N. 739 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 giugno 1995
N. 739 Ordinanza emessa il 2 giugno 1995 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Zurino Michele Sciopero e serrata - Disciplina del diritto di sciopero - Mancata previsione della regolamentazione dell'astensione degli avvocati dalle attivita' necessarie al funzionamento dell'amministrazione della giustizia - Irragionevolezza della disciplina impugnata che, pur avendo la finalita' di regolamentare lo sciopero nei servizi pubblici essenziali non ha previsto l'applicazione della stessa agli avvocati che esercitano un servizio di pubblica necessita' - Lesione del diritto di difesa - Violazione del diritto fondamentale dell'uomo ad essere giudicato in tempo ragionevole e del principio della soggezione dei giudici alla sola legge - Mancata osservanza dei limiti al diritto di sciopero prescritti dalle leggi che lo regolano. (C.P.P. 1988, art. 420, terzo comma, e 97; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 29; legge 12 giugno 1990, n. 146, art. 1). (Cost., artt. 2, 24 e 101).(GU n.46 del 8-11-1995 )
IL TRIBUNALE MILITARE All'odierna udienza preliminare nella causa a carico di Zurino Michele e' intervenuto il p.m.. Il difensore di fiducia ha dichiarato di astenersi in adesione alla delibera dell'Assemblea generale degli avvocati italiani che ha deciso l'astensione dalle udienze civili, penali, amministrative e tributarie. Si e' proceduto quindi, ai sensi dell'art. 420.3 c.p.p., a nominare un sostituto d'ufficio secondo i criteri indicati dall'art. 97.4 c.p.p. e 29 disp. att.. Tutti i professionisti intervenuti hanno dichiarato di astenersi e per ultimo il membro del consiglio dell'Ordine forense delegato dal presidente dell'Ordine. Il giudice per le indagini preliminari preso atto della descritta situazione solleva questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 420.3, 97 c.p.p., 29 disp. att. in relazione all'art. 1 della legge 12 giugno 1990 n. 146 nella parte in cui non prevede tra i soggetti destinatari della stessa le persone esercenti un servizio di pubblica necessita' (art. 359 c.p.), in quanto il sistema derivante dall'applicazione di dette norme non consente di assicurare l'effettiva partecipazione del difensore dell'imputato, ritenuta necessaria ai sensi del 1 comma dell'art. 420 c.p.p. per una valida celebrazione dell'udienza preliminare, ne' indica i modi per comunque consentirla, per violazione degli artt. 2, 24, 40, 101 della Costituzione, ed osserva quanto segue. L'art. 420 c.p.p. al fine di realizzare in termini di effettivita', oralita' ed immediatezza il contraddittorio, prevede come necessaria la partecipazione all'udienza preliminare del p.m. e del difensore dell'imputato. La necessita' che il difensore sia presente (per evitare nullita' assoluta ex art. 179 c.p.p.) impone che ove egli non compaia, venga designato ai sensi dell'art. 97.4 un sostituto. Non essendo stabilito nulla in caso del difensore per legittimo impedimento, diversamente da quanto avviene per l'imputato, e' evidente che si e' voluto escludere, a differenza da quanto previsto per il dibattimento, ogni rilievo dell'impedimento del difensore anche se legittimo ed implicante assoluta impossibilita' a comparire. Il congegno previsto dal codice di rito completa quale strumento per ovviare a tale situazione il meccanismo previsto dall'art. 97.4. Il giudice quando e' richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o d'ufficio non e' stato reperito non e' comparso o ha abbandonato la difesa, designa come sostituto altro difensore immediatamente reperibile. All'uopo, per l'individuazione del reperibile soccorre l'art. 29 disp. att. secondo cui l'a.g. ricerca il difensore d'ufficio nell'ambito e secondo l'ordine della tabella indicata nel terzo comma dello stesso art. 29. E ancora nel caso di mancanza o di inidoneita' della tabella, provvede nell'ambito dell'elenco indicato dal primo comma sempre dell'art. 29 citato e se anche questo manca o e' inidoneo in base agli albi professionali ovvero designando il presidente o un membro del consiglio dell'ordine forense. Nessuna altra strada e' percorribile nel caso in cui, pur esperiti tutti tali tentativi, non si riesca ad assicurare l'effettivita' di quella partecipazione che costituisce conditio sine qua non per la celebrazione dell'udienza. Anche perche' la legge 12 giugno 1990 n. 146 (norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati) disciplinante l'esercizio del diritto di sciopero da parte dei soggetti che, legati alla p.a. da un rapporto di lavoro di qualsiasi tipo, espletino la loro attivita' in determinati settori di particolare rilievo sociale, non ricomprende, tra i soggetti destinatari della stessa, le persone esercenti un servizio di pubblica necessita', difettando in costoro un qualsiasi vincolo organico con l'Amministrazione in ragione del quale soltanto si puo' far dipendere l'assoggettamento agli obblighi stabiliti da dette leggi. Invero spirito della legge in questione e' quello di operare un contemperamento tra diritti tutti costituzionalmente garantiti quali quello di sciopero da una parte e quelli alla vita, alla salute, alla liberta' personale ecc. dall'altra, attraverso una regolamentazione del primo che senza costituire soppressione dello stesso consenta comunque la realizzazione dell'attivita' pubblicistica in settori essenziali per la salvaguardia dei diritti della persona. A questa esigenza di contemperamento di posizioni soggettive costituzionalmente garantite e quanto meno di pari dignita' e valore, non si puo' sottrarre il conflitto scaturente dalla necessita' di assicurare la salvaguardia del diritto dello Stato e dei cittadini all'esercizio della funzione giurisdizionale ed il diritto della classe forense di astenersi dall'attivita' professionale. Che tale diritto possa essere tout court definito di sciopero non sembra ci siano seri ostacoli. Infatti non esiste una norma che definisca lo sciopero ed anche se in origine esso e' nato come forma di autotutela dei lavoratori dipendenti in vista di un interesse economico di categoria nondimeno col tempo ha assunto un significato piu' ampio quale strumento di lotta non solo per finalita' immediatamente economiche ma anche di protesta politica volta alla trasformazione sociale. Lo si rivela anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 290/1974 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 503 c.p. prevedente lo sciopero a fini non contrattuali "nella parte in cui punisce anche lo sciopero politico che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranita' popolare". E che tanto valga oltre che per il lavoro dipendente anche per quello autonomo lo si evince dalla sentenza della Corte costituzionale n. 222/1975 la quale riconosce che "non ogni astensione del lavoro autonomo si configura come serrata e che invece costituisce esercizio del diritto costituzionalmente garantito dall'art. 40 della Costituzione". Alla luce di tali considerazioni appare del tutto incomprendibile ed assolutamente irrazionale che mentre per i pubblici dipendenti, che operano nel settore giustizia, siano previsti numerose limitazioni al diritto di sciopero, dettate dalla necessita' di non intaccare diritti dei cittadini per costituzione meritevoli di tutela, altrettanto non si verifichi per coloro che in ragione della loro attivita' - per i quali il diritto di sciopero, quale diritto costituzionalmente garantito, deve ritenersi sussistente, diritto che peraltro per consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione e' riconducibile alla nozione processuale di legittimo impedimento, e che puo' essere esercitato al di fuori dell'ambito di una qualsiasi legge che lo regoli come prescritto dallo stesso art. 40 della Costituzione - sono comunque soggetti irrinunciabili per la salvaguardia di quei diritti; ma soprattutto ne risulta, ed e' quello che in questa sede principalmente interessa, che il sistema ora delineato per cui la legge n. 146/1990 - che tra le altre cose prevede il dovere, da parte della p.a. e delle imprese erogatrici di servizi di pubblica necessita', di stabilire aliquote di personale tenuto comunque a prestare la propria attivita' anche durante lo sciopero di categoria -, non opera nei confronti della classe forense (con la conseguenza che la finalita' perseguita da quella legge venga sistematicamente frustrata e irrimediabilmente compromessa); unitamente alla circostanza che da un lato la presenza del difensore dell'imputato, ex art. 420, e' ritenuta necessaria per la valida celebrazione del processo, dall'altro che il meccanismo predisposto dagli artt. 420.3, 97.4 c.p.p. 29 disp. att. non consenta di assicurare una effettiva presenza del difensore, si pone indubbiamente in contrasto con le norme della Costituzione: innanzitutto con l'art. 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, poi con l'art. 24 che assicura a tutti la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, quindi con la norma (101) per cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge infine con l'art. 40 che prescrive che il diritto di sciopero si eserciti nell'ambito delle leggi che lo regolano. La questione di legittimita' costituzionale non appare a questo giudice manifestamente infondata e rilevante nel caso di specie non potendosi la funzione giurisdizionale esercitare.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dagli artt. 420.3, 97 c.p.p. 29 disp. att. e art. 1 della legge n. 146/1990 nella parte in cui non prevede tra i soggetti destinatari della stessa le persone esercenti servizi di pubblica necessita', in relazione agli artt. 2, 24 2 101 della Costituzione; Ordina la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone la notifica della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Padova, addi' 2 giugno 1995 Il giudice per le indagini preliminari: Bocchini 95C1353