N. 718 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 agosto 1995
N. 718 Ordinanza emessa il 24 agosto 1995 dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura di Trieste nel procedimento penale a carico di Depangher Giorgio ed altro Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Scarichi di insediamenti civili e di pubbliche fognature eccedenti i limiti tabellari previsti dalla legge n. 319/1976 e dal piano di risanamento regionale - Lamentata depenalizzazione - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento - Lesione del diritto all'ambiente salubre - Omesso adeguamento con le norme del diritto internazionale, in particolare con quelle CEE. (D.-L. 17 marzo 1995, n. 79, art. 3, convertito in legge 17 maggio 1995, n. 172). (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 10, 11 e 32).(GU n.44 del 25-10-1995 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Rilevato che il p.m. ha chiesto pronunzia di questo giudice in ordine alla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 citato in epigrafe, nella parte in cui, modificando l'art. 21, terzo comma, legge 316/1976, prevede una semplice sanzione amministrativa, e non piu penale, per l'ipotesi di superamento dei limiti tabellari da parte degli insediamenti civili e delle pubbliche fognature, deducendo, in particolare, la violazione degli artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10 e 77 della Costituzione; Esaminati gli atti del procedimento; O S S E R V A La richiesta del p.m. e' fondata e, pertanto, va accolta. In primo luogo, va rilevato che oggetto di discussione e' la modifica dell'art. 21 legge Merli, cosi' come introdotta dall'art. 3 del d.-l. n. 79/1995, convertito nella legge n. 172/1995; tale normativa e' intervnuta, a sua volta, a parziale modifica dei precedenti e reiterati decreti-legge succedutisi in materia e gia' investiti di analoghe questioni di constituzionalita', benche' indubbiamente quella odierna presenti profili in parte peculiari. Il citato articolo di legge sancisce, in particolare, la depenalizzazione dell'ipotesi di "inosservanza dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle regioni ai sensi dell'art. 14, secondo comma", fatte salve le disposizioni penali di cui al primo e secondo comma del medesimo art. 21 legge Merli e ferma restando, invece, la rilevanza penale del superamento del limiti tabellari relativamente agli scarichi da insediamenti produttivi. Resta, pertanto, sfornita di qualsiasi sanzione penale la violazione da parte degli scarichi da insediamenti civili o pubbliche fognature dei limiti specificamente previsti dalle regioni con i rispettivi piani di risanamento, a norma dell'art. 14, secondo comma, legge Merli, cosi' come modificato dall'art. 1 del medesimo decreto-legge e relativa legge di conversione in argomento. Cio', pur ribadendo la nuova disciplina l'esigenza di definire i predetti limiti tenendo conto di quelli fissati dalle tabelle allegate alla stessa legge Merli e conformandosi ai principi e criteri della direttiva del Consiglio 91/271/CEE del 21 maggio 1991 e alle indicazioni di cui alla delibera del 30 dicembre 1980 dell'apposito Comitato Interministeriale, laddove i precedenti decreti-legge avevano addirittura previsto la possibilita' per le regioni di derogare anche in senso meno restrittivo ai limiti tabellari nazionali. Ne', d'altra parte, residuerebbero altri spazi di incriminabilita' penali per gli scarichi in questione, neanche sotto la specie della inosservanza delle prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione, ove si tratti di scarichi nuovi (non preesistenti, cioe' alla legge Merli), essendo stata anche tale ipotesi, gia' prevista dall'art. 22 legge Merli, depenalizzata dal medesimo provvedimento legislativo. Nella fattispecie in esame, trattasi dello scarico della pubblica fognatura del comune di Duino Aurisina nella baia di Sistiana, attivato nel 1984 o in epoca prossima a tale data, da parte del quale e' stato rilevato l'obiettivo superamento sia dei limiti previsti nella tabella A della legge n. 319/1976, sia di quelli dettati dal Piano Regionale di risanamento delle acque della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, d.P.G.R. 384/Pres. del 1982. Tale superamento, puo' imputarsi, d'altra parte, a colpa degli indagati, Giorgio Depangher e Renzo Zuliani, nella rispettiva qualita' di sindaco e capo dell'Ufficio tecnico comunale, apparendo imputabile l'inconveniente a un dimensionamento sottostimato dell'impianto di depurazione, non risultando effettuate scelte e vigilanza adeguate in proposito, ne' chiesto mai alcun controllo all'U.S.L. per controllare l'efficienza depurativa degli impianti - pur essendo cio' previsto a carico dell'Ente appaltante dall'art. 4 punto 3 del capitolato d'appalto in atti - nonostante le schede d'analisi inviate dalla ditta appaltatrice segnalassero il continuo superamento dei limiti. La sollevata questione di costituzionalita' e' pertanto, senz'altro rilevante nel caso specifico, dipendendo dalla relativa soluzione la decisione circa la sorte del procedimento, e cioe' se lo stesso vada o no archiviato per irrilevanza penale del fatto. La questione e' in effetti, ad avviso di questo giudice, fondata. A) La norma impugnata viola, in primo luogo, il principio fondamentale di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Tale principio implica, per consolidata giurisprudenza, che a situazioni obiettivamente analoghe corrisponda un medesimo trattamento, laddove una disparita' di trattamento puo' giustificarsi solo per situazioni obiettivamente diverse, in base a criteri di logica e ragionevolezza; cosi' sarebbe illegittimo un trattamento sanzionatorio irrazionalmente differenziato rispetto a quello previsto da altre fattispecie. In effetti, ne' dalla lettura della legge-quadro sugli inquinamenti idrici, ne' da altre fonti normative di base in materia, quali la legge 22 luglio 1994 n. 146 di adeguamento alla legge comunitaria 1993 - la quale detta, all'art. 37, i principi e criteri di adeguamento alla citata direttiva 91/271/CEE in materia di tutela della acque - si desume alcun concreto e convincente motivo per ritenere che vi debba essere una differenziazione di trattamento per gli insediamenti civili (non scaricanti in pubbliche fognature) o per le pubbliche fognature, rispetto agli insediamenti produttivi, quando entrambi superino i limiti di accettabilita' rispettivamente previsti dai piani di risanamento regionali e dalle tabelle nazionali, gli uni e gli altri, come si e' visto, pur sempre improntati ad analoghi criteri (cfr. citato art. 14, secondo comma, legge Merli nella nuova formulazione). Ed invero, benche' potesse giustificarsi una certa diversita' di disciplina per le due categorie di insediamenti, affidando alle regioni la regolamentazione inerente agli insediamenti civili per adeguarla meglio alle esigenze locali, rinviando specificamente alle stesse la definizione dei limiti di accettabilita' dei relativi scarichi (in ragione di una indubbia minore capacita' inquinante e, quindi, di una minore urgenza di intervenire), tuttavia, non si rinviene alcuna ragione per cui il superamento dei rispettivi limiti - pressoche' corrispondenti, si ripete - debba essere, in un caso, sanzionato penalmente e, nell'altro, solo con una sanzione amministrativa (peraltro non applicabile nell'ipotesi in cui il pubblico amministratore disponga di "progetti esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque", come previsto - con formula, a dire il vero, di difficile interpretazione - dall'ultima parte del primo comma dell'art. 3 in argomento). In altre parole, non si vede perche', a parita' sostanziale di condizioni - immissione nell'ambiente di sostanze in analogo modo inquinanti -, dei soggetti debbano essere puniti con sanzioni natura e gravita' cosi' diverse. Gia' la Corte di cassazione, del resto, con la sentenza a sezioni unite del 12 febbraio 1993, aveva esplicitamente ritenuto: "da nessuna disposizione della legge in esame puo' trarsi la convinzione che il legislatore abbia voluto creare uno statuto specialissimo per i titolari degli scarichi civili ed equiparati, rinunziando per essi, e solo per essi, al regime sanzionatorio penale". Lo stesso principio, a prescindere dalla conclusione piu' o meno condivisibile che la S.C. ne ha tratto - circa la riferibilita' sic et simpliciter dei limiti tabellari nazionali e della fattispecie di reato di cui all'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976 agli insediamenti in questione - e' stato in piu' occasioni riconosciuto da giurisprudenza e dottrina, per radicare una diversa area di incriminabilita' penale - ex artt. 21, secondo comma, e 25, primo comma, legge Merli - ovvero per prospettare dubbi di costituzionalita' del testo normativo. D'altra parte, il principio fondamentale di eguaglianza risulta leso anche alla stregua dell'esame complessivo di tutta la normativa di tutela ambientale, che piu' volte prevede sanzioni penali per fatti anche meramente formali, o comunque meno gravi di quello oggi in esame. Infine, il medesimo principio appare violato sotto l'ulteriore profilo di una eventuale disparita' di trattamento fra il cittadino della regione Friuli Venezia-Giulia, che ha gia' adottato il proprio piano di risanamento, e quello della regione che invece cio' non abbia ancora fatto, potendo il primo cavarsela con una semplice sanzione amministrativa e il secondo incorrere, invece, in una sanzione penale, a norma dell'art. 21, secondo comma, legge Merli, per inosservanza dell'obbligo di adottare le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento. B) La norma impugnata viola inoltre gli artt. 32 e 9, secondo comma, Cost., con riferimento ai beni della salute e del "paesaggio" o ambiente, i quali appaiono troppo blandamente o comunque non adeguatamente tutelati con la nuova disciplina sanzionatoria, posto che, peraltro, trattasi di beni di primaria ed essenziale importanza, non sacrificabili neanche in nome di presunti interessi pubblici. C) Evidente e', infine, il contrasto con gli artt. 10 e 11 della Costituzione, integranti pure principi fondamentali del nostro ordinamento. In base a tali principi, sarebbero stati auspicabili ben altro rigore e congruita' del trattamento sanzionatorio delle singole ipotesi di inquinamento, per renderlo piu' rispondente alle direttive comunitarie in materia, la cui violazione da parte dello Stato italiano e' stata gia' oggetto di diversi richiami da parte della Corte europea di giustizia (cfr. sentt. 21 settembre 1989, 28 febbraio 1991 e 13 dicembre 1990). In particolare, viene in considerazione la gia' menzionata direttiva del Consiglio 91/271/CLL del 21 maggio 1991, che avrebbe dovuto essere attuata sin dal giugno 1993 e che, invece, non solo non e' stata ancora attuata, bensi' e' stata seguita dal provvedimento legislativo in esame e, prima di questo, da altri decreti-legge ancor piu' miti in proposito. Vane e disattese si sono rivelate, invero, le intenzioni manifestate dal legislatore nella citata legge n. 146/1994, circa l'adeguamento alla normativa comunitaria. In particolare, appare inattuato il criterio o principio direttivo generale di cui all'art. 2, lett. d), secondo cui le sanzioni penali avrebbero dovuto essere previste "nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi generali dell'ordinamento interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e 35 legge n. 689/1981", tra cui appunto quelli ricollegabili alla legge Merli; invece, la sanzione amministrativa "sara' prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli suindicati".
Cio' premesso, visto l'art. 23 legge Cost. 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 32, 9, 10 e 11 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 17 marzo 1995, convertito in legge 17 maggio 1995 n. 172, nella parte in cui modifica l'art. 21, terzo comma, legge n. 319/1976, prevedendo esclusivamente una sanzione amministrativa per l'inosservanza dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle regioni ai sensi dell'art. 14, secondo comma, relativamente agli scarichi diversi da quelli provenienti da insediamenti produttivi; Sospende il procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle persone sottoposte a indagine e loro difensori, al p.m., al Presidente della giunta della regione autonoma Friuli Venezia-Giulia e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Trieste, addi' 24 agosto 1995 Il giudice per le indagini preliminari: FANELLI 95C1325