N. 521 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 giugno 1995
N. 521 Ordinanza emessa il 1 giugno 1995 dal pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Borgianni Massimo ed altra Processo penale - Impedimento legittimo a comparire del difensore per sciopero degli avvocati - Incidenza sulla funzione giurisdizionale e sull'amministrazione della giustizia - Lesione del diritto inviolabile dell'uomo ad essere giudicato in tempo ragionevole e del diritto di difesa - Violazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione della giustizia, della soggezione del giudice solo alla legge e dell'obbligatorieta' dell'azione penale - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 114/1994. (C.P.P. 1988, art. 486, quinto comma). (Cost., artt. 2, 24, primo e secondo comma, 97, 101, secondo comma, e(GU n.39 del 20-9-1995 )
112). IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 13699/1993 r.n.r., n. 1358/1994 r.g. Pret.; Rilevato che il difensore di fiducia dell'imputato ha dichiarato di aderire all'astensione dalle udienze deliberata dall'unione delle camere penali italiane il 27 giugno 1995 e dall'Assemblea degli avvocati italiani il 28 maggio 1995; Rilevato che il p.m. si e' opposto al rinvio ed ha in subordine prospettato questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 486.5 c.p.p. in relazione all'art. 97 Cost.; Rilevato che la questione della astensione dalle udienze dei difensori e' priva di disciplina legislativa, nonostante la gravita' del fenomeno (che anche in tempi recenti ha interessato per periodi temporali assolutamente dilatati alcuni Uffici giudiziari) e le espresse indicazioni della Corte costituzionale (v. sent. 114/1995) e nonostante che il legislatore abbia invece da tempo disciplinato lo sciopero dei pubblici dipendenti nei servizi essenziali; Rilevato che la giurisprudenza della Corte di cassazione, dopo iniziali pronunce negative (v. Sez. 3, sent. 7753 dep. 26 agosto 1995, Decio e Sez. 1, sent. 2517 dep. 22.2.1990, Zeno) ha da ultimo costantemente ricondotto il fatto della astensione dalle udienze alla nozione processuale di legittimo impedimento (v. Sez. 3, sent. 8533 dep. 14 settembre 1993, Capaci; Sez. 4, sent. 6604 dep. 5 luglio 1993, Montagnoli; Sez. 3, sent. 8338 dep. 23 luglio 1994, Riccio); Rilevato che la questione che si pone e' quindi se l'astensione dalle udienze sia in ogni caso, quali che siano le sue concrete modalita', fatto costituente legittimo impedimento ex art. 486.5 c.p.p.; Rilevato che, in assenza di una disciplina positiva, sono astrattamente prospettabili entrambe le due soluzioni interpretative, quella secondo cui in ogni caso prevale il diritto di protesta della classe forense anche quando le concrete modalita' della stessa determinino "la paralisi dell'esercizio della funzione giurisdizionale - funzione con un risalto primario nell'ordinamento dello Stato - con conseguente grave compromissione di fondamentali principi che il costituente ha inteso affermare" (sent. 114/1994 gia' ricordata), e quella secondo la quale il diritto di protesta - pur costituzionalmente garantito anche in forma associativa - deve confrontarsi con gli altri fondamentali principi e diritti pure costituzionalmente garantiti, sicche' costituisce legittimo impedimento solo il diritto di protesta che si eserciti con modalita' che salvaguardino gli altri diritti e principi costituzionali confliggenti; Ritenuto che, quanto all'astensione dalle udienze dei difensori (e impregiudicata la questione interpretativa se anche al difensore nominato d'ufficio dopo che il giudice abbia ritenuto non sussistente l'impedimento legittimo del difensore di fiducia debba essere riconosciuto il diritto di astensione, questione che in questo processo non rileva), se e' vero che manca una disciplina legislativa e' pur vero che il legislatore si e' gia' con chiarezza pronunciato sul bilanciamento dei principi e diritti - con la legge 12 giugno 1990 n. 146 - che in casi del genere vengono in conflitto; Ritenuto in particolare che ancorche' la legge citata non si applichi agli esercenti la professione forense, tuttavia essa afferma dei principi (in particolare quelli del congruo preavviso, del termine certo di cessazione, delle cause comunque sottratte all'impedimento della trattazione) che, essendo dettati in ragione della peculiare natura del servizio e della funzione e non in ragione della qualita' dei soggetti che si astengano dalle proprie doverose prestazioni, non possono non essere considerati vincolanti sul piano interpretativo; Ritenuto che le considerazioni prospettate dal p.m. vanno integralmente condivise, ove si accedesse all'interpretazione della sussistenza di un diritto di protesta della classe forense assoluto, con modalita' stabilite discrezionalmente dagli organi associativi anche opposte a quelle individuabili dall'esame della normativa vigente; Rilevato infatti che, in questa occasione: a) quanto alla deliberazione; si e' in presenza di una pluralita' di soggetti associativi che deliberano astensioni anche non coordinate tra loro, alcune senza preavviso e tutte senza termine certo, tutte sostanzialmente rivolte agli stessi soggetti che volta per volta aderiscono o possono aderire per la pluralita' formale delle appartenenze associative; si consideri che l'Assemblea generale degli avvocati italiani ha deliberato l'astensione prima fino al 6 maggio 1995, giorno in cui l'astensione e' stata prorogata con effetto immediato al 28 maggio 1995, giorno in cui l'astensione e' stata nuovamente prorogata con effetto immediato al 24 giugno 1995, giorno in cui e' gia' convocata altra assemblea - sicche' ragionevolmente puo' ritenersi allo stato non certa l'indicazione finale della astensione -; l'Unione delle camere penali, i cui appartenenti hanno fin dal 24 aprile 1995 aderito alla astensione, in data 27 maggio 1995 ha proclamato l'astensione dai procedimenti penali "fino a che non siano approvati in sede parlamentare, a seguito dell'esame in aula, i contenuti delle riforme a cui si erano impegnate le forze politiche, con riferimento anche all'art. 371-bis c.p."; b) quanto alle conseguenze; come comunicato dal p.m. dal 26 aprile 1995 ad oggi sono state rinviate in questa pretura circondariale, per effetto dell'astensione dei difensori, 55 udienze dibattimentali con la conseguente mancata celebrazione di ben 462 processi; Rilevato che, come evidenziato dal p.m. con affermazione integralmente condivisa dal pretore sulla base della esperienza di questi giorni e piu' generale, "il blocco presente delle udienze e l'incerta celebrazione di quelle future gia' evidenziano un disordine crescente nei modi e nei tempi di organizzazione della celebrazione dei processi penali" con una assoluta disarticolazione delle prassi e dei principi seguiti sulla base di norme positive, quali gli artt. l32 e 160 disp. att. cpp. (si consideri che alcuni processi gia' provenienti da precedenti rinvii disposti in relazione ai termini inizialmente comunicati dagli astenuti sono stati ulteriormente rinviati, con evidenti implicazioni organizzative, di dispendio ed incertezza, e la conseguente impossibilita' di una gestione razionale del ruolo, attenta anche al rispetto del tempo e della liberta' dei cittadini che sono interessati alla trattazione - come testimoni, consulenti, persone offese ed imputati -; Ritenuto pertanto che appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486.5 c.p.p., nella parte in cui, prevedendo come legittimo impedimento l'astensione dalle udienze (secondo l'attuale giurisprudenza della Corte di cassazione), sia interpretato nel senso di imporre il rinvio del processo anche a fronte di una astensione deliberata senza preavviso congruo e senza indicazione di termine finale certo, e cio' in relazione sia all'art. 97 Cost. sia agli artt. 2, 24.1 e 24.2, 101.2 e 112 Cost.; Ritenuto in particolare, quanto all'art. 97 Cost., che - con richiamo alle sentenze della Corte adi'ta n. 86/1992 e 140/1992 -, si incide nel caso concreto, per quanto si e' tentato di indicare, su aspetti attinenti alla organizzazione complessiva della funzione giurisdizionale; quanto alle condizioni minimali del preavviso congruo e del termine certo, che esse, risultando gia' affermate dal legislatore nella materia specifica, non sono individuate in via discrezionale; Ritenuto che la questione e' rilevante nel presente processo, giacche' solo la sua soluzione consentirebbe al pretore di decidere sulla richiesta di rinvio proposta dal difensore, e contestualmente fornirebbe indicazioni autorevoli al medesimo difensore sulla sua condotta processuale piu' adeguata nel caso di reiezione della sua istanza; Ritenuto che vanno adottati i conseguenti provvedimenti ordinatori;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953; Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 486.5 del c.p.p., in relazione agli artt. 2, 24.1, 24.2, 97, 101.2, 112 della Costituzione, nella parte in cui sia interpretabile nel senso di ritenere costituente legittimo impedimento l'astensione del difensore dalle udienze anche quando la stessa sia deliberata senza congruo preavviso e senza termine finale certo; Sospende il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle Camere. Padova, addi' 1 giugno 1995 Il pretore: CITTERIO 95C1097