N. 889 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 luglio 1995
N. 889 Ordinanza emessa il 7 luglio 1995 dal tribunale di Cosenza nel procedimento civile vertente tra Iervasi Antonio e Cicerale Maria Processo civile - Procedimenti possessori - Fase sommaria - Reclamo contro i provvedimenti - Ritenuta omessa previsione - Disparita' di trattamento rispetto alla nuova disciplina dettata per i procedimenti cautelari - Compressione del diritto di difesa. (C.P.C., art. 703). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.53 del 27-12-1995 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero di ruolo n. 11/1995 r.g.a.c./reclami vertente tra Iervasi Antonio (rappresentato e difeso dal dott. proc. A. De Pasquale), ricorrente e Cicerale Maria (rappresentata e difesa dall'avv. A. Tenuta), resistente. Premesso in fatto Che gli odierni ricorrenti proponevano in data 29 maggio 1995 reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. avverso ordinanza di rigetto resa dal pretore di Cosenza in data 3 maggio 1995 e notificata 19 maggio 1995; che il resistente, costituendosi in giudizio, eccepiva preliminarmente la inammissibilita' del reclamo, ritenendo che la materia possessoria e relativa disciplina procedurale non sia assoggettabile alle innovazioni di cui all'art. 669-terdecies c.p.c.; che all'udienza del 6 luglio 1995 il ricorrente concludeva per la ammissibilita' del reclamo, ritenendo la reclamabilita' dei provvedimenti possessori e, in via subordinata, sollevava questione di costituzionalita' dell'art. 703 del c.p.c. nella parte in cui non estende ai procedimenti possessori anche l'art. 669-terdecies. Premesso in diritto Che l'azione proposta dall'odierno ricorrente davanti al pretore di Cosenza possa essere qualificata senza alcun dubbio come azione di reintegrazione ai sensi dell'art. 1168 del Codice civile, avendo lo stesso lamentato il ripristino di una situazione possessoria illecitamente violata. Ritenuto che, a parere del Tribunale, il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. non e' esperibile contro i provvedimenti possessori interdittali per i seguenti motivi: l'art. 669-quatordecies c.p.c precisa che "le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III, e V di questo capo, nonche' - in quanto compatibili - agli altri provvedimenti cautelari previsti dal Codice civile e dalle leggi speciali". Poiche' i procedimenti possessori sono disciplinati dall'autonomo capo IV del libro IV del c.p.c. - che non viene richiamato dal menzionato articolo - agli stessi possono evidentemente applicarsi le disposizioni di cui alla sezione 1 relativa ai "procedimenti cautelari in generale" (art. 669-bis e segg. c.p.c.). Residua il problema se tale applicabilita' (peraltro non integrale ma solo nei limiti di compatibilita') possa discendere dalla natura - per ipotesi - cautelare dei procedimenti possessori ed accertare preliminarmente se i procedimenti possessori abbiano o meno natura cautelare. In relazione alla natura cautelare dei predetti procedimenti - pur a fronte del dato significativo della collocazione della disciplina in un capo diverso ed autonomo rispetto a quello sui provvedimenti cautelari - esistono opinioni contrastanti. Il tema e' stato ampiamente dibattuto in dottrina ed in giurisprudenza: da parte di alcuni si propende per la tesi dei procedimenti "sommari-semplificativi-esecutivi", giustificati dall'urgenza di intervento per ripristinare uno stato di cose alterato, senza previo accertamento dello stato di diritto (Corte costituzionale n. 25/1992 che precisa trattarsi di "tutela interinale, transeunte e reversibile (che) non preclude la tutela giurisdizionale del diritto del convenuto ma soltanto la differisce ad un giudizio successivo"). In dottrina, comunque, si e' concordi, sul piano generale, che i provvedimenti cautelari sono (solo) quelli che si caratterizzano: a) dalla funzione di assicurare l'effettivita' della tutela giurisdizionale, neutralizzando nel frattempo il pericolo di un pregiudizio durante il tempo necessario alla durata del processo; b) dalla provvisorieta', in quanto non idonei a costituire giudicato o comportare una analoga disciplina definitiva del rapporto controverso; c) dalla strumentalita', nel senso che servono solo per assicurare gli effetti della decisione sul merito, anticipando o conservando la situazione di fatto. Secondo la dottrina prevalente questi tre requisiti devono concorrere tutti per individuare il provvedimento cautelare, che non prescinde neppure dalla necessaria ricorrenza dei generali requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora. La Corte di cassazione e' ormai attestata (Cass. n. 831/1993) nel senso che le azioni possessorie (al contrario di quelle nunciatorie) non hanno natura cautelare, precisando che le stesse "sono state strutturate in guisa da soddisfare la duplice esigenza di ordine pubblico (fondamentale fin dalle origini storiche dell'istituto), e di assicurare al soggetto, cui fa capo una situazione di fatto apparentemente corrispondente ad una situazione di diritto che venga elisa da una azione violenta o clandestina o turbata da molestie, il sollecito ed integrale ripristino e la cessazione delle molestie in caso di turbativa, senza necessita' di privare la titolarita' della corrispondente situazione di diritto. In sostanza il provvedimento possessorio conseguito non e' strumentale ma realizza di per se' la tutela piena anche se provvisoria". Con altra pronunzia dello stesso giorno (sent. n. 830/1993) la Corte di cassazione ha anche evidenziato che: "poiche' la tutela del possesso (parallela ed autonoma rispetto a quella della proprieta' e dei diritti reali) si realizza totalmente nello stesso procedimento possessorio, deve escludersi sotto un primo profilo - per mancanza della caratteristica di strumentalita' - che le azioni possessorie abbiano natura cautelare. Non e' peraltro possibile sostenere la assimilabilita' alle azioni cautelari sotto il profilo della provvisorieta' del ripristino della situazione di fatto elisa o turbata. Tale provvisorieta' e' infatti ben diversa da quella insita nella strumentalita' del provvedimento cautelare rispetto al diritto tutelato, il riconoscimento della cui esistenza e spettanza all'attore richiede necessariamente l'instaurazione di un giudizio di merito". Rileva il Collegio che tale consolidata impostazione della giurispmdenza di legittimita' e' pienamente condivisibile, anche perche' nell'ordinamento non appare individuabile un diritto - che costituisca oggetto del processo a cognizione piena - e della soddisfazione del quale il provvedimento possessorio costituisca anticipazione. Ed invero, i provvedimenti possessori non svolgono funzione cautelare anticipatoria rispetto alla tutela di diritti reali, stante il divieto per il convenuto nel giudizio possessorio di proporre giudizio petitorio finche' il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita. Ne' d'altra parte, puo' sostenersi che i provvedimenti in questione garantiscano, anticipandoli, gli effetti di un giudizio ordinario avente oggetto identico a quello del giudizio sommario: a tale concezione osta, infatti, la nozione del possesso accolta nel nostro ordinamento, concepito non in termini di diritto, bensi' di relazione di fatto della persona con la cosa, protetta dalle illegittime aggressioni ai fini del suo ripristino; come tale priva di un'azione generale di tutela ma caratterizzata da due azioni tipiche e, comunque debole, in quanto destinata a cedere sempre a fronte dell'accertamento della proprieta'. Pertanto, alla luce di quanto detto, deve ritenersi la inapplicabilita' ai procedimenti possessori delle disposizioni di cui alla sezione "procedimenti cautelari in genere". Ritiene, inoltre, il tribunale che il reclamo dei provvedimenti possessori sia innammissibile anche per altro verso. L'art. 703 c.p.c. e' stato modificato dalla novella del 26 novembre 1990 n. 353 nel senso che "il giudice provvede ai sensi degli art. 669-bis e segg.". Orbene, ad opinione di parte della dottrina e di alcuni giudici di merito si e' inteso, con l'anzidetta novella, estendere al procedimento possessorio tutta la normativa dei "procedimenti cautelari in generale". Tuttavia il collegio non ritiene di condividere tale interpretazione. Ed invero, gia' l'art. 703 c.p.c., nella sua precedente formulazione ("il pretore provvede per la reintegrazione del possesso a norma degli artt. 689 e segg.") non comportava l'integrale applicazione di quest'ultima norma, disciplinante il procedimento di nunciazione, atteso che se erano di certo applicabili i primi quattro commi, non lo era di certo il quinto sulla competenza che restava radicata - al contrario delle azioni di denunzia di nuova opera e di danno temuto - nel pretore per la fase di merito. Pertanto, ritiene il collegio che anche alla luce di tale comparazione, con la modifica apportata non si e' inteso affatto estendere al procedimento possessorio tutta la disciplina del procedimento cautelare, bensi' solo - come nella precedente normativa - coordinarla alla nuova facendo obbligo al giudice (pretore) di provvedere (attesa l'abrograzione dell'art. 689 e la necessita' di colmare l'insorta lacuna) sulla domanda con le stesse modalita' di cui all'art. 669-bis e seguenti. E del resto il secondo comma dell'art. 703 del c.p.c. - non recita "si applicano ai procedimenti possessori gli art. 669-bis e segg.", disposizione questa che non avrebbe lasciato spazio a dubbi sulla portata innovativa della modifica, sibbene "il giudice" provvede "ai sensi degli artt. 669-bis e segg.". In definitiva, come nella precedente normativa, anche nella nuova il richiamo agli articoli sui procedimenti cautelari non comporta l'integrale applicazione dell'intera disciplina di detti procedimenti ma solo di quelle disposizioni compatibili con la particolare materia. Ed invero, come ha precisato la s. Corte (831/1993) in vigenza della precedente normativa "l'art. 703, secondo e terzo comma, nel disporre che il pretore provvede per la reintegrazione del possesso a norma dell'art. 689 e segg. rinvia a dette norme nei limiti in cui sono compatibili con la natura delle azioni possessorie ed a nulla rileva che la norma non contenga un'espressa riserva di applicabilita'". A questo punto si impone il problema se il reclamo sia compatibile con la particolare natura delle azioni possessorie, ma in realta' non vi e' neppure la necessita' di affrontare tale problematica a fronte del dato testuale di cui all'art. 703/2 c.p.c. che nel disciplinare le modalita' operative che il pretore deve adottare ("il giudice provvede"), non estende alle parti (alle quali sole, ovviamente, e' rimessa la facolta' di proporre reclamo) poteri di contro previsti per altri ben individuati procedimenti. Deve, pertanto, concludersi, atteso il silenzio sul punto della legge (ubi lex voluit, dixit), per la non ammissibilita' del reclamo di cui all'art. 669-terdecies c.p.c.. Cio' posto e laddove si consideri che il legislatore all'art. 669-quaterdecies c.p.c. ha previsto che le disposizioni relative ai procedimenti cautelari si applicano tout court ai procedimenti c.d. "quasi-possessori" (posti, com' e' noto, a tutela sia della proprieta' che del possesso), il Tribunale non puo' non chiedersi se la norma di cui all'art. 703 c.p.c., come sopra interpretata, possa sfuggire ad una censura di incostituzionalita' in relazione agli artt. 3 e 24, perche' non appare ragionevole la discriminazione che si viene ad operare tra azione possessoria ed azione quasi-possessoria. ln particolare, va rilevato che mentre al possessore che invoca quest'ultima tutela e' consentita la possibilita' di proporre reclamo contro il provvedimento emesso ai sensi dell'art. 688 c.p.c. l'identica tutela non e' riconosciuta al possessore che agisce ai sensi degli art. 1168 e 1170 c.c. poiche' l'art. 703, come sopra interpretato, non attribuisce tale facolta'. Sicche', non appalesandosi ragione alcuna per tale disparita' di trattamento, la questione di incostituzionalita' sollevata dai ricorrenti appare non manifestamente infondata. L'indicata questione di costituzionalita', infine, si appalesa rilevante, posto che in caso di pronuncia di infondatezza, il reclamo proposto da Iervasi Antonio andrebbe dichiarato inammissibile, mentre in caso di pronuncia di accoglimento, il Tribunale dovrebbe poi esaminare la fondatezza nel merito del reclamo stesso. Sussistono, pertanto, le condizioni per sospendere il presente giudizio in attesa della pronuncia della Corte costituzionale cui vanno rimessi gli atti ai sensi dell'art. 23 legge n. 87 del 1953.
P. Q. M Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale di cui all'art. 703 del c.p.c. in relazione agli artt. 24 e 3 della Costituzione nella parte in cui esclude l'applicabilita' dell'art. 669-terdecies c.p.c. ai procedimenti possessori nella fase sommaria; Sospende il presente giudizio fino alla decisione della Corte costituzionale; Dispone che la trasmissione degli atti alla cancelleria della Corte costituzionale e ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti e alla Presidenza del consiglio, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' in camera di Consiglio, il 7 luglio 1995 Il presidente: Vigorito Il giudice estensore: Aullo 95C1564