N. 44 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 agosto 1995

                                 N. 44
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria l'8 agosto 1995 (della regione Veneto)
 Servizi antincendi - Disposizioni urgenti per prevenire e
    fronteggiare  gli  incendi  boschivi  sul  territorio  nazionale -
    Attribuzione  alla  Presidenza   del   Consiglio   dei   Ministri,
    Dipartimento   della   protezione   civile   della   potesta'   di
    sperimentazione e acquisizione  di  nuove  tecniche  da  impiegare
    nello  spegnimento degli incendi boschivi e di utilizzazione delle
    associazioni  di  volontariato  -  Previsione  di  uno   specifico
    finanziamento  per  le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del
    fuoco per le spese  relative  ai  vigili  del  fuoco  volontari  e
    comunque per il personale del corpo e della facolta' delle regioni
    di   stipulare  convenzioni  con  il  Ministero  dell'interno  per
    l'utilizzazione  dei  vigili  del  fuoco,  assumendosene   l'onere
    finanziario  -  Lamentata  violazione  della  sfera  di competenza
    regionale in materia di difesa dei boschi dagli incendi (legge  n.
    47/1975  e d.P.R. n. 616/1977) - Violazione del principio di leale
    collaborazione per il mancato concerto  con  le  regioni  -  Abuso
    dello  strumento  del  decreto-legge  per  la  reiterazione  dello
    stesso, in assenza dei presupposti  di  necessita'  ed  urgenza  -
    Riferimento  alle sentenze della Corte costituzionale nn. 302/1988
    e 157/1995.
 (D.-L. 10 luglio 1995, n. 275, artt. 1, secondo e terzo comma, 2,
    primo comma, e 3).
 (Cost., artt. 77, 117 e 118, in relazione alla legge 23 agosto 1988,
    n. 400, art. 15).
(GU n.41 del 4-10-1995 )
    Ricorso in via principale della regione  Veneto,  in  persona  del
 presidente della Giunta regionale autorizzato con deliberazione della
 Giunta  del  25  luglio  1995,  n.  3985 rappresentato e difeso dagli
 avv.ti Giorgio Berti, Romano Morra e  Guido  Viola  con  elezione  di
 domicilio  nello  studio di quest'ultimo in Roma, via N. Piccolomini,
 34 contro  il  Presidente  del  consiglio  dei  Ministri  (Avvocatura
 generale   dello  Stato),  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
 costituzionale dell'art. 1, comma 1 e 3,  dell'art.  2,  comma  1,  e
 dell'art.  3,  d.-l.  10  luglio  1995  n.  275, recante disposizioni
 urgenti  per  prevenire  e  fronteggiare  gli  incendi  boschivi  sul
 territorio nazionale.
                               F A T T O
    Le  disposizioni  impugnate costituiscono una sorta di riedizione,
 sia pure con modifiche e adattamenti, di analoghe norme espresse  dal
 Governo con d.-l. 15 giugno 1994, n. 377 convertiti in legge 8 agosto
 1994, n. 497. Contro le disposizioni degli artt. 1, comma 1, di detto
 decreto-legge   la   regione  Veneto  aveva  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale per violazione deg artt. 117 e 118  Cost.
 in  relazione  all'art. 69, comma 3, d.p. 24 luglio 1977 n. 616, alla
 legge 1 marzo 1975 n. 47 (difesa  dei  boschi  dagli  incendi),  alla
 legge 4 dicembre 1993, n. 491 sul riordino delle competenze regionali
 in  materia  agricola e istituzione del nuovo Ministero delle risorse
 agricole),  al  d.P.R.  15  marzo  1994  n.   197   (regolamento   di
 organizzazione  di  tale  Ministero) e alla legge 6 dicembre 1991, n.
 394 (legge quadro sulle aree protette).
    La   regione   protesto'   allora   per   l'esclusione   di   ogni
 partecipazione al piano di rilevamento degli incendi e alla selezione
 e  impiego  degli  operatori  antincendio.  Oltre a questa violazione
 delle competenze regionali, il precedente decreto dimostrava  che  la
 motivazione   del   finanziamento,   e  cioe'  la  prevenzione  e  il
 fronteggiamento degli incendi, fosse bastata a consentire allo  Stato
 di   prescindere   dalle  competenze  regionali  e  quindi  di  fatto
 sottometterle. Il d.P.R.   n. 616/1977  aveva  gia'  trasferito  alle
 regioni  le  funzioni  relative alla difesa dei boschi dagli incendi,
 funzioni  che  apparivano  gia'   prefigurate   come   essenzialmente
 regionali o da svolgersi in collaborazione con le regioni nella legge
 n.  47/1975.  Tali competenze, ricavate dalle disposizioni ora dette,
 ma anche dall'art. 1 della legge n. 491/1993, apparivano  negate  dal
 decreto-legge  del  1994  anche  sotto il profilo del principio della
 cooperazione doverosa con le regioni, gia' di per se stesse investite
 del compito di costituire servizi boschivi antincendio.
    Invece di dare luogo a strutture d'intesa, appunto  doverosa,  con
 le regioni, il decreto-legge del 1994 aveva concentrato nel Ministero
 delle  risorse  agricole  l'imputazione  di  tutte  le  attivita'  in
 materia, e utilizzato le Regioni solo come sede territoriale  o  come
 ubicazione  dei  servizi  antincendio.  Cio' contrastava anche con la
 competenza regionale di cui all'art. 7, comma 3,  legge  n.  47/1975:
 invero, sia i servizi di volontariato sia l'utilizzazione delle opere
 sono  di  competenza  regionale,  mentre la competenza dello Stato e'
 limitata al servizio aereo e all'impiego dei  vigili  del  fuoco.  Le
 regioni  poi  erano  state estraniate (art. 1, comma 2, lett. c)) del
 1994) dal piano  di  rilevamento  degli  incendi  formato  attraverso
 l'intesa  fra  i Ministeri delle risorse agricole e dell'ambiente. Ma
 anche la selezione  e  l'impiego  degli  operatori  antincendi  e  il
 collegamento,   stabilito   dal   decreto-legge,   tra  il  piano  di
 rilevamento degli incendi  e  la  disciplina  dei  parchi  e  riserve
 ambientali  di  pregio naturalistico e culturale (materia pure questa
 di  competenza  regionale),  vedevano  completamente  allontanate  le
 Regioni.
    In  pratica,  allora,  il pretesto dell'urgenza aveva agevolato il
 Governo nella formulazione di un testo normativo comprendente oggetti
 diversi, ma tutti raccolti  nella  luce  del  potere  statale  e  del
 finanziamento  delle  opere, divenuto a sua volta anch'esso mezzo per
 stravolgere l'assetto dei rapporti tra regione e Stato  alla  stregua
 del principio di cooperazione.
    Su  questo  ricorso  si  pronunzio'  l'ecc.ma Corte con sent. 8-10
 maggio 1995, n. 157: pur confermando l'esclusione dell'illegittimita'
 di interventi statali attinenti a materie  di  competenza  regionale,
 "allorche'  essi  presentino  il carattere della straordinarieta' e i
 relativi finanziamenti risultino aggiuntivi rispetto ai trasferimenti
 ordinari" (per la notorieta' del carattere di  eccezionale  emergenza
 assunto dal fenomeno degli incendi e l'esigenza di rendere unitario e
 non  dispersivo  l'impulso  al  potenziamento  delle  strutture),  la
 sentenza ha ritenuto fondate le censure svolte dalla  Regione  Veneto
 in  merito  al reclutamento di operatori antincendio volontari e alla
 selezione  e  all'impiego  di  tali  operatori  ad  opera  del  Corpo
 forestale   dello   Stato.  Ha  percio'  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 2,  del  citato  decreto-legge,  in
 quanto  non  riserva il potere di impiego degli operatori antincendio
 volontari alla Regione a cui questi sono stati destinati  nel  quadro
 dei piani regionali antincendio. Ugualmente fondata e' stata ritenuta
 la  censura  relativa  alla  mancata  previsione della cooperazione e
 dell'intesa fra Stato e Regione per quanto attiene al rapporto fra la
 lotta agli incendi e la tutela delle aree naturali  protette.  A  tal
 proposito,  anzi, la Corte ha espressamente richiamato all'attenzione
 del legislatore il fatto che "il problema della  lotta  agli  incendi
 per  la  molteplicita'  di riferimenti normativi, per la pluralita' e
 convergenza   di   competenze,   e   sopratutto   per   la   gravita'
 dell'interesse  sotteso,  esige  un'opera legislativa che riconduca a
 sistema le svariate attribuzioni oggi esistenti  secondo  un  disegno
 organico e coordinato, non limitato ad un rapporto evento-intervento,
 bensi'  comprensivo  di prevenzione, di repressione dei comportamenti
 colposi e dolosi, di ripristino dei luoghi, di  coinvolgimento  della
 collettivita".
    In completo dispregio di tale precisa raccomandazione della Corte,
 il  decreto legge impugnato contiene una nuova serie di misure per la
 lotta agli incendi come intervento ancora una volta straordinario  ed
 urgente,  e  quindi  estemporaneo  e  non  coordinato  con  l'insieme
 normativo  di  prevenzione  e  di  repressione  degli  atti   e   dei
 comportamenti  che  favoriscono,  quando non causano, gli incendi nei
 boschi.
    Oltre  all'usa   indebito   della   legislazione   d'urgenza,   il
 decreto-legge  impugnato  presenta  altre violazioni della competenza
 costituzionale della Regione.
                             D I R I T T O
    1. - Violazione degli artt. 117 e 118 Cost. in relazione  all'art.
 77 Cost. e all'art. 15 legge 23 agosto 1988, n. 400.
    Le  disposizioni  del  decreto-legge  impugnato  e  in particolare
 quelle degli artt. 1  e  3,  per  i  modi  con  i  quali  sono  state
 congegnate  e  per  i  loro contenuti, dimostrano l'insussistenza dei
 presupposti della necessita' e dell'urgenza che consentono il ricorso
 a questo mezzo di produzione legislativa.
    Va subito  rilevato  che  l'uso  anomalo  e  incostituzionale  del
 decreto-legge  non  puo'  non  assumere  efficacia  legislativa delle
 competenze regionali, in quanto le Regioni vengono, per il  contenuto
 delle   disposizioni   del  decreto,  coinvolte  in  attivita'  o  in
 prestazioni che, alla stregua  della  disciplina  fondamentale  delle
 loro funzioni, vogliono invece una procedura legislativa parlamentare
 e quindi "normale".
    Nella   specie   si  verifica  infatti  una  insolita  situazione:
 decreti-legge a cadenza annuale, cosi' come appunto  nel  caso  della
 difesa  degli  incendi  boschivi,  realizzano un anomalo collegamento
 normativo, dimostrando inplicitamente che la loro emanazione  non  e'
 dovuta  a  situazioni nuove, ma a situazioni prevedibili e prevedute,
 comunque riproducibili di anno in anno, di stagione in stagione.
    Cio'  comporta  lo  stesso effetto della reiterazione dei decreti.
 Anche se poi convertiti in legge, questi decreti,  per  il  fatto  di
 essere  rinnovati  di anno in anno, mettono in luce l'inesistenza dei
 presupposti dell'art. 77, e producono allo stesso  tempo  un  effetto
 sussultorio  nei  confronti  delle  competenze regionali, chiamate di
 volta in  volta  a  confrontarsi  con  novita'  imposte  dai  singoli
 decreti-legge.
    Nella  sentenza  n.  302/1988 e' stato messo in luce come la Corte
 ben possa valutare la ricorrenza dei presupposti voluti dall'art.  77
 Cost.,  sia  pure  nella luce della legittimita' costituzionale della
 successiva legge di conversione. Tuttavia, non si puo' ricacciare  un
 rilievo  che  viene  spontaneo, quando appunto il decreto-legge cozza
 con la competenza regionale per il solo  fatto  di  venir  utilizzato
 annualmente come se fosse divenuto un mezzo ordinario di interferenza
 delle  competenze  statali  in  quelle  regionali.  Vi  e'  cioe' uno
 speciale effetto del decreto-legge, sotto il profilo dell'inesistenza
 dei  presupposti,  che  si  ripercuote  immediatamente  sul  rapporto
 Stato-Regione.
    In  piu'  risalta  nella  specie  la  totale  sordita' del Governo
 all'ammonimento  della  Corte  espresso  appunto  nella  sentenza  n.
 157/95,  circa  la necessita' di un'opera legislativa che riconduca a
 sistema le svariate attribuzioni oggi esistenti, secondo  un  disegno
 organico e coordinato non limitato ad un rapporto evento-intervento.
    Orbene,  in  questa  dichiarazione  della  Corte  e'  implicita la
 censura  in  ordine  all'invenzione  anno  per  anno  di  inesistenti
 presupposti   di   straordinarieta'  ed  urgenza  di  fronte  ad  una
 compresenza permanente e si direbbe di per se' organica  di  svariate
 attribuzioni  statali  e  regionali.  Allora il decreto-legge diviene
 appunto una misura illeggittima non solo in rapporto  alla  legge  di
 conversione  ma  anche  e  ancor  prima  in  confronto ad una realta'
 pratica e normativa che ha  sia  pure  nella  prospettiva  di  eventi
 calamitosi,  una  ricorrenza  che  puo' ben dirsi naturale o normale.
 Percio' il difetto dei presupposti della  necessita'  e  dell'urgenza
 colpisce  gia',  di  fronte  alle  competenze  regionali  e alla loro
 necessaria  tutela,  il  decreto-legge,  prima   che   questo   venga
 sottoposto al Parlamento e convertito. Naturalmente tale vizio prende
 ancor maggiore rilievo e pesantezza nel procedimento di conversione.
    2.  - Violazione degli artt. 117 e 118 Cost. in relazione all'art.
 69, comma 3, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alla legge 1 marzo  1975,
 n.  47 (difesa dei boschi dagli incendi), alla legge 4 dicembre 1993,
 n. 491 (riordino delle competenze regionali  in  materia  agricola  e
 forestale  e  istituzione  del  Ministero delle risorse agricole), al
 d.P.R. 15 marzo 1994, n. 197 (regolamento di organizzazione di  detto
 Ministero)  e  alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle
 aree protette), alla legge 11 agosto 1991, n. 266, artt. 2,  7  e  10
 (legge  quadro  volontariato)  e  infine  agli artt. 9 e 10 d.P.R. 21
 settembre 1994, n.  613  (regolamento  relativo  alla  partecipazione
 delle  associazioni  di  volontariato  nelle  attivita' di protezione
 civile).
    Le disposizioni impugnate sono in  realta'  elusive  dei  precetti
 ricavati  dalla  sentenza n. 157/1995 dall'insieme delle disposizioni
 concernenti le competenze in materia di prevenzione e fronteggiamento
 degli incendi boschivi, di protezione civile, di volontariato.
    La   sentenza  della  Corte  ebbe  a  dichiarare  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 2, d.-l. n. 377/1994, in quanto non
 riservava il potere di impiego degli operatori antincendio  volontari
 alla  Regione  cui  questi  sono  destinati,  nel  quadro  dei  piani
 regionali ed interregionali antincendio.  Ebbene,  il  nuovo  decreto
 (art.  1,  comma  3)  ricade nello stesso vizio rilevato e condannato
 nella sentenza della Corte. Infatti,  tale  disposizione  attribuisce
 alla  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  - Dipartimento della
 protezione civile non solo la  sperimentazione  e  l'acquisizione  di
 nuove   tecniche  da  impiegare  per  lo  spegnimento  degli  incendi
 boschivi,   ma   anche   l'utilizzazione   delle   associazioni    di
 volontariato.  Che cio' avvenga a dispetto delle competenze regionali
 e con completa disattenzione ai piani  regionali,  risulta  non  solo
 dalla  ovvia  circostanza  che  questi  non sono neppure nominati, ma
 anche dal fatto che  la  spesa  e  il  finanziamento  sono  riservati
 all'organo  statale.  Si  tratta  di  un  caso  in cui, attraverso il
 finanziamento, si definisce anche il confine della competenza. Questo
 confine e' definito a favore dello Stato,  in  dispregio  appunto  di
 quanto  affermato e deciso dalla sentenza n. 157/1995 della Corte. Le
 associazioni  di  volontariato  possono   partecipare   al   servizio
 antincendi  nei  limiti  del  territorio  in  cui sono radicate ed e'
 questo radicamento che, come appare anche negli  artt.  9  e  10  del
 d.P.R.  613/1994,  richiama  la competenza regionale. Tale competenza
 dunque deve ritenersi ancora una volta violata.
    Ugualmente dicasi quanto all'acquisizione  di  nuove  tecniche  di
 spegnimento,  che  non  appartengono in via esclusiva al Dipartimento
 per  la  protezione  civile  all'infuori  delle   tecniche   relative
 all'impiego  dei  mezzi  aerei:  anche a questo riguardo, infatti, e'
 facile rilevare che, mediante il finanziamento, si e'  affermata  una
 competenza dello Stato, e cio' in modo esclusivo, dal momento che non
 si  e'  fatta  salva  la  competenza concorrente della Regione. Anche
 nell'invenzione di nuove tecniche non  si  puo'  infatti  prescindere
 dalla  collaborazione tra Stato e Regione, dal momento che proprio il
 piano regionale relativo alla prevenzione e  allo  spegnimento  degli
 incendi  non puo' non comprendere la sperimentazione e l'acquisizione
 di nuove tecniche. L'art. 69, comma 3, d.P.R. n.  616/1977  mette  in
 chiara  evidenza  l'appartenenza alle Regioni dell'organizzazione dei
 servizi  antincendi,  dove  e'  implicita  l'adozione   di   tecniche
 appropriate.  Anche  a  questo proposito vale la separazione rispetto
 all'organizzazionee alla gestione del servizio aereo, il  quale  pure
 peraltro  richiede  l'intesa  con  le  Regioni.  L'art.  1  del nuovo
 decreto-legge, adottando la tecnica del  finanziamento,  finisce  con
 l'assorbire anche le competenze regionali di cui all'art. 69, comma 3
 predetto   nella   competenza  governativa,  la  quale  appare  cosi'
 congegnata ancora  in  modo  da  escludere  non  solo  le  competenze
 regionali  riconosciute  dal d.P.R. 616, ma anche l'intesa necessaria
 con le Regioni, la' dove la competenza e' rimasta allo Stato.
    Quest'ultima competenza riguarda appunto la gestione degli  aerei:
 allora,   se   il  finanziamento  annuale  che  lo  Stato  fa  con  i
 decreti-legge e per quest'anno con quello impugnato, viene esteso  ad
 altri  settori  della  lotta  agli  incendi  boschivi,  senza neppure
 prevedere l'intesa  con  la  Regione  cui  spetta  la  competenza  in
 materia,  delle  due  l'una:  o  lo  Stato si appropria di competenze
 regionali e  viola  sotto  questo  profilo  l'art.  117  Cost.  e  le
 correlative  leggi  di attuazione, oppure, ammesso che lo Stato possa
 avvalersi,  nella  funzione  di cui si tratta, di soggetti o corpi od
 organi propri, esso non puo' non stabilire mezzi idonei per  l'intesa
 con le Regioni anche sotto il profilo finanziario.
    Non si vede infatti, tra l'altro, perche' i finanziamenti relativi
 alla  sperimentazione  e  all'acquisizione  di  nuove tecniche e alla
 utilizzazione delle associazioni di volontariato (art.  1,  comma  3,
 decreto-legge impugnato) nonche' le contribuzioni per le esigenze del
 Corpo  nazionale  dei vigili del fuoco (specie quando le Regioni sono
 autorizzate  a  stipulare  apposite   convenzioni   con   lo   Stato,
 assumendosene  le  spese,  per l'utilizzo del personale relativo) non
 debbano essere stabiliti  anche  a  favore  delle  regioni,  oltre  i
 normali  flussi finanziari di cui le Regioni beneficiano: se lo Stato
 ritiene di dover finanziare in  modo  speciale  i  propri  corpi,  in
 materia nella quale la sua competenza quanto meno concorre con quella
 regionale,  vuol  dire  che  neppure l'ordinaria finanza regionale e'
 sufficiente a comprendere questi  servizi;  ed  allora  l'obbligo  di
 finanziare  le  Regioni  sarebbe espressione del riconoscimento delle
 loro competenze. Esiste dunque un latente  scoordinamento  in  questa
 legislazione  di  emergenza,  che  sembra formulata appositamente per
 attrarre allo Stato delle competenze regionali.
    Anche l'art. 3 del decreto-legge appare percio' illegittimo  nella
 sua  interezza,  giacche',  invece  che agevolare finanziariamente le
 Regioni, le punisce ove esse stipulino convenzioni con lo  Stato  per
 l'utilizzo  del  servizio  dei  vigili  del  fuoco, addirittura anche
 quando si tratti dell'utilizzo di vigili del fuoco volontari, cui  si
 riferisce l'art. 2 del decreto stesso.
    Sia  l'art.  2 che l'art. 3, nella combinazione dei loro disposti,
 contengono un palese vizio di illegittimita', anche sotto il  profilo
 dell'art.   97   Cost.,   perche',  mentre  prevedono  uno  specifico
 finanziamento per le esigenze del  Corpo  nazionale  dei  vigili  del
 fuoco per spese relative ai vigili del fuoco volontari e comunque per
 il  personale  del  Corpo (dove e' implicito il riconoscimento che lo
 spegnimento degli incendi  appartenga  ai  compiti  di  tale  Corpo),
 stabiliscono  poi che le Regioni possano stipulare convenzioni con il
 Ministero  dell'interno  per  l'utilizzo  dei   vigili   del   fuoco,
 assumendosene  l'onere  finanziario;  come  se  questo  utilizzo  non
 dipendesse dall'esercizio di una competenza regionale e  come  se  lo
 spegnimento  degli incendi dovesse farsi rientrare come normale nella
 sfera di competenza del Corpo stesso quando si tratta dello Stato,  e
 non  fosse  piu' naturale e normale quando la richiesta di intervento
 proviene dalla Regione.
    Tutto cio', con specifico riferimento agli artt. 1, commi 2  e  3,
 all'art.  2,  comma  1,  e  all'art.  3  del decreto-legge impugnato,
 dimostra  abbondantemente  non  solo  l'invasione  della   competenza
 regionale  quanto  meno  sotto  il profilo del sostanziale difetto di
 intesa Stato-Regione,  ma  anche  il  perfetto  scoordinamento  nella
 disciplina  della  materia,  che  il  decreto-legge  alimenta  contro
 l'ammonimento della Corte di cui alla sentenza n. 157/1995, contenuto
 al n. 6 di detta sentenza (esigenza di una legislazione sistematica).
    Viene   infine   naturale   pensare   che   l'aggravamento   dello
 scoordinamento,  attraverso  l'adozione  di  disposizioni  urgenti di
 finanziamento articolate per settori e per occasioni  di  intervento,
 celi  il  disegno  di ricondurre allo Stato tutto cio' che in materia
 appartiene alla Regione (in particolare il reclutamento dei volontari
 e  la loro selezione, l'adozione di nuove tecniche per lo spegnimento
 degli incendi boschivi, l'utilizzo dei vigili del fuoco  volontari  e
 l'aggravamento   dell'onere   per   le   Regioni   quando  si  tratti
 dell'utilizzo del Corpo dei vigili del fuoco). La Regione in  realta'
 viene  cosi'  diminuita  nell'utilizzo  della  propria  competenza in
 materia di incendi boschivi e il centro  di  imputazione  continua  a
 rimanere  nel  Ministero  delle  risorse  agricole e nel Dipartimento
 della protezione civile.
   Cio' premesso  si  chiede  che  l'ecc.ma  Corte  voglia  dichiarare
 l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni del
 decreto-legge impugnato, indicate in premessa.
                          (firme illeggibili)
 
 95C1079