N. 694 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio - 25 settembre 1995

                                N. 694
 Ordinanza  emessa  il  24  febbraio  1995   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  25  settembre  1995) dal pretore di Roma, sezione
 distaccata di Castelnuovo di Porto, nel procedimento penale a  carico
 di Pasquire Salvatore
 Ambiente  (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi eccedenti i limiti
    tabellari  previsti  dalla   legge   n.   319/1976   -   Lamentata
    depenalizzazione  -  Irragionevolezza  - Disparita' di trattamento
    rispetto ad ipotesi meno gravi, ma punite con maggior severita'  -
    Lesione  del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento con
    le norme del diritto internazionale, in particolare con quelle CEE
    - Violazione del principio di riserva di legge in  materia  penale
    per   reiterazione   a  catena  dei  decreti-legge  -  Conseguente
    sottrazione del potere legislativo al  Parlamento  -  Carenza  dei
    presupposti costituzionali di necessita' ed urgenza.
 (D.-L. 16 gennaio 1995, n. 9, art. 3).
 (Cost., artt. 3, 10, 11, 25, 32 e 77).
(GU n.44 del 25-10-1995 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato la sotto estesa ordinanza di rimessione degli atti
 alla  Corte  Costituzionale  per  il  giudizio  di  costituzionalita'
 dell'art.  3  d.-l.  16 gennaio 1995, n. 9 in relazione agli artt. 3,
 10, 11, 25, 32 e  77  Cost.  nel  procedimento  penale  a  carico  di
 Pasquire  Salvatore, imputato dei reati p. e p. dagli artt. 21, terzo
 comma, e 25 della legge n. 319/1976 in  relazione  all'art.  6  della
 l.r. Lazio n. 41/1982; alla pubblica udienza del 10 febbraio 1995.
    Il  primo  e  piu'  evidente  contrasto denunciabile e' quello tra
 l'impugnata norma e  l'art.  3  della  Costituzione  inteso  nel  suo
 essenziale   significato   di   limite   di   ragionevolezza  che  le
 disposizioni legislative devono sempre rispettare.
    Si osserva al riguardo che in  forza  della  norma  denunciata  si
 realizza  de  facto  e  de iure la sostanziale depenalizzazione della
 condotta  di  inquinamento  collegata  al  superamento   dei   limiti
 tabellari  previsti dalla legge (con la residua rilevanza penalistica
 della condotta inquinante di chi  supera  la  soglia  percentuale  di
 inquinamento  fissata  al  20% dei valori tabellari, assoggettando la
 relativa ipotesi alla sola sanzione dell'ammenda).
    Orbene,  in  conseguenza  di  tale   novella,   la   condotta   di
 inquinamento  c.  d.  sostanziale,  cosi'  definito perche' legato al
 superamento dei valori considerati inquinanti, riceve un  trattamento
 difforme  e  piu'  favorevole  rispetto ai casi di inquinamento c. d.
 formale cosi' definito perche' connesso alla  sola  violazione  delle
 competenze  amministrative  dettate dalla legge in merito al rilascio
 della autorizzazione allo scarico, indipendentemente, quindi, da  una
 lesivita' in atto dell'interesse sostanziale riguardante l'integrita'
 delle acque.
    Infatti,  tali  violazioni  a  carattere  meramente  formale  sono
 rimaste   assoggettate   alla   pena   alternativa   dell'arresto   o
 dell'ammenda  ex  art. 21, primo comma legge n. 319 del 1976 laddove,
 per l'ipotesi del  superamento  dei  limiti  tabellari  da  parte  di
 scarico  produttivo,  con  la  norma  denunciata, si e' realizzata la
 sostanziale depenalizzazione con il residuale ricorso  alla  sanzione
 penale  solo  in  caso  di  superamento  di una determinata soglia di
 inquinamento.
    Il trattamento differenziato sopra  descritto  mostra  evidenti  i
 segni  della  incoerenza logica e della disparita' di trattamento che
 non riesce a trovare alcuna valida giustificazione  della  diversita'
 delle   situazioni  di  fatto  disciplinate.  Al  contrario,  proprio
 confrontando  le  realta'  obiettive  da   disciplinare   emerge   la
 violazione   del   limite  di  ragionevolezza  atteso  che  e'  stata
 introdotta, con la  norma  denunciata,  una  disciplina  di  maggiore
 favore per fatti (di inquinamento sostanziale) sicuramente piu' gravi
 di  quelli  (di  inquinamento  solo  formale)  per  i  quali e' stata
 mantenuta inalterata  la  precedente  disciplina;  con  il  risultato
 abnorme  di  punire piu' gravemente l'inquinamento formale (arresto o
 ammenda)  rispetto  all'inquinamento  sostanziale  (solo  ammenda  o,
 persino,  al  di  sotto  della  ricordata  soglia  del  20%, assoluta
 irrilevanza penale).
    Altro  profilo di contrasto denunciabile e' quello riferibile agli
 artt. 10 e 11 della Costituzione  reclamanti  l'obbligo  dello  Stato
 Italiano  di  conformarsi  agli  obblighi  internazionalmente assunti
 consentendo in condizioni di parita' con gli altri Stati, anche  alle
 necessarie   limitazioni   di  sovranita'.  Si  osserva  infatti  che
 l'appartenenza dell'Italia all'Unione europea impone al nostro  Paese
 il  pieno  rispetto  delle  direttive  comunitarie che, a seconda dei
 casi, ricevono diretta applicazione nell'ordinamento italiano  ovvero
 vengono applicate attraverso l'intermediazione di leggi di attuazione
 che ne assicurano l'esecuzione ed il rispetto.
    Nella  materia  che qui interessa sussistono direttive comunitarie
 che impongono determinati  criteri  normativi  sulla  gestione  delle
 acque  e  sulla repressione dei contegni violativi. Per ben due volte
 la Corte europea di giustizia ha condannato il nostro  Paese  per  il
 riconosciuto  contrasto  tra  la "legge Merli" e le vigenti direttive
 comunitarie (Corte di giustizia 13 dicembre 1990 e 28 febbraio  1991)
 tra  le altre ragioni perche' recante norme troppo permissive ai fini
 del rilascio delle autorizzazioni  ed  insufficientemente  repressive
 agli   effetti   sanzionatori  in  relazione  all'inosservanza  delle
 prescrizioni riportate nelle autorizzazioni medesime.
    Con la denunciata norma, che abbassa ulteriormente il  livello  di
 risposta   penale,   gia'   ritenuto  insufficiente,  si  concretizza
 l'ulteriore accentuazione  del  grado  in  inadempienza  dello  Stato
 Italiano  verso  le  direttive comunitarie e verso le decisioni della
 Corte suprema di Giustizia.
    Violato   dalla   norma   denunciata   ed,   unitariamente,    dal
 decreto-legge  che la contiene e' altresi' il principio di riserva di
 legge in materia  penale  affermato  dall'art.  25  Cost.,  letto  in
 relazione  con l'art. 77 Cost. sulla decretazione di urgenza da parte
 del Governo.
    Si osserva sul punto che la riserva di  legge  in  materia  penale
 possiede  quale primo e fondamentale significato, quello secondo cui,
 le  scelte  di  politica  criminale,  sono  monopolio  esclusivo  del
 Parlamento.
    L'ammissibilita'   che   nuove   norme  di  diritto  penale  siano
 introdotte attraverso decreti-legge o decreti legislativi e' connessa
 alla  circostanza  che,  in  entrambi  i  casi,  si  realizza  ed  e'
 assicurato   comunque   l'intervento   del  Parlamento  in  posizione
 sovraordinata, ora quale organo delegante (art. 76 Cost.), ora  quale
 organo   cui   e'   rimesso  il  potere  di  conferire  stabilita'  e
 durevolezza,  attraverso  la  legge  di  conversione  a  disposizioni
 normative  precarie e soggette a decadenza in caso di inutile decorso
 del termine di 60 giorni dettato dall'art. 77, u.c., Cost.
    Nella specie, attraverso la reiterazione a catena di decreti-legge
 non convertiti disciplinanti l'identica materia penale - l'ultimo  e'
 quello  denunciato di incostituzionalita' con la presente ordinanza -
 si e' di fatto realizzata la  sottrazione  al  parlamento  della  sua
 esclusiva    competenza   a   disporre   in   materia   penale,   con
 l'inammissibile assunzione  da  parte  dell'esecutivo,  del  relativo
 potere  di  bilanciamento  e  di  valutazione  degli interessi che in
 materia penale e' di  esclusiva  competenza  dell'organo  assembleare
 rappresentativo   della   sovranita'   popolare.   In  altre  parole,
 attraverso  il  procedimento  indiretto  consistito  nella   ripetuta
 adozione  di decreti-legge non convertiti e di identico contenuto, si
 e' realizzato il risultato contrastante con le  precisazioni  di  cui
 alla   Corte   costituzionale  che  vuole  assicurata  la  competenza
 esclusiva del Parlamento in materia penale.
    Da ultimo e' sussistente un  evidente  contrasto  nella  norma  in
 esame con l'art. 32 della Costituzione.
    Infatti,  puo'  considerarsi  pacifico  che nel concetto di salute
 pubblica, costituzionalmente garantito, debba ricomprendersi anche la
 salubrita'  dell'ambiente  naturale  ed  urbano  entro  cui  ciascuna
 persona viva.
    Questo concetto viene pacificamente riconosciuto in giurisprudenza
 sicche'  l'affievolita,  ed  in alcuni casi del tutto esclusa, tutela
 penale in materia di inquinamento sostanziale comporta che  la  nuova
 normativa  si  pone  in contrasto con le esigenze che l'art. 32 Cost.
 vuole assicurate, anche e sopattutto per via legislativa  in  materia
 di tutela della salute.
    La  sollevata questione e' rilevante ai fini del presente giudizio
 atteso che investe la norma che direttamente incide  sul  trattamento
 sanzionatorio applicabile al caso concreto determinandone uno affatto
 diverso.
    Infatti,  nella  validita'  e  vigenza  della  denunciata norma la
 condotta  dell'imputato  risulterebbe  priva  di  rilevanza   penale;
 opposta   ipotesi   ricadrebbe  sotto  i  rigori  della  preesistente
 disciplina penale di cui all'art. 21, secondo comma  della  legge  n.
 319/76.
                                P. Q. M.
    Vista  la  eccezione  di  incostituzionalita'  sollevata  dal p.m.
 dell'art. 3 del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9 in relazione  agli  artt.
 3, 10, 11, 25 e 32 della Costituzione;
    Ritenuto   che  la  non  manifesta  infondatezza  delle  questioni
 prospettate   e    rilevati    d'ufficio    autonomi    profili    di
 incostituzionalita'  dell'art.  3  del d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9 in
 relazione agli artt. 3, 25 e 77 della Costituzione;
    Ritenuta   la   rilevanza    della    superiore    questione    di
 costituzionalita' ai fini della definizione del presente giudizio;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  questione  di costituzionalita' del richiamato art. 3 del
 d.-l. 16 gennaio 1995, n. 9 in relazione agli artt. 3, 10, 11, 25, 32
 e 77 della Costituzione disponendo la  immediata  trasmissione  degli
 atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  a  cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione
 sia notificata alle parti in causa ed al p.m., nonche' al  Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
    L'ordinanza verra' comunicata a cura del cancelliere ai Presidenti
 delle due Camere;
    Sospende il presente giudizio.
      In Castelnuovo di Porto, addi' 24 febbraio 1995
                           Il pretore: CROCE
 
 95C1298