N. 28 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 11 agosto 1995
N. 28 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria l'11 agosto 1995 (della regione autonoma della Sardegna) Finanza regionale - Istruzione all'ente poste italiane per il versamento alla regione Sardegna di somme ad essa spettanti in base alle norme statutarie e di attuazione nella misura di soli tre quinti dei valori distribuiti per l'imposta di bollo e di soli nove decimi del cinquanta per cento dei valori bollati distribuiti per tasse sulle concessioni governative - Lamentata lesione dell'autonomia finanziaria della regione ricorrente per il versamento alla stessa di somme in misura inferiore alla percentuale costituzionalmente garantita, di nove decimi dei valori percetti nel territorio regionale - Richiesta in via subordinata alla Corte di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359 (che attribuisce all'erario le maggiori entrate derivanti dagli artt. 9 e 10 del medesimo decreto-legge), ove ritenuto applicabile alle regioni a statuto speciale, in quanto lesivo dell'autonomia finanziaria delle stesse. (Nota del Ministero delle finanze del 14 giugno 1995 prot. n. V/10/1244/95). (Cost., artt. 116 e 119; statuto regione Sardegna artt. 7 e 8).(GU n.47 del 15-11-1995 )
Ricorso della regione autonoma della Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore on.le dott. Federico Palomba, giusta deliberazione della Giunta regionale del 18 luglio 1995 rappresentata e difesa - in virtu' di procura a margine del presente atto - dal prof. avv. Sergio Panunzio, presso il cui studio e' elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese, n. 3; contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica; per il regolamento di competenza in relazione alla nota del Ministero delle Finanze - Dipartimento delle entrate, Direzione generale per gli affari giuridici e per il contenzioso tributario, del 14 giugno 1995, prot. n. V/10/1244/95. F A T T O L'art. 34 del d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250 (recante "Norme d'attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna") stabilisce che gli uffici finanziari provinciali dello Stato debbano provvedere periodicamente alla "liquidazione dei nove decimi del gettito delle tasse di bollo, monomorta, surrogazione del registro e bollo, concessioni governative ed ipotecarie, percette nel territorio della regione", come pure al "versamento a favore della regione della quota ad essa spettante entro gli stessi termini stabiliti per il versamento allo Stato". Si tratta di una disciplina che da' attuazione alle disposizioni contenute nell'art. 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (l. Cost. 26 febbraio 1948, n. 3, come sostituito dall'art. 1 della legge 13 aprile 1983, n. 122) che garantiscono alla regione la sua autonomia finanziaria stabilendo (in particolare alla lettera b) dell'art. 8) che spettano alla regione, fra l'altro, i "nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di registro, ipotecarie, sul consumo dell'energia elettrica e delle tasse sulle concessioni governative percette nel territorio della regione". Cio' premesso, e' stata trasmessa recentemente anche alla regione Sardegna la nota del Ministero delle finanze del 14 giugno u.s., indicata in epigrafe, con la quale il Ministero da' istruzioni all'Ente poste italiane affinche' questi, "tenuto conto di quanto disposto dall'art. 13 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 359, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n. 359", versi alla regione Sardegna le somme ad essa spettanti in base alle norme statutarie e di attuazione dianzi richiamate nella misura: a) " . . . di 3/5 dei valori distribuiti per l'importo di bollo con imputazione sul capo 1, cap. 22100, causale --quota valori bollati del mese di . . . per bollo''"; e b) " . . . di 9 decimi del 50% dei valori bollati distribuit per tassa sulle concessioni governative, con imputazione al capo 1, capitolo 220800, causale --quota valori bollati distribuiti nel mese di . . . per concessioni governative''". Con la stessa nota il Ministero dispone altresi' che "Le restanti somme vanno attribuite all'Erario dello Stato con versamento ai consueti capitoli". Le suddette determinazioni ministeriali, contenute nella nota del 14 giugno 1995, sono gravemente lesive delle attribuzioni costituzionali della Regione autonoma della Sardegna, che pertanto le impugna per regolamento di competenza con il presente ricorso, fondato sui seguenti motivi di DIRITTO 1. - Violazione dei principi costituzionali relativi alla autonomia finanziaria della regione Sardegna: spec. artt. 7 ed 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3) e relative norme d'attuazione (spec. art. 34 d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), nonche' artt. 116 e 119 Cost. 1.1. - In base alle norme costituzionali sopra indicate (artt. 7 ed 8 Statuto) l'autonomia finanziaria della regione Sardegna (che e' l'imprescindibile presupposto dell'autonomo esercizio di tutte le competenze ad essa costituzionalmente attribuite) si fonda, sotto il profilo delle entrate, sulla partecipazione - nella misura stabilita da niorme costituzionali - al gettito dei tributi erariali riscossi nel territorio regionale. Tale partecipazione e' prevista e disciplinata dall'art. 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (come sostituito dall'art. 1 della legge 13 aprile 1983, n. 122). In particolare l'art. 8, lett. b), dello Statuto stabilisce - come si e' gia' detto - che spettano alla regione i nove decimi "del gettito" (cioe' dell'intero gettito) delle imposte di bollo e delle tasse sulle concessioni governative percette nella Regione, e conseguentemente l'art. 34 del d.R.R. n. 250/1949 (contenente la disciplina d'attuazione dello Statuto) dispone, come pure si e' gia' visto, che i competenti uffici statali debbono provvedere alla liquidazione ed al versamento a favore della Regione "del gettito" (cioe', ancora una volta, dell'intero gettito) delle suddette tasse "percette nel territorio della regione". E' evidente che per la regione Sardegna, la cui autonomia finanziaria si fonda essenzialmente sulla partecipazione a tributi erariali, la garanzia della sua autonomia finanziaria sta, da un lato, nella impossibilita' per lo Stato di procedere (unilateralmente) alla modificazione delle quote di partecipazione regionale, se non attraverso procedure di revisione costituzionale o, comunque, basate sulla partecipazione anche della regione; dall'altro, nell'applicazione della quota regionale a tutto il gettito derivante dal tributo erariale. Viceversa, con la nota ministeriale impugnata si dispone che l'Ente poste versi alla regione Sardegna delle quote di gettito non corrispondenti a quelle statutariamente prescritte: anziche' nove decimi, soltanto 3/5 del gettito della tassa di bollo, e soltanto nove decimi del solo 50% del gettito della tassa sulle concessioni governative. Tale nota ministeriale, pertanto, nella parte in cui dispone (o comunque presuppone la volonta') di trasferire alla Regione ricorrente una quota percentuale di tutto il gettito delle tasse suddette, complessivamente percetto nella regione, minore della quota dei nove decimi ad essa spettante e' certamente lesiva delle attribuzioni costituzionali e dell'autonomia finanziaria della regione Sardegna, violando palesemente la disciplina stabilita dall'art. 8, lett. b) dello Statuto sardo, e l'art. 34 del d.P.R. n. 250/1949. 1.2. - A prevenire sin d'ora una possibile obiezione della difesa della Presidenza del Consiglio, osserviamo a questo punto come non varrebbe eccepire che la nota ministeriale in questione possa configurarsi come esecutiva di quanto disposto dall'art. 13 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333 ("Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica"), convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359. Tale decreto-legge (che invero e' richiamato dalla nota ministeriale in questione) aveva a suo tempo disposto (artt. 9 e 10) un aumento dell'imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative, ed aveva altresi' stabilito all'art. 13 che le entrate derivanti da tali aumenti "sono riservate all'erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento di strumenti antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonche' alla realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria". La suddetta eventuale obiezione sarebbe infatti inconferente, perche' fondata su di una errata interpretazione della disciplina stabilita dal d.-l. n. 333/1992 (interpretazione che inoltre, come ora si vedra', la renderebbe incostituzionale). La regione Sardegna ritiene infatti che quella disciplina legislativa vada correttamente intepretata nel senso della sua inapplicabilita' alla regione stessa ed ai gettiti delle suddette tasse percetti nel suo territorio. Se viceversa fosse applicabile quella disciplina sarebbe certamente costituzionale, specie alla luce dei principi enunciati da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 363/1993 (avente ad oggetto una questione di legittimita' costituzionale, proposta con ricorso della medesima regione Sardegna, relativa all'art. 13 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438, che in modo analogo riservava all'erario le maggiori entrate tributarie derivanti da una modifica della disciplina fiscale stabilita dagli artt. 9 e 10 dello stesso d.-l. n. 384/1992). Non vi e' dubbio, infatti, che la disciplina stabilita dagli artt. 9 e 10 del d.-l. n. 333/1992, ove applicabile anche alla regione Sardegna, si porrebbe in contrasto (cosi' come nel caso analogo ricordato degli artt. 9 e 10 del d.-l. n. 384/1992) con le norme statutarie e d'attuazione gia' esaminate, che riservano alla regione ricorrente i nove decimi di tutto il gettito delle tasse di bollo e di concessioni governative percette in Sardegna, senza prevedere o consentire che lo Stato possa riservarsi il maggior gettito di eventuali modifiche legislative alla disciplina dei suddetti tributi erariali. Ma in tal caso si tratterebbe di una deroga all'art. 8 dello Statuto speciale della Sardegna certamente incostituzionale, perche' non conforme al principio dell'art. 54, quarto comma, dello stesso Statuto, secondo cui eventuali modifiche delle disposizioni del titolo III - in cui e' compreso l'art. 8 possono - essere effettuate con legge ordinaria dello Stato, ma solo dopo che al riguardo sia stata "sentita" la regione Sardegna (alla quale, peraltro, non venne mai chiesto di esprimere un parere circa la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalla nuova disciplina fiscale stabilita dagli artt. 9 e 10 del d.-l. n. 333/1992). Secondo un pacifico canone interpretativo, quando di una disposizione legislativa si possono dare diverse interpretazioni occorre preferire quella interpretazione che eviti la incostituzionalita' della legge. E' appunto questo il caso della disciplina del d.-l. n. 333/1992, ed in particolare del suo art. 13. Diversamente dal citato d.-l. n. 384/1992, che conteneva anche un art. 13-ter il cui tenore ("Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle provincie autonome di Trento e di Bolzano in quanto non in contrasto con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme d'attuazione") implicava senza alcun dubbio che la disciplina contenuta in quel decreto-legge era di regola applicabile anche alla regione Sardegna (che proprio per questo la impugno', instaurando il giudizio conclusosi con la citata sentenza n. 363/1992), il precedente d.-l. n. 333/1992 non contiene, invece, alcuna disposizione analoga che obblighi l'interprete a ritenerlo applicabile anche alla regione Sardegna (e quindi a ritenerlo incostituzionale). Esso ben poteva e puo' intendersi nel senso che la riserva all'erario di cui all'art. 13 sia applicabile alle sole regioni (a statuto ordinario o speciale) i cui statuti non garantiscono ad esse in modo rigido (come fa invece l'art. 8 dello Statuto sardo) una aliquota fissa di tutto il gettito percetto nel territorio regionale; e che di conseguenza la devoluzione allo Stato delle maggiori entrate derivanti dagli artt. 9 e 10 del d.-l. n. 333/1992 si debba effettuare soltanto nei limiti stabiliti dall'art. 8 dello Statuto sardo, restando cosi immutata la quota destinata alla Regione da tale norma, anche in relazione agli incrementi del gettito prodotti dalla nuova disciplina del decreto-legge. Ed infatti e' in tal modo che la disciplina del d.-l. n. 333ÿ/ÿ1992 e' stata intesa fin dall'inizio dalla regione Sardegna, che proprio per questo motivo non l'ha impugnata innanzi a codesta ecc.ma Corte, come invece ha fatto successivamente per il d.-l. n. 384/1992, il cui art. 13 - per il motivo gia' illustrato (presenza dell'art. 13-ter) - non era suscettibile di essere interpretato in modo analogo. 2. - In subordine, incostituzionalita' dell'art. 13 del d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359, per violazione degli artt. 8 e 54 quarto comma, dello Statuto speciale per la Sardegna. Qualora, in denegata ipotesi, codesta ecc.ma Corte non ritenesse fondata l'interpretazione della disciplina del d.-l. n. 333/1992 sostenuta dalla regione ricorrente, in tal caso sorgerebbe allora, pregiudizialmente, una questione di costituzionalita' di tale disciplina che - sommessamente riteniamo - codesta ecc.ma Corte non potrebbe non sollevare, anche d'ufficio, per instaurare il conseguente giudizio incidentale di costituzionalita'. Ed infatti, ove essa sia rilevante e non manifestamente infondata, una questione di costituzionalita' puo' e deve essere sollevata nel corso di un giudizio pendente per conflitto di attribuzioni. In tal senso e' l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, formulato in modo particolarmente perspicuo sin dalla ordinanza n. 22/1960 (rel. Sandulli), un brano della cui motivazione ci sia qui consentito riportare: " .... deve ammettersi la possibilita' di sollevare in via incidentale, in un giudizio innanzi alla Corte per conflitto di attribuzione, la questione della legittimita' costituzionale delle disposizioni legislative in base alle quali il conflitto dovrebbe essere risolto. Non puo' infatti ritenersi che proprio la Corte - che e' il solo organo competente a decidere delle questioni di costituzionalita' delle leggi - sia tenuta ad applicare leggi incostituzionali, e neanche che, nell'ipotesi di incostituzionalita' delle leggi che regolano la materia, possa e debba disapplicarle, senza mettere in moto il meccanismo (di portata generale e necessaria nel vigente ordinamento) destinato a condurre, se del caso, con le debite garanzie di contraddittorio, alla eliminazione, con effetti erga omens, delle leggi incostituzionali. Ne' alcuna preclusione puo' derivare alla possibilita' di sollevare in giudizio, in via incidentale, una questione relativa alla legittimita' costituzionale di una legge, dal fatto che il giudizio verta tra gli stessi enti - Stato e regione - l'uno dei quali avrebbe potuto sollevare, e non sollevo', a suo tempo, in via principale, mediante ricorso contro la legge dell'altro, la questione di cui trattisi (cfr. la sentenza di questa Corte 10 marzo 1957, n. 42). Infatti il non avere agito in tempo utile a tutela del proprio ordinamento, mediante l'impugnativa in via principale di una legge altrui lesiva di esso, non puo' precludere, rispettivamente allo Stato e alle Regioni, la possibilita' di difendere in giudizio le posizioni giuridiche loro spettanti in quanto soggetti dell'ordinamento, anche se per la realizzazione di tale difesa si imponga la necessita' di sollevare un incidente di legittimita' costituzionale nei confronti della legge a suo tempo non impugnata in via principale". L'oggetto della presente controversia e' costituito dalla nota ministeriale 14 giugno 1995, in quanto lesiva delle attribuzioni regionali. Ancorche' tale nota possa ritenersi fondata sulla disciplina contenuta nell'art. 13 del d.-l. n. 333/1992, l'oggetto del presente conflitto e' distinto, formalmente e sostanzialmente, dall'oggetto dell'eventuale questione di costituzionalita' del suddetto art. 13. Questione la cui soluzione si palesa pero' pregiudiziale rispetto al presente giudizio, ove la disciplina del d.-l. n. 333/1992 si ritenesse applicabile anche alla regione Sardegna. Ovvia e' la rilevanza di una siffatta questione. Infatti la nota ministeriale qui impugnata, nella parte in cui implica la riduzione della percentuale del gettito complessivo delle tasse spettante alla regione, troverebbe fondamento nell'art. 13 del d.-l. n. 333/1992, ove esso sia appunto inteso come applicabile anche alla regione Sardegna. E quindi la dichiarazione di incostituzionalita' di quell'articolo di legge, in parte qua, comporterebbe direttamente la caducazione della nota ministeriale qui impugnata. Assolutamente manifesta e' poi la fondatezza della suddetta questione (assai piu' che "non manifestamente infondata"), poiche' essa non puo' che essere risolta applicando i principi gia' affermati dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte: sent. n. 70/1987, e soprattutto la gia' citata sent. n. 363/1993. Infatti l'art. 13 del d.-l. n. 333/1992 (convertito in legge n. 395/1992) e' in insanabile contrasto con la norma costituzionale del quarto comma dell'art. 54 dello Statuto della regione Sardegna, poiche' la regione non e' mai stata "sentita" in merito alla destinazione delle maggiori entrate tributarie percette nel suo territorio in virtu' della nuova disciplina stabilita dagli artt. 9 e 10 del d.-l. n. 333/1992; entrate che, ai sensi dell'art. 8, lett. b), dello Statuto, spettano alla regione ricorrente nella misura di nove decimi dell'intero gettito percetto nel suo territorio.
P. Q. M. Voglia l'ecc.ma Corte Costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle finanze, disporre che l'Ente poste versi alla regione Sardegna somme nella misura di soli tre quinti dei valori distribuiti per l'imposta di bollo, e di soli nove decimi del 50% dei valori bollati distribuiti per tasse sulle concessioni governative, e comunque disporre che esso versi alla regione ricorrente somme in misura minore della percentuale di nove decimi dei valori distribuiti, costituzionalmente spettante alla regione stessa; e per l'effetto annullare l'impugnata nota del Ministero delle finanze 14 giugno 1995, meglio indicata in epigrafe. Roma, addi' 10 agosto 1995 Prof. avv. Sergio PANUNZIO 95C1102