N. 759 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 1995
N. 759 Ordinanza emessa l'11 maggio 1995 dal tribunale di Catanzaro sull'istanza proposta da Magliari Saverio Processo penale - Misure cautelari personali (nella specie: custodia cautelare in carcere) - Consentita omissione della motivazione del provvedimento applicativo di detta misura in ordine al requisito della "gravita' indiziaria di colpevolezza", dopo l'emissione del decreto di rinvio a giudizio - Conseguente impossibilita', in sede di riesame di tale atto, del controllo sia formale che sostanziale - Violazione dell'obbligo di motivazione degli atti dell'autorita' giudiziaria incidenti sulla liberta' personale - Irragionevole disparita' di trattamento tra indagati ed imputati, nonche' tra imputati a seconda della fase processuale in cui si trovino - Compressione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, art. 309, in relazione all'art. 292, secondo comma, e 425 stesso codice). (Cost., artt. 3, 13, secondo comma, 24, secondo comma, e 111, secondo comma).(GU n.47 del 15-11-1995 )
IL TRIBUNALE Ha deliberato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al numero 295 del registro delle impugnazioni delle misure cautelari personali dell'anno 1995, riservato per la decisione all'udienza camerale dell'11 maggio 1995; Sulla richiesta di riesame proposta nell'interesse di Magliari Saverio, nato ad Altomonte il 21 maggio 1954 ed in atto detenuto presso la casa circondariale di Paola, avverso l'ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro in data 12 aprile 1995; Sentiti i difensori, avv.ti Eugenio Donadio, del foro di Castrovillari e Lucio Esbardo, da Cosenza; Esaminati gli atti di causa; Udito il relatore; Premette: con ordinanza del 12 aprile 1995 il g.i.p. presso il locale tribunale ha disposto l'applicazione della misura custodiale carceraria nei confronti di ventisette imputati (tra i quali l'odierno riesaminante), per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso e per altri delitti specifici, reati, tutti, relativamente ai quali e' stato disposto rinvio a giudizio dinanzi al tribunale di Castrovillari, dallo stesso giudice, come da decreto indicato in atti. Avverso detta ordinanza e' stata proposta richiesta di riesame da parte dei difensori, con atti del 19 e 21 aprile 1995. Con nota in data 4 maggio 1995 il pubblico ministero ha trasmesso gli atti. Alla odierna udienza camerale, fissata per la trattazione del riesame, celebrata in assenza del p.m., la difesa ha concluso insistendo per la declaratoria di nullita' della ordinanza impugnata (con parziale bis in idem) e ha sollevato questione di costituzionalita'. All'esito il tribunale ha riservato la decisione. Rileva: A) E' infondata la eccezione di incompetenza del primo giudice. Pacifici i presupposti di fatto (di adozione della misura successivamente al disposto rinvio a giudizio e di disponibilita' degli atti del processo), e' indubbio che la competenza rispetto all'esercizio del potere cautelare e' determinabile secondo la regola del criterio funzionale e della disponibilita' materiale e giuridica del procedimento. Anche se il quadro normativo in materia non sembra esauriente (dal momento che: a) l'art. 279 fissa la competenza in capo al giudice che procede; b) in materia reale, quanto al sequestro conservativo, e' statuito, in particolare, che "prima che gli atti siano trasmessi al giudice competente, provvede il giudice per le indagini preliminari" e, quanto al sequestro preventivo, che provvede "il giudice competente a pronunciarsi nel merito"; c) l'art. 91 disp. att. individua il giudice competente dalla fase degli atti preliminari al dibattimento in poi, fino alla pronuncia finale), la competenza e' regolata, per il profilo che interessa, nel senso che, nel transito da un giudizio ad un altro, spetta al giudice che ha provveduto fino a che mantiene la disponibilita' degli atti processuali. La soluzione, univoca e coerente, perche' espressiva di un ovvio principio (ereditato, tra l'altro dal vecchio sistema), e' stata, da ultimo, ribadita dalle sezioni unite della Cassazione (sent. n. 34752/1994 in data 24 marzo 1995, risolutiva di conflitto tra questo tribunale ed il locale ufficio g.i.p); B) Sotto il profilo di "gravita' indiziaria di colpevolezza" l'ordinanza impugnata si astiene espressamente dal motivare in ordine alla ricorrenza del detto requisito, sul presupposto (pacifico) della avvenuta' emissione del decreto dispositivo del giudizio. Orbene, e' evidente come la ordinanza, lungi dal potersi qualificare come "nulla" ai sensi dell'art. 2972.2 lett c), del codice di rito, avvalori la correttezza (enunciativa e sostanziale) del suo porsi, in correlazione con il fermo orientamento giurisprudenziale, secondo il quale: Attesa l'intervenuta modifica dell'art. 425 del c.p.p., dal cui testo, per effetto della legge 8 aprile 1993 n. 105, e' stata eliminata la parola "evidente" (riferita alla presenza delle condizioni che, all'esito dell'udienza preliminare, debbono da luogo al proscioglimento dell'imputato), deve ritenersi nuovamente vigente il principio, gia' affermato nella vigenza del codice abrogato, secodo il quale, in tema di provvedimenti riguardanti la liberta' personale dell'imputato, l'avvenuto rinvio a giudizio di costui si pone come motivo di preclusione in ordine alla proposizione e all'esame di ogni questione attinente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (cfr., da ultimo, Cass. sez. V, 5 maggio 1994 n. 1652, Bonifati ed altri, a conferma di un orientamento prevalente della Cassazione, in specie dopo la abolizione del requisito della "evidenza" probatoria ai fini del rinvio a giudizio; cfr., anteriormente e tra le piu' recenti, Cass., sez. V, 17 marzo 1994, Morando e, sez. I, 12 febbraio 1994 n. 5196, Russo). In linea con il citato indirizzo (ed in relazione a casi diversi, ma ugualmente significativi), le due pronuncie che seguono: A) "Detto principio non soffre deroga nemmeno nel caso in cui, intervenuta sentenza di condanna, questa, in sede di legittimita', sia stata annullata con rinvio per difetto di motivazione, non comportando una tale pronuncia il venir meno degli indizi di colpevolezza che a suo tempo avevano determinato il rinvio a giudizio" (Cass., sez. I, 7 gennaio 1994, n. 5120, Bontempo Scavo); B) "invece possibile, anche successivamente al rinvio a giudizio, rimettere in discussione il principio, allorquando si sia in presenza di fatti nuovi o sopravvenuti che, per cio' stesso, non vengono ad essere in contrasto con la intervenuta decisione" (Cass., sez. I, 5 febbraio 1994, n. 5257, Mancion). La forza dell'evidenziato principio trova, dunque, il proprio fondamento in due argomenti di non trascurabile rilievo: 1) la introduzione della modifica legislativa alla regola di giudizio per le emissioni del decreto dispositivo del giudizio, con la conseguenza che la soppressione dell'inciso "evidente" (dopo il verbo "risulta") postulando "la insussistenza di elementi denotanti una situazione di incolpevolezza o di impunita' dell'imputato", comporta che "gli elementi di colpevolezza, la cui sussistenza per definizione normativa, costituisce motivo di legittimizzazione del provvedimento di rinvio a giudizio, si rendono valutabili nuovamente soltanto all'esito delle indagini dibattimentali"; 2) la rivalutazione della disciplina del rinvio a giudizio nei termini fissati dall'art. 374 c.p.p. abrogato, laddove la giurisprudenza era consolidata nell'escludere, una volta emanata la ordinanza di rinvio a giudizio, qualsiasi discussione sul fondamento dell'accusa, sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla sufficienza degli indizi: conseguentemente, le contestazioni contenute in tale ordinanza non erano modificabili ai fini della pronuncia sulla liberta' personale e quindi non erano sindacabili neppure in sede di riesame del relativo provvedimento. La forza del principio rende necessitato il ricorso alla verifica di costituzionalita'. La questione e' rilevante poiche' la norma di cui si segnala la incostituzionalita' (il disposto dell'art. 309 in relazione agli artt. 292.2 e 425 c.p.p. nella parte in cui, alla stregua dell'orientamento esaminato, e' consentito omettere la motivazione sul requisito di "gravita' indiziaria di colpevolezza" e, correlativamente, e' precluso ogni controllo, sia formale che sostanziale, sul punto, in sede di riesame) e' di immediata e diretta applicazione nel procedimento. La questione non e' manifestamente infondata, in relazione: a) al disposto dell'art. 13.2 Cost., che pone come imprescindibile la presenza di "atto motivato dell'autorita' giudiziaria", quale idoneo titolo detentivo, mentre, nel caso in esame, la motivazione sarebbe ex lege superflua; b) al disposto dell'art. 111.2 Cost., che salvaguardia la tutela di legittimita', contro i provvedimenti sulla liberta' personale, per "violazione di legge", violazione riscontrabile vieppiu' nel preliminare controllo di merito, eppure preclusa, nel caso in esame, in virtu' di una presunzione assoluta di "probabile colpevolezza" insita nel decretato rinvio a giudizio; c) al disposto dell'art. 3 Cost., per una evidente disparita' di trattamento, in contrasto con ogni coerenza sistematica e ragionevolezza normativa, sul tema primario di tutela del diritto di liberta', tra indagati ed imputati ed anche tra imputati, avuto riguardo alla fase processuale precedente la decisione finale di udienza preliminare e quella immediatamente successiva, fino alla emissione della sentenza conclusiva del grado, in specie, laddove: la scelta operata dal p.m., del momento preocedimentale nel quale azionare la pretesa cautelare, e' insindacabile e non e' motivata da specifiche ragioni o dalla sopravvenienza di elementi nuovi che ne sollecitino l'esercizio di un potere prima non ritenuto cogente; detta scelta si coordina con una decisione preliminare, a tasso garantistico non ben definito (perche' un errore di prospettiva sulla utilita' del dibattimento si ripercuote inevitabilmente sul condizionato potere cautelare e senza che sia ammesso un controllo di merito, ne' sul decreto di rinvio a giudizio, notoriamente inoppugnabile, eppure del tutto immotivato (a differenza della parallela ordinanza dell'abrogato regime processuale), ne' sulla ordinanza cautelare, come si e' gia' notato, altrettanto sinsindacabile nel primario e fondante requisito sostanziale di "probabile colpevolezza"; dal combinarsi delle sue incontrollabili potesta' (di azione cautelare e di provvedimento conseguente) puo' derivare, come e' certo quanto al caso in esame (posto che gli elementi fattuali non erano mutati dopo la richiesta di rinvio a giudizio), un verosimile "aggiramento" dell'istituto del riesame, effettivo nel controllo di merito solo su provvedimenti restrittivi antecedenti al decreto ex art. 429 c.p.p.; d) al disposto dell'art. 24.2 Cost., perche', per le ragioni gia' dette, restringendosi la sfera di tutela sulle censure proponibili avverso il provvedimento cautelare impugnato, ne resta ingiustificatamente ed aleatoriamente sacrificato il diritto di difesa in relazione al bene primario della liberta', tanto piu' tutelabile, quanto piu' il sacrificio di esso si ponga con predominante efficienza e senza l'adeguato controllo sul corrispondente fondamento sostanziale di merito. La involuzione sistematica e di principi, che sempre maggiori lamentele suscita nella attuazione pratica del nuovo codice, si coglie in uno degli aspetti piu' rilevanti in relazione alla questione agitata, dal momento che una pericolosa linea di tendenza nel senso prospettato instaurerebbe una prassi dai risvolti ingiusti, incontrollabili ed antigarantistici, tali da compromettere la coerenza stessa del modello processuale, con l'ovvia conseguenza di produrre risultati non di rado insoddisfacenti sul piano della tutela sostanziale dei valori coinvolti.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestatamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309 del c.p.p., in relazione agli artt. 292.2 e 425 del c.p.p., nella parte in cui precludano, dopo il decretato rinvio a giudizio, il controllo sulla sussistenza del requisito di "gravita' indiziaria di colpevolezza" ai fini della legittimita' della ordinanza custodiale, in relazione agli artt. 3, 13.2, 24.2 e 111.2 della Costituzione; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, oltre che alle parti; Sospende il procedimento in corso e dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Catanzaro, addi' 11 maggio 1995. Il presidente: Baudi I giudici: Talerico - Dolce 95C1400