N. 680 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 1995
N. 680 Ordinanza emessa il 28 luglio 1995 dal giudice di pace di Pietrasanta nel procedimento civile vertente tra Francesconi Gian Paolo e l'Ispettorato provinciale del lavoro di Lucca Processo civile - Opposizione all'ordinanza-ingiunzione - Deposito del ricorso presso la cancelleria - Ritenuta inammissibilita' del ricorso spedito mediante il servizio postale secondo l'interpretazione data dalla Corte di cassazione (sentenza s.u. n. 4130/1987, sentenza n. 3137/1992) - Irrazionalita' dell'imposizione dell'onere di depositare personalmente il ricorso - Disparita' di trattamento rispetto alla disciplina relativa ad ipotesi analoghe - Violazione del diritto di difesa - Lesione del principio del buon andamento dell'amministrazione della giustizia e del principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della p.a. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22). (Cost., artt. 3, 24, 97 e 113).(GU n.43 del 18-10-1995 )
IL GIUDICE DI PACE A scioglimento della riserva che precede, sulle richieste formulate delle parti; O S S E R V A La sollevata questione di legittimita' costituzionale e' rilevante ai fini del decidere e non e' manifestamente infondata. Pregiudiziale all'esame del merito del ricorso e' l'indagine volta a verificare il rispetto del termine, certamente perentorio, per proporre opposizione (artt. 22, primo comma, e 23, primo comma, della legge n. 689/1981). Nel caso di specie: il ricorso in opposizione (sottoscritto dall'interessato con firma autenticata dal difensore) e' stato spedito con plico postale raccomandata con avviso di rivevimento in data 13 maggio 1995 diretto a questo giudice di pace territorialmente competente trovandosi il luogo deve e' stata commessa la violazione (coincidente con quello nel quale la violazione medesima e' stata accertata) nell'ambito territoriale dell'ufficio medesimo; l'ordinanza ingiunzione e' stata notificata in data 13 aprile 1995. Ferma la competenza per materia, funzionale ed inderogabile, del giudice di pace, posto che l'art. 1 del recente d.-l. n. 238 del 21 giugno 1995 (che sottrae al Giudice di pace la competenza in materia di opposizioni ex lege n. 685/1981 per restituirla al pretore) non puo' trovare applicazione con riguardo ai giudizi anteriormente istaurati, dovrebe questo giudicante, alla stregua del "diritto vivente", pronunciare, ex artt. 22, terzo comma e 23, primo comma della citata legge n. 689/1981, l'inammissibilita' del ricorso in quanto irritualmente proposto. Ed infatti la suprema Corte a sezioni unite con sentenza n. 4130/1987, confermata con sentenza 1 sez. n. 3137/1992, ha statuito che "la spedizione dell'atto di opposizione alla cancelleria delal pretura, senza che siano adempiute le concorrenti modalita' prescritte dalla legge e senza che dell'atto stesso sia attestato il deposito da parte del cancelliere, non puo' ritenersi idonea a realizzare la fattispecie legale che consente di ritenere proposto il ricorso". La parte ricorrente, con specifica istanza, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689, ove interpretato in conformita' alle soprarichiamate sentenze della suprema Corte, per "palese violazione del disposto di cui agli artt. 3, secondo comma e 24 primo comma, Costituzione, per manifesta violazione del principio di uguaglianza (rispetto a previsione normative regolanti casi analoghi)" ed in quanto "l'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti, costituzionalmente protetto, verrebbe in questa ipotesi ad essere sacrificato ad esigenze di puro formalismo, in assenza della necessita' di tutelare un qualsivoglia diritto od interesse (di natura fiscale e non) dello Stato e dell'Amministrazione opposta, risolvendosi in definitiva, nell'ingiustificato sacrificio di posizioni soggettive qualificabili in termini di diritto soggettivo (anche di natura processuale)". Questo giudice, peraltro, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 22 della ripetuta legge n. 689/1981, cosi' come interpretato dalla suprema Corte, con riferimento, come lamentato dalla parte opponente, agli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale e con riferimento, per rilievo di questo ufficio, anche agli artt. 97 e 113 della Carta costituzionale medesima, per i seguenti motivi: e' pacifico che competente a conoscere dall'opposizione all'ordinanza ingiunzione e' il pretore (giudice di pace) del luogo in cui e' stata commessa la violazione, coincidente con il luogo nel quale la stessa e' stata accertata (Cass. SS.UU. n. 4131/1988). Senonche' il soggetto legittimato all'opposizione puo' per varie ragioni trovarsi nella impossibilita' o nella grave ed obiettiva difficolta' di depositare a mano presso la competente cancelleria il ricorso avverso l'ordinanza ingiunzione (il caso che viene immediatamente a mente e' quello del cittadino che risiede in localita' molto lontana dalla sede dell'ufficio giudiziario competente e che nella sua residenza si vede notificare a mezzo posta l'ordinanza-ingiunzione); si ritiene che negare in tale ipotesi la possibilita' di proporre il ricorso per mezzo del servizio postale possa determinare una compressione del diritto di difesa che appare inaccettabile sotto il profilo dei principi della eguaglianza e della ragionevolezza (art. 3) e della tutela di quel fondamentale diritto (art. 24) e possa contrastare con il principio del buon andamento dell'amministrazione della Giustizia (art. 97) e possa violare il principio che contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti (art. 113). Si consideri, infatti, che: A) L'ordinamento consente di proporre opposizione a decreto penale (art. 461 c.p.p.) mediante spedizione (art. 583 c.p.p.) di plico raccomandato diretto al cancelliere (Cass. pen. Sez. IV, 23 marzo 1993; Cass. pen. Sez. IV, 11 gennaio 1993) oltreche' mediante dichiarazione ricevuta dal cancelliere della pretura del luogo in cui si trova l'opponente; in via generale l'ordinamento ammette che l'impugnazione in materia penale possa essere proposta per mezzo di raccomandata, con effetto dalla data di spedizione della raccomandata (art. 583 c.p.p.) e non dalla data di consegna o di esecuzione degli altri adempimenti legalmente equipollenti (Cass. pen. SS.UU. 4 febbraio 1992 Ballan; Cass. pen. SS.UU. 4 febbraio 1992 Musumeci); B) Parimenti l'ordinamento consente, in materia civile, il deposito del ricorso (e del controricorso) per cassazione "mediante l'invio per posta, in plico raccomandato, al cancelliere della Corte di Cassazione" (art. 134 disp. att. C.p.c.); C) Il richiamo (operato dalla citata sentenza SS.UU. n. 4380/1988) all'art. 38 disp. att. C.p.c. ed all'art. 1 legge n. 59/1979 perde di significato se riferito alla fattispecie de qua in cui tutti gli atti sono esenti dalla imposta di bollo e da qualsiasi altra tassa e imposta; D) Non puo', infine, non attribuirsi rilevante significato: 1) al fatto che il codice di rito, a tutela del convenuto, fissa il principio generale della competenza del giudice del luogo dove esso convenuto ha la residenza o il domicilio o la dimora (art. 18); 2) alla tendenza della piu' recente legislazione ad ammettere che le comunicazioni, le notifiche, le trasmissioni di atti in genere, etc. siano effettuate attraverso mezzi telematici e che comunque i ricorsi in genere vengano spediti per mezzo del servizio postale. Con elencazione eterogenea ed non esaustiva si vuole elencare una serie di interventi legislativi che regolamentano il problema dell'invio di istanze, ricorsi e simili alla p.a. per mezzo del servizio postale: a) in materia di IVA provvede l'art. 37, terzo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633; b) in materia di dichiarazione dei redditi provvede l'art. 164, d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655; c) in materia successoria povvede l'art. 28, primo comma, t.u. 31 ottobre 1990, n. 346; d) in materia di comunicazione alla pubblica sicurezza provvede l'art. 12, terzo comma, d.-l. 21 marzo 1978, n. 59; e) in materia di semplificazione di procedure per i ricorsi amministrativi l'art. 2, d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199; f) in materia di concorsi pubblici l'art. 4, secondo comma, d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487; g) in materia di acceleramento di procedure di liquidazione di pensioni l'art. 6, quinto comma, legge 8 agosto 1991 n. 274; h) in materia di disciplina delle modalita' d'iscrizione nel registro dei revisori contabili l'art. 6, primo comma, d.P.R. 20 novembre 1992 n. 474; i) in materia di processo tributario: art. 16 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546; l) in materia di rilascio dell'autorizzazione per il commercio su aree pubbliche l'art. 2, terzo comma, d.m. 4 giugno 1993 n. 248. La regolamentazione particolare consiste nel fissare il principio che il giorno di consegna all'ufficio postale della raccomandata che contiene la dichiarazione, l'istanza o la denuncia costituisce la data di riferimento per controllare il rispetto dei termini di legge. In simmetria con tale svilupo legislativo vi e' la tendenza da parte della p.a. e della giurisprudenza di permettere che l'interessato inoltri domande, istanze, denuncie, etc. alla p.a., a mezzo del servizio postale, anche laddove la lettera della legge sembra rigorosamente pretendere la presentazione personale della domanda (vedi per l'imposta di registro in tema di denuncia ex art. 18 d.P.R. n. 634/1972, Comm. centr., 2 febbraio 1994 n. 422, in Riv. not. 1994, p. 804; per le istanze di cui all'art. 45 legge 30 dicembre 1991, n. 413, v. Ris. dir. AA.GG. e Cont. Trib., n. III-6-0287 in data 8 giugno 1994, in Gazz. Not. 1994 p. 1144). Non appare in linea con il riferito principio d'ordine generale del codice di rito di cui sopra sub 1) e con il principio di cui sopra sub 2), che va affermandosi sempre piu', di ammettere la trasmissione di istanze, ricorsi, documenti ed atti in genere con mezzi telematici e comunque per mezzo del servizio postale, una disposizione (non piu' in sintonia con un sistema di amministrazione della Giustizia efficiente e moderno) che, senza razionale e plausibile giustificazione, costringa un cittadino residente in ipotesi a Matera od a Pantelleria, a recarsi in un ufficio giudiziario dell'arco alpino o di una lontana localita' turistica balneare (come Pietrasanta) per depositare nelle mani del cancelliere del locale ufficio giudiziario l'atto di opposizione ad una ordinanza-ingiunzione di pagamento, magari, di poco piu' di un centinaio di migliaia di lire; tanto piu' che nel rapporto pubblica amministrazine - cittadino il soggetto meritevole (perche' piu' debole) di attenzione processuale non e' certo la pubblica amministrazione; E) L'esigenza di una regolare instaurazione del rapporto processuale attraverso l'attivita' del cancelliere che riceve il ricorso dalle mani proprie dell'opponente, o di un incaricato (anche, si noti, non munito di delega autentica) di quest'ultimo, potrebbe essere soddisfatta anche nell'ipotesi di invio per posta e ricevimento del ricorso da parte della cancelleria per mezzo dell'amministrazione postale perche' l'individuazione del soggetto ricorrente potrebbe avvenire in virtu' dell'autentica della firma a cura del difensore o comunque (con maggior rigore e certezza di quanto puo' fare il cancelliere di un lontano ufficio) a cura dei pubblici ufficiali incardinati nel territorio di residenza dell'opponente; tutto questo potrebbe portare ad eliminazione di spese e costi inutili in conformita' ai principi portati dall'art. 97, primo comma della Carta Costituzionale che tende ad assicurare il buon andamento e l'efficienza dell'amministrazione pubblica in genere, principi che sono stati ritenuti pertinenti, e financo con applicazioni estensive, anche nel campo della giurisdizione e della sua amministrazione. L'irrazionalita' dell'imposizione dell'onere di depositare di persona il ricorso di che trattasi a pena di inammissibilita' se inviato per posta, puo' risultare, a parere del giudicante, ancora piu' evidente se si considera che nessun vantaggio od interesse di natura organizzativa o di qualsiasi altra natura ha il giudicante e la pubblica amministrazione opposta alla formalita' del deposito a mano del ricorso; tale adempimento a carico del ricorrente non risponde inoltre ad alcun razionale principio di bilanciamento o parita' fra la posizione del cittadino, che puo' risiedere molto lontano dall'ufficio giudiziario, e la pubblica amministrazione, che e' per contro incardinata nel territorio ove trovasi l'ufficio giudiziario competente e potra' svolgere senza difficolta', con la stessa efficacia, ogni attivita' doverosamente indirizzata a confermare la regolarita' dell'ordinanza ingiunzione opposta anche se l'opposizione e' presentata per posta e non a mano, permettendo al giudicante di pervenire in ogni caso ad una "giusta" sentenza; nessuna razionale giustificazione di efficientismo a favore della p.a. sembrerebbe poter motivare, ripetesi, un rigorismo formale a carico del ricorrente; verrebbe a mancare quindi un ragionevole bilanciamento tra ragioni di rigore e liberta' delle forme. A parere del giudicante, in particolare, nello speciale settore delle sanzioni amministrative (ove l'attivita' della p.a., assistita dalla favorevole presunzione di legittimita', incide nella sfera del cittadino ancor piu' che negli altri settori nei quali si articola l'incontro fra la p.a. ed il privato) vi dovrebbero essere, ripetesi ancora una volta, esigenze di maggiore benignita' nei confronti del cittadino che inducano a non aggravarlo di maggiori oneri formali. Sull'argomento ha rilievo ed e' sintomatico che la p.a. opposta non ha in alcun modo esaminato il merito dell'eccezione di incostituzionalita' proposta da controparte; al riguardo nessuna rilevanza puo' avere l'osservazione della amministrazione resistente che il ricorso, pur spedito il trentesimo giorno dalla notifica dell'ordinanza, e' pervenuto alla cancelleria di questo ufficio il 17 maggio 1995, poiche' il sospetto di incostituzionalita' concerne la mancata previsione nell'art. 22 legge n. 689/1981 della facolta' di presentare il ricorso per mezzo del servizio pubblico postale, fermo rimanendo che, comunque, il termine di trenta giorni per la presentazione del ricorso deve intendersi rispettato con la spedizione del ricorso entro il detto termine medesimo per mezzo del servizio pubblico postale in alternativa alla presentazione a mano presso la cancelleria competente; e cio' al di la' di ogni possibile ritardo del servizio pubblico postale nel recapito del plico raccomandato, ritardo non imputabile al ricorrente. Se, in ipotesi, la norma stabilisse invece che il termine de quo non e' comunque rispettato se il ricorso perviene in cancelleria oltre il trentesimo giorno, anche se spedito entro trenta giorni dalla notifica dell'ordinanza, dovrebbero anche in tal caso valere tutte le motivazioni qui esposte che giustificano il sospetto di illegittimita' costituzionale di cui alla presente ordinanza; E) Non puo' non assumere rilievo la scelta del legislatore parlamentare (modificata da quello dell'urgenza sotto la spinta di pressioni categoriali) di devolvere la competenza a conoscere delle opposizioni de quibus al giudice di pace definito "nuovo organo di supporto ad adiuvandum della magistratura di carriera, con forti caratteristiche di giudice blandamente giusperito, semiprofessionale" che, nelle intenzioni dei conditores, doveva realizzare un piu' diretto "accesso alla giustizia", come giudice "democratico" (ovverosia proveniente dal popolo, cioe' giudice "democratico" certamente e comunque nella accezione non riduttiva e "politica" del termine ma in quella piu' ampia e correttamente "civile", in quanto cioe' riguarda il cittadino come parte dello Stato ed ha attenzione e fa riferimento al vivere comune dei cittadini), giudice a carattere formalmente onorario, sulla base di esperienze straniere, che doveva altresi' assicurare la deflazione dei carichi giudiziari. Si vuol dire che l'art. 22, primo e terzo comma della legge in esame, cosi' come interpretato dalla Suprema Corte alla luce della normativa vigente, sembra, fra l'altro, collidere con la filosofia di fondo della legge istitutiva del giudice di pace; G) La norma di cui si discute sembra altresi' confliggere con alcune disposizioni fondamentali della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in particolare con l'art. 6 par. 1 (diritto ad un processo giusto), con l'art. 6, par. 3, lettera B (diritto di disporre delle facilitazioni per predisporre la difesa) e con l'art. 13 (diritto ad un ricorso effettivo); la possibilita' di difendersi in modo effettivo, facile e tempestivo, senza aggravare l'esercizio della difesa con l'imposizione di oneri o formalita' di qualsivoglia natura che non corrispondano ad obiettive e razionali esigenze della Giustizia, e' certamente assicurata dalle norme costituzionali anche per le controversie cosiddette "bagatellari" che, peraltro, in un sistema di amministrazione della giustizia efficiente e democratico non possono essere considerate di scarso interesse per la giustizia anche perche' sono molto numerose e la loro mancata giusta risoluzione fa nascere di fatto nel cittadino sfiducia nelle istituzioni e contribuisce ad allontanarlo da una partecipazione corretta alla vita associata; sembra innegabile e provato dall'esperienza quotidiana che il comune cittadino di fronte alla alternativa fra il pagamento di una somma di minimo importo, che ritiene non dovuta, ed il dover ricorrere contro l'intimazione di pagamento ma solo a condizione di consegnare a mano presso la cancelleria competente il relativo ricorso, finisce puramente e semplicemente con il pagare detta somma, rimanendo pero' convinto di aver subito una ingiustizia e comunque convinto ancor piu' che l'ordinamento gli impedisce di fatto di opporsi ad una pretesa (ritenuta) ingiusta della pubblica amministrazione perche' gli impone un lungo e costoso viaggio o comunque cospicue anticipazioni di spese; al riguardo si deve pur tenere presente che non tutti i cittadini possono essere gravati dall'onere di sollevare questioni di principio perche' per fare cio' occorre godere di una posizione di forza, ed in qualche modo di una situazione di privilegio, di cui non tutti possono godere. Questo giudicante per lo meno dubita che le fattispecie di che trattasi, rientrino, anche se nella loro modesta rilevanza, nei casi in cui "sono particolarmente acute le contraddizioni tra il diritto scritto nei libri, a cominciare dalla Carta fondamentale, e il diritto che vive nella societa' civile, nonche' nei rapporti tra i cittadini e le diverse articolazioni del potere" ed in cui "alla declamazione di principio dell'art. 24 della Costituzione fa riscontro una situazione molto differente nella realta'"; e dubita che nelle ipotesi di irrogazioni di sanzioni amministrative esistano nella normativa vigente "strumenti indirizzati a facilitare l'accesso al diritto, quando e' difficoltoso" per ragioni di qualsiasi natura. Sulla base delle esposte considerazioni pare a questo gudicante che la norma dell'art. 22 della legge n. 689/1981 non si sottragga - quanto meno - al dubbio di legittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.: perche' irragionevolmente non consente di ricorrere avverso l'ordinanza ingiunzione con atto spedito mediante plico postale raccomandato, contrariamente a quanto l'ordinamento consente per altre fattispecie, da assumere ciascuna come tertium comparationis, alcune aventi per giunta valenza processuale bene piu' significativa; perche' di fatto se non impedisce certamente ostacola in modo rilevante il diritto di difesa; perche' non risponde al principio del buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione della Giustizia; perche' viola il principio che contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti. La questione di legittimita' costituzionale, come sopra sollevata, soddisfa il requisito della rilevanza ai fini della decisione del giudizio avendo ad oggetto il problema della ammissibilita' (ricevibilita') del ricorso.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 della Carta costituzionale, dell'art. 22 della legge n. 689/1981 nella parte in cui non consente la proposizione del ricorso in opposizione mediante spedizione in plico raccomandato (entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento) al cancelliere dell'ufficio giudiziario competente; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; Manda alla cancelleria di comunicare questa ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlarnento. Pietrasanta, addi' 28 luglio 1995 Il giudice di pace: GARZIA 95C1284