N. 641 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 1995

                                N. 641
 Ordinanza  emessa  il  12  giugno  1995  dal  pretore  di  Chieti nel
 procedimento civile vertente tra Semplicino Anna Maria e il Ministero
 dell'interno
 Previdenza e assistenza sociale - Assegno di invalidita' -  Requisiti
    -   Elevazione   della  misura  della  riduzione  della  capacita'
    lavorativa dai due terzi al settantaquattro per  cento  a  partire
    dalla  data  di  entrata  in vigore del decreto del Ministro della
    sanita' di approvazione della relativa tabella (12 marzo  1992)  -
    Applicabilita'  della precedente normativa, a salvezza dei diritti
    acquisiti, ai soli soggetti che prima del 12  marzo  1992  abbiano
    ottenuto  il  riconoscimento dei requisiti sanitari da parte della
    competente commissione medica, e non anche a coloro che  prima  di
    detta   data   abbiano   presentato  domanda  -  Irrazionalita'  -
    Disparita' di trattamento di situazioni  omogenee  -  Eccesso  dei
    limiti  della  legge di delega - Lesione del diritto del cittadino
    inabile all'assistenza sociale.
 (D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 9, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 38, primo comma, e 76).
(GU n.42 del 11-10-1995 )
                              IL PRETORE
    A  scioglimento  delle riserva ha emesso la seguente ordinanza nel
 procedimento civile in materia di previdenza ed  assistenza  vertente
 tra  Semplicino Anna Maria, ricorrente, ed il Ministero dell'interno,
 convenuto.
                               F A T T O
    Semplicino Anna Maria,  nata  il  16  giugno  1939,  elettivamente
 domiciliata  a  Chieti  alla  via  F.  Viaggi  n. 15 presso lo studio
 dell'avv. Valter De Cesare che  la  rappresenta  e  difende  come  da
 mandato  a  margine dell'atto introduttivo, con ricorso depositato in
 cancelleria in data 12 aprile 1994 ha tratto in giudizio il Ministero
 dell'interno in persona del Ministro pro-tempore.
    Premetteva:
      di essere stata, con provvedimento trasmesso in data  15  aprile
 1993 ed adottato nella seduta del 14 ottobre 1992, riconosciuta dalla
 competente  commissione  sanitaria  invalida con riduzione permanente
 della capacita' lavorativa in misura del 67%,  con  decorrenza  dalla
 domanda (31 marzo 1990);
      di  aver  avanzato inutilmente ricorso amministrativo non avendo
 il  Ministero  proceduto  alla  costituzione  e   alla   liquidazione
 deIl'assegno  mensile  di assistenza previsto per gli invalidi civili
 parziali dall'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118;
      di aver diritto all'assegno mensile  di  invalidita'  in  quanto
 aveva  proposto  domanda  in  data 31 marzo 1990 ed aveva ottenuto da
 tale data il riconoscimento del requisito sanitario mentre non era in
 discussione quello reddituale ed economico;
      di non doversi applicare nel caso in esame  la  nuova  normativa
 che aveva elevato la soglia di riconoscimento del requisito sanitario
 alla  misura  del  74%  entrata  in  vigore  solo  il  12 marzo 1994,
 successivamente quindi  alla  data  di  presentazione  della  domanda
 amministrativa e del riconoscimento del requisito sanitario;
      cio'   premesso   chiedeva  la  condanna  alla  costituzionee  e
 liquidazione dell'assegno mensile di invalida civile parziale.
    Si costituiva ritualmente in giudizio  il  Ministero  dell'interno
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato
 osservando che la domanda era stata disattesa essendo  rilevante  non
 la data della presentazione dell'istanza amministrativa bensi' quella
 dell'accertamento  sanitario,  tenuto  conto  che, ai sensi e per gli
 effetti dell'art. 9, primo e secondo comma,  del  d.-l.  23  novembre
 1988, n. 509, a decorrere dalla data di entrata in vigore del prefato
 decreto   del  Ministero  della  sanita'  la  percentuale  minima  di
 invalidita' pensionabile viene elevata  al  74%,  mentre  sono  fatti
 salvi  i  diritti  acquisiti  da  quei cittadini che alla data del 12
 marzo 1992 gia' beneficiavano dell'assegno mensile di  assistenza  di
 che   trattasi,   o   che  avevano  gia'  ottenuto  a  tale  data  il
 riconoscimento del requisito  sanitario  da  parte  della  competente
 commissione.  Non  avendo  l'invalida  alla  data  del  12 marzo 1992
 ottenuto il riconoscimento  del  possesso  del  requisito  sanitario,
 nessun  diritto poteva vantare per la concessione dell'assegno di che
 trattasi.
    La    ricorrente   ha   chiesto   sollevarsi   la   questione   di
 incostituzionalita' dell'art. 9, secondo comma, d.lgs. n. 509/1988 in
 relazione agli artt. 76, 38 e 3 Cost.
    Il Ministero convenuto ha insistito per il rigetto della domanda.
                             D I R I T T O
    Osserva il pretore che la questione di legittimita' costituzionale
 posta in relazione  agli  artt  76,  38,  primo  comma,  e  3,  della
 Costituzione   sia   rilevante,   dipendendo   dalla   sua  soluzione
 l'accoglimento  od  il  rigetto  della  domanda,  e   che   non   sia
 manifestamente infondata.
    Alla  ricorrente  e'  stata  negata la concessione dell'assegno di
 invalidita' civile ai sensi dell'art. 9, secondo comma, del d.lgs. n.
 509/88 perche', pur avendo fatto domanda prima dell'entrata in vigore
 del d.m. 5 febbraio 1992 e pur essendo  stata  riconosciuta  invalida
 con  percentuale  del 67% dalla data della domanda, e' stata visitata
 dalla commissione medica dopo l'entrata in vigore del d.m. stesso.
    La questione di costituzionalita' della norma citata, emanata  dal
 Governo in attuazione della delega conferita con l'art. 2 della legge
 n. 291/88, e' sicuramente rilevante nel presente giudizio perche', se
 la  norma  denunciata  fosse  eliminata  dall'ordinamento e quindi il
 momento decisivo per l'accertamento della sussistenza  dei  requisiti
 del  diritto  all'assegno fosse fissato alla data della domanda, come
 e' principio generale in materia previdenziale ed  assistenziale,  la
 ricorrente acquisterebbe il diritto all'assegno richiesto.
    La  questione  stessa  e'  altresi'  non manifestamente infondata,
 sotto i seguenti profili.
    I.  -  Sembra  sussistere  violazione  dell'art.  76  Cost.  e  di
 conseguenza  eccesso  di  delega  in  quanto  l'art. 2 della legge 26
 giugno 1988, n. 291, che ha delegato  il  Governo  ad  emanare  norme
 aventi  valore di legge ordinaria per provvedere alla revisione delle
 categorie delle minorazioni e malattie invalidanti di cui alle  leggi
 nn.  381  e  382  del  1970,  e 118/1971, nell'enunciare i principi e
 criteri  direttivi  cui  il  legislatore  delegato  era   tenuto   ad
 attenersi,   non   fa   alcuna   menzione  di  questioni  di  diritto
 intertemporale, limitandosi a prevedere una  maggiore  specificazione
 delle   minorazioni   e  delle  malattie  invalidanti,  una  migliore
 corrispondenza delle percentuali  di  invalidita'  all'entita'  delle
 minorazioni  e  delle  malattie, una piu' idonea determinazione della
 riduzione della capacita' lavorativa ai fini del  riconoscimento  dei
 benefici di legge.
    Pertanto  il  Governo non sembra legittimato a stabilire regole di
 diritto  transitorio  e  la  norma  denunciata  si   rivela   ex   se
 incostituzionale per eccesso di delega.
    Ne', per assurdo, la validita' della norma potrebbe essere salvata
 assumendosi  che essa non ha contenuto innovativo ma e' semplicemente
 ricognitiva di norme di legge gia' esistenti. Difatti, in una materia
 - quale quella assistenziale e previdenziale - dominata dalla  rierva
 di  legge,  le  questioni di diritto transitorio, ove non regolate ad
 hoc, vanno risolte secondo il principio generale della  domanda,  con
 il  quale  la  norma denunciata sicuramente contrasta (vd. infra, sub
 II).
    II. - Sembra altresi' sussistere violazione  dell'art.  38,  primo
 comma della Costituzione.
    Anche facendo salvo il potere del legislatore, sempre riconosciuto
 legittimo,  di stabilire criteri di gradualita' nell'attuazione delle
 riforme  assistenziali  e  previdenziali,  la  norma  denunciata   e'
 illegittima,  in quanto i criteri medesimi devono sempre fare salvi i
 principi  sanciti  nell'art.  38  Cost.  che  stabilisce,  con  norma
 precettiva  e  quindi  immediatamente  operativa nell'ordinamento, il
 diritto soggettivo  perfetto  del  cittadino  inabile  all'assistenza
 sociale.   Il  legislatore  ordinario  puo'  quindi  solo  fissare  i
 requisiti necessari per il godimento delle prestazioni assistenziali,
 ma senza snaturarne l'essenza.
    Pertanto, in materia di invalidita' civile il requisito  sanitario
 e  quello  reddituale  possono  essere  oggetto  di mera attivita' di
 accertamento, da parte della p.a.,  erogatrice  dei  benefici,  della
 titolarita' del diritto alle prestazioni, diritto che cioe' preesiste
 alle  attivita'  amministrative,  ed e' subordinato alla sola domanda
 del cittadino. A proposito la legge n. 118/71  (artt.  12  e  13)  e'
 chiarissima,   laddove  parla  di  accertamento  medico-sanitario,  e
 laddove fa decorrere i benefici dalla data della domanda.
    Richiamati  detti  principi  generali  in   materia,   a   livello
 costituzionale  e  di  legge  ordinaria,  una  volta che il cittadino
 avanzi la domanda, eventuali ritardi  nell'accertamento  degli  altri
 due  requisiti  non  possono in alcun modo influire sulla titolarita'
 del diritto alla prestazione, che va verificata (in cio' si  concreta
 un'attivita'  di  mero  accertamento) con riferimento alla data della
 domanda.
    E per gli stessi motivi, cioe' in  definitiva  per  la  natura  di
 diritto   soggettivo   perfetto   da   riconoscere   alle  situazioni
 dsciplinate dall'art. 38 Cost., una  volta  concessa  la  prestazione
 questa  deve  essere conservata dal cittadino, quale diritto quesito,
 con  riferimento  ai  requisiti   di   legge   vigenti   al   momento
 dell'attribuzione  della  prestazione (cioe' alla data della domanda)
 anche se la legge posteriore e' diversa.
    Applicando  tali  principi  ai  roblemi  di  diritto   transitorio
 sollevati  dalla  disposizione denunciata, ne deriva che, allorquando
 vi siano riforme normative in itinere, la posizione di chi abbia  gia
 fatto  domanda va valutata dall'Amministrazione con riferimerito alle
 leggi vigenti a tale data.
    La norma denunciata invece, laddove fa dipendere  l'applicabilita'
 della  nuova o della previgente normativa sul requisito sanitario non
 dalla data della domanda, ma da quella  dell'accertamento  sanitario,
 subordina  la  titolarita'  del  diritto  alla prestazione al momento
 dell'accertamento stesso, che diventa quindi, da  mero  accertamento,
 condizione  per la nascita del diritto, ed e' quindi incostituzionale
 poiche' degrada il diritto soggettivo del  cittadino  all'assistenza,
 diritto  perfetto  e  preesistente  all'attivita'  della p.a., ad una
 sorta  di  mero  interesse  dipendente  dalla   pure   accidentalita'
 temporale dell'esercizio del potere amministrativo.
    III.  -  Sembra  infine sussistere altresi' violazione dell'art. 3
 della Costituzione la norma denunciata e viziata  da  irrazionalita',
 poiche' subordina l'attribuzione dei benefici richiesti dal cittadino
 non  a  parametri certi, ma al fatto, del tutto casuale e soprattutto
 indipendente  dalle  condizioni   soggettive   del   richiedente   la
 prestazione  (minorazioni,  reddito,  eta'), dell'essere o meno stato
 visitato ad una certa data,  in  netto  contrasto  con  il  principio
 generale sopra menzionato dell'irrilevanza dei ritardi della p.a. sul
 diritto alla prestazione.
    Il che inoltre potrebbe aver favorito abusi ed arbitri della p.a.,
 quasi  legittimata  -  in  base  alla  norma denunciata - a ritardare
 l'effettuazione delle visite in attesa  dell'entrata  in  vigore  del
 citato d.m. 5 febbraio 1992.
    Evidente  contrasto  con  la  norma  vulnerata si avrebbe sotto il
 profilo  dello  stridente  difforme  trattamento  di   due   soggetti
 riconosciuti  invalidi  civili con decorrenza dalla stessa data della
 presentazione della domanda amministrativa ma  in  differenti  sedute
 della commissione medica per l'accertamento delle invalidita' civili,
 l'una  prima  e  l'altra  dopo il 12 marzo 1992. Il primo soggetto si
 vedrebbe riconoscere il diritto, l'altro  no.  Nel  secondo  caso  la
 norma  innovatrice  avrebbe anche portata retroattiva, nel primo caso
 no.  Trattasi  di  regolamentazione  in  evidente  contrasto  con  il
 principio  di razionalita' non ravvisandosi qualsivoglia criterio che
 possa spiegare siffatta contrastante regolamentazione  di  situazioni
 identiche.
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita' dell'art. 9, secondo comma, del d.lgs. n. 509/1988,
 nella  parte  in  cui   subordina   il   diritto   alla   prestazione
 assistenziale  ivi  prevista al momento di effettuazione della visita
 sanitaria e non a quella della domanda, per contrasto con  gli  artt.
 76, 38, primo comma, e 3, della Costituzione;
    Ordina   la  sospensioue  del  giudizio  in  corso  disponendo  la
 immediata rimessione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al
 Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  ed  alle  parti  e  per  la
 comunicazione   al   Presidente  della  Camera  dei  deputati  ed  al
 Presidente del Senato della Repubblica.
      Chieti, addi' 12 giugno 1995
                         Il pretore: MARSELLA
 
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