N. 840 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 settembre 1995
N. 840 Ordinanza emessa il 22 settembre 1995 dal tribunale di Napoli nel procedimento di prevenzione nei confronti di Russo Michele ed altri Mafia - Misure di prevenzione - Procedimento per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso - Attribuzione della funzione di promuovere detto procedimento al procuratore della Repubblica nel cui circondario dimora la persona interessata anziche' al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto in cui dimora la stessa - Irragionevole difetto di coordinamento con la funzione di promuovere il procedimento penale per i delitti di stampo mafioso spettante al procuratore distrettuale della Repubblica - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. (Legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 2; d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 22, primo comma, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.50 del 6-12-1995 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento relativo alla proposta di applicazione della misura patrimoniale di prevenzione della confisca, previo sequestro, di taluni beni, avanzata, ai sensi dell'art. 2-ter, sesto comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, dal procuratore distrettuale della Repubblica presso questo tribunale, in data 20/24 febbraio 1995, nei confronti di: 1) Russo Michele, fu Pasquale, nato a Nola (NA) il 20 novembre 1921 ed ivi residente, alla frazione Piazzolla, rione Olivieri n. 4; 2) Russo Salvatore Andrea, di Michele, nato a Nola il 27 giugno 1958 e residente in San Paolo Belsito (NA), viale III per Nola n. 3; 3) Russo Pasquale, di Michele, nato a Nola (NA) il 28 febbraio 1947 ed ivi residente, alla frazione Piazzolla, Rione Olivieri n. 30; Atteso che l'art. 2-ter, sesto comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, aggiunto dall'art. 14 della legge 13 settembre 1982, n. 646, attribuisce il potere-dovere di richiedere l'applicazione, successiva a quella delle misure personali di prevenzione, delle misure patrimoniali di prevenzione del sequestro e della confisca solo al "procuratore della Repubblica" ed al questore; Ritenuto che la distribuzione territoriale di tale attribuzione tra i procuratori della Repubblica non possa che seguire, in forza dell'interpretazione sistematica della norma in questione, il criterio di cui all'art. 2 della medesima legge (nel testo attualmente vigente a seguito delle modifiche da ultimo apportatevi dall'art. 22, primo comma, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), il quale specifica che la funzione di promuovere l'applicazione delle misure personali di prevenzione nei confronti degli indiziati di appartenere ed associazioni di tipo mafioso o similari spetta, oltre che al procuratore nazionale antimafia ed al questore, al procuratore della Repubblica nel cui circondario dimora la persona interessata; Ritenuto che tale ultima norma, nella parte in cui attribuisce espressamente la competenza a promuovere il procedimento di prevenzione al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona interessata - cosi' confermando quanto gia' stabilito sul punto del medesimo art. 2 nel testo risultante all'esito delle modifiche apportatevi dall'art. 20 del d.-l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, che aveva gia' superato quella giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr.: Cass. pen., sez. un., 20 giugno/13 settembre 1990, Corica), secondo cui tale competenza andava attribuita al procuratore della Repubblica presso il tribunale avente sede nel capoluogo della provincia di dimora del proprosto - riveli, a causa dell'implicita esclusione dal novero delle autorita' proponenti del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto in cui dimora tale persona, un macroscopico difetto di coordinamento con la normativa introdotta dal d.-l. 20 novembre 1991, n. 367, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8 e, in particolare, con l'attribuzione, da parte del comma 3-bis dell'art. 51 c.p.p., proprio al procuratore distrettuale della Repubblica delle funzioni di pubblico ministero in tutti i procedimenti penali per i delitti di stampo mafioso; Ritenuto che l'attribuzione della funzione di promuovere il procedimento di prevenzione nei confronti degli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'art. 416-bis c.p., ad un pubblico ministero che puo' essere diverso da quello cui e' attribuita la funzione di promuovere il procedimento penale per il delitto di cui all'art. 416-bis c.p. e per tutti i delitti di stampo mafioso sia contraria ad ogni logica organizzativa e/o ordinamentale e, dunque, concretamente suscettibile di vulnerare il principio - sancito dall'art. 97, primo comma, della Costituzione - di buon andamento, cioe' di efficacia e di efficienza dell'azione, delle pubbliche amministrazioni, tra cui non v'e' dubbio che debba essere annoverata anche l'amministrazione giudiziaria, anche perche', di norma, gli elementi di fatto sulla cui base viene formulata la proposta di applicazione di misure di prevenzione emergono nel corso delle indagini preliminari concernenti i delitti di stampo mafioso e sono, quindi, proprio nella fase in cui e' piu' importante il ricorso al procedimento di prevenzione, nella disponibilita' del procuratore distrettuale della Repubblica, il quale da nessuna norma e' obbligato a comunicarli - se non nel caso, solo eventuale, in cui le indagini sfocino in un'imputazione che abbia per oggetto il delitto di cui all'art. 416-bis c.p. o quello di cui all'art. 74 del d.P.R. n. 309/1990 (cfr. art. 23-bis, primo e secondo comma, legge n. 646/1982, come modificato dall'art. 9 della legge n. 55/1990) - al procuratore della Repubblica competente per il promuovimento del procedimento di prevenzione che eserciti le sue funzioni presso un tribunale con sede in un capoluogo di circondario che non sia anche capoluogo di distretto; Ritenuto che tale discrasia non possa trovare adeguato bilanciamento nell'attribuzione - frutto della sostituzione del cit. art. 2 della legge n. 575/1965 ad opera dell'art. 22, primo comma, d.-l. n. 306/1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356/1992 - del potere di promuovere il procedimento di prevenzione anche al Procuratore nazionale antimafia, giacche' tale potere - peraltro assai spurio se si considera la struttura di tale organo e le sue funzioni di alto coordinamento e, solo in casi eccezionali, di supplenza, organizzativa o processuale, dell'attivita' dei procuratori distrettuali della Repubblica - riguarda solo le misure personali di prevenzione e non anche le misure patrimoniali di prevenzione, come e' facilmente desumibile dal fatto che, a differenza di quanto disposto dal cit. art. 2 della legge n. 575/1965, di tale organo nessuna menzione v'e' nelle norme, pur modificate o introdotte dal cit. d.-l. n. 306/1992, concernenti tale ultimo tipo di misure (cfr.: artt. 2-bis, 2-ter e 3-quater della cit. legge n. 575/1965); Ritenuto che, di conseguenza, l'attribuzione della funzione di promuovere il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali previste dalla legislazione antimafia al procuratore della Repubblica presso il tribunale che ha sede nel capoluogo del circondario, anziche' al procuratore della Repubblica presso il tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto in cui dimora la persona interessata sia suscettibile di incidere anche sul principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, sancito dall'art. 3 Cost., oggettivamente favorendo i cittadini che dimorino in un circondario diverso da quello il cui capoluogo e' anche capoluogo del distretto o, se si preferisce, sfavorendo gli altri; Ritenuto, dunque, che non sia manifestamente infondato il rilievo di un parziale contrasto - certamente, data la sua natura, non rimovibile in via interpretativa da parte di questo giudice - tra l'art. 2 della legge n. 575/1965 e gli artt. 3 e 97 Cost. e che tale rilievo sia ammissibile ben essendo possibile una pronuncia additiva in una materia, come quella del riparto di competenze funzionali tra organi della pubblica amministrazione o della giurisdizione, costituzionalmente riservata alla discrezionalita' del legislatore (che, perlatro, ha gia' chiaramente indicato, con il cit. d.-l. n. 367/1991, di voler concentrare in capo al procuratore distrettuale della Repubblica l'azione repressiva nei confronti del fenomeno mafioso e di quelli similari, probabilmente solo dimenticando di far altrettanto per quella preventiva), quando la questione involga una verifica del rispetto del limite della ragionevolezza dell'uso fatto dal legislatore della propria discrezionalita' (cfr. C. cost., sent. 25 luglio 1994, n. 341); Considerato che, nella specie, tutte le persone proposte per l'applicazione delle misure patrimoniali di prevenzione del sequestro e della confisca di beni dal procuratore distrettuale della Repubblica presso questo tribunale risultano aver dimora - anche nello specifico senso, cioe' di luogo di manifestazione della pericolosita' sociale, in cui tale concetto va inteso nel procedimento di prevenzione - nel comune di Nola, sito nella provincia e nel distretto della Corte di appello di Napoli, ma ricompreso nel circondario del tribunale di Nola e che, dunque, la suindicata questione di costituzionalita' e' certamente rilevante ai fini della decisione del caso concreto, giacche' se essa fosse negativamente risolta dovrebbe dichiararsi la nullita' e/o l'inammissibilita' della proposta, quest'ultima essendo, in materia di misure di prevenzione, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (cfr.: Cass. pen., sez. un., 20 giugno/13 settembre 1990, Corica; Cass. pen., Sez. I, 16 febbraio/16 marzo 1992, Sibilia), la conseguenza dell'incompetenza territoriale - funzionale, inderogabile, insuscettibile di delegazione, sostituzione, conferma, convalida, ratifica o conversione e rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio - dell'autorita' poponente; Atteso che analoga questione di costituzionalita' e' gia' stata sollevata da questo stesso tribunale con ordinanze in data 28 aprile 1995 (in proc. n. 108/1995 M.P. c/ Carotenuto Umberto) e 5 maggio 1995 (in proc. n. 109/1995 M.P. c/ Limelli Ciro) e non risulta ancora decisa.
P. Q. M. Letti gli artt. 134 e 136 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante con riguardo al caso di specie e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' - per contrasto con gli artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione - dell'art. 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, nel testo attualmente vigente a seguito delle modifiche da ultimo apportatevi dall'art. 22, primo comma, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui attribuisce anche al procuratore della Repubblica nel cui circondario la persona dimora, anziche' anche al procuratore della Repubblica presso il tribunale che sede nel capoluogo del distretto in cui la persona dimora, la funzione di promuovere l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti degli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'art. 416-bis del codice penale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale per la risoluzione di tale questione; Ordina la sospensione del procedimento; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al proposto, al suo difensore ed al procuratore della Repubblica presso questo Tribunale, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli, il 22 settembre 1995 Il presidente: Peluso I giudici: Gialanella - Celentano 95C1507