N. 679 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 marzo - 20 settembre 1995
N. 679 Ordinanza emessa il 6 marzo 1995 (pervenuta alla Corte costituzionale il 20 settembre 1995) dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Lazio sul ricorso proposto da Rosenfeld Maria Perseguitati politici e razziali - Provvidenze (nella specie: assegno vitalizio) ai figli superstiti di perseguitati politici e razziali internati in campo di concentramento in conseguenza di attivita' antifascista - Esclusione di dette provvidenze per gli internati in campo di concentramento per motivi esclusivamente razziali - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee peraltro equiparate nel titolo della legge e nella legge stessa ad altri effetti. (Legge 10 marzo 1955, n. 96, art. 1, modificato dalla legge 22 dicembre 1980, n. 932, art. 1). (Cost., art. 3).(GU n.43 del 18-10-1995 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio, iscritto al n. 895369/G del registro di segreteria promosso dalla sig.ra Rosenfeld Maria, nata a Fiume il 26 febbraio 1926, residente a Roma ed ivi elettivamente domiciliata in via R. Grazioli Lante n. 16, presso lo studio dell'avv. Domenico Bonaiuti che l'assiste, giusta procura speciale rilasciata in data 14 dicembre 1994; Visto il ricorso in data 25 novembre 1992, proposto avverso il provvedimento di reiezione della istanza di concessione di assegno vitalizio emesso nella seduta del 24 giugno 1992 dalla Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali; Visti gli altri atti e documenti della causa; Uditi nella pubblica udienza del 6 marzo 1995 - con l'assistenza del segretario, sig.ra Nicoletta Esposito - il consigliere relatore, dott. Angelo De Marco, l'avv. Domenico Bonaiuti per la ricorrente, nonche' il rappresentante dell'Amministrazione resistente, dott.ssa Anna Maria Alimandi; Premesso: che con ricorso datato 25 novembre 1992 la sig.ra Rosenfeld Maria ha impugnato la deliberazione n. 80300 con la quale la Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali le ha negato, nella seduta del 24 giugno 1992, l'assegno vitalizio richiesto in relazione alla deportazione e conseguente decesso del padre, sig. Rosenfeld Maurizio, per insussistenza delle condizioni espressamente previste dall'art. 1 della legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modifiche ed integrazioni; che, come si rileva dalla motivazione del provvedimento impugnato, il sig. Rosenfeld, quale cittadino italiano di origine ebraica, pur soggetto a provvedimenti e restrizioni conseguenti all'emanazione delle leggi razziali in Italia, non aveva tuttavia svolto concreta attivita' politica antifascista anteriormente all'8 settembre 1943, ne' aveva subito le persecuzioni espressamente contemplate dal sopra citato art. 1 della legge n. 96, sicche' non potevano essere concesse ai suoi familiari superstiti le provvidenze da tale normativa previste; Ritenuto: che nel corso la sig.ra Rosenfeld fa presente che il padre, pur non avendo svolto attivita' politica antifascista, fu comunque deportato nel campo di concentramento nazista di Aushwitz, da dove non fece piu' ritorno, ed insiste pertanto nella richiesta di concessione dell'assegno vitalizio in considerazione del fatto che la legge, nell'interpretazione restrittiva dell'Amministrazione, opererebbe una discriminazione tra cittadini ugualmente deceduti nello stesso campo di sterminio; Rilevato: che nella pubblica udienza odierna l'avv. Bonaiuti, per la ricorrente, ha posto l'accento sulla delicatezza del caso in questione, sottolineando che - se pure il sig. Rosenfeld non svolse attivita' politica antifascista - egli fu nondimeno arrestato per motivi razziali, subendo la deportazione e trovando per tali motivi la morte, sicche' la ricorrente, orfana di un deportato per motivi razziali, si trova nella condizione per poter fruire delle provvidenze della legge, che non distingue tra deportati per motivi razziali o antifascisti, ponendo anzi le due categorie sul medesimo piano; che la dott.ssa Alimandi, per l'Amministrazione, ha insistito sul fatto che la legge n. 96 di cui si chiede l'applicazione si riferisce a casi particolari non ricorrenti nella fattispecie all'esame, nella quale potrebbe tutt'al piu' farsi ricorso alla legislazione generale sulle pensioni di guerra, inquadrando l'evento (decesso intervenuto in campo di concentramento) nell'ampia casistica del fatto bellico; Considerato: che l'art. 1 della legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modifiche ed integrazioni applicato dalla Commissione (secondo la ricorrente, con interpretazione restrittiva; ad avviso dell'Amministrazione resistente, nel pieno rispetto del dettato legislativo) da luogo a perplessita', in quanto l'assegno di benemerenza ivi previsto viene astrattamente riconosciuto - come recita il titolo della legge - a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti, mentre in concreto le specifiche situazioni contemplate nelle lettere a), b), c), d) ed e) dell'art. 1 della legge per la concessione del beneficio fanno riferimento ai soli perseguitati politici antifascisti. In particolare, la lettera e) - introdotta con legge 22 dicembre 1980, n. 932 - pur riferendosi in modo specifico all'internamento in campo di concentramento, pone tale evento in alternativa con la condanna al carcere subita in conseguenza dell'attivita' antifascista svolta all'estero, e, quindi, lo riconduce nell'ambito della piu' ampia fattispecie rappresentata dalla prosecuzione all'estero dell'attivita' antifascista, da cui restano esclusi coloro che hanno subito l'internamento per motivi esclusivamente razziali; che tale circostanza convince il collegio della prospettabilita' di una questione di legittimita' costituzionale della citata norma in relazione al disposto dell'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificata e irrazionale discriminazione che essa introduce tra i perseguitati politici antifascisti e i perseguitati razziali, pure accomunati - apparentemente - da un identico trattamento nel titolo della legge; che tale questione e' rilevante e non manifestamente infondata: rilevante, perche' solo attraverso l'applicazione delle norme contestate la ricorrente puo' conseguire il ristoro patrimoniale del pregiudizio sofferto a seguito della morte del genitore nel campo di concentramento di Aushwitz. Infatti la teorica possibilita', adombrata dal rappresentante dell'Amministrazione resistente, di inquadrare la fattispecie nella normativa generale sulle pensioni di guerra, quale fatto bellico, risulta concretamente inattuabile per essere abbondamentemente decorsi, per la ricorrente, i termini di cui agli artt. 99 e 127 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (le relative domande potevano essere presentate entro e non oltre due anni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto), mentre una seconda teorica possibilita', offerta dalla legge 18 novembre 1980, n. 791, recante l'istituzione di un'assegno vitalizio a favore degli ex deportati nei campi di sterminio nazista KZ risulta parimenti inoperante nella fattispecie, perche' tale normativa, come e' noto, non prevede la possibilita' di conferire provvidenze a favore degli eredi degli ex prigionieri di guerra. In definitiva, l'unica possibilita' per la sig.ra Rosenfeld di vedersi riconoscere una qualche provvidenza in relazione alla persecuzione razziale di cui e' stato vittima il genitore resta affidata all'applicazione della legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modifiche ed integrazioni, ove venga riconosciuta in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza la discriminazione ivi irrazionalmente operata tra perseguitati politici antifascisti e perseguitati razziali; non manifestamente infondata, perche' sia il titolo della legge, sia il suo articolato fanno riferimento ai perseguitati razziali indicando tale categoria in alternativa a quella dei perseguitati politici antifascisti, come dimostrato in modo inequivocabile dall'uso della particella disgiuntiva "o" adoperata per indicare la correlazione posta tra le due categorie. Cio' appare evidente nel titolo, ma emerge con chiarezza anche dalla lettera degli artt. 1 e 2 della legge, che fanno riferimento ai cittadini italiani "che siano stati perseguitati a seguito dell'attivita' politica da loro svolta contro la dittatura fascista", ovvero che "abbiano subito persecuzioni per motivi di ordine razziale", nonche' ai "familiari dei cittadini italiani morti per effetto delle persecuzioni politiche o razziali". Pur ponendo le due categorie sullo stesso piano, tuttavia l'art. 1, ultimo comma, della ripetuta legge n. 96 poi le discrimina, allorche' richiede, per l'attribuzione dell'assegno ai perseguitati razziali o ai loro familiari superstiti, che si siano verificate le "identiche ipotesi" precedentemente contemplate per i perseguitati politici antifascisti. A tale proposito puo' viceversa opinarsi che, stante l'equiparazione precedentemente stabilita, debba prescindersi per i perseguitati razziali dalla verifica del ricorso delle specifiche ipotesi di cui alle citate lettere a), b), c), d) ed e) dell'art. 1 della legge, ritenendosi che la deportazione di ebrei in quanto tali (e solo perche' tali) costituisca persecuzione di ordine razziale meritevole di per se' del riconoscimento delle provvidenze di legge, in parallelo a quanto stabilito per la persecuzione (tipizzata nelle succitate lettere della legge) conseguente allo svolgimento di attivita' politica antifascista.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 10 marzo 1955, n. 96, come integrato e modificato da successive leggi (in particolare dall'art. 1 della legge 22 dicembre 1980, n. 932), in riferimento all'art. 3 della Costituzione; Sospende pertanto il presente giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, perche' sia risolta la questione di legittimita' costituzionale innanzi formulata; Dispone altresi' che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' provveduto a Roma, nella camera di consiglio del 6 marzo 1995. Il presidente: SIMONETTI 95C1283