N. 737 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 1994- 6 ottobre 1995
N. 737 Ordinanza emessa il 27 maggio e 17 giugno 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 ottobre 1995) dalla Corte dei conti, sez. prima giurisdizionale nel giudizio di responsabilita' dei confronti di Pandolfi Filippo Maria ed altro Agricoltura - Prelievo supplementare sul latte di vacca - Giudizio di responsabilita' amministrativa per omessa attuazione di obblighi derivanti da regolamenti comunitari (nn. 856, 857 e 1371 del 1984) - Sopravvenienza di norma statale avente ad oggetto il differimento di detti obblighi - Conseguente venir meno della responsabilita' amministrativa a carico di soggetti determinati per il periodo anteriore - Eccesso di potere legislativo - Violazione del principio di uguaglianza e del diritto dell'erario ad agire in giudizio - Lesione del principio di buon andamento ed imparzialita' della p.a. (Legge 10 luglio 1991, n. 201, art. 1, terzo comma). (Cost., artt. 3, 10, 24 e 97).(GU n.46 del 8-11-1995 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' ad istanza del procuratore generale nei confronti dei Ministri pro-tempore dell'agricoltura e foreste, onorevoli Filippo Pandolfi e Calogero Mannino; Visto l'atto introduttivo del giudizio iscritto al n. 13612 del registro di segreteria; Visti gli altri atti e documenti della causa; Uditi nella pubblica udienza del 27 maggio 1994 il Consigliere relatore dott. Giorgio Capone, il pubblico ministero in persona del vice procuratore generale dott. Angelo canale e i difensori della parte prof. avv. Franco Scoca e prof. avv. Giulio Correale; Ritenuto in fatto Con atto di citazione del 21 marzo 1991 il procuratore generale della Corte dei conti ha convenuto in giudizio gli ex Ministri dell'Agricoltura e Foreste, avv. Filippo Maria Pandolfi (in carica nel periodo 1984-1987) e avv. Calogero Massimo (in carica nel 1988), per ivi sentirli condannare al pagamento in favore dell'Erario della somma di L. 77.558.842.190, oltre accessori di legge. L'addebito trae origine da vicende collegate al cd. regime delle quote latte e a quelle previste dal regolamento CEE n. 856/84 e alle statuizioni inerenti il prelievo supplementare da porre, a carico di ogni Stato membro, a carico dei produttori o acquirenti di latte di vacca. Infatti nel 1984 la Comunita' europea, pressata dall'esigenza di stabilire l'equilibrio del settore lattiero, perveniva alla determinazione di instaurare, per un periodo di cinque anni, un prelievo supplementare sui quantitativi di latte raccolti oltre un limite di garanzia; l'importo del prelievo supplementare veniva fissato in misura pari al prezzo indicativo del latte e veniva, pertanto, emanato il regolamento CEE n. 856/84 del 21 marzo 1984, destinato ad integrare e a modificare il regolamento CEE n. 804/68. L'art. 1 del regolamento n. 856/1984 introduceva infatti un articolo 5-quater nel regolamento n. 804/68 e istituiva, durata 5 periodi consecutivi di 12 mesi con inizio dal 1 febbraio 1984, un prelievo supplementare a favore del bilancio comunitario e a carico dei produttori o degli acquirenti di latte di vacca, allo scopo di mantenere sotto controllo le crescite della produzione lattiera, pur permettendogli gli sviluppi e gli adeguamenti strutturali necessari, tenendo conto della diversita' delle situazioni nazionali, regionali o delle zone di raccolto nella Comunita'; la norma consentiva agli Stati membri di attuare il regime del prelievo secondo due formule alternative. Per l'Italia il quantitativo globale garantito era fissato, per la prima campagna lattiera, in 8.323.000 tonnellate. Il 31 marzo 1984 il Consiglio adottava anche il regolamento n. 857/84 contenente norme generali per l'applicazione del prelievo supplementare. Successivamente la commissione stabiliva le modalita' di attuazione del sistema con il regolamento 16 maggio 1984, n. 1371. Con sentenza del 17 giugno 1987, la Corte dei giustizia della c.e., adita dalla commissione, dichiarava che la Repubblica italiana, non adottando entro i termini stabiliti i provvedimenti prescritti dai regolamenti del Consiglio 31 marzo 1984, n. 856 e 857 e dal regolamento della commissione 16 maggio 1984, n. 1371 era venuto meno agli obblighi impostile dai suddetti regolamenti. In particolare, la Corte dichiarava la infondatezza delle due giustificazioni addotte dall'Italia per motivare la mancata applicazione della normativa comunitaria istitutiva del prelievo supplementare. In sede di relazione di sintesi del 1 settembre 1989, la commissione della Comunita' europa rilevava che nel corso della campagna lattiera 1986-1987 l'Italia non aveva applicato le disposizioni relative al prelievo supplementare, non erano state assegnate le quote ai produttori e non era stato raccolto alcun importo a titolo di detto prelievo. I membri della commissione, dopo aver premesso che solo in data 11 aprile 1988 il Governo italiano aveva pubblicato un decreto col quale si era provveduto ad attribuire quote a singoli produttori e alle loro associazioni, procedevano ad una stima, basata su dati statistici, dell'eccedenza di latte consegnato dalle associazioni italiane di produttori nel 1986 e 1987. Si perveniva in tal modo a quantificare in 171.799 tonnellate le consegne in eccesso, comportanti prelievi supplementari e ne conseguiva una rettifica finanziaria di L. - 74.326.019.850 sulla voce 207. Per l'esercizio 1985 la rettifica finanziaria negativa relativa all'Italia, per la mancata riscossione di prelievi supplementari, era determinata in L. - 3.232.822.340. I risultati finanziaria esposti nella relazione di sintesi richiamate erano infine formalizzati nelle decisioni delle commissioni CEE del 15 novembre 1989 e del 19 aprile 1990. Osserva il procuratore generale che tali rettifiche finanziarie, formalizzate nelle predette decisioni della commissione CEE, sostanziandosi per l'Italia in minori introiti, hanno finito per gravare sul bilancio nazionale, cosicche' l'attenzione veniva concentrata sulle concrete ragioni che aveva determinato la mancata applicazione della citata normativa comunitaria, l'omessa riscossione del prelievo supplementare dei produttori di latte e infine l'imputazione, attraverso il meccanismo delle rettifiche negative, di rilevanti somme, che avrebbero docuto essere corrisposte alla C.E.E. dai produttori di latte, al bilancio nazionale. Nell'ambito degli accertamenti sulle iniziative avviate dalla competente direzione generale per tentare di dare esecuzione alle prescrizioni di cui ai regolamenti CEE n. 856 e 857 del 31 marzo 1984, si accertava che in data 18 aprile 1984 il competente Ufficio ministeriale predisponeva per la firma del Ministro un decreto ministeriale contenente disposizioni per l'applicazione del regolamento n. 856, ma il decreto non veniva firmato. Si accertava che la proposta di decreto era stata piu' volte modificata in conformita' delle richieste di volta in volta formulate dal Ministro, cosicche' alle prime bozze ne seguirono altre tre, rispettivamente in data 9 maggio 1984, 31 maggio 1984 e 20 giugno 1984. Le modifiche apportate, secondo la valutazione del dirigente competente, snaturavano l'originaria proposta concordata con esperti di informatica e rendevano irragiungibile il fine prefissato. In data 19 aprile 1984 il medesimo ufficio trasmetteva al Ministro per la firma un decreto per l'attribuzione alle imprese lattiero-casearie di una quota provvisoria per i primi sei mesi di applicazione del regime delle quote. Nella circostanza l'ufficio proponente segnalava che il rifiuto del pagamento del super prelievo per il periodo antecedente all'assegnazione della quota loro spettante potrebbe comportare conseguenze di carattere finanziario a carico del bilancio dello Stato e conseguente responsabilita' amministrativa. Il decreto non fu firmato. In data 17 agosto 1984 perveniva al Ministero dell'agricoltura un telegramma dei servizi della Commissione CEE con il quale si sollecitavano gli adempimenti di cui al sistema di prelievo supplementare e in data 18 agosto 1984 il direttore generale partecipava il contenuto del telegramma al Ministro Pandolfi, il quale di suo pugno apponeva a margine della segnalazione la disposizione "ignorare". Con appunto del 7 dicembre 1984 il dott. Possagno, rivolgendosi al direttore generale Moroni e riferendosi alla procedura d'infrazione derivata dal commissario CEE nei confronti dell'Italia a causa del perdurante stato di mancata applicazione del regime delle quote, si riproponeva per l'approvazione una bozza di provvedimento contenente modalita' per la registrazione dei produttori che effettuavano vendite dirette: anche questa proposta di provvedimento, portata a conoscenza del Ministro, non ebbe seguito. In data 23 maggio 1985 con il Regolamento n. 1035/85 e in occasione della fissazione di prezzi agricoli e misure connesse per la campagna 1985-1986, fu apportata, su sollecitazione italiana, un'importante modifica al regolamento n. 856 con l'inserimento all'art. 12 delle norme di assaociazione di produttori e di unione di associazione quale seduttore unico. L'altra significativa iniziativa, assunta dopo oltre un anno dal regolamento n. 856, fu quella di disporre con decreto del 30 settembre 1985 un censimento della produzione lattiera e la realizzazione del censimento fu affidata all'Associazione italiana allevatori in forza di apposita convenzione; tuttavia la qualita' della rilevazione affidata a tale associazione non era ritenuta soddisfacente dall'Ufficio che avrebbe dovuto utilizzare i dati e cioe' dalla Direzione generale per la tutela dei produttori agricoli; solo nell'aprile del 1988, dopo molte sollecitazioni, i dati statistici finali relativi alla riduzione erano trasmessi alla predetta Direzione generale. Con l'approvazione del regolamento n. 1305/85 del 23 maggio 1985, contenente l'importante modifica dell'art. 12 del regolamento n. 857/84, era stata introdotta la possibilita' di coinvolgere tutti i produttori di latte e le loro associazioni e quindi tutta la produzione lattiera in un produttore unico. Occorreva inoltre procedere celermente sulla costituzione dell'unione delle associazioni dei produttori e al suo formale riconoscimento giuridico, secondo la normativa nazionale e comunitaria, in conseguenza delle previsioni comunitarie e dell'avvio della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Risulta che dopo quattordici mesi dalla modifica del citato art. 12 veniva attivata nel luglio 1986 l'Unione nazionale per le associazioni di produttori di latte bovino (UNALAT), la cui personalita' giuridica veniva riconosciuta con decreto ministeriale del 22 dicembre 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 marzo 1987. Con la costituzione e il conseguente riconoscimento del produttore unico si realizzava solo una delle condizioni per dare applicazione dopo tre anni al regime della quota introdotta col regolamento CEE n. 857/84 e occorreva assegnare a favore dell'UNALAT i quantitativi di riferimento. Intanto nel giugno 1987 la Corte di giustizia delle comunita' europee, a seguito di una visita effettuata in Italia nel periodo 3-8 aprile 1987, formulava una serie di rilievi sulla mancata attuazione del regime delle quote e si delineavano cosi' le principali condizioni che avrebbero consentito alla commissione della CEE di imputare alla Repubblica italiana col meccanismo delle rettifiche finanziarie in sede di liquidazione dei conti FEOGA la omessa esazione del prelievo supplementare e i maggiori costi sopportati dalla Comunita' per lo smaltimento delle eccedenze dei prodotti lattiero-caseari. Soltanto nell'aprile 1988 l'UNALAT/AIA forniva i dati richiesti, non su nastro magnetico e con decreto ministeriale 11 aprile 1988 veniva disposta l'assegnazione dei quantitativi di riferimento, distinti per le consegne e per le vendite dirette a favore dell'UNALAT, delle Associazioni non aderenti l'UNALAT e dei singoli produttori non aderenti ad alcuna associazione. Il nuovo Ministro dell'agricoltura on.le Mannino con appunto del maggio 1988 veniva messo a conoscenza di tutta la situazione e degli adempimenti ancora da seguire per l'esecuzione del superprelievo. Da un appunto riservato del 12 settembre 1988, inoltrato al Ministro dell'agricoltura dal direttore generale dott. Pricolo risulta che in relazione ai predetti adempimenti, la competente Direzione generale aveva predisposto una bozza di decreto, contenente anche indicazioni per sanare il periodo pregresso di mancata applicazione del regime della quota (cioe' per procedere alla riscossione del super prelievo relativo alle trascorse campagne lattiere); nell'appunto stesso il Direttore generale della tutela economica dei prodotti agricoli, dott. Pricolo affermava che l'omissione del controllo, procedura non ammessa, chiaramente diretta ad evitare ogni possibile richiesta di pagamento del prelievo supplementare, sara' interpretato dalla Commissione come una indebita corresponsione di aiuti da parte dell'Italia ai produttori di latte, con conseguente apertura di procedura di infrazione ed imputazione al bilancio italiano non solo delle somme relative alla mancata riscossione, ma anche delle maggiori spese sostenute dal FEOGA e calcolate forfettariamente. Lo stesso giorno (12 settembre 1988) il dott. Pricolo chiedeva l'anticipato collocamento a riposo, ma i richiami del Direttore Pricolo non sortivano l'effetto di imporre i doverosi provvedimenti diretti ad evitare le gravi e previste conseguenze finanziarie per il bilancio nazionale determinate dalle predette decisioni comunitarie del 15 novembre 1989 e del 19 aprile 1990. In punto di diritto il procuratore generale osserva che l'omessa applicazione del regime della quota e quindi l'omessa riscossione del prelievo supplementare nei confronti di soggetti privati ha causato gravi ed ingiuste conseguenze finanziarie a carico del bilancio nazionale. Quindi e' presente l'elemento oggettivo, cioe' il danno ingiusto, effettivo ed attuale patito dell'Erario e a tale danno, come risulta evidente dalla esposizione dei fatti, non difetta il connotato dalla prevedibilita'. Il danno ammonta a L. 77.558.842.190 ed e' costituito dall'importo complessivo delle sopra menzionate rettifiche finanziarie negative apportare dalla Commissione CEE, per effetto diretto della mancata riscossione del prelievo supplementare sul latte, in sede di liquidazione dei costi FEOGA. L'elemento soggettivo, cioe' la colpa dei pubblici agenti evocati in giudizio, introduce il tema piu' complesso, quello delle personali responsabilita'. Si deve intanto escludere che l'omessa riscossione del prelievo supplementare non sia imputabile ad alcuno e sia percio' dipendente esclusivamente da oggettive difficolta' amministrative. Ritiene il procuratore generale che nella circostanza tanto l'ambito delle decisioni di carattere politico, quanto l'area delle determinazioni amministrative applicative erano gia' segnate dalle prescrizioni contenute nella menzionata normativa comunitaria. Vale a dire che le autorita' nazionali non avevano altra scelta che applicare tempestivamente la regolamentazione comunitaria ovvero trasferire tutta la questione nella piu' alta sede politica; invece, come la ricostruzione dei fatti ha manifestato, la regolamentazione comunitaria e' stata semplicemente disattesa. Ritiene il requirente che non si possano imputare responsabilita' ai Dirigenti della Direzione Generale per la Tutela Economica dei Produttori Agricoli, in quanto essi, per quanto era di loro competenza, fecero cio' che era concretamente possibile per dare attuazione al regime delle quote. Ritardi e carenze, nel complesso costituenti violazioni di obblighi di servizio, si devono invece imputare ai Ministri dell'agricoltura, segnatamente agli onorevoli Pandolfi e Mannino, con l'avvertenza che in questa circostanza non vengono in rilievo profili e responsabilita' politiche, ma esclusivamente le responsabilita' di carattere amministrativo connesse all'esercizio delle funzioni di capo di un ramo dell'Amministrazione. Peraltro la posizione dei due Ministri, in relazione ai fatti di causa e in special modo all'apporto causale nella determinazione degli eventi dannosi, e' differenziata, in quanto al primo (Pandolfi) si possono imputare le carenze e i ritardi iniziali e successivi (fino all'aprile 1988) che infine condussero la Commissione CEE a deliberare le citate rettifiche finanziarie, mentre al secondo (Mannino) si puo' imputare di non aver impartito direttive per la riscossione del prelievo supplementare relativo alle pregresse campagne lattiere, quando si era ancora in tempo, ovvero, piu' esattamente, di avere disatteso immotivatamente, nonostante la prevedibilita' del danno erariale, le sollecitazioni che gli giungevano dalla struttura amministrativa per avviare la riscossione del prelievo; entro questi termini, la responsabilita' dei due Ministri e' tuttavia solidale. Se compito del Ministro era quello di impartire le piu' opportune direttive amministrative per dare esecuzione alla normativa comunitaria, si deve convenire che tali direttive difettano del tutto o furono insufficienti, nonostante le sollecitazioni interne delle strutture amministrative ed esterne della Comunita'. Certamente non si possono imputare al Ministro i ritardi dell'UNALAT (che si costitui' solo nel luglio 1986) ma sorprendono l'assenza di sollecitazioni nei confronti dei produttori e l'assenza di altre pure possibili iniziative. L'on. Mannino, divenuto Ministro dell'agricoltura nel maggio 1988, non ha avuto ovviamente alcuna responsabilita' in ordine ai ritardi e alle carenze verificatesi in epoca precedente, tuttavia anch'egli, avendone il dovere, ha coscientemente evitato di assumere la sola iniziativa che avrebbe prevedibilmente potuto influire sulle determinazioni comunitarie; ha cioe' evitato di impartire le disposizioni, che pure gli venivano sollecitate dalla struttura ministeriale per la riscossione, ancora giuridicamente possibile, del prelievo supplementare relativo alla pregressa campagna lattiera. Ritiene il procuratore generale che non possa revocarsi in dubbio che il comportamento colposo imputato ai predetti sia stato assunto nell'esercizio delle funzioni di capo di un ramo dell'Amministrazione e che sussiste infine il nesso di causalita' tra il comportamento colposo dei due convenuti e il danno erariale. Il convenuto on. Filippo Pandolfi si e' costituito in giudizio col patrocinio del prof. avv. Franco Scoca, il quale ha prodotto memoria difensiva: in essa si assume che il preteso danno erariale non sussiste, in quanto in data 10 luglio 1991 e' stata promulgata la legge n. 201 sul differimento delle disposizioni di cui alla legge 8 novembre 1986, n. 752 circa l'attuazione degli interventi programmati in agricoltura. L'art. 1 di tale legge al n. 3 dispone che gli obblighi derivanti da disposizioni in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca si applicano a partire dal periodo 1991-1992, al n. 4 si prevede che tale ultima disposizione non costituisce titolo, per la restituzione delle somme gia' versate dai soggetti obbligati; al n. 9 si statuisce che i saldi contabili con la Comunita' derivanti dalla definizione delle procedure previste dalla normativa comunitaria e concernenti il prelievo supplementare sul latte di vacca dovuto per i periodi dal 1987-1988 al 1990-1991, sono iscritti nella gestione finanziaria dell'AIMA, spese connesse ad interventi comunitari. Assume la difesa che tale nuova normativa ha fatto venir meno l'esistenza, nel caso di specie, del danno erariale e che comunque non sussiste neanche l'elemento soggettivo della colpa, in quanto il convenuto non ha tenuto nella fattispecie alcun comportamento che possa definirsi anche solo di colpevole inerzia. Infatti alla luce della realta' italiana si assume la leggittimita' del comportamento tenuto dall'on. Pandolfi, nonche' l'alta considerazione, da parte di quest'ultimo, degli interessi del nostro Paese, per la cui difesa si e' ampiamente e con successo battuto. D'altro canto per la diversita' della situazione italiana rispetto alla maggior parte dei Paesi della Comunita', il Governo italiano non poteva accettare la diminuizione di una produzione lattiera di per se' insufficiente alla copertura del fabbisogno interno, per di piu' con la medesima percentuale di quella imposta a Paesi che erano gli effettivi responsabili della sovraproduzione in ambito CEE. Successivamente al termine di una serie di interminabili riunioni, di incontri bilaterali e di febrili consultazioni con i rispettivi Governi, il Ministro Pandolfi otteneva alcuni risultati importantissimi che portavano a modifiche favorevoli all'Italia nella legislazione comunitaria. Si sostiene, pertanto, la legittimita' del comportamento tenuto nella specie dell'on. Pandolfi, nella qualita' di Ministro e quindi di membro dell'Esecutivo nazionale e comunitario, in quanto l'adeguamento alla normativa comunitaria e' stato graduale e, soprattutto, tale da non generare difficolta' produttive. D'altro canto la situazione di cui trattasi necessitava di tempo per la sua soluzione ed era necessario procrastinare il piu' possibile l'applicazione di una normativa certamente inadeguata. Tale convinzione non era solo di parte italiana e l'emanazione immediata di una normativa di attuazione non era pertanto ne' opportuna ne' possibile; e' stata preferita la soluzione di una applicazione graduale della disciplina comunitaria, mentre la stessa procura sottolinea le lungaggini dell'AIA e dell'UNALAT, tanto da riportare il testo autografo dell'on. Pandolfi che dispone che vengano effettuati nei loro riguardi dei telex di sollecito ogni tre giorni. Si sostiene quindi che il comportamento del Ministro e' stato tenuto nell'esclusivo interesse del Paese, su esplicite indicazioni governative e dello stesso Parlamento e in tal modo e' stato possibile salvare un settore produttivo che altrimenti avrebbe potuto essere fortemente penalizzato, per di piu' senza che la riconversione pesasse sulle casse erariali. Si assume quindi che il comportamento pienamente legittimo del Ministro Pandolfi ha evitato un danno forse irreparabile al settore agricolo italiano, cui l'Erario avrebbe dovuto far fronte e che avrebbe ampiamente sorpassato l'importo addebitato a suo tempo dalla CEE al nostro Paese. Si sostiene infine che dall'inesistenza dell'elemento oggettivo connesso con quello dell'elemento soggettivo e' evidente l'insussistenza del nesso causale tra l'uno e l'altro e da tali considerazioni, pertanto, discende l'inesistenza di responsabilita' di alcun genere nei riguardi dell'on. Pandolfi. Il convenuto on. Calogero Mannino si e' costituito in giudizio col patrocinio dell'avv. Paolo Mercuri, il quale ha prodotto una memoria difensiva: in essa si assume che il convenuto ha fatto esattamente cio' che secondo parte attrice avrebbe omesso di fare: ha impartito disposizioni dettagliate per la riscossione del superprelievo, disposizioni che, data la loro efficacia retroattiva, avrebbero consentito la riscossione del superprelievo fin dalla sua istituzione. Va inoltre considerato che l'on. Mannino ha agito tempestivamente, in quanto alla data di adozione del d.m. n. 258/1989, non si era ancora conclusa l'istruttoria comunitaria relativamente alla questione del superprelievo; quindi la rettifica finanziaria si sarebbe comunque verificata indipendentemente da qualunque azione o omissione posta in essere dall'on. Mannino dalla data in cui egli ha assunto la carica di Ministro dell'agricoltura. Si afferma pertanto, che l'evento produttivo di cio' che e' stato quantificato come danno erariale non e' stata l'omessa riscossione del superprelievo, quando cio' sarebbe stato ancora giuridicamente possibile, in quanto tutte le misure indirizzate a tale riscossione sono state poste in essere anteriormente all'adozione del procedimento comunitario; cio' che ha causato l'impossibilita' di operare la compensazione tra regioni eccedetarie o regioni deficitarie ed ha quindi prodotto come conseguenza la rettifica negativa, e' stato il tardivo riconoscimento dell'UNALAT e l'altrettanto tardiva attribuzione a queste della quota di produzione, tutti eventi che si sono verificati anteriormente al momento in cui l'on. Mannino ha assunto la carica di Ministro dell'agricoltura e foreste. Si afferma inoltre che il danno erariale non si e' prodotto, o, almeno, non si e' prodotto nei termini ritenuti dal requirente e vi sono fondati motivi per ritenere che si possa produrre in futuro, in quanto, qualora dopo la definitiva chiusura del conto, l'Amministrazione nazionale dovesse effettivamente riscuotere il superprelievo, le somme cosi' ricevute andrebbero a beneficio del bilancio nazionale ed andrebbero cosi' a compensare, per quel che riguarda la posizione dell'Erario, la rettifica finanziaria operata in sede comunitaria. Va in conseguenza escluso ogni fondamento di responsabilita' del convenuto on. Mannino, nelle vicende oggetto del presente procedimento, in quanto non sussiste alcun legame causale tra il presunto danno e il di lui operato come capo di un ramo dell'Amministrazione, ma egli ha agito da prudente ed accorto amministratore ed ha esercitato le proprie attribuzioni in modo da consentire il ristoro dell'asserito danno ingiusto patito dall'Erario. Il convenuto on. Mannino ha prodotto altra memoria col patrocinio del prof. avv. Giulio Correale: in essa si rileva che in data 10 luglio 1991 e' stata promulgata la legge n. 201 sul differimento delle disposizioni di cui alla legge 8 novembre 1986, n. 752 circa l'attuazione degli interventi programmati in agricoltura. L'art. 1 di tale legge al n. 3 dispone che gli obblighi derivanti dalle disposizioni in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca si applicano a partire dal periodo 1991-1992; al n. 4 si prevede che tale ultima disposizione non costituisce titolo per la restituzione delle somme gia' versate dai soggetti obbligati; al n. 9 si statuisce che i saldi contabili con la Comunita' derivanti dalla definizione delle procedure previste dalla normativa comunitaria e concernente il prelievo supplementare sul latte di vacca dovuto per i periodi dal 1987-1988 al 1990-1991, sono iscritti nella gestione finanziaria dell'AIMA, spese connesse ad interventi comunitari. Tale nuova normativa ha fatto venir meno l'esistenza, nel caso di specie, del danno erariale ed ha reso privo di presupposto l'azione intentata dalla procura generale precedentemente all'entrata in vigore della predetta legge. Inoltre il comportamento addebitato al ministro dell'epoca, convenuto nell'odierno giudizio, ha concretizzato una scelta d'ordine squisitamente politica, perche' ispirato alle cure dell'interesse pubblico, canonizzato in capo all'Ufficio di cui il Ministro era titolare, che non trovava alcun parametro legislativo, o comunque normativo, di riferimento. Che l'ancoraggio ad un parametro mancasse e' provato dal fatto che solo con la legge n. 468/1992 esso e' stato fissato dagli artt. 2 e seguenti. Che sempre il legislatore abbia ritenuto giustificato, cioe' non scriteriato, vale a dire, tutt'altro che manifestamente irrazionale il comportamento tenuto dal Ministro dell'epoca e' provato dal fatto che la legge n. 201 del 1991 non solo ha rinviato alla campagna 1991-1992 l'applicazione della normativa preesistente, ma ha disposto l'irripetibilita' delle somme gia' versate; quindi si e' trattato di una scelta politica, per di piu' ritenuta giusta da legislatore, il quale ha considerato applicabile solo dal 1991-1992 la normativa pregressa con gli adattamenti e accorgimenti dettati dalla legge n. 468 del 1992. All'udienza del 4 dicembre 1992 il procuratore generale chiedeva l'ammissione di una prova testimoniale ai sensi dell'art. 244 c.p.c. e indicava a testimoni i funzionari del Ministero dell'agricoltura dott. Passagno e dott. Pricolo; la prova testimoniale concerneva le circostanze di fatto indicate nell'atto di citazione e precisamente la predisposizione di diverse bozze di regolamenti applicativi delle disposizioni comunitarie e la mancata adozione da parte del Ministro delle relative disposizioni attuative di quelle comunitarie. Con ordinanza della sezione veniva ammessa la prova testimoniale richiesta e veniva fissata l'udienza per l'espletamento della prova. All'udienza rendeva la deposizione testimoniale il dott. Pietro Passagno, il quale nella sostanza confermava il contenuto dei capitoli di prova. Veniva quindi introdotto il teste dott. Giuseppe Pricolo, il quale in sostanza confermava il contenuto dei capitoli di prova articolati. All'odierna udienza di discussione del giudizio il procuratore generale ha sostenuto la responsabilita' dei convenuti: il Ministro Pandolfi non ha voluto attuare i regolamenti comunitari, malgrado le segnalazioni dei dirigenti ministeriali; il Ministro Pandolfi e' maggiormente responsabile rispetto al Ministro Mannino, il quale e' del pari responsabile in quanto avrebbe potuto ancora evitare la produzione del danno erariale. Conclude chiedendo la condanna dei convenuti. Il prof. Scoca ha sostenuto che il Ministro Pandolfi ha agito al fine di difendere le ragioni dei produttori italiani. Il prof. Correale ha sostenuto che il Ministro Mannino si e' attivato per realizzare il regolamento comunitario. Il procuratore generale in replica ha sostenuto che la condanna puo' essere ripartita tra i due convenuti nell'ambito della solidarieta' passiva. Il prof. Correale in replica ha ribadito la non responsabilita' del proprio assistito. In diritto Osserva la sezione che la difesa dei convenuti ha sostenuto che l'art. 1, comma 3, della legge 10 luglio 1991, n. 201 dispone che gli obblighi derivanti dalle disposizioni in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca di cui al regolamento CEE n. 804/68 del 27 giugno 1968 e successive modificazioni e integrazioni si applicano a partire dal periodo 1991-1992 su tutto il territorio nazionale; pertanto, tale nuova normativa ha fatto venir meno l'esistenza, nel caso di specie, del danno erariale ed ha reso priva di presupposti l'azione intentata dal Procuratore Generale prima dell'entrata in vigore di tale legge. Osserva in primo luogo la sezione che la citata disposizione di cui all'art. 1, comma 3, della legge n. 201 del 1991 sembra in contrasto con l'art. 10 comma 1 Costituzione, in base al quale l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. Infatti la disposizione di cui all'art. 1 comma 3, nel disporre che gli obblighi derivanti dalle disposizioni comunitarie in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca si applicano a partire dal periodo 1991-1992, si pone in contrasto con il regolamento CEE n. 856/84 del 31 marzo 1984 concernente il prelievo supplementare istituito a carico dei produttori o degli acquirenti di latte di vacca, nonche' col regolamento n. 857/84 del 31 marzo 1984 contenente norme generali per l'applicazione del prelievo supplementare e al regolamento 16 maggio 1984, n. 1371, contenente le modalita' di attuazione del sistema. Pertanto, il contrasto della disposizione di cui al citato art. 1, comma 3, della legge n. 201 del 1991 con le predette disposizioni della Comunita' europea sembra configurare un'ipotesi di illegittimita' costituzionale della norma per violazione dell'art. 10, comma 1, della Costituzione. Osserva inoltre la Sezione che la medesima disposizione di cui all'art. 1, comma 3, appare idonea a porre nel nulla un'ipotesi di responsabilita' amministrativa gia' realizzatasi carico di soggetti determinati in quano il differimento temporale degli obblighi derivanti dalle disposizioni comunitarie in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca comporta l'esclusione del danno erariale e quindi il venir meno di una ipotesi di responsabilita' amministrativa nei confronti di soggetti determinati. Si pone pertanto il problema di considerare la validita' di una disposizione di legge che ponga nel nulla ex post un'ipotesi di responsbilita' amministrativa gia' realizzatasi a carico di soggetti determinati. Ritiene la sezione che in tale fattispecie possa configurarsi una ipotesi di eccesso di potere legislativo della disposizione di cui trattasi. Sono note le perplessita' della dottrina di estendere nel campo legislativo quella figura che gia' nell'ambito degli atti amministrativi, si e' voluta, almeno della giurisprudenza, circoscrivere a taluni casi, senza che si possa sindacare il merito del provvedimento amministrativo e cioe' la sua opportunita' e convenienza. Secondo una parte della dottrina il vizio di eccesso di potere e cioe' a dire della utilizzazione del potere per finalita' diverse da quelle per cui la legge lo conferi' all'organo competente, deve essere introdotto nel sindacato di legittimita' delle leggi, ai sensi dell'art. 134 Cost. Infatti sono da limitarsi i casi d'eccesso di potere legislativo, ma non deve escludersi la figura giuridica. Son da limitarsi, in quanto non sembra possibile un sindacato della legge sotto il profilo delle disparita' di trattamento, della manifesta in giustizia, delle contraddizioni ecc. ecc., ma sembra invece che sia possibile denunziare l'eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e cioe' della utilizzazione del potere per scopi e finalita' diverse. In quest'ultimo caso si ha quello eccesso di potere che in sostanza puo' anche chiamarsi vizio del falso scopo, in quanto nel campo del diritto pubblico possono esservi atti di diritto pubblico indiretti e quindi anche atti normativi indiretti cioe' quelli pervasi da quel vizio che costituisce l'eccesso di potere per falsita' di causa e falsita' del fine. Un'esempio tipico di atto normativo indiretto violatore della costituzione in via implicita e racchiudente eccesso di potere legislativo e' stato indicato dalla dottrina con l'art. 2 della legge sulla riforma agraria, con la quale, per sottrarre i provvedimenti di riforma alle impugnative giurisdizionali, garantite dall'art. 113 della Costituzione, si disse che quei provvedimenti, peraltro emanati da un organo amministrativo, e cioe' il Presidente della Repubblica, avevano natura legislativa: infatti con quel sistema si voleva, se non violare, certamente sfuggire al principio racchiuso nell'art. 113 Cost. Il problema dell'eccesso di potere legislativo coincide, dal punto di vista storico e sistematico, con l'individuazione del limite estremo al quale puo' spingersi il sindacato della Corte costituzionale. Infatti l'eccesso di potere si verifica a seguito della violazione di quei principi giuridici che hanno consentito alla giurisprudenza di individuare e reprimere negli atti dell'Amministrazione conformi alla legge nei loro elementi costitutivi varie figure di abuso e di frode. Sul piano dell'accertamento del giudice puo' ritenersi che l'eccesso di potere possa essere individuato normalmente alla stregua di elementi non contestuali all'atto e, in particolare, relativi alla situazione preesistente alle modifiche operate dall'atto stesso. Infatti l'art. 134 non contiene un elenco corrispondente all'art. 26 t.u. n. 1054 del 1924, ma istituisce un sindacato generale di legittimita' costituzionale, sicche' la dottrina si e' domandata se il controllo possa estendersi fino all'accertamento di quelle deviazioni che non danno luogo ad un contrasto della legge con una determinata norma costituzionale ed ha concluso positivamente rilevando l'incidenza di principi impliciti nel sistema sull'effettiva osservanza della Costituzione, le cui norme, senza essere violate nella lettera, possono praticamente restare inoperanti in relazione alle finalita', agli equilibri ed alla gradualita' dell'azione statale che stanno a garantire. In conclusione la dottrina ha affermato che giudicando delle conroversie di legittimita' costituzionale la Corte puo' rilevare quelle violazioni dei principi impliciti nel sistema costituzionale vigente e che comunque non si concretino in contrasti tra una determinata norma di legge e una determinata norma della Costituzione. Queste violazioni potranno essere accertate mediante l'utilizzazione di elementi non desumibili dal testo della norma impugnata sia perche' i principi e le norme costituzionali non si attuano solo attraverso il disposto della legge, sia perche' la Corte non incontra alcun limite nell'acquisizione delle prove. Le stesse violazioni rientrano nell'ampio concetto di illegittimita' costituzionale, ne rappresentano il limite estremo e possono essere ricomprese sotto la denominazione di eccesso di potere legislativo perche', sia per i principi giuridici che si pongono, sia per il modo in cui sono accertati, sono assimilabili all'analoga forma di illegittimita' degli atti amministrativi, ferma restando la diversita' delle figure in cui si manifestano; inoltre poiche' l'eccesso di potere comporta la violazione di principi giuridici che ispirano e guidano l'osservanza della Costituzione da parte del legislatore e della legge da parte dell'autorita' amministrativa, essa non vizia i momenti discrezionali dell'atto e dell'attivita', ne' puo' dirsi in via generale se comporti violazione di diritti soggettivi o di interessi legittimi. Ritiene pertanto la Sezione che una disposizione di legge, che ponga nel nulla un'ipotesi di responsabilita' amministrativa gia' realizzatasi nel caso concreto realizzi un'ipotesi di eccesso di potere legislativo sulla base delle considerazioni della dottrina giuridica innanzi enunciata. Ritiene inoltre la Sezione che la stessa disposizione di legge sia viziata altresi' per contrasto con alcune disposizioni costituzionali: con l'art. 3 Cost., in quanto la disposizione di legge che ponga nel nulla un'ipotesi di responsabilita' amministrativa contrasta col principio di uguaglianza dei cittadini innanzi alla legge. La medesima disposizione, ad avviso della Sezione appare inoltre in contrasto con l'art. 24 Cost. in quanto la disposizione di legge che pone nel nulla un'ipotesi di responsabilita' amministrativa gia' realizzatasi nel concreto appare lesiva del diritto del procuratore, generale della Corte dei conti ad agire in giudizio per la tutela del diritto dell'Erario al risarcimento dei danni. Parimenti dicasi, ad avviso della Sezione in riferimento all'art. 97 Cost. in quanto la medesima disposizione esclusiva della responsabilita' amministrativa appare in contrasto con i principi di buon andamento e di imparzialita' dell'Amministrazione che devono presiedere all'organizzazione degli uffici della pubblica amministrazione. Conclusivamente ritiene la sezione che l'art. 1, terzo comma, della legge n. 201 del 1991, col differire l'attuazione degli obblighi derivanti dalle disposizioni comunitarie in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca al periodo 1991-1992, ha inteso porre nel nulla le responsabilita' amministrative dei convenuti derivante dall'omessa attuazione di regolamenti comunitari e, pertanto, appare in contrasto, per i motivi innanzi esposti, con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione. Consegue che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge citata non appare manifestamente infondata; sulla base delle considerazioni innanzi svolte ed appare altresi' rilevante ai fini della definizione del presente giudizio, in quanto la disposizione medesima e' diretta ad escludere la sussistenza del danno erariale e la conseguente responsabilita' dei convenuti in giudizio. Va in conseguenza sollevata d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 3 della legge 10 luglio 1991 n. 201 per contrasto con gli artt. 3, 10, 24 e 97 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 10 luglio 1991, n, 201 in relazione agli artt. 3, 10, 24 e 97 della Costituzione. Dispone la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale; Dispone che a cura della segreteria gli atti vengano rimessi alla Corte costituzionale e che copia della presente ordinanza venga notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidente del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Roma nelle camere di consiglio del 27 maggio e 17 giugno 1994. Il presidente f.f. estensore: (firma illeggibile) 95C1351