N. 637 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 1995
N. 637 Ordinanza emessa il 6 luglio 1995 dal tribunale di S. Maria Capua Vetere nel procedimento di prevenzione nei confronti di Migliore Luigi Mafia - Misure di prevenzione patrimoniale - Sequestro di beni, ritenuti frutto di attivita' illecite o che ne costituiscono il reimpiego, intestati a terzi ma nella disponibilita' del proposto - Decesso dello stesso e conseguente sospensione dell'esecuzione del sequestro gia' disposto - Mancata previsione che il procedimento di prevenzione possa essere proseguito o iniziato come nelle ipotesi di assenza, residenza o dimora all'estero della persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione - Disparita' di trattamento tra i terzi fittiziamente titolari dei beni nella disponibilita' del proposto - Compressione della funzione sociale del diritto di proprieta' - Violazione del principio della obbligatorieta' dell'azione penale. (Legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 2-ter, settimo comma). (Cost., artt. 3, 42 e 112).(GU n.42 del 11-10-1995 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Il procedimento di prevenzione in oggetto aveva inizio con la proposta del procuratore della Repubblica presso il tribunale di S. Maria Capua Vetere, che richiedeva l'applicazione nei confronti di Migliore Luigi della misura della sorveglianza speciale di p.s., ai sensi delle leggi nn. 575/1965 e 1423/1956, con l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza e l'imposizione di congrua cauzione. Oltre a cio' l'a.g. proponente chiedeva disporsi nei confronti del Migliore il sequestro e la confisca di alcuni beni indicati nella medesima proposta. ll tribunale, nell'esercizio del potere attribuito al giudice della prevenzione dalla nonna dell'art. 2-ter, primo comma, della legge n. 575 del 1965, procedeva a compiere alcuni accertamenti che, integrando le risultanze indiziarie gia' contenute in atti, configuravano come sussistenti i presupposti richiesti dalla legge n. 575 del 1965 per l'applicazione della misura cautelare del sequestro di prevenzione, in relazione ai beni indicati dall'autorita' giudiziaria proponente. Conseguentemente, il 12 maggio 1995 veniva disposto, in accoglimento della proposta, il sequestro di alcuni beni nella titolarita' del Migliore ed anche di altri che risultavano, a parere di questo giudice della prevenzione, nella disponibilita' del proposto, pur non essendo allo stesso formalmente imputabili in quanto nella titolarita' di Crisci Anna Maria Grazia, di Migliore Domenico e Migliore Filomena, rispettivamente moglie e figli del predetto. E bene, proprio all'atto di eseguire il provvedimento di sequestro, gia' depositato, la cancelleria di questo tribunale veniva a conoscenza - a seguito di comunicazione dei Carabinieri di Cancello Scalo - che il Migliore era deceduto il giorno 10 maggio 1995 per morte violenta, causata da colpi d'arma da fuoco. Il tribunale, preso atto di tale elemento di novita', con il provvedimento del 18 maggio 1995 provvedeva a sospendere l'esecuzione del sequestro gia' disposto. Comunicava, inoltre, tale provvedimento sospensivo al sostituto procuratore delegato per il procedimento in oggetto, che il 23 maggio 1995 chiedeva al tribunale di sollevare la questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 2-ter della legge del 31 maggio 1965, n. 575, per contrarieta' agli artt. 3, 42 e 112 della Costituzione. Il tribunale, letta l'istanza del sostituto procuratore; Letta la legge dell'11 maggio 1953, n. 87 ed in particolare gli artt. 23 e 24 della stessa legge; O S S E R V A 1. - Il sostituto procuratore, delegato per il procedimento di prevenzione de quo, ha sollevato la questione, come visto, perche' la norma contenuta nell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 42 e 112 della Costituzione. In particolare, l'art. 3 della Costituzione verrebbe leso dalla disparita' di trattamento esistente fra i terzi, fittiziamente titolari dei beni nella disponibilita' del proposto, e quelli che, pur trovandosi nella stessa condizione di terzi intestatari fittizi, invece conserverebbero la titolarita' dei beni solo grazie alla morte del proposto, pur in presenza di concreti elementi circa l'illecita natura dei beni medesimi. In relazione all'art. 42 della Costituzione, invece, dovrebbe ritenersi, a parere del pubblico ministero, sussistente una palese irragionevolezza della disciplina dettata dall'art. 2-ter, nella parte in cui viene ad essere violata la funzione sociale della proprieta'. Infatti, la misura di prevenzione di natura patrimoniale sarebbe costituzionalmente legittima proprio perche' sacrificherebbe un diritto di proprieta' del tutto privo di funzione sociale, in quanto acquisito illecitamente. Nel caso di specie, la morte, per giunta violenta e, quindi, ulteriormente assertiva della pericolosita' del proposto e della illecita provenienza dei beni, non potrebbe avere l'effetto di restituire agli stessi beni - prima da sequestrare - la funzione sociale richiesta dall'art. 42 della Costituzione per la tutela della proprieta'. In ultimo, il pubblico ministero rileva una ulteriore lesione, da parte dell'art. 2-ter, dei principi costituzionali sanciti dall'art. 112 della Costituzione. Cio' perche' con l'avvicinamento del procedimento di prevenzione - non solo nella natura giurisdizionale, ma anche nelle regole - al procedimento penale pur nella distinzione fra azione penale ed azione di prevenzione, l'art. 112 della Costituzione estenderebbe all'azione preventiva la contrarieta' alla Costituzione di qualsiasi ostacolo all'esercizio dell'azione di prevenzione. In sostanza, l'esistenza di un ostacolo - la morte del proposto - estraneo alla fattispecie costitutiva del potere di confisca non potrebbe che apparire in contrasto con il dettato dell'art. 112 della Costituzione, in quanto irragionevolmente l'azione di prevenzione verrebbe ad essere mortificata da un evento esterno, con la conseguente ingiustificata paralisi del potere di confisca. 2. - Preliminarmente va rilevato come il procedimento de quo non possa essere definito senza la risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale. E' di tutta evidenza, infatti, che la soluzione della questione e' pregiudiziale rispetto all'esito del giudizio di prevenzione in corso. Ove la censura di costituzionalita' risultasse fondata ne conseguirebbe, infatti, la possibilita' di applicare al caso di specie la disciplina dell'art. 2-ter. Cosi' dovrebbe essere eseguito il gia' disposto sequestro, allo stato, invece, sospeso, nonostante il giudice a quo abbia gia' ritenuto sussistenti i presupposti richiesti dalla legge. In tal caso, il giudice della prevenzione proseguirebbe nel procedimento fino alla sua definizione con la confisca o con la restituzione dei beni. Se, invece, risultasse del tutto infondata la questione, al giudice a quo spetterebbe concludere immediatamente il procedimento. Sulla base di tale necessaria e preliminare considerazione, deve passarsi all'esame della fondatezza o meno della questione in oggetto. 3. - Per le ragioni che si vanno ad esporre, questo giudice ritiene che la questione posta non sia manifestamente infondata. Pertanto, facendo proprie le motivazioni alla base della eccezione del pubblico ministero, questo giudice - conformemente al dettato dell'art. 23, terzo comma, della legge dell'11 marzo 1953, n. 87 - ritiene che anche sotto altri profili, che di qui a poco saranno evidenziati, quanto rilevato non sia manifestamente infondato. Va preliminarmente ricordato che gia' la Corte, in altra occasione, ha avuto modo di pronunciarsi su un'analoga questione, relativa agli effetti della morte del proposto sulla misura di prevenzione patrimoniale. Con l'ordinanza del 23 giugno 1988, n. 721 (in Gazzetta Ufficiale, 1a serie speciale, 29 giugno 1988, n. 26), infatti, la Corte dichiarava l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2-ter, commi terzo, quarto e sesto, legge n. 575/1965, sollevata in relazione agli artt. 41 e 42 della Costituzione. Tale pronuncia, a ben vedere, interveniva in merito alla presunta illegittimita' di norme del tutto diverse da quelle considerate, qui di seguito, da questo giudice. 4. - Funzionale alla illustrazione delle ragioni della non manifesta infondatezza della questione sollevata in relazione alla norma contenuta nell'art. 2-ter, settimo comma, legge n. 575 del 1965, appare una rapida considerazione del dettato normativo e di una recente pronuncia della Corte costituzionale. L'uno e l'altra ineriscono al nesso di dipendenza della misura preventiva patrimoniale rispetto alla misura di carattere personale. Esiste fra le due misure, a ben vedere, una vera e propria relazione di pregiudizialita' imposta dall'art. 2-ter, commi secondo e terzo, della legge n. 575/1965: il sequestro dei beni puo' essere disposto solo nell'ambito di un procedimento gia' iniziato per l'applicazione di una misura personale, mentre la confisca presuppone logicamente l'irrogazione della misura personale, anche se cronologicamente puo' essere alla stessa contestuale. Il sequestro, quindi, puo' essere disposto solo nel caso di concorrenza - con quelli inerenti all'ambito patrimoniale - degli indizi della pericolosita' qualificata personale, indicativi dell'appartenenza del proposto a consorterie mafiose o camorristiche, mentre la confisca richiede l'esistenza di un provvedimento di prevenzione di carattere personale (Cass. sez. I, 17 novembre 1989, Nuvoletta, in Cass. Pen., 1991, p. 813). La Corte costituzionale, in occasione dell'esame di una questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 2-ter, sesto comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, ha gia' avuto modo di evidenziare come non si possa dubitare "della ragionevolezza della norma denunciata la' dove 'aggancia' la possibilita' di avvio del procedimento di prevenzione patrimoniale alla applicazione in corso della misura personale, misura che e' allo stato il presupposto dell'adozione di quella patrimoniale". Con tale pronuncia (n. 465 del 17-28 dicembre 1993) il giudice delle leggi ha sostanzialmente affermato la necessita' che logicamente la misura personale preceda quella patrimoniale. Tale affermazione riguarda, pero', una fattispecie particolare, nella quale la misura personale non era piu' in esecuzione e, conseguentemente, l'accertamento della pericolosita', che l'aveva determinata, aveva cessato di produrre i propri effetti. La pericolosita', infatti, nel caso esaminato dalla Corte, non era piu' attuale, essendo gia' venuta a cessare l'esecuzione della misura personale e richiedendosi, per l'irrogazione di qualsiasi altro provvedimento preventivo, personale o patrimoniale, l'istaurarsi di un nuovo procedimento poiche', allo stato degli atti, il giudice della prevenzione non conosceva se la pericolosita', previamente accertata, fosse o meno scemata. E' indubbio, per quanto evidenziato e per il chiaro dettato normativo, che esista un inscindibile nesso fra le misure patrimoniali e la misura personale. Se questo e' il principio generale, non va, pero', dimenticato che il legislatore ha ormai introdotto delle ipotesi nelle quali, pur non essendo violata la richiamata relazione di pregiudizialita', il sistema preventivo di carattere patrimoniale, nella sequenza sequestro-confisca, viene ad essere operativo a prescindere dall'esistenza di un provvedimento di prevenzione di carattere personale. Con l'art. 2-ter, settimo comma, della legge n. 575 del 1965, aggiunto dall'art. 2 della legge n. 55 del 19 luglio 1990, infatti, viene introdotta la possibilita' - prima inesistente - di proseguire o instaurare un procedimento di prevenzione anche nei confronti della persona alla quale potrebbe applicarsi - per l'esistenza dei presupposti - ma non eseguirsi la misura di prevenzione personale. In tal caso, infatti, il legislatore, a fronte dell'impossibilita' di eseguire la misura personale verso chi e' assente, residente o dimorante all'estero, consente di instaurare o anche di proseguire il procedimento di prevenzione al solo fine di irrogare l'eventuale misura patrimoniale. La stessa norma introduce, nell'art. 2-ter, ottavo comma, della legge n. 575 del 1965, la possibilita' di iniziare o proseguire il procedimento, sempre soltanto per l'emanazione dei provvedimenti patrimoniali, nel caso in cui la persona, nei confronti della quale e' stata proposta la misura di prevenzione, sia gia' sottoposta ad una misura di sicurezza detentiva o alla liberta' vigilata e, pertanto, non possa essere destinataria di una misura di prevenzione personale. Anche in questo caso, a fronte dell'impossibilita' della esecuzione della misura personale, il procedimento preventivo si "concentra" sul solo profilo patrimoniale. Anche l'art. 14 della legge n. 55 del 1990, con il rinvio alla disciplina in tema di indagini ed applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, consente l'irrogazione dei provvedimenti di sequestro e confisca nei confronti degli indiziati di appartenere alle associazioni previste, ormai, dall'art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990, allorche' i proventi derivino dalle attivita' delittuose, fra l'altro, di estorsione, sequestro, riciclaggio e contrabbando. Con tale rinvio, esclusivamente relativo alla disciplina delle misure patrimoniali, anche in questo caso il legislatore non si riferisce alle norme relative alla pericolosita' personale e sembra permettere al giudice procedente di prescindere dall'esistenza di un provvedimento preventivo di tipo personale. In ultimo, la necessita' di un provvedimento preventivo personale per l'irrogazione della misura patrimoniale e' esclusa anche dall'introduzione della disciplina degli artt. 3-quater e 3-quinquies legge n. 575/1965 che consente indagini e misure patrimoniali in relazione ai beni che agevolino l'attivita' della persona nei confronti della quale sia stata applicata o proposta la misura di prevenzione personale. La sospensione dall'amministrazione dei beni ed il sequestro sono misure che agiscono, in tal caso, sui beni che agevolano la condotta del proposto, nonostante non siano suscettivi delle tradizionali misure patrimoniali - perche' non ricadono direttamente nella disponibilita' della persona sottoposta al procedimento di prevenzione personale - e nonostante appartengano a persone terze, nei confronti delle quali non sia stata esercitata alcuna azione di prevenzione. In tutte queste ipotesi, dunque, il legislatore attenua ed anche elide il nesso di pregiudizialita', ritenendo non indispensabile l'irrogazione della misura personale per l'emissione di quella patrimoniale. 5. - A fronte di tale complessivo quadro normativo, innovato dalla legge n. 55 del 1990, non ancora in vigore, quindi, in occasione della precedente pronuncia della Corte del 1988, la questione sollevata appare non manifestamente infondata in relazione al difetto di legittimita' costituzionale dell'art. 2-ter, settimo comma. Ad avviso di questo giudice, i cd. procedimenti atipici (commi settimo e ottavo dell'art 2-ter) non svincolano il giudice della prevenzione dalla valutazione dei presupposti di pericolosita' personale, anche se l'impossibilita' di una applicazione della misura personale - per cause originarie o sopravvenute - non osta all'emissione della misura patrimoniale. In tal caso, quindi, vi e' una scissione fra l'ambito personale e quello patrimoniale, cosicche' al proposto assente, residente o dimorante all'estero ovvero sottoposto ad una misura di sicurezza, e' solo irrogata la misura patrimoniale e non anche quella personale. Il che, a ben vedere, non significa escludere l'accertamento della pericolosita' personale del proposto. Anzi, e' pur sempre necessario compiere l'accertamento della pericolosita' personale incidenter tantum. Il legislatore, in buona sostanza, ha voluto evitare - e questa e' la ratio della normativa - che l'impossibilita' di applicare la misura personale, per eventi estranei al procedimento di prevenzione, abbia sulla irroganda misura patrimoniale un effetto interruttivo e paralizzante del procedimento, pur in presenza dei presupposti necessari e sufficienti all'emissione del provvedimento. Rispetto a tali ipotesi, nel caso di decesso del proposto, invece, vi e' una palese violazione dell'art. 3 della Costituzione, allorche', a seguito di una valutazione positiva ed incidentale della pericolosita' qualificata del proposto - identica a quella svolta nei casi di cui all'art. 2-ter settimo comma - l'evento della morte impedisce il sequestro e, se del caso, la confisca dei beni dei quali lo stesso proposto aveva la disponibilita'. Se l'evento morte esclude l'applicazione della misura personale, non incide, invece, sui beni, che pur sempre sono connotati dal vizio genetico della illecita provenienza e che non possono essere lasciati circolare sulla base del solo presupposto della impossibilita' di poterne ulteriormente godere per il proposto deceduto. Vi e', quindi, una identita' fra l'ipotesi dell'assenza o della residenza all'estero del proposto e quella della morte dello stesso, in quanto in entrambi i casi il nesso fra la persona e la misura patrimoniale viene ad interrompersi. Da tale identita' deriva, a ben vedere, una evidente disparita' rispetto al diverso trattamento subito dai terzi titolari fittizi dei beni, rispettivamente nel caso della morte del proposto o della sua assenza/residenza all'estero. I terzi, titolari fittizi dei beni, vengono ad avvantaggiarsi della morte del proposto: tale evento, infatti, sottrae i beni al sequestro ed alla confisca. Diverso e', invece, il trattamento dei terzi nel caso in cui il proposto, ancora in vita, sia assente, o residente all'estero. Per questi ultimi, infatti, il settimo comma dell'art. 2-ter consente la prosecuzione del procedimento ed anche, se del caso, il sequestro e la confisca. Cio' palesa un contrasto con l'art. 3 della Costituzione, che sotto nessun profilo, per quanto su evidenziato, appare ragionevole a fronte della comune finalita' preventiva, rinvenibile nell'una e nell'altra ipotesi. Analogamente, deve rilevarsi come una ingiustificata disparita' di trattamento, con lesione dell'art. 3 della Costituzione, sussista anche nel caso in cui, nell'ambito dello stesso procedimento, il proposto sia gia' stato sottoposto alla misura di prevenzione personale e solo alcuni dei terzi intestatari abbiano visto immediatamente e definitivamente confiscati i propri beni. Gli altri terzi, infatti, i beni dei quali non ancora siano stati sequestrati o confiscati, non potranno piu' essere danneggiati dal procedimento se interviene medio tempore la morte del proposto. Identica disparita' sussiste anche nel trattamento degli eredi, i quali acquistano la titolarita' dei beni potenzialmente confiscabili se la morte interviene prima della confisca, mentre nel caso contrario ne sono privati. Tali disparita' appaiono del tutto irragionevoli, specie alla luce della finalita' delle misure in oggetto che sono anche dirette ad eliminare dai circuiti economici quanto sia provento diretto o indiretto di illecite attivita'. Si tratta, a ben vedere, di un'azione di prevenzione speciale, diretta a limitare l'attivita' delittuosa del proposto, ma anche generale per quanti -terzi o eredi - potrebbero usufruire di beni che sono stati e potranno ancora essere utilizzati per illecite attivita'. In questo senso appare fondato il contrasto, rilevato dal pubblico ministero e richiamato al punto 1), fra la circolazione e la tutela della proprieta' dei beni di illecita provenienza e la necessaria funzione sociale del diritto di proprieta', sancita dall'art. 42 della Costituzione. In merito, appare opportuno considerare come il riferimento dell'art. 42 della Costituzione alla "funzione sociale" richieda un'analisi piu' specifica delle ragioni che escludono, nel caso di specie, la tutela della proprieta' sui beni di provenienza illecita, anche quando questi stessi, per la morte del proposto, passino nella sfera di disponibilita' di altri soggetti, non direttamente interessati al procedimento di prevenzione. E bene, la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti puo' essere attenuata, limitata o esclusa solo dalla necessita' di salvaguardare altri beni di pari rango. Perche', quindi, la proprieta' sia garantita deve avere quella "funzione sociale" che si concreta nella capacita' del diritto di proprieta' e del suo esercizio di consentire e favorire lo sviluppo di altri diritti costituzionalmente garantiti. Se cio' non accade, evidentemente, con la mortificazione della funzione sociale, anche il diritto di proprieta' viene ad essere privo di cio' che lo rende intangibile. Questo detto, va evidenziato come il legislatore, predisponendo un sistema (sequestro/confisca) teso a sacrificare la proprieta' diretta ed indiretta, abbia ritenuto antisociale quel diritto quando riguardi beni suscettibili di sequestro e poi confisca. Tale valutazione, confermata allo stato dalla tenuta costituzionale del sistema di prevenzione patrimoniale, va fatta - a parere di chi scrive - a prescindere dall'esistenza in vita o dal decesso del proposto. Infatti, la predetta antisocialita' deriva dalla lesione proprio di alcuni beni tutelati costituzionalmente e incide sul diritto di proprieta' seguendo il bene. Fra i beni costituzionali lesi dalla proprieta' antisociale, in primo luogo vanno collocati il pluralismo e la libera iniziativa privata nell'ambito economico (art. 41 della Costituzione). Tali diritti, infatti, sono violati dall'attivita' di "controllo del territorio", che si esplicita non solo in atti penalmente rilevanti, ma anche nell'esercizio delle lecite attivita' commerciali al fine di consolidare quel controllo. Tale dinamica economica determina un uso della proprieta' nella quale viene ad essere frustrata, se non annullata, l'attivita' d'impresa altrui, in quanto il mercato risulta "drogato" da fattori estranei. In tal caso, quindi, la proprieta' dei beni ha una evidente funzione antisociale, proprio perche' nasce dalle illecite limitazioni imposte agli altrui diritti di proprieta'. Anche un'altra parte della funzione sociale della proprieta' consistente nell'autorealizzazione scaturente dal lavoro personale (art. 4 della Costituzione) e dai frutti (es. art. 36 della Costituzione) che ne conseguono, viene frustrata dalla proprieta' dei beni illecitamente acquisiti. Tale proprieta', infatti, e' frutto di attivita' delittuose e non di attivita' lavorativa, con conseguente legittimazione di processi di acquisizione della proprieta' non basati sul lavoro personale, nonche' con la conseguente violazione dei doveri di solidarieta' sociale ed economica (art. 2 della Costituzione), che vengono adempiuti anche con l'esercizio dell'attivita' lavorativa. Inoltre, anche i beni dell'autonomia economica e della "spendibilita'" sociale della proprieta' illecitamente acquisita ledono il principio per cui la proprieta', socialmente orientata, consente la promozione e la formazione della persona nelle relazioni sociali (art. 2 della Costituzione). Infatti, proprio il modo d'acquisizione della proprieta' illecita e', normalmente, conosciuto da quanti sono assoggettati economicamente al vincolo intimidatorio, e non solo da questi, venendo cosi' a frustrare la valenza relazionale della proprieta'. Tali brevi considerazioni sulla funzione sociale della proprieta' e sulla antisocialita' della proprieta' illecita per provenienza, consentono, a parere di questo giudice, di ritenere che la morte del proposto nel procedimento di prevenzione non escluda la violazione dell'art. 42 della Costituzione, proprio perche' la natura antisociale del diritto aderisce e segue il bene prescindendo dal titolare. Resta, ad avviso di chi scrive, del tutto integra la forza antisociale dei beni in oggetto, anche per chi, come i terzi fittizi intestatari, si dovessero trovare proprietari del bene non piu' confiscabile per la morte del proposto. Ed anche per gli eredi valgono analoghe considerazioni, dovendosi peraltro tenere in conto che il vizio genetico dell'antisocialita' del bene, che non viene sequestrato e confiscato, produce solo un effetto, paradossalmente, criminogeno e non certamente preventivo, in quanto legittima e rende allettante l'attivita' criminale o para-lecita per l'acquisizione della proprieta'. Anche in merito alla illegittimita' costituzionale dell'art. 2- ter per contrasto con l'art. 112 della Costituzione, appaiono fondati i rilievi del pubblico ministero. Va, inoltre, considerato che nel caso di specie l'azione di prevenzione sarebbe illogicamente bloccata da un evento - il decesso del proposto - per il quale non esiste alcuna previsione esplicita nella legislazione di prevenzione, cosicche' ben si potrebbe ritenere - considerato che quanto detto attiene alla sfera delle misure patrimoniali e non di quelle personali - che la morte non abbia alcuna efficacia interruttiva del procedimento, in relazione alle misure di prevenzione patrimoniale. Per quanto evidenziato e ritenuta la rilevanza dell'eccezione sollevata ai fini della definizione del procedimento de quo, questo giudice ritiene che non sia manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del settimo comma dell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965, cosi' come introdotto dall'art. 2, comma secondo, della legge del 19 marzo 1990, n. 55, nella parte in cui non prevede che oltre che per l'assenza, la residenza o la dimora all'estero, anche per il decesso del proposto, al quale poteva applicarsi la misura di prevenzione, il procedimento di prevenzione possa essere proseguito ovvero iniziato, su proposta del procuratore della Repubblica o del questore competente per il luogo di ultima dimora dell'interessato, ai soli fini dell'applicazione dei provvedimenti patrimoniali, relativamente ai beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attivita' illecite o ne costituiscono il reimpiego. Letti gli artt. 134 e 136 della Costituzione, legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1; 23 e 24, legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante, ai fini della decisione del presente procedimento, e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata in relazione all'art. 2-ter, settimo comma, legge n. 575/1965, per contrasto con gli artt. 3, 42 e 112 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento n. 54/1994 r.g.m.p., pendente presso il tribunale di S. Maria Capua Vetere, nonche' l'immediata trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria perche' provveda alla trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, alla notifica del presente provvedimento alle parti ed al presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' alla comunicazione dello stesso provvedimento ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in S. Maria Capua Vetere il 6 luglio 1995 Il presidente: MARMO Il giudice estensore: CANANZI Il giudice: FOSCHINI 95C1234