N. 602 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 1995
N. 602 Ordinanza emessa il 28 giugno 1995 dal pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Mantoni Piero ed altro Cave e torbiere - Regione Lazio - Attivita' estrattive lecitamente iniziate in zone successivamente vincolate paesaggisticamente - Previsione, con legge regionale, della liceita' della prosecuzione di detta attivita' e di quella pregressa in presenza dei citati presupposti e della richiesta per il nulla osta - Lamentata introduzione di norma che rende lecito un comportamento sanzionato penalmente dalla legge dello Stato - Indebita ingerenza della regione in materia penale. (Legge regione Lazio 5 maggio 1993, n. 27, art. 39, quarto e quinto comma). (Cost., artt. 25, secondo comma, e 117).(GU n.41 del 4-10-1995 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel proc. n. 17726/1993, r.g. dib., proc. n. 26581/1992 r.g.m.p. Il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, quarto e quinto comma, della legge regionale 5 maggio 1993, n. 27, per contrasto con gli artt. 117 e 25, secondo comma, della Costituzione. Il pretore ritiene di accogliere la questione perche' rilevante e non manifestamente infondata. In ordine alla rilevanza si osserva: gli imputati sono stati tratti a giudizio per le violazioni di cui agli artt. 110 e 20; lett. c), legge 1985 n. 47; artt. 110 c.p. e 1-sexies legge 8 agosto 1985 n. 431; artt. 110 e 734 c.p.; artt. 110 e 20 lett. a) legge 1985 n. 47 - questa imputazione contestata dal p.m. nel corso del dibattimento -, per avere intrapreso e condotto un'attivita' di cava in territorio sottoposto a vincolo paesistico ai sensi della legge n. 431/1985, in quanto zona dichiarata di notevole interesse pubblico e ricompresa nel comprensorio della Valle del Tevere, con delibera della Giunta regionale del 1989. Trattasi quindi di attivita' posta in essere in zona vincolata e proseguita senza alcuna autorizzazione paesistica. Trattasi, peraltro, di vincolo imposto successivamente all'inizio dell'attivita' estrattiva, dovendo l'inizio ritenersi che vada riferito, quanto meno alla denuncia di inizio lavori e che peraltro trattasi di attivita' legittimamente iniziata, atteso che con riferimento alla entrata in vigore della legge 16 gennaio 1980 n. 1 ed al regime transitorio posto, e' intervenuta da parte del t.a.r. ordinanza di sospensiva, del provvedimento di reiezione da parte del Sindaco, della richiesta di autorizzazione alla prosecuzione ai sensi dell'art. 23, legge regionale n. 1/1980. Talche' deve ritenersi che l'attivita' sia proseguita legittimamente in forza della ordinanza di sospensiva del t.a.r. E' intervenuta la legge regionale del Lazio 5 maggio 1993 n. 27, contenente norme per la coltivazione delle cave e torbiere, che all'art. 39 ha previsto un regime transitorio per le attivita' in corso all'entrata in vigore della legge. Infatti, all'art. 39, quarto comma, prevede "in presenza di vincoli ambientali imposti successivamente al legittimo inizio dell'attivita' estrattiva, i lavori di coltivazione proseguono, ma l'esercente e' tenuto a presentare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'autorita' competente in materia di tutela ambientale il progetto, corredato dallo studio di impatto ambientale a norma della lettera e), primo comma, dell'art. 15 ai fini del necessario nulla osta", mentre al successivo quinto comma prevede che "in assenza delle condizioni previste dai commi 2, 3 e 4 o di mancato rilascio del nulla osta dell'autorita' competente entro centottanta giorni dalla richiesta, i lavori di coltivazione delle cave devono cessare e l'interessato e' tenuto alla sistemazione dell'area". La suddetta legge e' entrata in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione, avvenuta il 13 maggio 1993. In presenza di tali presupposti, - attivita' legittimamente iniziata, vincoli ambientali imposti successivamente all'inzio dell'attivita' estrattiva - e' stata presentata dalla soc. SO.R.E.I. richiesta nulla osta ai sensi dell'art. 39 cit., con allegato progetto di coltivazione e studio di impatto ambientale. Risulta, peraltro, che la regione si e' riservata di provvedere in attesa del parere della commissione regionale consultiva ed ha sospeso il termine previsto dall'art. 39, quinto comma, l.tic. sino all'emissione del suddetto parere. La Corte di cassazione, peraltro, investita della problematica sia pure a seguito di ricorso avverso un decreto di sequestro preventivo del g.i.p., emesso in altro e diverso procedimento, con la sentenza del 28 settembre 1993, ha ritenuto che la regione "ha con la disposizione di cui sopra reso legittime, salva l'ipotesi di un successivo diniego del nulla osta, le attivita' estrattive lecitamente iniziate in zone successivamente vincolate anche con riferimento al passato, sicche' la sussistenza dell'eventuale illecito di cui all'art. 1-sexies della legge n. 431 del 1985 potra' venire in questione solo dopo l'eventuale non accoglimento della richiesta formulata dall'interessato". La rilevanza della questione di incostituzionalita' dell'art. 39, nel caso in esame e' evidente anche alla luce di tale interpretazione giurisprudenziale. Infatti, essendo stata iniziata l'attivita' estrattiva legittimamente, - atteso che risulta ancora pendente il ricorso dinanzi al t.a.r., avverso il provvedimento di rigetto del sindaco dell'istanza alla prosecuzione ex art. 23 legge 1980 n. 1, e risultano emesse ordinanze di sospensiva del suddetto provvedimento di rigetto -, trattandosi poi di attivita' iniziata precedentemente all'imposizione del vincolo ambientale, ed essendo ancora in corso il termine dei centottanta giorni previsto dall'art. 39, l'attivita' posta in essere dagli imputati risulta essere legittima, ai sensi del decreto del dettato citato art. 39, e della interpretazione riferita della suprema Corte, talche' non puo' configurarsi nessuna violazione di legge ai sensi dell'art. 1-sexies legge n. 431/1985. La rilevanza della questione nel caso in esame si pone anche sotto altro profilo. Invero, la Corte di cassazione S.U., ha affermato che per le opere autorizzate ed iniziate prima dell'entrata in vigore della legge n. 431/1985, il giudice di merito, al fine della sussistenza del reato di cui all'art. 1-sexies l.cit., deve accertare se vi sia stata o meno una "gia' avvenuta compromissione dell'ambiente" e dunque un danno ambientale (cfr. sent. C. cass. S.U. 27 marzo 1992, Midolini). Invero, il legislatore regionale nello statuire nell'art. 39 l.cit. che "i lavori di coltivazione proseguono", naturalmente in presenza dei presupposti piu' volte sopra menzionati - attivita' iniziata legittimamente, vincoli imposti successivamente, presentazione di istanza per il nulla osta -, ha certamente escluso qualsiasi valutazione di "compromissione ambientale", in tal senso superando la interpretazione riferita della giurisprudenza di legittimita', ritenendo lecite tutte le attivita' di coltivazione pregresse e dunque, in tal modo, rendendo lecite, anche le attivita' di estrazione per le quali era configurabile il reato di cui all'art. 1-sexies l.cit., non avendo queste determinato una "compromissione ambientale" prima dell'imposizione del vincolo. Ne' peraltro puo' obiettarsi che l'assenza allo stato di qualsiasi provvedimento da parte della regione, di autorizzazione o diniego del nulla osta, puo' comportare la irrilevanza della questione nel caso in esame. Invero, la norma in commento, al comma 5, ha previsto che "i lavori di coltivazione devono cessare e l'interessato e' tenuto alla sistemazione dell'area .. nel caso di mancato rilascio del nulla osta". Tale previsione riguarda certamente le condotte future, cioe' di prosecuzione della coltivazione successivamente all'eventuale diniego del nulla osta da parte della regione, ma non riguarda anche le attivita' pregresse che dalla norma suddetta risultano "autorizzate" e dunque lecite. In punto di valutazione della non manifesta infondatezza, in conformita' con le argomentazioni svolte dal p.m., si rileva: la regione con la norma di cui all'art. 39 sopra riportata, anche alla luce della interpretazione data dalla Corte di cassazione, ha invaso l'area di competenza legislativa dello Stato, introducendo una norma che rende sostanzialmente lecito un comportamento sanzionato penalmente con legge dello Stato. Invero la legge n. 431/1985 ha posto un vincolo di tutela su determinate aree, prevedendo una sanzione penale nel caso di violazioni di vincoli paesaggistici. La suddetta legge ha affidato alle regioni solo il compito di dettare la normativa d'uso di valorizzazione ambientale. Ora prevedere che l'attivita' estrattiva, iniziata legittimamente e per la quale non sia stato adottato un provvedimento di rigetto nel nulla osta richiesto ex art. 39 l.cit., possa proseguire, equivale come detto, a rendere lecite le attivita' di estrazione, che in quanto realizzate in zona tutelata ai sensi della legge Galasso ed in mancanza dell'autorizzazione paesistica, erano soggette alle sanzioni di cui all'art. 1-sexies l.cit. In tal senso si e' dunque introdotta una "deroga" ad una norma penale, rendendo lecita una attivita' che con legge statale e' considerata illecita e passabile di sanzione penale. E' evidente dunque che tale dettato normativo dell'art. 39 contrasta con la previsione generale di cui agli artt. 117 e 25, secondo comma, della Costituzione, potendo solo la legge statale legiferare in materia penale, cosi' come la Corte ha piu' volte affermato.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 39, quarto e quinto comma, legge regionale 5 maggio 1993 n. 27, in relazione agli artt. 117 e 25 della Costituzione; Ordina la sospensione del giudizio in corso disponendo l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al presidente della Giunta regionale del Lazio e per la comunicazione al presidente del Consiglio regionale del Lazio. Roma, addi' 28 giugno 1995 Il pretore: GOZZER 95C1185