nell'utilizzazione  della  polizia
 giudiziaria") e 112 della Costituzione (poiche' ne deriva una perdita
 di fonti di prova  non  motivata  da  esigenze  di  tutela  di  alcun
 confliggente diritto).
    3.2. - La questione e' manifestamente infondata.
    Con  sentenza  n.  476 del 1992 (seguita dalle ordinanze nn. 176 e
 338 del  1993),  questa  Corte  ha  dichiarato  non  fondate  (e  poi
 manifestamente infondate) analoghe questioni, sia pure specificamente
 relative  all'art.  513,  comma  1,  del  codice,  sulla  base  della
 considerazione che la norma citata, escludendo dalla possibilita'  di
 lettura le sommarie informazioni assunte dalla polizia giudiziaria ex
 art.   350   del  codice  di  procedura  penale,  non  e'  certamente
 irragionevole, data la sostanziale differenza, sotto l'angolo visuale
 delle garanzie difensive  dell'imputato,  tra  tale  atto  d'indagine
 della  polizia giudiziaria e l'interrogatorio effettuato dal pubblico
 ministero, soltanto quest'ultimo  essendo  soggetto  alla  disciplina
 garantistica  di  cui all'art. 65 del codice. Si e' poi aggiunto che,
 proprio perche' la norma in esame attiene, come s'e' detto,  al  tema
 delle   garanzie   difensive  dell'imputato,  il  richiamo  ad  altri
 parametri costituzionali (quali, in quelle occasioni, gli artt. 24  e
 112) risulta inconferente.
    Cio'  posto,  appare  evidente che le anzidette argomentazioni non
 possono non valere anche per il caso ora in esame, nel quale  non  e'
 ravvisabile  alcun  argomento  nuovo  che  possa  indurre  a  diverse
 conclusioni (il richiamo all'art. 109 della Costituzione e' del tutto
 fuori luogo), e tenuto conto di quanto detto  sopra  in  ordine  alla
 identita'   di   disciplina  che,  sul  punto  in  discussione,  deve
 sussistere tra il primo e il secondo comma dell'art. 513  del  codice
 di procedura penale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 513, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in
 riferimento agli artt. 3, 76 e 111 della Costituzione, dal Pretore di
 Padova con l'ordinanza in epigrafe;
      dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 513, comma  2,  del  codice  di
 procedura  penale,  sollevata, in riferimento agli artt. 3, 109 e 112
 della Costituzione, dal Pretore  di  Padova,  sezione  distaccata  di
 Piove di Sacco, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 25 luglio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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