N. 827 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 settembre 1995

                                N. 827
 Ordinanza  emessa  il 29 settembre 1995 dal tribunale di Oristano nel
 procedimento penale a carico di Demelas Raimondo ed altri
 Processo penale - Dibattimento - Giudice che,  quale  componente  del
    tribunale   della   liberta'   ha   concorso   a   pronunciare  un
    provvedimento sulla liberta' personale nei confronti dello  stesso
    imputato  (nella  specie:  impugnazione di ordinanza di una misura
    cautelare personale) - Incompatibilita' ad esercitare le  funzioni
    di  giudice  del  dibattimento - Omessa previsione - Disparita' di
    trattamento - Mancata garanzia di un giusto processo - Eccesso  di
    delega  - Richiamo ai principi espressi dalle sentenze della Corte
    costituzionale nn. 124 e 186 del 1992 e 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24, 76 e 77).
(GU n.49 del 29-11-1995 )
                               IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la   seguente   ordinanza   sulla   questione   di
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  secondo comma, c.p.p.
 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al  giudizio
 dibattimentale  il  giudice che abbia fatto parte del tribunale della
 liberta' nello stesso procedimento, sentiti gli  altri  difensori  ed
 anche il p.m.  che si e' associato.
                             O s s e r v a
   Va premesso il punto di fatto che effettivamente tutti i giudici di
 questo  collegio  sono  intervenuti  nel  presente procedimento quali
 componenti il tribunale della liberta' ed in tale  loro  veste  hanno
 espresso   valutazioni  circa  la  sussistenza  di  gravi  indizi  di
 colpevolezza  a  carico  degli  imputati,  sulla  sussistenza   delle
 esigenze cautelari e circa i mezzi per salvaguardarle (vedi ordinanze
 del tribunale della liberta' 24 settembre 1994, est. dott. Di Falco e
 27  febbraio  1995, presidente est. dott. Mastrolilli con dott. Sanna
 componente il collegio).
   Deve  essere  ancora  premesso  che  la  Corte  costituzionale,  su
 ordinanza  di  rimessione della Corte d'appello di Milano, si e' gia'
 occupata della questione relativa alla mancata  previsione  nell'art.
 34  c.p.p.    della incompatibilita' a partecipare al giudizio per il
 Giudice che abbia fatto parte del tribunale della liberta' conoscendo
 in tal modo gli atti dell'indagine preliminare, ed aveva  risolto  il
 problema  del  contrasto  con  gli  artt.  3,  24,  25,  76 e 77 (per
 violazione delle direttive 57 e 58 dell'art. 2 legge delega n. 81)  e
 101  della  Costituzione,  ritenendo  non  fondata la questione della
 illegittimita' costituzionale in quanto, per la natura del  controllo
 che   il   tribunale   della   liberta'  esercita  sui  provvedimenti
 restrittivi della liberta' personale e  per  il  tipo  di  conoscenza
 degli  atti  che  questo  comporta,  non  si  poteva  ritenere minata
 l'imparzialita'  del  giudizio  finale  sulla  responsabilita'  degli
 imputati.
   In sostanza quindi, secondo la Corte, i provvedimenti concernenti i
 riesami  e  gli  appelli ex art. 309 e 310 c.p.p. non comportavano un
 giudizio nel merito della res  iudicanda,  ma  una  valutazione  allo
 stato  degli  atti puramente indiziaria che mira e si esaurisce nella
 verifica  delle  condizioni  che  legittimano  la  restrizione  della
 liberta'  personale (vedi sent. Corte cost. nn. 502/1991 e 124 del 16
 marzo 1992).
   La  stessa  Corte  costituzionale pero', giudicando da ultimo sulla
 illegittimita' dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui non prevede che
 non possa far parte del  collegio  giudicante  il  g.i.p.  che  abbia
 applicato  una  misura  cautelare,  ha  ritenuto  e  stabilito che la
 valutazione che  compie  il  g.i.p.  allorquando  applica  la  misura
 cautelare  comporta  nella  sostanza  un  giudizio  di  merito  sulla
 colpevolezza dell'imputato e di conseguenza ha ritenuto anche che  in
 tale  ipotesi  si  dovevano  riconoscere  sussistenti  quegli  stessi
 effetti che l'art. 34  citato  mira  ad  impedire,  e  cioe'  che  la
 valutazione  finale e complessiva sulla responsabilita' dell'imputato
 sia, oppure possa apparire, condizionata dalla  naturale  tendenza  a
 mantenere  un giudizio gia' espresso od un atteggiamento gia' assunto
 in altri momenti decisionali dello stesso procedimento.
   Rileva allora il tribunale che  la  valutazione  che  il  tribunale
 della  liberta'  compie allorquando decide sulle impugnazioni ex art.
 309 e 310 c.p.p. non si puo' ritenere diversa da quella che compie il
 g.i.p. chiamato  ad  applicare  una  misura,  potendo  e  dovendo  il
 tribunale  della  liberta'  decidere  e  sulla  sussistenza dei gravi
 indizi di colpevolezza a carico  dell'indagato  e  sulla  sussistenza
 delle esigenze cautelari, compiendo un giudizio, sia pure prognostico
 ed  allo  stato  degli  atti, che secondo le indicazioni della stessa
 Corte costituzionale si deve ritenere "di merito", cosi' come  quello
 che compie il g.i.p. che applichi la misura cautelare, atteso inoltre
 che il tribunale del riesame ha la stessa piena conoscenza degli atti
 del  g.i.p.  che  ha  applicato  il provvedimento restrittivo, e puo'
 decidere non  solo  per  ragioni  differenti  da  quelle  proposte  a
 sostegno  del  riesame,  ma  anche  sulla  base  di  elementi  emersi
 successivamente  ad  esso.  In   definitiva   pertanto   la   mancata
 introduzione  nell'art.   34 della incompatibilita' di cui si discute
 appare suscettibile di compromettere la genuinita' e  la  correttezza
 del  processo  formativo  del convincimento del giudice, genuinita' e
 correttezza che  si  ricollegano  alla  garanzia  costituzionale  del
 giusto processo.
   L'analogia  del  caso di cui alla presente ordinanza con le ipotesi
 di incompatibilita' gia' affermate  dalla  Corte  costituzionale  (v.
 sent.  n.  186  e  n.  124  del  1992,  e da ultimo soprattutto la n.
 432/1995) concretizza una ipotesi di  disparita'  di  trattamento  in
 violazione all'art. 3 della Costituzione.
   Ritenuta  infine  la rilevanza della questione proposta poiche', se
 fondata, determinerebbe  l'incompatibilita'  dei  Giudici  di  questo
 Collegio a partecipare o a proseguire il giudizio.
                                P. Q. M.
   Dichiara    non    manifestamente   infondata   la   questione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nei
 termini di cui alla motivazione e per il contrasto con gli  artt.  3,
 24, 76 e 77 della Costituzione, sospende il giudizio in corso, ordina
 la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e dispone che la
 presente  ordinanza  sia  notificata  al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e sia comunicata a cura della cancelleria al Presidente  del
 Senato e della Camera dei deputati.
                      Il presidente:  Mastrolilli
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