N. 637 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 1995

                                N. 637
 Ordinanza emessa il 6 luglio 1995 dal tribunale  di  S.  Maria  Capua
 Vetere  nel  procedimento  di  prevenzione  nei confronti di Migliore
 Luigi
 Mafia - Misure di  prevenzione  patrimoniale  -  Sequestro  di  beni,
    ritenuti  frutto  di  attivita' illecite o che ne costituiscono il
    reimpiego, intestati a terzi ma nella disponibilita' del  proposto
    -  Decesso  dello stesso e conseguente sospensione dell'esecuzione
    del  sequestro  gia'  disposto  -  Mancata   previsione   che   il
    procedimento  di  prevenzione  possa  essere proseguito o iniziato
    come nelle ipotesi di assenza, residenza o dimora all'estero della
    persona alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione  -
    Disparita'  di  trattamento tra i terzi fittiziamente titolari dei
    beni  nella  disponibilita'  del  proposto  -  Compressione  della
    funzione  sociale  del  diritto  di  proprieta'  -  Violazione del
    principio della obbligatorieta' dell'azione penale.
 (Legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 2-ter, settimo comma).
 (Cost., artt. 3, 42 e 112).
(GU n.42 del 11-10-1995 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Il procedimento di prevenzione in  oggetto  aveva  inizio  con  la
 proposta  del  procuratore della Repubblica presso il tribunale di S.
 Maria Capua Vetere, che richiedeva l'applicazione  nei  confronti  di
 Migliore  Luigi  della misura della sorveglianza speciale di p.s., ai
 sensi  delle  leggi  nn.  575/1965  e  1423/1956,  con  l'obbligo  di
 soggiorno   nel  comune  di  residenza  e  l'imposizione  di  congrua
 cauzione.
    Oltre a cio' l'a.g. proponente chiedeva disporsi nei confronti del
 Migliore il sequestro e la confisca di  alcuni  beni  indicati  nella
 medesima proposta.
    ll  tribunale,  nell'esercizio  del  potere  attribuito al giudice
 della prevenzione dalla nonna dell'art.  2-ter,  primo  comma,  della
 legge  n. 575 del 1965, procedeva a compiere alcuni accertamenti che,
 integrando  le  risultanze  indiziarie  gia'   contenute   in   atti,
 configuravano come sussistenti i presupposti richiesti dalla legge n.
 575  del 1965 per l'applicazione della misura cautelare del sequestro
 di  prevenzione,  in  relazione  ai  beni   indicati   dall'autorita'
 giudiziaria proponente.
    Conseguentemente,   il   12   maggio   1995  veniva  disposto,  in
 accoglimento della  proposta,  il  sequestro  di  alcuni  beni  nella
 titolarita'  del Migliore ed anche di altri che risultavano, a parere
 di  questo  giudice  della  prevenzione,  nella  disponibilita'   del
 proposto,  pur  non  essendo  allo  stesso  formalmente imputabili in
 quanto nella titolarita' di Crisci Anna  Maria  Grazia,  di  Migliore
 Domenico  e  Migliore  Filomena,  rispettivamente  moglie e figli del
 predetto.
    E  bene,  proprio  all'atto  di  eseguire  il   provvedimento   di
 sequestro, gia' depositato, la cancelleria di questo tribunale veniva
 a conoscenza - a seguito di comunicazione dei Carabinieri di Cancello
 Scalo  -  che  il  Migliore era deceduto il giorno 10 maggio 1995 per
 morte violenta, causata da colpi d'arma da fuoco.
    Il tribunale, preso atto di  tale  elemento  di  novita',  con  il
 provvedimento del 18 maggio 1995 provvedeva a sospendere l'esecuzione
 del sequestro gia' disposto.
    Comunicava,  inoltre,  tale  provvedimento sospensivo al sostituto
 procuratore delegato per il procedimento in oggetto, che il 23 maggio
 1995 chiedeva al tribunale di sollevare la questione di  legittimita'
 costituzionale  in relazione all'art. 2-ter della legge del 31 maggio
 1965, n.  575,  per  contrarieta'  agli  artt.  3,  42  e  112  della
 Costituzione.
    Il tribunale, letta l'istanza del sostituto procuratore;
    Letta  la  legge  dell'11 maggio 1953, n. 87 ed in particolare gli
 artt. 23 e 24 della stessa legge;
                             O S S E R V A
    1. - Il sostituto procuratore, delegato  per  il  procedimento  di
 prevenzione de quo, ha sollevato la questione, come visto, perche' la
 norma  contenuta  nell'art. 2-ter della legge n. 575 del 1965 sarebbe
 in contrasto con gli artt. 3, 42 e 112 della Costituzione.
    In particolare, l'art. 3 della Costituzione  verrebbe  leso  dalla
 disparita'  di  trattamento  esistente  fra  i  terzi,  fittiziamente
 titolari dei beni nella disponibilita' del proposto,  e  quelli  che,
 pur  trovandosi nella stessa condizione di terzi intestatari fittizi,
 invece conserverebbero la titolarita' dei beni solo grazie alla morte
 del proposto, pur in presenza di concreti elementi  circa  l'illecita
 natura dei beni medesimi.
    In  relazione  all'art.  42  della  Costituzione, invece, dovrebbe
 ritenersi, a parere del pubblico ministero,  sussistente  una  palese
 irragionevolezza  della  disciplina  dettata  dall'art.  2-ter, nella
 parte in cui viene  ad  essere  violata  la  funzione  sociale  della
 proprieta'.
    Infatti,  la  misura di prevenzione di natura patrimoniale sarebbe
 costituzionalmente  legittima  proprio  perche'  sacrificherebbe   un
 diritto  di proprieta' del tutto privo di funzione sociale, in quanto
 acquisito illecitamente.
    Nel caso di specie, la  morte,  per  giunta  violenta  e,  quindi,
 ulteriormente  assertiva  della  pericolosita'  del  proposto e della
 illecita provenienza  dei  beni,  non  potrebbe  avere  l'effetto  di
 restituire  agli  stessi  beni  -  prima da sequestrare - la funzione
 sociale richiesta dall'art. 42 della Costituzione per la tutela della
 proprieta'.
    In  ultimo, il pubblico ministero rileva una ulteriore lesione, da
 parte dell'art. 2-ter, dei principi costituzionali sanciti  dall'art.
 112 della Costituzione.
    Cio' perche' con l'avvicinamento del procedimento di prevenzione -
 non  solo  nella  natura  giurisdizionale, ma anche nelle regole - al
 procedimento penale pur nella distinzione fra azione penale ed azione
 di prevenzione, l'art. 112 della Costituzione estenderebbe all'azione
 preventiva la contrarieta' alla Costituzione  di  qualsiasi  ostacolo
 all'esercizio dell'azione di prevenzione.
    In  sostanza, l'esistenza di un ostacolo - la morte del proposto -
 estraneo alla fattispecie costitutiva  del  potere  di  confisca  non
 potrebbe che apparire in contrasto con il dettato dell'art. 112 della
 Costituzione,  in  quanto  irragionevolmente  l'azione di prevenzione
 verrebbe  ad  essere  mortificata  da  un  evento  esterno,  con   la
 conseguente ingiustificata paralisi del potere di confisca.
    2.  -  Preliminarmente va rilevato come il procedimento de quo non
 possa essere definito senza la risoluzione della sollevata  questione
 di legittimita' costituzionale.
    E' di tutta evidenza, infatti, che la soluzione della questione e'
 pregiudiziale  rispetto  all'esito  del  giudizio  di  prevenzione in
 corso.
    Ove  la  censura  di  costituzionalita'  risultasse   fondata   ne
 conseguirebbe,  infatti,  la  possibilita'  di  applicare  al caso di
 specie la disciplina dell'art. 2-ter. Cosi' dovrebbe essere  eseguito
 il  gia'  disposto sequestro, allo stato, invece, sospeso, nonostante
 il giudice a  quo  abbia  gia'  ritenuto  sussistenti  i  presupposti
 richiesti dalla legge.
    In  tal  caso,  il  giudice  della  prevenzione  proseguirebbe nel
 procedimento fino alla sua definizione  con  la  confisca  o  con  la
 restituzione dei beni.
    Se,  invece,  risultasse  del  tutto  infondata  la  questione, al
 giudice a quo spetterebbe concludere immediatamente il procedimento.
    Sulla base di tale necessaria e preliminare  considerazione,  deve
 passarsi  all'esame  della  fondatezza  o  meno  della  questione  in
 oggetto.
    3. - Per le ragioni  che  si  vanno  ad  esporre,  questo  giudice
 ritiene che la questione posta non sia manifestamente infondata.
    Pertanto, facendo proprie le motivazioni alla base della eccezione
 del  pubblico  ministero,  questo  giudice - conformemente al dettato
 dell'art. 23, terzo comma, della legge dell'11 marzo 1953,  n.  87  -
 ritiene  che  anche  sotto  altri  profili, che di qui a poco saranno
 evidenziati, quanto rilevato non sia manifestamente infondato.
    Va  preliminarmente  ricordato  che  gia'  la  Corte,   in   altra
 occasione,  ha  avuto  modo  di pronunciarsi su un'analoga questione,
 relativa agli effetti  della  morte  del  proposto  sulla  misura  di
 prevenzione patrimoniale.
    Con l'ordinanza del 23 giugno 1988, n. 721 (in Gazzetta Ufficiale,
 1a  serie  speciale,  29  giugno  1988,  n.  26),  infatti,  la Corte
 dichiarava  l'inammissibilita'  della   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 2-ter, commi terzo, quarto e sesto, legge n.
 575/1965,   sollevata   in   relazione  agli  artt.  41  e  42  della
 Costituzione.
    Tale pronuncia, a ben vedere, interveniva in merito alla  presunta
 illegittimita'  di norme del tutto diverse da quelle considerate, qui
 di seguito, da questo giudice.
    4.  -  Funzionale  alla  illustrazione  delle  ragioni  della  non
 manifesta infondatezza della questione sollevata  in  relazione  alla
 norma  contenuta  nell'art.  2-ter,  settimo  comma, legge n. 575 del
 1965, appare una rapida considerazione del dettato normativo e di una
 recente  pronuncia  della  Corte  costituzionale.  L'uno  e   l'altra
 ineriscono   al   nesso   di   dipendenza   della  misura  preventiva
 patrimoniale rispetto alla misura di carattere personale.
    Esiste fra le due  misure,  a  ben  vedere,  una  vera  e  propria
 relazione  di pregiudizialita' imposta dall'art. 2-ter, commi secondo
 e terzo, della legge n. 575/1965: il sequestro dei beni  puo'  essere
 disposto  solo  nell'ambito  di  un  procedimento  gia'  iniziato per
 l'applicazione di una misura personale, mentre la confisca presuppone
 logicamente  l'irrogazione   della   misura   personale,   anche   se
 cronologicamente puo' essere alla stessa contestuale.
    Il  sequestro,  quindi,  puo'  essere  disposto  solo  nel caso di
 concorrenza - con quelli inerenti  all'ambito  patrimoniale  -  degli
 indizi   della   pericolosita'   qualificata   personale,  indicativi
 dell'appartenenza del proposto a consorterie mafiose o camorristiche,
 mentre la  confisca  richiede  l'esistenza  di  un  provvedimento  di
 prevenzione  di  carattere personale (Cass. sez. I, 17 novembre 1989,
 Nuvoletta, in Cass. Pen., 1991, p. 813).
    La Corte costituzionale, in occasione dell'esame di una  questione
 di  legittimita' costituzionale dello stesso art. 2-ter, sesto comma,
 della legge 31 maggio 1965, n. 575, ha gia' avuto modo di evidenziare
 come  non  si  possa  dubitare  "della  ragionevolezza  della   norma
 denunciata   la'   dove  'aggancia'  la  possibilita'  di  avvio  del
 procedimento di prevenzione patrimoniale alla applicazione  in  corso
 della  misura  personale,  misura  che  e'  allo stato il presupposto
 dell'adozione di quella patrimoniale".
    Con tale pronuncia (n. 465 del 17-28  dicembre  1993)  il  giudice
 delle   leggi   ha   sostanzialmente   affermato  la  necessita'  che
 logicamente la misura personale preceda quella patrimoniale.
    Tale affermazione riguarda, pero',  una  fattispecie  particolare,
 nella  quale  la  misura  personale  non  era  piu'  in esecuzione e,
 conseguentemente, l'accertamento  della  pericolosita',  che  l'aveva
 determinata, aveva cessato di produrre i propri effetti.
    La pericolosita', infatti, nel caso esaminato dalla Corte, non era
 piu' attuale, essendo gia' venuta a cessare l'esecuzione della misura
 personale  e  richiedendosi,  per  l'irrogazione  di  qualsiasi altro
 provvedimento preventivo, personale o patrimoniale,  l'istaurarsi  di
 un  nuovo  procedimento  poiche',  allo  stato degli atti, il giudice
 della prevenzione non  conosceva  se  la  pericolosita',  previamente
 accertata, fosse o meno scemata.
    E'  indubbio,  per  quanto  evidenziato  e  per  il chiaro dettato
 normativo,  che  esista  un  inscindibile   nesso   fra   le   misure
 patrimoniali e la misura personale.
    Se questo e' il principio generale, non va, pero', dimenticato che
 il legislatore ha ormai introdotto delle ipotesi nelle quali, pur non
 essendo  violata  la  richiamata  relazione  di  pregiudizialita', il
 sistema  preventivo  di  carattere   patrimoniale,   nella   sequenza
 sequestro-confisca,   viene   ad   essere   operativo  a  prescindere
 dall'esistenza  di  un  provvedimento  di  prevenzione  di  carattere
 personale.
    Con  l'art.  2-ter,  settimo  comma,  della legge n. 575 del 1965,
 aggiunto dall'art. 2 della legge n. 55 del 19 luglio  1990,  infatti,
 viene  introdotta la possibilita' - prima inesistente - di proseguire
 o instaurare un procedimento di prevenzione anche nei confronti della
 persona  alla  quale  potrebbe  applicarsi  -  per  l'esistenza   dei
 presupposti - ma non eseguirsi la misura di prevenzione personale.
    In tal caso, infatti, il legislatore, a fronte dell'impossibilita'
 di  eseguire  la  misura  personale verso chi e' assente, residente o
 dimorante all'estero, consente di instaurare o anche di proseguire il
 procedimento di prevenzione al  solo  fine  di  irrogare  l'eventuale
 misura patrimoniale.
    La  stessa  norma  introduce, nell'art. 2-ter, ottavo comma, della
 legge n. 575 del 1965, la possibilita' di iniziare  o  proseguire  il
 procedimento,  sempre  soltanto  per  l'emanazione  dei provvedimenti
 patrimoniali, nel caso in cui la persona, nei confronti  della  quale
 e'  stata  proposta  la misura di prevenzione, sia gia' sottoposta ad
 una misura  di  sicurezza  detentiva  o  alla  liberta'  vigilata  e,
 pertanto,  non possa essere destinataria di una misura di prevenzione
 personale. Anche in questo caso, a fronte  dell'impossibilita'  della
 esecuzione  della  misura  personale,  il  procedimento preventivo si
 "concentra" sul solo profilo patrimoniale.
    Anche l'art. 14 della legge n. 55 del 1990,  con  il  rinvio  alla
 disciplina  in  tema  di  indagini  ed  applicazione  delle misure di
 prevenzione di carattere  patrimoniale,  consente  l'irrogazione  dei
 provvedimenti  di  sequestro e confisca nei confronti degli indiziati
 di appartenere alle associazioni previste, ormai,  dall'art.  74  del
 d.P.R. n. 309 del 1990, allorche' i proventi derivino dalle attivita'
 delittuose,  fra  l'altro,  di  estorsione,  sequestro, riciclaggio e
 contrabbando.
    Con tale rinvio, esclusivamente  relativo  alla  disciplina  delle
 misure  patrimoniali,  anche  in  questo  caso  il legislatore non si
 riferisce alle norme relative alla pericolosita' personale  e  sembra
 permettere  al giudice procedente di prescindere dall'esistenza di un
 provvedimento preventivo di tipo personale.
    In ultimo, la necessita' di un provvedimento preventivo  personale
 per   l'irrogazione   della  misura  patrimoniale  e'  esclusa  anche
 dall'introduzione della disciplina degli artt. 3-quater e 3-quinquies
 legge n. 575/1965 che consente  indagini  e  misure  patrimoniali  in
 relazione  ai  beni  che  agevolino  l'attivita'  della  persona  nei
 confronti della quale sia stata applicata o  proposta  la  misura  di
 prevenzione personale.
    La  sospensione dall'amministrazione dei beni ed il sequestro sono
 misure che agiscono, in tal caso, sui beni che agevolano la  condotta
 del  proposto,  nonostante  non  siano  suscettivi delle tradizionali
 misure  patrimoniali  -  perche'  non  ricadono  direttamente   nella
 disponibilita'   della   persona   sottoposta   al   procedimento  di
 prevenzione personale - e nonostante appartengano  a  persone  terze,
 nei  confronti  delle quali non sia stata esercitata alcuna azione di
 prevenzione.
    In tutte queste ipotesi, dunque, il legislatore attenua  ed  anche
 elide  il  nesso  di  pregiudizialita',  ritenendo non indispensabile
 l'irrogazione  della  misura  personale  per  l'emissione  di  quella
 patrimoniale.
    5. - A fronte di tale complessivo quadro normativo, innovato dalla
 legge  n.  55  del  1990,  non ancora in vigore, quindi, in occasione
 della  precedente  pronuncia  della  Corte  del  1988,  la  questione
 sollevata appare non manifestamente infondata in relazione al difetto
 di legittimita' costituzionale dell'art. 2-ter, settimo comma.
    Ad  avviso  di  questo  giudice, i cd. procedimenti atipici (commi
 settimo e ottavo dell'art 2-ter)  non  svincolano  il  giudice  della
 prevenzione   dalla  valutazione  dei  presupposti  di  pericolosita'
 personale, anche se l'impossibilita' di una applicazione della misura
 personale  -  per  cause  originarie  o  sopravvenute  -   non   osta
 all'emissione della misura patrimoniale.
    In  tal caso, quindi, vi e' una scissione fra l'ambito personale e
 quello patrimoniale,  cosicche'  al  proposto  assente,  residente  o
 dimorante all'estero ovvero sottoposto ad una misura di sicurezza, e'
 solo irrogata la misura patrimoniale e non anche quella personale.
    Il che, a ben vedere, non significa escludere l'accertamento della
 pericolosita'  personale del proposto. Anzi, e' pur sempre necessario
 compiere  l'accertamento  della  pericolosita'  personale  incidenter
 tantum.
   Il  legislatore, in buona sostanza, ha voluto evitare - e questa e'
 la ratio della normativa  -  che  l'impossibilita'  di  applicare  la
 misura personale, per eventi estranei al procedimento di prevenzione,
 abbia  sulla  irroganda misura patrimoniale un effetto interruttivo e
 paralizzante  del  procedimento,  pur  in  presenza  dei  presupposti
 necessari e sufficienti all'emissione del provvedimento.
    Rispetto a tali ipotesi, nel caso di decesso del proposto, invece,
 vi   e'   una  palese  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,
 allorche', a seguito di una valutazione positiva ed incidentale della
 pericolosita' qualificata del proposto - identica a quella svolta nei
 casi di cui all'art. 2-ter  settimo  comma  -  l'evento  della  morte
 impedisce il sequestro e, se del caso, la confisca dei beni dei quali
 lo stesso proposto aveva la disponibilita'.
    Se  l'evento  morte esclude l'applicazione della misura personale,
 non incide, invece, sui beni, che pur sempre sono connotati dal vizio
 genetico della illecita provenienza e che non possono essere lasciati
 circolare sulla base del solo  presupposto  della  impossibilita'  di
 poterne ulteriormente godere per il proposto deceduto.
    Vi  e',  quindi,  una identita' fra l'ipotesi dell'assenza o della
 residenza all'estero del proposto e quella della morte dello  stesso,
 in  quanto  in  entrambi  i  casi il nesso fra la persona e la misura
 patrimoniale viene ad interrompersi.
    Da tale identita' deriva, a ben vedere,  una  evidente  disparita'
 rispetto al diverso trattamento subito dai terzi titolari fittizi dei
 beni,  rispettivamente  nel caso della morte del proposto o della sua
 assenza/residenza all'estero.
    I terzi, titolari fittizi  dei  beni,  vengono  ad  avvantaggiarsi
 della  morte  del  proposto:  tale evento, infatti, sottrae i beni al
 sequestro ed alla confisca.
    Diverso e', invece, il trattamento dei terzi nel caso  in  cui  il
 proposto,  ancora  in  vita, sia assente, o residente all'estero. Per
 questi ultimi, infatti, il settimo comma dell'art. 2-ter consente  la
 prosecuzione  del  procedimento ed anche, se del caso, il sequestro e
 la confisca.
    Cio'  palesa  un  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione, che
 sotto nessun profilo, per quanto su evidenziato, appare ragionevole a
 fronte della comune  finalita'  preventiva,  rinvenibile  nell'una  e
 nell'altra ipotesi.
    Analogamente, deve rilevarsi come una ingiustificata disparita' di
 trattamento,  con  lesione  dell'art.  3 della Costituzione, sussista
 anche nel caso in cui,  nell'ambito  dello  stesso  procedimento,  il
 proposto  sia  gia'  stato  sottoposto  alla  misura  di  prevenzione
 personale  e  solo  alcuni  dei  terzi  intestatari   abbiano   visto
 immediatamente e definitivamente confiscati i propri beni.
    Gli  altri terzi, infatti, i beni dei quali non ancora siano stati
 sequestrati o confiscati, non potranno piu'  essere  danneggiati  dal
 procedimento se interviene medio tempore la morte del proposto.
    Identica  disparita' sussiste anche nel trattamento degli eredi, i
 quali acquistano la titolarita' dei beni potenzialmente  confiscabili
 se  la  morte  interviene  prima  della  confisca,  mentre  nel  caso
 contrario ne sono privati.
    Tali disparita' appaiono del tutto irragionevoli, specie alla luce
 della finalita' delle misure in oggetto che  sono  anche  dirette  ad
 eliminare  dai  circuiti  economici  quanto  sia  provento  diretto o
 indiretto di illecite attivita'.
    Si tratta, a ben vedere, di  un'azione  di  prevenzione  speciale,
 diretta  a  limitare  l'attivita'  delittuosa  del proposto, ma anche
 generale per quanti -terzi o eredi - potrebbero usufruire di beni che
 sono  stati  e  potranno  ancora  essere  utilizzati   per   illecite
 attivita'.
    In questo senso appare fondato il contrasto, rilevato dal pubblico
 ministero  e  richiamato al punto 1), fra la circolazione e la tutela
 della proprieta' dei beni di illecita  provenienza  e  la  necessaria
 funzione  sociale  del  diritto  di  proprieta', sancita dall'art. 42
 della Costituzione.
    In  merito,  appare  opportuno  considerare  come  il  riferimento
 dell'art.  42  della  Costituzione  alla  "funzione sociale" richieda
 un'analisi piu' specifica delle ragioni che escludono,  nel  caso  di
 specie,  la tutela della proprieta' sui beni di provenienza illecita,
 anche quando questi stessi, per la morte del proposto, passino  nella
 sfera   di   disponibilita'   di  altri  soggetti,  non  direttamente
 interessati al procedimento di prevenzione.
    E bene, la tutela dei diritti  costituzionalmente  garantiti  puo'
 essere  attenuata,  limitata  o  esclusa  solo  dalla  necessita'  di
 salvaguardare altri beni di pari rango.
    Perche', quindi, la proprieta' sia  garantita  deve  avere  quella
 "funzione  sociale"  che  si  concreta nella capacita' del diritto di
 proprieta' e del suo esercizio di consentire e favorire  lo  sviluppo
 di  altri  diritti  costituzionalmente garantiti. Se cio' non accade,
 evidentemente, con la mortificazione della funzione sociale, anche il
 diritto di proprieta' viene ad essere privo  di  cio'  che  lo  rende
 intangibile.
    Questo detto, va evidenziato come il legislatore, predisponendo un
 sistema (sequestro/confisca) teso a sacrificare la proprieta' diretta
 ed indiretta, abbia ritenuto antisociale quel diritto quando riguardi
 beni suscettibili di sequestro e poi confisca.
    Tale    valutazione,    confermata   allo   stato   dalla   tenuta
 costituzionale del sistema di prevenzione patrimoniale, va fatta -  a
 parere  di  chi  scrive  - a prescindere dall'esistenza in vita o dal
 decesso del proposto.
    Infatti,  la  predetta antisocialita' deriva dalla lesione proprio
 di alcuni beni tutelati costituzionalmente e incide  sul  diritto  di
 proprieta' seguendo il bene.
    Fra  i  beni  costituzionali lesi dalla proprieta' antisociale, in
 primo luogo vanno collocati il  pluralismo  e  la  libera  iniziativa
 privata nell'ambito economico (art. 41 della Costituzione).
    Tali  diritti,  infatti, sono violati dall'attivita' di "controllo
 del territorio",  che  si  esplicita  non  solo  in  atti  penalmente
 rilevanti, ma anche nell'esercizio delle lecite attivita' commerciali
 al fine di consolidare quel controllo.
    Tale  dinamica  economica  determina un uso della proprieta' nella
 quale viene  ad  essere  frustrata,  se  non  annullata,  l'attivita'
 d'impresa  altrui,  in quanto il mercato risulta "drogato" da fattori
 estranei. In tal caso, quindi, la proprieta' dei beni ha una evidente
 funzione  antisociale,   proprio   perche'   nasce   dalle   illecite
 limitazioni imposte agli altrui diritti di proprieta'.
    Anche  un'altra  parte  della  funzione  sociale  della proprieta'
 consistente nell'autorealizzazione scaturente  dal  lavoro  personale
 (art.  4  della  Costituzione)  e  dai  frutti  (es.  art.  36  della
 Costituzione) che ne conseguono, viene frustrata dalla proprieta' dei
 beni illecitamente acquisiti.
    Tale proprieta', infatti, e' frutto di attivita' delittuose e  non
 di  attivita'  lavorativa, con conseguente legittimazione di processi
 di acquisizione della proprieta' non  basati  sul  lavoro  personale,
 nonche'  con  la  conseguente  violazione  dei doveri di solidarieta'
 sociale  ed  economica  (art.  2  della  Costituzione),  che  vengono
 adempiuti anche con l'esercizio dell'attivita' lavorativa.
    Inoltre,   anche   i   beni   dell'autonomia   economica  e  della
 "spendibilita'"  sociale  della  proprieta'  illecitamente  acquisita
 ledono  il  principio  per  cui la proprieta', socialmente orientata,
 consente la promozione e la formazione della persona nelle  relazioni
 sociali  (art.  2  della  Costituzione).  Infatti,  proprio  il  modo
 d'acquisizione della proprieta' illecita e', normalmente,  conosciuto
 da  quanti sono assoggettati economicamente al vincolo intimidatorio,
 e  non  solo  da  questi,  venendo  cosi'  a  frustrare  la   valenza
 relazionale della proprieta'.
    Tali  brevi considerazioni sulla funzione sociale della proprieta'
 e sulla antisocialita' della  proprieta'  illecita  per  provenienza,
 consentono,  a parere di questo giudice, di ritenere che la morte del
 proposto nel procedimento di prevenzione non  escluda  la  violazione
 dell'art.   42   della   Costituzione,   proprio  perche'  la  natura
 antisociale del diritto aderisce e segue  il  bene  prescindendo  dal
 titolare.
    Resta,  ad  avviso  di  chi  scrive,  del  tutto  integra la forza
 antisociale dei beni in oggetto, anche per chi, come i terzi  fittizi
 intestatari,  si  dovessero  trovare  proprietari  del  bene non piu'
 confiscabile per la morte del proposto.
    Ed anche per gli eredi valgono analoghe considerazioni,  dovendosi
 peraltro  tenere  in  conto che il vizio genetico dell'antisocialita'
 del bene, che non viene sequestrato e  confiscato,  produce  solo  un
 effetto, paradossalmente, criminogeno e non certamente preventivo, in
 quanto   legittima   e   rende  allettante  l'attivita'  criminale  o
 para-lecita per l'acquisizione della proprieta'.
    Anche  in  merito  alla illegittimita' costituzionale dell'art. 2-
 ter per contrasto con l'art. 112 della Costituzione, appaiono fondati
 i rilievi del pubblico ministero.
    Va, inoltre, considerato  che  nel  caso  di  specie  l'azione  di
 prevenzione  sarebbe illogicamente bloccata da un evento - il decesso
 del proposto - per il quale non esiste  alcuna  previsione  esplicita
 nella legislazione di prevenzione, cosicche' ben si potrebbe ritenere
 -  considerato  che  quanto  detto  attiene  alla  sfera delle misure
 patrimoniali e non di quelle personali  -  che  la  morte  non  abbia
 alcuna  efficacia  interruttiva  del  procedimento, in relazione alle
 misure di prevenzione patrimoniale.
    Per quanto evidenziato  e  ritenuta  la  rilevanza  dell'eccezione
 sollevata  ai  fini della definizione del procedimento de quo, questo
 giudice ritiene che non sia manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  del settimo comma dell'art. 2-ter della
 legge n. 575 del 1965,  cosi'  come  introdotto  dall'art.  2,  comma
 secondo, della legge del 19 marzo 1990, n. 55, nella parte in cui non
 prevede  che  oltre  che  per  l'assenza,  la  residenza  o la dimora
 all'estero, anche per  il  decesso  del  proposto,  al  quale  poteva
 applicarsi  la  misura di prevenzione, il procedimento di prevenzione
 possa essere proseguito ovvero iniziato, su proposta del  procuratore
 della  Repubblica  o  del  questore competente per il luogo di ultima
 dimora  dell'interessato,  ai   soli   fini   dell'applicazione   dei
 provvedimenti patrimoniali, relativamente ai beni che si ha motivo di
 ritenere che siano il frutto di attivita' illecite o ne costituiscono
 il reimpiego.
    Letti  gli  artt.  134  e  136  della  Costituzione, legge cost. 9
 febbraio 1948, n. 1; 23 e 24, legge 11 marzo 1953, n. 87.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante,  ai  fini  della   decisione   del   presente
 procedimento,   e   non  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale sollevata in  relazione  all'art.  2-ter,
 settimo comma, legge n. 575/1965, per contrasto con gli artt. 3, 42 e
 112 della Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  procedimento  n.  54/1994 r.g.m.p.,
 pendente presso il  tribunale  di  S.  Maria  Capua  Vetere,  nonche'
 l'immediata  trasmissione  degli  atti del presente procedimento alla
 Corte costituzionale;
    Manda alla cancelleria perche' provveda  alla  trasmissione  degli
 atti   alla   Corte   costituzionale,   alla  notifica  del  presente
 provvedimento alle parti ed al presidente del Consiglio dei Ministri,
 nonche' alla comunicazione dello stesso provvedimento  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in S. Maria Capua Vetere il 6 luglio 1995
                         Il presidente: MARMO
                                         Il giudice estensore: CANANZI
   Il giudice: FOSCHINI
 95C1234