N. 793 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 ottobre 1995

                                N.  793
 Ordinanza  emessa  il 5 ottobre 1995 dal tribunale per i minorenni di
 Reggio Calabria nel procedimento penale a carico di V.C.
 Processo penale - Dibattimento - Contestazione suppletiva - Richiesta
    di applicazione  di  misura  cautelare  personale  (nella  specie:
    custodia  cautelare)  in  ordine al reato oggetto di contestazione
    suppletiva
     -  Accoglimento  da  parte  del  giudice   del   dibattimento   -
    Incompatibilita'  ad  esercitare  nel  prosieguo  le  funzioni  di
    giudice del dibattimento  -  Omessa  previsione  -  Disparita'  di
    trattamento  rispetto ad ipotesi analoghe - Lesione del diritto di
    difesa - Richiamo alla  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.
    432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.48 del 22-11-1995 )
                     IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza, previo esame degli atti, a
 scioglimento  della  riserva   di   cui   al   verbale   di   udienza
 dibattimentale del 29 settembre 1995, udite le parti;
   Premette   il   Collegio  in  punto  di  fatto  che,  nel  presente
 dibattimento, il tribunale, nell'odierna composizione:
     ha celebrato complessa ed articolata istruttoria in relazione  ai
 capi  di  reato contestati con il decreto cha ha disposto il giudizio
 nei confronti degli imputati V. e F.;
     ha preso atto, all'udienza  dibattimentale  del  1  luglio  1995,
 della contestazione integrativa (rectius suppletiva) con cui il p.m.,
 in  tale  occasione,  ha formulato imputazione nei confronti del solo
 imputato V. per altri capo  di  reato,  tra  l'altro  di  particolare
 gravita',  con  prospettazione di continuazione e concorso rispetto a
 quelli costituenti l'originario thema decidendum;
     e'  stato  investito  dal  rappresentante  del  p.m.  di  duplice
 richiesta   conseguente   alla  detta  contestazione  integrativa,  e
 precisamente di:
      ammissione di prove (documentali e  testimoniali)  ritenute  dal
 p.m.  fondanti  l'accusa  per  l'ulteriore  seguito  dell'istruttoria
 dibattimentale;
      emissione di ordinanza  dispositiva  di  custodia  cautelare  in
 carcere  per i reati di cui alla formulata contestazione integrativa,
 fornendo a  fondamento  della  richiesta,  oltre  al  riferimento  ai
 materiali  probatori  tutti  gia'  acquisiti  in  dibattimento (ed in
 specie alle  audizioni  del  collaboratore  Calabro'  Giuseppe),  gli
 ulteriori   materiali   cognitivi   conseguiti  durante  le  indagini
 preliminari e gia' individuati -  per  la  loro  contestuale  duplice
 rilevanza  -  come  oggetto  della  citata  richiesta di integrazione
 dell'istruttoria dibattimentale;
     quanto alla detta richiesta istruttoria (previa integrazione  del
 contraddittorio,  a  seguito  di  concessione  di termine a difesa, e
 formulazione di istanza istruttoria della difesa all'udienza  del  20
 settembre  1995),  il Collegio ha riservato di deliberare l'eventuale
 ammissione;
     quanto  alla  richiesta  cautelare,  ha  emesso,  in virtu' della
 competenza in proposito sancita dall'art. 279 c.p.p., in accoglimento
 integrale  della  richiesta  del  p.m.,  in  data  11  luglio   1995,
 provvedimento   impositivo  di  custodia  cautelare  in  carcere  nei
 confronti dell'imputato V.
   In atto, ancora, il solo imputato F. e' in stato di liberta'.
   Ad avviso della difesa  del  V.  (come  esplicitamente  chiarito  e
 puntualizzato  alla trascorsa udienza dibattimentale del 29 settembre
 1995),  la  circostanza  del  doversi  proseguire  il   dibattimento,
 compiere  l'istruttoria  di  rito  e  quindi deliberare nel merito da
 parte  di  questo  Collegio  nella  attuale  sua  composizione,   pur
 formalmente  non  impedita  dal  vigente testo dell'art. 34 c.p.p. (e
 quindi, per tale aspetto, formalmente doverosa), porrebbe  l'imputato
 in  questione  nella  condizione  di  dover  attendere il giudizio di
 merito da parte di un Giudice che ha, in qualche modo ed  in  qualche
 misura,  sia  pure per i limitati fini della questione incidentale de
 libertate  posta,  compiuto  un  vaglio  "anticipato"  dei  materiali
 cognitivi  acquisiti sulle vicende sub judice in indagine preliminare
 o successivamente e dei quali - essendo stata richiesta  l'ammissione
 delle  fonti di prova relative - peraltro, verosimilmente si avra' in
 varia guisa acquisizione in dibattimento.
   Ed essendo il detto vaglio, proprio in quanto attinente  l'identico
 tema  storico,  comunque  pertinente  al  cd. merito delle vicende in
 esame, la detta circostanza di fatto appare alla difesa idonea a  far
 sorgere un problema di dubbia compatibilita' costituzionale dell'art.
 34  la' dove esso non prevede che non possa proseguire nel successivo
 dibattimento il Giudice che abbia, in virtu' del  disposto  dell'art.
 279   c.p.p.,  gia'  "anticipatamente"  valutato  i  detti  materiali
 cognitivi con conseguente emissione di misura coercitiva personale.
   Tale assunto, in particolare, e' apparso  alla  difesa  corroborato
 dalla evidenza dal prevedere il citato art. 34 - in virtu' di plurime
 sentenze   "additive"   di   accoglimento   da   parte   della  Corte
 costituzionale, note allo stato in numero di dieci - numerose ipotesi
 di incompatibilita' per fattispecie identiche, o comunque  fortemente
 affini,  e  dunque "analoghe", a quella prima in fatto descritta come
 sussistente nell'odierno giudizio.
   Di  tal  che'  sarebbe  in  sostanza  latente  nell'ordinamento  un
 ulteriore  caso di altrimenti irragionevole disparita' di trattamento
 - quello, ripetesi, connesso al caso in questione  -  tra  l'imputato
 che ha diritto a non vedersi giudicato nel merito da chi abbia emesso
 misura  cautelare  personale  nei  suoi  confronti  qualora  cio' sia
 avvenuto durante la fase delle indagini  preliminari  (come  statuito
 dalla  Corte costituzionale con la recente sentenza n. 432 del 1995),
 e l'imputato che sia stato attinto da misura cautelare coercitiva  da
 parte dello stesso giudice che e' competente per il dibattimento.
   E  pertanto,  pur  non avendo promosso incidente di ricusazione, la
 difesa ha ritenuto ravvisarsi  la  rilevanza  della  questione  posta
 sotto il profilo della sussistenza obiettiva, a termini dell'art.  36
 c.p.p.,  di  un obbligo di astensione in capo al magistrato che versi
 in situazione di incompatibilita'; obbligo che anche questo tribunale
 dovrebbe adempiere nel caso, ad  avviso  della  difesa,  sebbene  non
 astrettovi  dalla lettera dell'art. 34, e che comunque meriterebbe di
 essere anche formalmente "introdotto" nel vigente  ordinamento  della
 materia con sentenza additiva nei sensi richiesti.
   Con  cospicua  pertinenza,  e  lucida interlocuzione, l'ufficio del
 p.m., concludendo  per  la  manifesta  infondatezza  della  questione
 posta,  ha  opinato  che  le  censure  mosse  dai  suddetti argomenti
 interpretativi si  riferiscano,  prevalentemente,  alla  disposizione
 dell'art.  279  c.p.p. e rivelando una esigenza di revisione radicale
 del regime  delle  misure  cautelari  personali  intendano  con  cio'
 procurare (in sede peraltro impropria) una ridefinizione di carattere
 generale  dei  rapporti  tra  le  fasi processuali, e per conseguenza
 delle competenze a pronunciare in proposito.
   Della lamentata disparita' di  trattamento  non  sarebbe  possibile
 ravvisare alcun fondamento (e neppure l'apparenza), poiche' la scelta
 discrezionale  del  legislatore  -  nel  caso,  ragionevole - sancita
 dall'art.  279 del c.p.p., con cui si e'  radicata  la  competenza  a
 provvedere  in  materia  anche  in  capo al giudice del dibattimento,
 originerebbe  dalla  diversita'  fisiologica  non   solo   di   thema
 decidendum   ma   soprattutto  di  effettivita'  del  contraddittorio
 esistente tra la fase delle indagini preliminari ed il dibattimento.
   Ed  in  particolare,  si  e'  assunto  che  il  materiale  posto  a
 fondamento di un'eventuale richiesta cautelare avanzata nei confronti
 del  giudice  competente  per il merito non soltanto si formerebbe in
 contraddittorio,  con  piena  reciproca  tra  le  parti  discovery  e
 garanzia  di piena legittimita' di utilizzazione, ma costituirebbe ad
 un tempo oggetto di cognizione sia per la quaestio libertatis che per
 la pronuncia di  merito,  e  quindi  naturalmente  di  esso  dovrebbe
 valutare  la  rilevanza  e  concludenza  ad  ogni effetto proprio - e
 soltanto - il giudice che procede.
   Del resto, si e' anche  implicitamente  assunto,  in  concreto,  il
 convincimento  da  esprimersi in tal caso dovrebbe inferire non tanto
 la sussistenza  dei  presupposti  di  cui  all'art.  273  del  c.p.p.
 (presumibili  in  virtu'  del  disposto  rinvio  a  giudizio,  e  non
 contaminabili  dalle  acquisizioni  di   istruttoria   dibattimentale
 eventualmente  medio tempore intervenute, pena altrimenti appunto una
 impropria ed indebita anticipata cognitio) quanto delle  esigenze  di
 cautela  di  cui  al successivo art.  274, del tutto non invasive del
 merito e comunque estranee ad esso.
   Questo   Collegio   ritiene   indispensabili,   per   un   corretto
 inquadramento della questione posta, le seguenti precisazioni.
   Successivamente  all'emissione  di decreto che dispone il giudizio,
 la competenza a pronunciare in  materia  di  eventuale  emissione  di
 misura  cautelare  che  si  appartiene  al  giudice competente per il
 merito - nel caso, il Tribunale per i minorenni  -  si  radica,  come
 costante giurisprudenza di legittimita' ha ribadito, gia' prima della
 cd.    prima  udienza  e  quindi  del  compimento delle formalita' di
 apertura del dibattimento, per effetto del pervenimento degli atti in
 Cancelleria, e viene mantenuta sino a che gli atti, dopo la pronuncia
 di merito, non pervengano all'eventuale Giudice dell'appello.
   Entro tale orizzonte, sono in astratto ravvisabili quattro  ipotesi
 di cognizione ex art. 279 c.p.p.:
     a)   quella   di  una  richiesta  cautelare  proposta  prima  del
 compimento delle formalita' di apertura del dibattimento;
     b) quella  di  una  richiesta  cautelare  proposta  in  corso  di
 dibattimento;
     c) quella di una richiesta cautelare proposta congiuntamente alle
 conclusioni  di merito: ipotesi, queste, tutte inerenti contestazioni
 coincidenti con  quelle  formalizzate  dal  decreto  che  dispone  il
 giudizio;
     d)  quella di una richiesta cautelare proposta per fatti diversi,
 ed ulteriori, connessi a quelli per cui gia'  si  procede,  vuoi  per
 ragioni di continuazione, vuoi per nesso teologico, vuoi comunque per
 ragioni  di  concorso  di  reati,  che  per  effetto di contestazione
 suppletiva avvenuta  in  dibattimento  integrino  (ed  arricchiscano)
 l'originario thema decidendum.
   Orbene, v'e' da constatare in proposito che:
     nella  terza  ipotesi,  in caso di accoglimento della richiesta e
 contestuale emissione di sentenza di condanna e misura cautelare,  il
 giudice  in  oggetto  functus  est  munere  suo  di tal che' e' anche
 logicamente  impossibile  la   prospettazione   di   un   profilo   -
 qualsivoglia - di contaminazione con "anticipato" giudizio tra merito
 e quaestio libertatis;
     nella   prima   ipotesi,   allorche'   cioe'  nessun  adempimento
 istruttorio sia avvenuto, poiche' la  eventuale  richiesta  cautelare
 sara'  fondata  sui  materiali cognitivi acquisiti gia' in esito alle
 indagini preliminari (o successivamente conseguiti,  comunque  ancora
 non  utilizzabili  in  sede  di  merito), e poiche' e' solo un evento
 formale di indole temporale come statuito  dall'art.  91  disp.  att.
 c.p.p.  che  determina  il radicamento della competenza a pronunciare
 del giudice del merito, altrimenti appartenente al G.I.P.  - G.U.P. -
 per effetto della richiesta cautelare contestuale alla  richiesta  di
 rinvio   a  giudizio  o  successiva  all'emissione  del  decreto,  ma
 antecedente la trasmigrazione degli atti al giudice del merito - pare
 evidente che la posizione del Collegio (nel caso  di  competenza  del
 Tribunale)  sia del tutto identica a quella appunto del detto ufficio
 previsto per le indagini preliminari;
     e cio'  parrebbe  (la  considerazione  valda  incidenter  tantum)
 fondare  un'ulteriore  ipotesi  di incompatibilita', per identita' di
 essa rispetto a quella rilevata dalla citata sentenza n. 432 nel caso
 dalla stessa esaminato;
     nella  seconda  ipotesi,  ancora,  il  Collegio  potrebbe   esser
 chiamato  a  pronunciare  de  libertate  o  sulla  base dei materiali
 preesistenti rispetto al rinvio a giudizio (anche  solo  parzialmente
 importabili,  in  via  astratta,  al  dibattimento)  o  sulla base di
 materiali emersi dall'istruttoria dibattimentale;
     e poiche' questo Collegio  rammenta  come,  dopo  un  consolidato
 orientamento   in   virtu'   del   quale   era   stata   esclusa   la
 ridiscutibilita' della sussistenza dei cd. gravi indizi di reita'  in
 corso  di  dibattimento  addirittura  davanti  al cd. tribunale della
 liberta', sia prevalsa una tesi giurisprudenziale favorevole  ad  una
 rivisitazione in materia di liberta' del materiale esistente a misura
 che  esso  si sedimenti, l'assunto gia' fatto proprio al riguardo dal
 p.m. in sede di discussione pare seriamente opinabile, e comunque  in
 concreto  il  caso ponga problemi di garanzia della piena liberta' di
 convincimento   del   giudice    (anche    rispetto    al    proprio,
 antecedentemente   formatosi   sui   medesimi   materiali   cognitivi
 esistenti, normalmente, in misura parziale rispetto a quelli  che  si
 formeranno dopo il dibattimento).
   E  del  resto,  con  tutta evidenza, il caso si manifesta analogo a
 quello in cui al Collegio sia proposta istanza  difensiva  di  revoca
 della  misura  cautelare  vigente  che assuma a proprio fondamento la
 pretesa  valenza  "scagionatrice"  delle   acquisizioni   istruttorie
 interinalmente intervenute in dibattimento.
   Resta  da  dire  della  cd.  quarta  ipotesi  -  che  e' poi quella
 dell'odierno giudizio -  assimilabile  pressocche'  integralmente,  a
 parere del tribunale, alla prima, poiche' la contestazione suppletiva
 di  fatti  nuovi,  ancorche'  concorrenti  con quelli originariamente
 giudicabili, e' da considerarsi equipollente ad un rinvio a giudizio,
 ed il materiale cognitivo rilevante ai fini dell'art. 273 c.p.p.  che
 supporti   la   contestuale   richiesta   di  misura  cautelare,  non
 necessariamente tutto gia' emerso e acquisito  al  dibattimento  sino
 allora  celebratosi,  puo'  dunque  ben essersi formato in difetto di
 qualsivoglia contraddittorio tra le parti.
   Sennonche', il Legislatore, allorche' ha  dettato  tale  disciplina
 (ripetesi,   quella   articolata  nella  disposizione  dell'art.  279
 c.p.p.), rimasta immutata dal tempo della entrata in vigore  del  cd.
 Codice  Vassalli,  aveva  sagomato  come conguente ad essa un sistema
 delle garanzie della piena capacita' del  giudice  e  della  rigorosa
 "professionalita'"  (id  est  autonomia  e  terzieta') dell'esercizio
 della sua funzione  costituito  dal  regime  delle  incompatibilita',
 dell'astensione  e  della ricusazione nonche' delle nullita' relative
 connesse, che  seppure  omogeneo,  e'  stato  ampiamente  riveduto  e
 corretto  -  segnatamente  quanto  all'art.  34  c.p.p. - non da Esso
 bensi' dalla Corte costituzionale.
   E successivamente, come ribadito in un inequivocabile obiter dictum
 dalla citata sentenza n. 432. Esso ha disciplinato non  soltanto  con
 profonda revisione di disciplina di dettaglio, ma anche in termini di
 principi  generali  della materia, il regime della liberta' personale
 (attraverso la legge n. 332 del trascorso agosto).
   Senza   che,   tuttavia,   sia   stato   correlativamente    -    e
 conseguenzialmente  -  inciso,  revisionato  e comunque ridefinito il
 sistema  delle   garanzie   succitate,   nonostante   tanto   potesse
 auspicarsi.
   Che  tale effetto, nel silenzio letterale delle nuove disposizioni,
 sia stato il frutto di una consapevole deliberazione, e che quindi  -
 con  ragionevole  opzione - la discrezionalita' legislativa abbia nel
 caso  inteso,  appunto,  ratificare  come  tuttora  soddisfacente   e
 congruente  il  detto sistema di garanzie (legittimando per l'effetto
 eventuali disparita' di trattamento  per  posizioni  processuali  pur
 fortemente  affini),  e'  oltremodo arduo da chiarire.  da presumere,
 piuttosto, che di tale coordinamento revisorio sia  inconsapevolmente
 sfuggita  l'indefettibilita',  ove  si  ponga  mente,  anche solo per
 esemplificare alle implicazioni palesi -  non  sfuggite  alla  citata
 sentenza  n.  432  - discendenti in proposito dai "nuovi" dettami dei
 commi 2 e 3-bis dell'art. 275 c.p.p.
   Pertanto, se si  considerasse  tuttora  operante  il  principio  di
 tassativita' delle ipotesi di incompatibilita' di cui all'art. 34, si
 opterebbe  per  un assunto de plano gia' disatteso in dieci occasioni
 dalla Corte costituzionale (che  altrimenti  non  sarebbe  mai  stata
 investibile  di cognizione sulla disposizione in esame), smentito del
 resto anche dalla giurisprudenza di legittimita', a dire il vero  non
 pacifica  ne'  costante,  che  ha individuato in materia dei principi
 giustificativi in una  eventuale  dilatazione  "per  analogia"  delle
 ipotesi,  appunto, di incompatibilita' concretamente ravvisabili (per
 cui v. Cass. del 18 dicembre 1991, imp. Giorgi).
   E, del resto, se si volesse por mente al  solo  disposto  dell'art.
 37,  comma  primo,  lett. b, ogni volta che vi sia stato non indebita
 bensi'   doverosa   manifestazione    del    proprio    convincimento
 nell'esercizio  delle  funzioni  e prima che sia pronunciata sentenza
 sui fatti oggetto  dell'imputazione  (caso  certamente  riferibile  a
 tutte  le  ipotesi  prima delineate di cognizione incidentale ex art.
 279), non sussisterebbe mai in ipotesi del  genere  ricusabilita',  e
 dunque  difetterebbe  obbligo  di astensione ex art. 36, comma primo,
 lett. g. Eppure, ripetesi,  tutte  le  fattispecie  gia'  oggetto  di
 sentenza  additiva  in  relazione  all'art.  34  da parte della Corte
 costituzionale erano ipotesi di ritenuta "  ....  manifestazione  del
 proprio  convincimento  nell'esercizio delle funzioni e prima che sia
 pronunciata sentenza sui fatti oggetto dell'imputazione ...".
    dunque allo stato  irresolubile  in  via  interpretativa,  secondo
 criteri di ragionevolezza, la questione della sussistenza o meno, nel
 caso inerente l'odierno giudizio, di un obbligo di astensione in capo
 a   tutti   i   membri   di  questo  Collegio,  dovendosi  far  luogo
 all'applicazione di norme (artt. 36, comma primo, lett. g e 34, comma
 secondo, in relazione all'art. 279 c.p.p.) il  cui  combinato  appare
 fonte  di  discrasia  ordinamentale  con  effetto  di  disparita'  di
 trattamento tra posizioni processuali analoghe o identiche nei  sensi
 sin qui chiariti.
    pur  d'uopo  in  proposito, a mo' di chiosa conclusiva, richiamare
 testualmente i passi piu' incisivi della piu' volte  citata  sentenza
 n. 432: " ... nella sentenza n. 502 del 1991 questa Corte ... ritenne
 non fondata la questione rilevando che i provvedimenti sulla liberta'
 personale  (e tra essi il riesame ...) non comportano una valutazione
 sul merito della res judicanda idonea a  determinare  un  pregiudizio
 che mini l'imparzialita' della decisione conclusiva del giudice.
   Successivamente  questa  Corte  ... ha avuto occasione di enucleare
 alcuni principi di base i  quali  -  unitamente  ...  all'intervenuto
 mutamento del quadro normativo a seguito della recente legge 8 agosto
 1995, n. 332 ... consentono di pervenire ora a diversa conclusione
  ...";  ed  ancora:  "  ...  l'analisi  del  problema  ... deve anche
 considerar
  ... la possibilita' che alcuni  apprezzamenti  sui  risultati  delle
 indagini   preliminari   determinino   un'anticipazione  di  giudizio
 suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice ...", e poi:  "...
 detta  attivita'  (n.d.e. - cioe' il vaglio ex artt. 273 comma primo,
 275, 292 c.p.p.)
  ... comporta la formulazione di un giudizio non di mera legittimita'
 ma di merito (sia pure prognostico e allo  stato  degli  atti)  sulla
 colpevolezza  ...";  e  soprattutto:  " ... una valutazione di merito
 circa l'idoneita'  delle  risultanze  delle  indagini  preliminari  a
 fondare  un giudizio di responsabilita' dell'imputato vale a radicare
 l'incompatibilita'
  ... una valutazione non formale  ma  di  contenuto  sulla  probabile
 fondateza  dell'accusa,  cui si aggiunge una valutazione anch'essa di
 merito
  ... sull'esistenza di condizioni legittimanti il proscioglimento
  ...allorche'  il  materiale  da  esaminare  sia costituito dai " ...
 medesim  elementi  probatori  che  solo  all'esito  del  dibattimento
 verranno  o meno ritenuti prove ..."; nonche' " ... l'art. 34 mira ad
 impedire
  ...   che   la   valutazione   conclusiva   sulla    responsabilita'
 dell'imputato  sia  o  possa  apparire condizionata dalla forza della
 prevenzione ...   naturale tendenza  a  mantenere  un  giudizio  gia'
 espresso ... in altri momenti decisionali dello stesso procedimento".
   Si  tratta,  a  ben  vedere,  di incisi espliciti, donde si trae la
 regola  ermeneutica  generale  di   verifica   della   compatibilita'
 costituzionale  delle  disposizioni  disciplinatrici  del  regime  di
 garanzie comprendenti la normativa sulle incompatibilita'.
 Ed in claris non fit interpretatio ...
   Opina pertanto questo giudice che si versi, nel caso in  argomento,
 in   ipotesi  meritevole  di  vaglio  di  costituzionalita'  per  non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita'  dell'art.  34
 c.p.p.    per  contrasto  con gli artt. 3 e 24 Cost. come in premessa
 enunciata, e che per l'effetto debba farsi luogo a  rimessione  degli
 atti  alla  competente  cognizione  della  Corte  costituzionale  con
 contestuale sospensione del presente giudizio - previo stralcio della
 posizione del F. non attinta dalla suddetta questione  incidentale  -
 nei confronti dell'imputato V.
   Ribaditane  peraltro  l'attuale posizione di detenuto, va formulato
 invito al Giudice ad quem alla celere fissazione  e  conclusione  del
 relativo  procedimento,  pena una eventuale decorrenza nelle more dei
 termini di custodia cautelare per la  fase  presente  (oltre  che  in
 senso "complessivo").
                               P. Q. M.
   Il  tribunale  per  i minorenni di Reggio Calabria, visti gli artt.
 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953 nonche' 3, comma primo, e 24,
 comma secondo della Costituzione, cosi' provvede:
       ordina  la  separazione  del  giudizio  inerente  la  posizione
 dell'imputato F. N.;
       dispone la rimessione degli atti della Corte costituzionale per
 l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  34,
 comma secondo, c.p.p. come in motivazione individuata;
       sospende  il  giudizio  relativo al proc.to n. 61/1994 pendente
 nei confronti di V.C.;
       manda alla cancelleria per  gli  adempimenti  di  rito  di  cui
 all'ultimo comma del citato art. 23.
      Reggio Calabria, addi' 5 ottobre 1995
                  Il presidente estensore:  Sabatini
 95C1451