N. 773 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 1995
N. 773 Ordinanza emessa il 25 maggio 1995 dal tribunale di Catanzaro sull'istanza proposta da Calabrese Antonio Processo penale - Misure cautelari personali (nella specie: custodia cautelare in carcere) - Consentita omissione della motivazione del provvedimento applicativo di detta misura in ordine al requisito della "gravita' indiziaria di colpevolezza", dopo l'emissione del decreto di rinvio a giudizio - Conseguente impossibilita', in sede di riesame di tale atto, del controllo sia formale che sostanziale - Violazione dell'obbligo di motivazione degli atti dell'autorita' giudiziaria incidenti sulla liberta' personale - Irragionevole disparita' di trattamento tra indagati ed imputati, nonche' tra imputati a seconda della fase processuale in cui si trovino - Compressione del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, art. 309, in relazione all'art. 292, secondo comma, e 425 stesso codice). (Cost., artt. 3, 13, secondo comma, 24, secondo comma, e 111, secondo comma).(GU n.47 del 15-11-1995 )
IL TRIBUNALE Ha deliberato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al numero 333 del registro delle impugnazioni delle misure cautelari personali dell'anno 1995, riservato per la decisione alla udienza camerale del 25 maggio 1995. Sulla richiesta di riesame proposta nell'interesse di Calabrese Antonio, nato il 23 giugno 1954, in atto detenuto presso la casa circondariale di Paola, avverso la ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro in data 12 aprile 1995; Sentito il difensore avv. Ciro Mortati esaminati gli atti di causa; Udito il relatore; Premette: con ordinanza del 12 aprile 1995 il giudice per le indagini preliminari presso il locale tribunale ha disposto l'applicazione della misura custodiale carceraria nei confronti dell'odierno riesaminante, per il delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso e di altri reati specifici; reati tutti, relativamente ai quali e' stato disposto rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale di Castrovillari, dallo stesso giudice, come ha decreto indicato in atti. Avverso detta ordinanza e' stata proposta richiesta di riesame da parte del difensore avv. C. Mortati con atto del 2 maggio 1995. Con nota in data 19 maggio 1995 il pubblico ministero ha trasmesso gli atti. All'odierna udienza camerale, fissata per la trattazione del riesame, celebrata in assenza del p.m., il difensore ha prodotto l'avviso di deposito della ordinanza che ha disposto la misura coercitiva e si e' riportato ai motivi scritti in cui venivano profilati aspetti di illegittimita' costituzionale. All'esito il tribunale ha riservato la decisione. Rileva: A) Sotto il profilo di "gravita' indiziaria di colpevolezza" la ordinanza impugnata si astiene espressamente dal motivare in ordine alla ricorrenza del detto requisito, sul presupposto (pacifico) della avvenuta emissione del decreto dispositivo del giudizio. Orbene, e' evidente come la ordinanza, lungi dal potersi qualificare come "nulla" ai sensi dell'art. 292.2, lett. c), del codice di rito, avvalori la correttezza (enunciativa e sostanziale) del suo porsi, in correlazione con il fermo orientamento giurisprudenziale, secondo il quale: "Attesa l'intervenuta modifica dell'art. 425 c.p.p., dal cui testo, per effetto della legge 8 aprile 1993 n. 105, e' stata eliminata la parola "evidente" (riferita alla presenza delle condizioni che, all'esito dell'udienza preliminare, debbono dar luogo al proscioglimento dell'imputato), deve ritenersi nuovamente vigente il principio, gia' affermato nella vigenza del codice abrogato, secondo il quale, in tema di provvedimenti riguardanti la liberta' personale dell'imputato, l'avvenuto rinvio a giudizio di costui si pone come motivo di preclusione in ordine alla proposizione e all'esame di ogni questione attinente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (cfr., da ultimo, Cass. sez. V, 5 maggio 1994 n. 1652, Bonifati ed altri, a conferma di un orientamento prevalente della Cassazione, in specie dopo la abolizione del requisito della "evidenza" probatoria ai fini del rinvio a giudizio; cfr., anteriormente e tra le piu' recenti, Cass., sez. V, 17 marzo 1994, Morando e, sez. I, 12 febbraio 1994 n. 5196, Russo). In linea con il citato indirizzo (ed in relazione a casi diversi, ma ugualmente significativi), le due pronunce che seguono: a) "Detto principio non soffre deroga nemmeno nel caso in cui, intervenuta sentenza di condanna, questa, in sede di legittimita', sia stata annullata con rinvio per difetto di motivazione, non comportando una tale pronuncia il venir meno degli indizzi di colpevolezza che a suo tempo avevano determinato il rinvio a giudizio" (Cass. sez. I, 7 gennaio 1994 n. 5120, Bontempo Scavo); b) "E' invece possibile, anche successivamente al rinvio a giudizio, rimettere in discussione il principio, allorquando si sia in presenza di fatti nuovi o sopravvenuti che, per cio' stesso, non vengono ad essere in contrasto con la intervenuta decisione" (Cass., sez. I, 5 febbraio 1994 n. 5257, Mancion). La forza dell'evidenziato principio trova, dunque, il proprio fondamento in due argomenti di non trascurabile rilievo: 1) la introduzione della modifica legislativa alla regola di giudizio per la emissione del decreto dispositivo del giudizio, con la conseguenza che la soppressione dell'inciso "evidente" (dopo il verbo "risulta") postulando "la insussistenza di elementi denotanti una situazione di incolpevolezza o di impunita' dell'imputato", comporta che "gli elementi di colpevolezza, la cui sussistenza per definizione normativa, costituisce motivo di legittimazione del provvedimento di rinvio a giudizio, si rendono valutabili nuovamente soltanto all'esito delle indagini dibatti-mentali"; 2) la rivalutazione della disciplina del rinvio a giudizio nei termini fissati dall'art. 374 c.p.p. abrogato, laddove la giurisprudenza era consolidata nell'escludere, una volta emanata la ordinanza di rinvio a giudizio, qualsiasi discussione sul fondamento dell'accusa, sulla qualificazione giuridica del fatto e sulla sufficienza degli indizi: conseguentemente, le contestazioni contenute in tale ordinanza non erano modificabili ai fini della pronuncia sulla liberta' personale e quindi non erano sindacabili neppure in sede di riesame del relativo provvedimento. La forza del principio rende necessitato il ricorso alla verifica di costituzionalita' La questione e' rilevante poiche' la norma di cui si segnala la incostituzionalita' (il disposto dell'art. 309 in relazione agli artt. 292.2 e 425 c.p.p. nella parte in cui, alla stregua dell'orientamento esaminato, e' consentito omettere la motivazione sul requisito di "gravita' indiziaria di colpevolezza" e, correlativamente, e' precluso ogni controllo, sia formale che sostanziale, sul punto, in sede di riesame) e' di immediata e diretta applicazione nel procedimento. La questione non e' manifestamente infondata, in relazione: a) al disposto dell'art. 13.2 Cost., che pone come imprescindibile la presenza di "atto motivato della autorita' giudiziaria", quale idoneo titolo detentivo, mentre, nel caso in esame, la motivazione sarebbe ex lege superflua; b) al disposto dell'art. 111.2 Cost., che salvaguardia la tutela di legittimita', contro i provvedimenti sulla liberta' personale, per "violazione di legge", violazione riscontrabile vieppiu' nel preliminare controllo di merito, eppure preclusa, nel caso in esame, in virtu' di una presunzione assoluta di "probabile colpevolezza" insita nel decretato rinvio a giudizio; c) al disposto dell'art. 3 Cost., per una evidente disparita' di trattamento, in contrasto con ogni coerenza sistematica e ragionevolezza normativa, sul tema primario di tutela del diritto di liberta', tra indagati ed imputati ed anche tra imputati, avuto riguardo alla fase processuale precedente la decisione finale di udienza preliminare e quella immediatamente successiva, fino alla emissione della sentenza conclusiva del grado, in specie, laddove: la scelta operata dal p.m., del momento procedimentale nel quale azionare la pretesa cautelare, e' insindacabile e non e' motivata da specifiche ragioni o dalla sopravvenienza di elementi nuovi che ne sollecitino l'esercizio di un potere prima non ritenuto cogente; detta scelta si coordina con una decisione preliminare, a tasso garantistico non ben definito perche' un errore di prospettiva sulla utilita' del dibattimento si ripercuote inevitabilmente sul condizionato potere cautelare e senza che sia ammesso un controllo di merito, ne' sul decreto di rinvio a giudizio, notoriamente inoppugnabile, eppure del tutto immotivato (a differenza della parallela ordinanza dell'abrogato regime processuale), ne' sulla ordinanza cautelare, come si e' gia' notato, altrettanto insindacabile nel primario e fondante requisito sostanziale di "probabile colpevolezza"; dal combinarsi delle due incontrollabili potesta' (di azione cautelare e di provvedimento conseguente) puo' derivare, come e' certo quanto al caso in esame (posto che gli elementi fatturali non erano mutati dopo la richiesta di rinvio a giudizio), un verosimile "aggiornamento" dell'istituto del riesame, effettivo nel controllo di merito solo su provvedimenti restrittivi antecedenti al decreto ex art. 429 c.p.p.; d) al disposto dell'art. 24.2 Cost., perche', per le ragioni gia' dette, restringendosi la sfera di tutela sulle censure proponibili avverso il provvedimento cautelare impugnato, ne resta ingiustificatamente ed aleatoriamente sacrificato il diritto di difesa in relazione al bene primario della liberta', tanto piu' tutelabile, quanto piu' il sacrificio di esso si ponga con predominante efficienza e senza l'adeguato controllo sul corrispondente fondamento sostanziale di merito. La involuzione sistematica e di principi, che sempre maggiori lamentele suscita nella attuazione pratica del nuovo codice, si coglie in uno degli aspetti piu' rilevanti in relazione alla questione agitata, dal momento che una pericolosa linea di tendenza nel senso prospettato istaurerebbe una prassi dai risvolti ingiusti, incontrollabili ed antigarantistici, tali da compromettere la coerenza stessa del modello processuale, con l'ovvia conseguenza di produrre risultati non di rado insoddisfacenti sul piano della tutela sostanziale dei valori coinvolti.
P. Q. M. Letti ed applicati agli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 309 del c.p.p., in relazione agli artt. 292.2 e 425 del c.p.p., nella parte in cui precludono, dopo il decretato rinvio a giudizio, il controllo sulla sussistenza del requisito di "gravita' indiziaria di colpevolezza" ai fini della legittimita' della ordinanza custodiale, in relazione agli artt. 3, 13.2, 24.2 e 111.2 della Costituzione; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, oltre che alle parti; Sospende il procedimento in corso e dispone la immediata trasmissione degli atti della Corte costituzionale. Cosi' deciso in Catanzaro, addi' 25 maggio 1995. Il presidente: Vecchio Il giudice relatore: Garcea 95C1414