N. 793 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 ottobre 1995
N. 793 Ordinanza emessa il 5 ottobre 1995 dal tribunale per i minorenni di Reggio Calabria nel procedimento penale a carico di V.C. Processo penale - Dibattimento - Contestazione suppletiva - Richiesta di applicazione di misura cautelare personale (nella specie: custodia cautelare) in ordine al reato oggetto di contestazione suppletiva - Accoglimento da parte del giudice del dibattimento - Incompatibilita' ad esercitare nel prosieguo le funzioni di giudice del dibattimento - Omessa previsione - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoghe - Lesione del diritto di difesa - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 432/1995. (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.48 del 22-11-1995 )
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Ha pronunciato la seguente ordinanza, previo esame degli atti, a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza dibattimentale del 29 settembre 1995, udite le parti; Premette il Collegio in punto di fatto che, nel presente dibattimento, il tribunale, nell'odierna composizione: ha celebrato complessa ed articolata istruttoria in relazione ai capi di reato contestati con il decreto cha ha disposto il giudizio nei confronti degli imputati V. e F.; ha preso atto, all'udienza dibattimentale del 1 luglio 1995, della contestazione integrativa (rectius suppletiva) con cui il p.m., in tale occasione, ha formulato imputazione nei confronti del solo imputato V. per altri capo di reato, tra l'altro di particolare gravita', con prospettazione di continuazione e concorso rispetto a quelli costituenti l'originario thema decidendum; e' stato investito dal rappresentante del p.m. di duplice richiesta conseguente alla detta contestazione integrativa, e precisamente di: ammissione di prove (documentali e testimoniali) ritenute dal p.m. fondanti l'accusa per l'ulteriore seguito dell'istruttoria dibattimentale; emissione di ordinanza dispositiva di custodia cautelare in carcere per i reati di cui alla formulata contestazione integrativa, fornendo a fondamento della richiesta, oltre al riferimento ai materiali probatori tutti gia' acquisiti in dibattimento (ed in specie alle audizioni del collaboratore Calabro' Giuseppe), gli ulteriori materiali cognitivi conseguiti durante le indagini preliminari e gia' individuati - per la loro contestuale duplice rilevanza - come oggetto della citata richiesta di integrazione dell'istruttoria dibattimentale; quanto alla detta richiesta istruttoria (previa integrazione del contraddittorio, a seguito di concessione di termine a difesa, e formulazione di istanza istruttoria della difesa all'udienza del 20 settembre 1995), il Collegio ha riservato di deliberare l'eventuale ammissione; quanto alla richiesta cautelare, ha emesso, in virtu' della competenza in proposito sancita dall'art. 279 c.p.p., in accoglimento integrale della richiesta del p.m., in data 11 luglio 1995, provvedimento impositivo di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'imputato V. In atto, ancora, il solo imputato F. e' in stato di liberta'. Ad avviso della difesa del V. (come esplicitamente chiarito e puntualizzato alla trascorsa udienza dibattimentale del 29 settembre 1995), la circostanza del doversi proseguire il dibattimento, compiere l'istruttoria di rito e quindi deliberare nel merito da parte di questo Collegio nella attuale sua composizione, pur formalmente non impedita dal vigente testo dell'art. 34 c.p.p. (e quindi, per tale aspetto, formalmente doverosa), porrebbe l'imputato in questione nella condizione di dover attendere il giudizio di merito da parte di un Giudice che ha, in qualche modo ed in qualche misura, sia pure per i limitati fini della questione incidentale de libertate posta, compiuto un vaglio "anticipato" dei materiali cognitivi acquisiti sulle vicende sub judice in indagine preliminare o successivamente e dei quali - essendo stata richiesta l'ammissione delle fonti di prova relative - peraltro, verosimilmente si avra' in varia guisa acquisizione in dibattimento. Ed essendo il detto vaglio, proprio in quanto attinente l'identico tema storico, comunque pertinente al cd. merito delle vicende in esame, la detta circostanza di fatto appare alla difesa idonea a far sorgere un problema di dubbia compatibilita' costituzionale dell'art. 34 la' dove esso non prevede che non possa proseguire nel successivo dibattimento il Giudice che abbia, in virtu' del disposto dell'art. 279 c.p.p., gia' "anticipatamente" valutato i detti materiali cognitivi con conseguente emissione di misura coercitiva personale. Tale assunto, in particolare, e' apparso alla difesa corroborato dalla evidenza dal prevedere il citato art. 34 - in virtu' di plurime sentenze "additive" di accoglimento da parte della Corte costituzionale, note allo stato in numero di dieci - numerose ipotesi di incompatibilita' per fattispecie identiche, o comunque fortemente affini, e dunque "analoghe", a quella prima in fatto descritta come sussistente nell'odierno giudizio. Di tal che' sarebbe in sostanza latente nell'ordinamento un ulteriore caso di altrimenti irragionevole disparita' di trattamento - quello, ripetesi, connesso al caso in questione - tra l'imputato che ha diritto a non vedersi giudicato nel merito da chi abbia emesso misura cautelare personale nei suoi confronti qualora cio' sia avvenuto durante la fase delle indagini preliminari (come statuito dalla Corte costituzionale con la recente sentenza n. 432 del 1995), e l'imputato che sia stato attinto da misura cautelare coercitiva da parte dello stesso giudice che e' competente per il dibattimento. E pertanto, pur non avendo promosso incidente di ricusazione, la difesa ha ritenuto ravvisarsi la rilevanza della questione posta sotto il profilo della sussistenza obiettiva, a termini dell'art. 36 c.p.p., di un obbligo di astensione in capo al magistrato che versi in situazione di incompatibilita'; obbligo che anche questo tribunale dovrebbe adempiere nel caso, ad avviso della difesa, sebbene non astrettovi dalla lettera dell'art. 34, e che comunque meriterebbe di essere anche formalmente "introdotto" nel vigente ordinamento della materia con sentenza additiva nei sensi richiesti. Con cospicua pertinenza, e lucida interlocuzione, l'ufficio del p.m., concludendo per la manifesta infondatezza della questione posta, ha opinato che le censure mosse dai suddetti argomenti interpretativi si riferiscano, prevalentemente, alla disposizione dell'art. 279 c.p.p. e rivelando una esigenza di revisione radicale del regime delle misure cautelari personali intendano con cio' procurare (in sede peraltro impropria) una ridefinizione di carattere generale dei rapporti tra le fasi processuali, e per conseguenza delle competenze a pronunciare in proposito. Della lamentata disparita' di trattamento non sarebbe possibile ravvisare alcun fondamento (e neppure l'apparenza), poiche' la scelta discrezionale del legislatore - nel caso, ragionevole - sancita dall'art. 279 del c.p.p., con cui si e' radicata la competenza a provvedere in materia anche in capo al giudice del dibattimento, originerebbe dalla diversita' fisiologica non solo di thema decidendum ma soprattutto di effettivita' del contraddittorio esistente tra la fase delle indagini preliminari ed il dibattimento. Ed in particolare, si e' assunto che il materiale posto a fondamento di un'eventuale richiesta cautelare avanzata nei confronti del giudice competente per il merito non soltanto si formerebbe in contraddittorio, con piena reciproca tra le parti discovery e garanzia di piena legittimita' di utilizzazione, ma costituirebbe ad un tempo oggetto di cognizione sia per la quaestio libertatis che per la pronuncia di merito, e quindi naturalmente di esso dovrebbe valutare la rilevanza e concludenza ad ogni effetto proprio - e soltanto - il giudice che procede. Del resto, si e' anche implicitamente assunto, in concreto, il convincimento da esprimersi in tal caso dovrebbe inferire non tanto la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 273 del c.p.p. (presumibili in virtu' del disposto rinvio a giudizio, e non contaminabili dalle acquisizioni di istruttoria dibattimentale eventualmente medio tempore intervenute, pena altrimenti appunto una impropria ed indebita anticipata cognitio) quanto delle esigenze di cautela di cui al successivo art. 274, del tutto non invasive del merito e comunque estranee ad esso. Questo Collegio ritiene indispensabili, per un corretto inquadramento della questione posta, le seguenti precisazioni. Successivamente all'emissione di decreto che dispone il giudizio, la competenza a pronunciare in materia di eventuale emissione di misura cautelare che si appartiene al giudice competente per il merito - nel caso, il Tribunale per i minorenni - si radica, come costante giurisprudenza di legittimita' ha ribadito, gia' prima della cd. prima udienza e quindi del compimento delle formalita' di apertura del dibattimento, per effetto del pervenimento degli atti in Cancelleria, e viene mantenuta sino a che gli atti, dopo la pronuncia di merito, non pervengano all'eventuale Giudice dell'appello. Entro tale orizzonte, sono in astratto ravvisabili quattro ipotesi di cognizione ex art. 279 c.p.p.: a) quella di una richiesta cautelare proposta prima del compimento delle formalita' di apertura del dibattimento; b) quella di una richiesta cautelare proposta in corso di dibattimento; c) quella di una richiesta cautelare proposta congiuntamente alle conclusioni di merito: ipotesi, queste, tutte inerenti contestazioni coincidenti con quelle formalizzate dal decreto che dispone il giudizio; d) quella di una richiesta cautelare proposta per fatti diversi, ed ulteriori, connessi a quelli per cui gia' si procede, vuoi per ragioni di continuazione, vuoi per nesso teologico, vuoi comunque per ragioni di concorso di reati, che per effetto di contestazione suppletiva avvenuta in dibattimento integrino (ed arricchiscano) l'originario thema decidendum. Orbene, v'e' da constatare in proposito che: nella terza ipotesi, in caso di accoglimento della richiesta e contestuale emissione di sentenza di condanna e misura cautelare, il giudice in oggetto functus est munere suo di tal che' e' anche logicamente impossibile la prospettazione di un profilo - qualsivoglia - di contaminazione con "anticipato" giudizio tra merito e quaestio libertatis; nella prima ipotesi, allorche' cioe' nessun adempimento istruttorio sia avvenuto, poiche' la eventuale richiesta cautelare sara' fondata sui materiali cognitivi acquisiti gia' in esito alle indagini preliminari (o successivamente conseguiti, comunque ancora non utilizzabili in sede di merito), e poiche' e' solo un evento formale di indole temporale come statuito dall'art. 91 disp. att. c.p.p. che determina il radicamento della competenza a pronunciare del giudice del merito, altrimenti appartenente al G.I.P. - G.U.P. - per effetto della richiesta cautelare contestuale alla richiesta di rinvio a giudizio o successiva all'emissione del decreto, ma antecedente la trasmigrazione degli atti al giudice del merito - pare evidente che la posizione del Collegio (nel caso di competenza del Tribunale) sia del tutto identica a quella appunto del detto ufficio previsto per le indagini preliminari; e cio' parrebbe (la considerazione valda incidenter tantum) fondare un'ulteriore ipotesi di incompatibilita', per identita' di essa rispetto a quella rilevata dalla citata sentenza n. 432 nel caso dalla stessa esaminato; nella seconda ipotesi, ancora, il Collegio potrebbe esser chiamato a pronunciare de libertate o sulla base dei materiali preesistenti rispetto al rinvio a giudizio (anche solo parzialmente importabili, in via astratta, al dibattimento) o sulla base di materiali emersi dall'istruttoria dibattimentale; e poiche' questo Collegio rammenta come, dopo un consolidato orientamento in virtu' del quale era stata esclusa la ridiscutibilita' della sussistenza dei cd. gravi indizi di reita' in corso di dibattimento addirittura davanti al cd. tribunale della liberta', sia prevalsa una tesi giurisprudenziale favorevole ad una rivisitazione in materia di liberta' del materiale esistente a misura che esso si sedimenti, l'assunto gia' fatto proprio al riguardo dal p.m. in sede di discussione pare seriamente opinabile, e comunque in concreto il caso ponga problemi di garanzia della piena liberta' di convincimento del giudice (anche rispetto al proprio, antecedentemente formatosi sui medesimi materiali cognitivi esistenti, normalmente, in misura parziale rispetto a quelli che si formeranno dopo il dibattimento). E del resto, con tutta evidenza, il caso si manifesta analogo a quello in cui al Collegio sia proposta istanza difensiva di revoca della misura cautelare vigente che assuma a proprio fondamento la pretesa valenza "scagionatrice" delle acquisizioni istruttorie interinalmente intervenute in dibattimento. Resta da dire della cd. quarta ipotesi - che e' poi quella dell'odierno giudizio - assimilabile pressocche' integralmente, a parere del tribunale, alla prima, poiche' la contestazione suppletiva di fatti nuovi, ancorche' concorrenti con quelli originariamente giudicabili, e' da considerarsi equipollente ad un rinvio a giudizio, ed il materiale cognitivo rilevante ai fini dell'art. 273 c.p.p. che supporti la contestuale richiesta di misura cautelare, non necessariamente tutto gia' emerso e acquisito al dibattimento sino allora celebratosi, puo' dunque ben essersi formato in difetto di qualsivoglia contraddittorio tra le parti. Sennonche', il Legislatore, allorche' ha dettato tale disciplina (ripetesi, quella articolata nella disposizione dell'art. 279 c.p.p.), rimasta immutata dal tempo della entrata in vigore del cd. Codice Vassalli, aveva sagomato come conguente ad essa un sistema delle garanzie della piena capacita' del giudice e della rigorosa "professionalita'" (id est autonomia e terzieta') dell'esercizio della sua funzione costituito dal regime delle incompatibilita', dell'astensione e della ricusazione nonche' delle nullita' relative connesse, che seppure omogeneo, e' stato ampiamente riveduto e corretto - segnatamente quanto all'art. 34 c.p.p. - non da Esso bensi' dalla Corte costituzionale. E successivamente, come ribadito in un inequivocabile obiter dictum dalla citata sentenza n. 432. Esso ha disciplinato non soltanto con profonda revisione di disciplina di dettaglio, ma anche in termini di principi generali della materia, il regime della liberta' personale (attraverso la legge n. 332 del trascorso agosto). Senza che, tuttavia, sia stato correlativamente - e conseguenzialmente - inciso, revisionato e comunque ridefinito il sistema delle garanzie succitate, nonostante tanto potesse auspicarsi. Che tale effetto, nel silenzio letterale delle nuove disposizioni, sia stato il frutto di una consapevole deliberazione, e che quindi - con ragionevole opzione - la discrezionalita' legislativa abbia nel caso inteso, appunto, ratificare come tuttora soddisfacente e congruente il detto sistema di garanzie (legittimando per l'effetto eventuali disparita' di trattamento per posizioni processuali pur fortemente affini), e' oltremodo arduo da chiarire. da presumere, piuttosto, che di tale coordinamento revisorio sia inconsapevolmente sfuggita l'indefettibilita', ove si ponga mente, anche solo per esemplificare alle implicazioni palesi - non sfuggite alla citata sentenza n. 432 - discendenti in proposito dai "nuovi" dettami dei commi 2 e 3-bis dell'art. 275 c.p.p. Pertanto, se si considerasse tuttora operante il principio di tassativita' delle ipotesi di incompatibilita' di cui all'art. 34, si opterebbe per un assunto de plano gia' disatteso in dieci occasioni dalla Corte costituzionale (che altrimenti non sarebbe mai stata investibile di cognizione sulla disposizione in esame), smentito del resto anche dalla giurisprudenza di legittimita', a dire il vero non pacifica ne' costante, che ha individuato in materia dei principi giustificativi in una eventuale dilatazione "per analogia" delle ipotesi, appunto, di incompatibilita' concretamente ravvisabili (per cui v. Cass. del 18 dicembre 1991, imp. Giorgi). E, del resto, se si volesse por mente al solo disposto dell'art. 37, comma primo, lett. b, ogni volta che vi sia stato non indebita bensi' doverosa manifestazione del proprio convincimento nell'esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza sui fatti oggetto dell'imputazione (caso certamente riferibile a tutte le ipotesi prima delineate di cognizione incidentale ex art. 279), non sussisterebbe mai in ipotesi del genere ricusabilita', e dunque difetterebbe obbligo di astensione ex art. 36, comma primo, lett. g. Eppure, ripetesi, tutte le fattispecie gia' oggetto di sentenza additiva in relazione all'art. 34 da parte della Corte costituzionale erano ipotesi di ritenuta " .... manifestazione del proprio convincimento nell'esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza sui fatti oggetto dell'imputazione ...". dunque allo stato irresolubile in via interpretativa, secondo criteri di ragionevolezza, la questione della sussistenza o meno, nel caso inerente l'odierno giudizio, di un obbligo di astensione in capo a tutti i membri di questo Collegio, dovendosi far luogo all'applicazione di norme (artt. 36, comma primo, lett. g e 34, comma secondo, in relazione all'art. 279 c.p.p.) il cui combinato appare fonte di discrasia ordinamentale con effetto di disparita' di trattamento tra posizioni processuali analoghe o identiche nei sensi sin qui chiariti. pur d'uopo in proposito, a mo' di chiosa conclusiva, richiamare testualmente i passi piu' incisivi della piu' volte citata sentenza n. 432: " ... nella sentenza n. 502 del 1991 questa Corte ... ritenne non fondata la questione rilevando che i provvedimenti sulla liberta' personale (e tra essi il riesame ...) non comportano una valutazione sul merito della res judicanda idonea a determinare un pregiudizio che mini l'imparzialita' della decisione conclusiva del giudice. Successivamente questa Corte ... ha avuto occasione di enucleare alcuni principi di base i quali - unitamente ... all'intervenuto mutamento del quadro normativo a seguito della recente legge 8 agosto 1995, n. 332 ... consentono di pervenire ora a diversa conclusione ..."; ed ancora: " ... l'analisi del problema ... deve anche considerar ... la possibilita' che alcuni apprezzamenti sui risultati delle indagini preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice ...", e poi: "... detta attivita' (n.d.e. - cioe' il vaglio ex artt. 273 comma primo, 275, 292 c.p.p.) ... comporta la formulazione di un giudizio non di mera legittimita' ma di merito (sia pure prognostico e allo stato degli atti) sulla colpevolezza ..."; e soprattutto: " ... una valutazione di merito circa l'idoneita' delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilita' dell'imputato vale a radicare l'incompatibilita' ... una valutazione non formale ma di contenuto sulla probabile fondateza dell'accusa, cui si aggiunge una valutazione anch'essa di merito ... sull'esistenza di condizioni legittimanti il proscioglimento ...allorche' il materiale da esaminare sia costituito dai " ... medesim elementi probatori che solo all'esito del dibattimento verranno o meno ritenuti prove ..."; nonche' " ... l'art. 34 mira ad impedire ... che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia o possa apparire condizionata dalla forza della prevenzione ... naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso ... in altri momenti decisionali dello stesso procedimento". Si tratta, a ben vedere, di incisi espliciti, donde si trae la regola ermeneutica generale di verifica della compatibilita' costituzionale delle disposizioni disciplinatrici del regime di garanzie comprendenti la normativa sulle incompatibilita'. Ed in claris non fit interpretatio ... Opina pertanto questo giudice che si versi, nel caso in argomento, in ipotesi meritevole di vaglio di costituzionalita' per non manifesta infondatezza della questione di legittimita' dell'art. 34 c.p.p. per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. come in premessa enunciata, e che per l'effetto debba farsi luogo a rimessione degli atti alla competente cognizione della Corte costituzionale con contestuale sospensione del presente giudizio - previo stralcio della posizione del F. non attinta dalla suddetta questione incidentale - nei confronti dell'imputato V. Ribaditane peraltro l'attuale posizione di detenuto, va formulato invito al Giudice ad quem alla celere fissazione e conclusione del relativo procedimento, pena una eventuale decorrenza nelle more dei termini di custodia cautelare per la fase presente (oltre che in senso "complessivo").
P. Q. M. Il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, visti gli artt. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953 nonche' 3, comma primo, e 24, comma secondo della Costituzione, cosi' provvede: ordina la separazione del giudizio inerente la posizione dell'imputato F. N.; dispone la rimessione degli atti della Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo, c.p.p. come in motivazione individuata; sospende il giudizio relativo al proc.to n. 61/1994 pendente nei confronti di V.C.; manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito di cui all'ultimo comma del citato art. 23. Reggio Calabria, addi' 5 ottobre 1995 Il presidente estensore: Sabatini 95C1451