N. 870 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 ottobre 1995

                                N. 870
  Ordinanza  emessa  l'11  ottobre  1995  dal tribunale di Bologna nel
 procedimento penale a carico di Manicone Maria Rosaria
 Stupefacenti  e  sostanze  psicotrope  -  Coltivazione  di   sostanze
 stupefacenti  destinate ad uso personale - Prevista assoggettabilita'
 a sanzione penale diversamente da quanto  stabilito  all'esito  delle
 abrogazioni  referendarie  (recepite  nel  d.P.R.  n.  171/1993)  per
 l'importazione, la detenzione o l'acquisto di  sostanze  stupefacenti
 destinate   all'uso   personale   -   Ingiustificata   disparita'  di
 trattamento - Irrazionalita'.
 (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art.  75,  modificato  dal  d.P.R.  5
 giugno 1993, n. 171).
 (Cost., art. 3).
(GU n.52 del 20-12-1995 )
 IL TRIBUNALE
   Ha  deliberato  la  seguente ordinanza nel procedimento a carico di
 Manicone Maria Rosaria, imputata, nel   proc. pen. n.  49/1995  r.g.,
 del  delitto p. e p. dall'art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per
 avere,  senza  autorizzazione,  coltivato  alcune  piante  di  canapa
 indiana,  sostanza stupefacente appartenente alla tabella 2, prevista
 dall'art. 14 d.P.R. citato, in Bologna, il 29 luglio 1992.
   Rilevato che:
     all'esito della discussione,  il  Tribunale  si  e'  ritirato  in
 camera  di  consiglio,  nel  giudizio dibattimentale oggi celebrato a
 carico della Manicone per il delitto in epigrafe;
     le  risultanze  processuali  potrebbero   condurre   a   ritenere
 accertata, a carico della Manicone, la condotta materiale ascrittale,
 nonche'   la   destinazione  ad  uso  personale  del  prodotto  della
 coltivazione, cosi' come sostenuto dalla  difesa,  anche  in  assenza
 della  prova  -  di cui il pubblico ministero non si e' fatto carico,
 ritenendo la coltivazione comunque penalmente perseguibile in  se'  -
 della destinazione a terzi di detto prodotto della coltivazione;
   Ritenuto che:
     quanto   precede   giustifica  il  giudizio  di  rilevanza  della
 questione di legittimita' costituzionale - sollevata dalla difesa  in
 via  di  subordine  -  dell'art. 75, primo comma, d.P.R. n. 309/1990,
 come modificato dal  d.P.R.  n.  171/1993  a  seguito  di  referendum
 popolare,  in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in
 cui detto art. 75 non prevede che anche la coltivazione  di  sostanze
 stupefacenti,  oltre  che l'importazione, l'acquisto o la detenzione,
 venga punita soltanto con  sanzioni  amministrative,  se  finalizzata
 all'uso personale della sostanza;
      quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  di  tale  questione,
 debbono valere le argomentazioni che seguono,  peraltro  gia'  svolte
 dalla  Corte  di  appello di Catanzaro nell'ordinanza di promovimento
 del giudizio della Corte costituzionale, emessa in data  10  febbraio
 1995  e  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16, 1 serie speciale,
 del 19 aprile 1995:
      a parere di questo Tribunale, l'attuale sistema normativo, cosi'
 come  risultante  dall'esito  referendario  dell'aprile  1993  e  dal
 conseguente  d.P.R.  n.  171/1993,  delinea,  agli  artt. 73 e 75 del
 d.P.R. n.  39/1990,  per  condotte  ugualmente  caratterizzate  dalla
 destinazione  della  sostanza  all'uso  personale (coltivazione da un
 lato, e acquisto, importazione e detenzione dall'altro un trattamento
 sanzionatorio diversificato che non  appare  ispirato  a  criteri  di
 ragionevolezza e si pone in contrasto con il principio di uguaglianza
 di cui all'art. 5 della Costituzione;
     e'  pur  vero  che la Corte costituzionale e' gia' intervenuta in
 subiecta materia, con la pronuncia di  inammissibilita'  23  dicembre
 1994  n.  445,  osservando che la censura di incostituzionalita' deve
 passare attraverso la verifica  della  possibilita'  di  una  esegesi
 adeguatrice  del  dato  normativo  impugnato,  in  forza  della quale
 l'operata depenalizzazione  della  condotta  di  "detenzione"  appaia
 interpretativamente    estensibile    anche   alle   condotte   della
 "coltivazione" e della "fabbricazione";
     senonche', occorre prendere atto che la possibilita' di  siffatta
 esegesi  adeguatrice  resta  ormai  esclusa  dal  diritto  vivente di
 legittimita',  cosi'  come  emergente  dal  magistero   della   Corte
 regolatrice,  laddove  -  nella  sentenza  della  Sezione  4,  del 29
 settembre 1994, depositata il 21 dicembre  1994,  pres.  Viola,  imp.
 Noia - osserva che:
      "gli  effetti  abroganti  del decreto n. 171/1993 non riguardano
 gli artt. 26 e 75 del d.P.R. n. 309/1990, che fanno espresso  divieto
 di   coltivazione   e   fabbricazione  -  ritenute  equipollenti  dal
 legislatore - di sostanze stupefacenti";
      mentre la illiceita' della coltivazione risulta  invero  tuttora
 sanzionata  penalmente,  ai  sensi  dell'art.  73,  l'art.  75,  come
 riformato dal decreto referendario, mediante  la  degradazione  della
 detenzione  per  uso personale a mero illecito amministrativo, limita
 oggettivamente l'ambito dei  soggetti  che  eventualmente  fanno  uso
 personale   della   sostanza,   con   esclusivo   riferimento  a  chi
 illecitamente  importa,  acquista,  o   comunque   detiene   sostanze
 stupefacenti;
      dal  novero  dei beneficiari della non punibilita' vanno percio'
 esclusi coloro che coltivano o fabbricano stupefacenti;
      non e' peraltro possibile "una estensione analogica, in mancanza
 dei presupposti necessari, ed in  considerazione  della  tassativita'
 delle  prescrizioni  contenute  negli  articoli  73 e 75 del d.P.R. 9
 ottobre 1990, n.  309,  che  implicano  una  scelta  precisa  ed  una
 valutazione ponderata del legislatore";
      in  conclusione,  va riaffermata la punibilita', in sede penale,
 della coltivazione di sostanze stupefacenti anche se  finalizzata  ad
 uso  personale,  ribadendosi l'indirizzo che ravvisa in tale condotta
 un reato di pericolo, con conseguente irrilevanza  della  valutazione
 della  quantita'  di  droga  potenzialmente ricavabile dalle piantine
 coltivabili  e  dell'elemento  soggettivo  dell'agente  in  relazione
 all'eventuale destinazione ad uso personale della sostanza;
     nel  prendere  atto  di  tale  orientamento  di  legittimita', il
 tribunale deve tuttavia rilevare che il sistema normativo in tema  di
 stupefacenti   seguito  al  referendum  abrogativo  del  1993,  cosi'
 delineato, si presenta, con riferimento alla coltivazione di sostanze
 stupefacenti, poco razionale ed in  contrasto  con  il  principio  di
 uguaglianza dell'art.  3 della Costituzione; e invero:
      la  scelta  del  legislatore  del  1990  aveva  una  sua  logica
 coerenza, in quanto si radicava sul principio della illiceita'  della
 detenzione  di  sostanze  stupefacenti,  anche  se finalizzata ad uso
 personale, e limitava l'applicabilita' delle sanzioni  amministrative
 al solo esiguo parametro quantitativo della dose media giornaliera;
      appariva  pertanto  coerente con tale impostazione la esclusione
 della coltivazione dall'elenco delle condotte che, ai sensi dell'art.
 75, comportavano la degradazione  dell'illecito  penale  ad  illecito
 amministrativo,  in quanto tale attivita' produttiva, per sua natura,
 era potenzialmente ed  astrattamente  idonea  a  travolgere  il  dato
 quantitativo della dose media giornaliera che operava come discrimine
 per la punibilita' penale;
       in    simile   prospettiva,   coerentemente,   si   poneva   la
 giurisprudenza  che  tratteggiava   la   coltivazione   di   sostanze
 stupefacenti come reato di pericolo nei termini gia' descritti;
       gli   esiti   del   referendum   abrogativo   travolgono   tale
 impostazione, giacche' cancellano il principio del  divieto  dell'uso
 personale  di  sostanze stupefacenti sancito al primo comma dell'art.
 72  e,  eliminando  il  parametro  quantitativo  della   dose   media
 giornaliera,  pongono  la  finalita'  dell'uso  personale quale unico
 discrimine   tra   l'illecito   penale   e   quello   amministrativo,
 indipendentemente  dal  tipo  di  condotta e dalla natura e quantita'
 della sostanza stupefacente;
      il rilievo depenalizzante assunto dall'uso personale della droga
 nella nuova disciplina, indipendentemente da parametri  quantitativi,
 non piu' esistenti (in tal senso, espressamente, Cassazione, Sez.  4,
 18  gennaio  1994,  n. 2534), dovrebbe ora equiparare la coltivazione
 alle altre condotte previste dall'art.  75,  ai  fini  degli  effetti
 sanzionatori indicati nella medesima norma;
      nel  quadro  normativo  ridisegnato  dagli esiti del referendum,
 pertanto, l'esclusione della coltivazione dal novero  delle  condotte
 punite  con sanzione amministrativa, se finalizzate all'uso personale
 dello stupefacente, non appare  piu'  sorretta  da  quei  criteri  di
 ragionevolezza  che pur aveva nel contesto della originaria normativa
 e si pone in contrasto con il principio di parita' di trattamento che
 l'art. 3 della Costituzione impone al legislatore;
      tale esclusione  costituisce  oggi  una  non  piu'  giustificata
 diversita'   di   trattamento   sanzionatorio  per  condotte  diverse
 (importazione, acquisto, detenzione e  coltivazione),  ma  egualmente
 ispirate  a quella medesima finalita' di uso personale della sostanza
 stupefacente,  posta  a   fondamento   della   scelta   popolare   di
 depenalizzazione;
      allo  stato  della  normativa  attuale,  colui  che, in contesto
 domestico, coltiva - come nel caso di specie - un  esiguo  numero  di
 piantine  di  canapa  indiana  per  uso personale, e' sottoposto alle
 sanzioni penali previste dall'art.  73,  mentre  colui  che  importa,
 sempre  per  uso  personale,  anche  cospicue  quantita'  di eroina o
 cocaina,  soggiace  alle  sole   sanzioni   amministrative   previste
 dall'art. 75;
     a   parere   del  Collegio,  la  descritta  situazione  normativa
 configura un'ipotesi di incostituzionalita' sopravvenuta, conseguente
 agli esiti del referendum ed al d.P.R. n. 171/1993, per  certi  versi
 inevitabile,  data  la  natura  del referendum abrogativo ed i limiti
 della sua operativita' sulla normativa preesistente, alla quale  puo'
 porre  rimedio la Corte costituzionale con una sentenza additiva, con
 la quale si dichiari l'incostituzionalita' del primo comma  dell'art.
 75  del  d.P.R. n.  309/1990, come modificato dal d.P.R. n. 171/1993,
 perche' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte  in
 cui  non  prevede che anche la coltivazione di sostanze stupefacenti,
 oltre che l'acquisto, l'importazione o la detenzione, sia punita  con
 le  sanzioni  amministrative,  se  finalizzata esclusivamente all'uso
 personale della droga.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  -  sollevata  dalla  difesa  in  via di
 subordine e fatta propria dal Tribunale - dell'art. 75 del d.P.R.   9
 ottobre  1990,  n.  309, come modificato dal d.P.R. 5 giugno 1993, n.
 171, nella parte in cui non prevede  che  anche  la  coltivazione  di
 sostanze   stupefacenti,   al   pari  dell'importazione,  acquisto  e
 detenzione, venga punita  con  le  sanzioni  amministrative  previste
 dalla  medesima  norma, ove tale coltivazione sia finalizzata all'uso
 personale della sostanza;
   Ordina che, a cura della cancelleria, gli  atti  vengano  trasmessi
 alla  Corte costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata
 al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  sia  comunicata  ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
   Sospende il giudizio in corso.
     Bologna, addi' 11 ottobre 1995
                        Il presidente:  Mancuso
                                         I giudici:  Albiani - Alifano
 95C1545