N. 848 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 1995

                                N. 848
 Ordinanza emessa il 6 ottobre 1995 dalla Corte d'assise di Varese nel
 procedimento penale a carico di Puglia Santa
 Processo  penale - Corte di assise - Dibattimento - Giudice che quale
    componente del tribunale della liberta' ha concorso a  pronunciare
    un    provvedimento   sulla   liberta'   personale   dell'imputato
    successivamente rinviato a  giudizio  (nella  specie:  appello  di
    ordinanza di una misura cautelare personale) - Incompatibilita' ad
    esercitare  le  funzioni  di  giudice  del  dibattimento  - Omessa
    previsione - Disparita' di trattamento per situazioni  analoghe  -
    Compressione del diritto di difesa - Richiamo ai principi espressi
    dalla Corte costituzionale nella sentenza n.  432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.50 del 6-12-1995 )
                            LA CORTE D'ASSISE
   Sentita  la  relazione  del  giudice  relatore e visti gli atti del
 procedimento penale istituito a carico di Puglia Santa, nata a Modica
 il 5 agosto 1952, imputata dei delitti di omicidio premeditato  e  di
 porto e detenzione di arma;
   Vista  l'eccezione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 34,
 comma 2, c.p.p., sollevata la difesa dell'imputata;
                             O s s e r v a
   Con  sentenza  n.  432  in  data  6-15  settembre  1995  la   Corte
 costituzionale  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  del
 suindicato articolo nella parte in cui  non  prevede  che  non  possa
 partecipare  al  giudizio  dibattimentale  il giudice per le indagini
 preliminari che abbia applicato una misura  cautelare  personale  nei
 confronti dell'imputato.
   All'odierna  udienza il difensore della prevenuta ha evidenziato la
 ricorrenza di  un  sospetto  di  illegittimita'  della  stessa  norma
 laddove  non  prevede  che  i  giudici  componenti  il  collegio  del
 tribunale del riesame non possano partecipare al dibattimento che  si
 celebri nei confronti del medesimo soggetto.
   Tale  questione  e' gia' stata esaminata dalla Corte costituzionale
 che con le decisioni n. 502 del 1991 e 124 del 1992  l'ha  dichiarata
 non fondata con riferimento agli artt. 77 e 25 della Costituzione sul
 rilievo, tra l'altro, che i provvedimenti sulla liberta' personale, e
 tra  essi  il riesame (art. 309 c.p.p.) e l'appello (art. 310 c.p.p.)
 di misure cautelari, "non comportano una valutazione che si traduca -
 pur nei limiti della funzione propria della fase processuale di volta
 in volta considerata - in un giudizio sul merito della res judicanda,
 idoneo a determinare (o  far  apparire)  un  "pregiudizio"  che  mini
 l'imparzialita'  della  decisione  conclusiva  sulla  responsabilita'
 dell'imputato.
   Rispetto a questa, infatti, i provvedimenti in tema di liberta'  si
 caratterizzano  per  diversita' di oggetto e di funzione, dato che la
 relativa valutazione, puramente indiziaria, mira alla (e si esaurisce
 nella) verifica delle condizioni che ne  legittimano  la  provvisoria
 restrizione,  e cio', tanto piu', in un sistema, come quello vigente,
 che  subordina  tale  restrizione  a  precisi   e   ben   determinati
 presupposti  e  finalita',  che  ne circoscrivono al massimo l'ambito
 applicativo (cfr. artt. 273 e 274 c.p.p.)".
   Diametralmente opposta si presenta la motivazione della sentenza n.
 432 del 6-15 settembre 1995.
   Questa, pur  emessa  con  riferimento  agli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione,  in  relazione  alla questione relativa alla figura del
 g.i.p. che ha adottato  la  misura  cautelare  personale  e  che  poi
 partecipi  al  dibattimento, ha fissato il principio secondo il quale
 "l'analisi  del problema non si esaurisce nell'esame della differenza
 tra valutazioni di tipo indiziario, che il giudice compie in sede  di
 indagini preliminari, e giudizio sul merito dell'accusa all'esito del
 dibattimento,  ma  deve  anche  considerare,  piu' specificamente, la
 possibilita' che alcuni apprezzamenti sui  risultati  delle  indagini
 preliminari  determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile di
 minare l'imparzialita' del giudice".
   Sulla scorta dell'interpretazione costantemente data dalla Corte di
 cassazione  al  concetto  di  "gravita'  degli   indizi",   postulato
 dall'art.   273 c.p.p., e sull'obbligo del g.i.p. di fornire adeguata
 motivazione con riferimento agli elementi indizianti che giustificano
 l'adozione di misura cautelare la Corte ha affermato  che  il  vaglio
 del  g.i.p.    comporta  "la  formazione  di  un giudizio non di mera
 legittimita' ma di merito (sia pure prognostico ed allo  stato  degli
 atti)  sulla  colpevolezza  dell'imputato  ...  che  vale  a radicare
 l'incompatibilita'".
   Situazione  non  diversa  ricorre  per  il  tribunale  del  riesame
 investito dal gravame di provvedimenti de libertate.
   La  cognizione degli atti di indagine preliminare non e' certamente
 limitata rispetto a quella del g.i.p. avuto riguardo all'obbligo  del
 p.m.  di  trasmettere  a  detto tribunale gli atti gia' oggetto della
 valutazione del g.i.p., sancito dalla Corte di cassazione gia'  prima
 della codificazione dello stesso con la novella n. 322/1995.
   Inoltre   il   provvedimento   di   detto   tribunale,  chiamato  a
 pronunciarsi sul rispetto da parte del g.i.p. delle norme di cui agli
 artt. 273 e 274 c.p.p.,  come  quello  di  questi,  non  e'  di  mera
 legittimita' ma di merito.
   Tale situazione, pertanto, e' del tutto simile a quella prospettata
 con riferimento alla figura del g.i.p. con riguardo agli artt. 3 e 24
 della  Costituzione  che ha comportato la pronunzia di illegittimita'
 costituzionale con la sentenza prima indicata.
   L'eccezione proposta  non  solo  e'  fondata  ma  anche  rilevante,
 risultando dall'odierna produzione del difensore che il presidente di
 questa  corte e' stato altresi' presidente del collegio del tribunale
 del riesame che nelle date del 18 gennaio 1995 e dell'11 aprile  1995
 ha  respinto  gli appelli proposti dalla difesa avverso provvedimenti
 de libertate del g.i.p..
                               P. Q. M.
   Dichiara   non   manifestamente   infondata   la    questione    di
 illegittimita'   costituzionale  dell'art.  34,  comma  secondo,  del
 c.p.p., come prospettata in parte motiva, per contrasto con gli artt.
 3 e 24 della Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina la trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  e
 dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio dei ministri e sia comunicata a cura della  cancelleria  ai
 Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
                        Il presidente: Polidori
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