N. 912 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 ottobre 1995

                                N. 912
 Ordinanza  emessa  il  3  ottobre  1995  dal  giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Firenze nel procedimento penale  a
 carico di Moussafer Hassane
 Processo  penale  -  Giudizio  abbreviato  -  Giudice per le indagini
 preliminari che abbia applicato una misura  cautelare  personale  nei
 confronti  dello  stesso imputato - Incompatibilita' ad esercitare le
 funzioni giudicanti nel suddetto rito speciale - Omessa previsione  -
 Lesione dei principi  di  eguaglianza  e  della  presunzione  di  non
 colpevolezza  dell'imputato - Prospettata perplessita' in ordine alle
 possibili  negative  conseguenze  sulla  buona  organizzazione  della
 giustizia  a  seguito  di  estensione  di  giudizi  di illegittimita'
 costituzionale in ordine ad altre  ipotesi  similari  -  Richiamo  ai
 principi  espressi  dalla  Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.
 432/1995.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 27, secondo comma).
(GU n.1 del 3-1-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  di  trasmissione  degli  atti
 alla  Corte  costituzionale  a seguito di eccezione di illegittimita'
 costituzionale (art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87).
   Rilevato che all'udienza preliminare del 3 ottobre 1995,  in  corso
 di procedimento con rito abbreviato per reato di rapina nei confronti
 di   Moussafer   Hassane,   detenuto  per  questa  causa,  la  difesa
 dell'imputato, constatato che lo stesso giudice durante  le  indagini
 preliminari  aveva,  in  sede  di  udienza di convalida dell'arresto,
 adottato ordinanza applicativa nei  di  lui  confronti  della  misura
 cautelare   della   custodia   in  carcere,  sollevava  questione  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p.  in
 relazione  agli  artt.  3,  primo  comma,  e 27, secondo comma, della
 Costituzione nella parte  in  cui  non  prevde,  tra  le  ipotesi  di
 incompatibilita'  determinata  da  atti  compiuti  nel  procedimento,
 quella  della  partecipazione  al  giudizio  abbreviato  del  giudice
 dell'udienza  preliminare  che, in qualita' di g.i.p., applicando una
 misura cautelare personale, si sia gia' pronunciato  nel  merito  del
 procedimento  dichiarando  sussistere gravi indizi di colpevolezza ex
 art. 273 c.p.p.   La questione  veniva  motivata  dal  difensore  con
 riferimento  alla sentenza n. 432 del 1995 della Corte costituzionale
 con   la   quale,    in    ipotesi    simile,    veniva    dichiarata
 l'incostituzionalita'  dell'art.    34,  secondo  comma, c.p.p. nella
 parte in cui non  prevede  che  non  possa  partecipare  al  giudizio
 dibattimentale  il  giudice  per  le  indagini  preliminari che abbia
 applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato.
 Veniva al proposito evidenziato come nella motivazione della suddetta
 sentenza la Corte costituzionale aveva fatto esplicito riferimento  a
 ipotesi,  ritenute  adeguate a radicare l'incompatibilita', in cui il
 g.i.p. non poteva pronunciarsi in sede di giudizio  abbreviato  sulla
 res  iudicanda  per avere gia' svolto incisive valutazioni di merito,
 atte a fondare un giudizio di responsabilita' dell'imputato, quali la
 disposizione al p.m. di  formulare  l'accusa  dopo  la  reiezione  di
 richiesta di archiviazione (sentenza n. 401 del 12 gennaio 1991) e la
 reiezione  di richiesta di applicazione di pena concordata ex art. 44
 c.p.p.  (sentenza  n.  409  del  16  dicembre  1993).    La   recente
 individuazione  di  nuova  causa  di  incompatibilita'  a  esercitare
 funzioni di giudice nei  gradi  del  processo  nella  situazione  del
 g.i.p.  che  si  e'  pronunciato  nel  merito  delle  prove  a carico
 dell'imputato, adottando nei suoi confronti ordinanza applicativa  di
 misura  cautelare  personale,  individuata dalla Corte costituzionale
 con la citata sentenza n. 432 del  l995,  sarebbe  conseguenzialmente
 trasferibile,  per  identita'  di motivazioni, al giudizio abbreviato
 tenuto in  udienza  preliminare  dallo  stesso  g.i.p.  delle  misure
 cautelari  personali.  Situazione,  quest'ultima, in cui il g.u.p. e'
 chiamato a decidere nel  pieno  merito  delle  questioni  dedotte  in
 imputazione  e  nella  quale  insorgerebbe  conflitto  con i principi
 costituzionali della parita' di tutti  i  cittadini  di  fronte  alla
 legge,  che  verrebbe leso rispetto ai giudicabili non assoggettati a
 cautele personali, e della presunzione che verrebbe leso il principio
 di non colpevolezza fino  al  giudizio  definitivo  dalla  precedente
 prognosi di colpevolezza svolta in sede cautelare.
   E' pacifico in atti che con ordinanza in data 14 agosto 1995 questo
 g.i.p.  in  sede  di udienza di convalida, ha convalidato l'arresto e
 applicato alla persona sottoposta ad  indagini  la  misura  cautelare
 coercitiva   personale   della   custodia   in   carcere,   con  cio'
 pronunciandosi  anche  sulla  sussistenza   dei   gravi   indizi   di
 colpevolezza  richiesti  dall'art. 273 del c.p.p., ravvisati nel caso
 specifico  nella  sorpresa  in  flagrante  possesso  da   parte   del
 Moussafer,  nella toelette del treno ove si era rifugiato, del denaro
 e del borsello dei passeggeri rapinato dopo averli storditi  offrendo
 loro bevande contenenti sostanze ipnotiche.
   Rileva  questo  giudice, pertanto, che l'eccezione e' rilevante nel
 presente giudizio, con riferimento alla citata sentenza  della  Corte
 costituzionale  n. 432/1995, in quanto questo stesso g.i.p., seguendo
 la motivazione della suddetta pronuncia, avrebbe  gia'  svolto  nello
 stesso  procedimento,  con  la positiva valutazione di sussistenza di
 gravi indizi di  colpevolezza  in  sede  di  applicazione  di  misura
 cautelare, un giudizio prognostico sul merito della res iudicanda che
 si presume idoneo a minare l'imparzialita' della decisione conclusiva
 del processo.
   Ritiene  in  diritto  questo  g.i.p.,  quanto  alla  non  manifesta
 infondatezza  della   questione,   che   va   sottolineata   la   non
 paragonabilita',  ai  fini di una estensione automatica del principio
 affermato dalla Corte al presente  caso,  delle  situazioni  poste  a
 raffronto   dal   difensore   dell'imputato,  e  cioe'  quella  della
 partecipazione al giudizio dibattimentale di  un  giudice  che  abbia
 gia'  applicato, in qualita' di g.i.p., una misura custodiale (tenuta
 presente dalla Corte nella  sentenza  n.    432/1995)  e  quella  del
 g.u.p.,  chiamato a decidere in giudizio abbreviato, che nello stesso
 procedimento abbia gia' applicato come g.i.p.  una  misura  cautelare
 personale all'indagato.
   Numerose sono le osservazioni da svolgere al proposito.
   1.  -  L'accoglimento di una siffatta estensione dei casi tassativi
 di  incompatibilita'  del  giudice  per  atti   gia'   compiuti   nel
 procedimento  implicherebbe lo spostamento di tutti i processi in cui
 sono state adottate misure personali ad una figura di g.u.p.  diversa
 da  quella  del  g.i.p., con inevitabile duplicazione dei giudici che
 devono occuparsi degli stessi  procedimenti  e  aggravio  di  risorse
 organizzative  e  di  attivita'  processuali.   Si verrebbe, cioe', a
 definire  una  situazione, comune a tutte le ipotesi in cui il g.i.p.
 si sia pronunciato incidentalmente sulla sussistenza di gravi  indizi
 adeguati all'adozione del singolo atto richiestogli, in cui nel corso
 dell'udienza  preliminare,  ove  venisse svolta richiesta di giudizio
 abbreviato, il processo dovrebbe essere assegnato a  giudice  diverso
 da quello precedente. Cio' con necessita' di rimessione degli atti al
 capo  ufficio  per  la  designazione  del nuovo g.u.p., sospensione e
 rinvio ad altra data del processo,  attesa  dei  tempi  afferenti  le
 disponibilita'   di   ruolo  del  nuovo  giudice  assegnatario.    Ne
 conseguirebbe, secondo lo schema processuale attualmente vigente,  un
 aggravio   di   lavoro   per   gli   uffici  del  g.i.p.  la  pratica
 impossibilita' per i tribunali  di  modeste  dimensioni  di  reperire
 magistrati  che,  per applicazione di misure o diniego di revoca, non
 si siano gia' pronunciati come g.i.p. nello stesso procedimento, e il
 rallentamento  dei  processi  a  causa  del  necessario  rinvio   cui
 andrebbero sottoposti a seguito della riassegnazione (imprevedibile e
 senza  causa  fino  all'udienza preliminare) del giudizio abbreviato.
 Cio' a dispetto delle finalita' di semplificazione e  di  snellimento
 del  processo  ordinario  che  i  procedimenti  speciali - in diretta
 esecuzione della direttiva n. 1 dell'art. 2 della legge delega - sono
 chiamati  a  svolgere  e  del  connesso   principio   della   massima
 concentrazione  nello stesso giudice di tutti gli atti concernenti lo
 stesso procedimento, alle stesse finalita'  di  economia  processuale
 rivolto,  stabilito  dll'art.   7-ter del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12,
 introdotto  dall'art.  3  del  d.P.R.  n.  449/1988  di   adeguamento
 dell'ordinamento  giudiziario  al nuovo processo penale.  Situazione,
 quella in esame, oltretutto  estensibile  ad  una  serie  di  giudizi
 speciali,  quali  il giudizio per decreto (ove lo stesso g.i.p. prima
 condanna inaudita altera parte, poi giudica con  rito  abbreviato  ex
 art.  464  c.p.p.),  i giudizi direttissimi sia del tribunale che del
 pretore (ove lo stesso organo  e'  chiamato  a  giudicare  nel  pieno
 merito  dopo  essersi  appena pronunciato sulle richieste del p.m. in
 ordine  alla  custodia  cautelare),  nonche',  sempre  in   tema   di
 abbreviato  tenuto  dal  g.u.p., alle ipotesi in cui lo stesso, quale
 g.i.p., abbia  autorizzato  l'intercettazione  telefonica  (valutando
 anche in quel caso la sussistenza di gravi indizi ex 266 c.p.p.).  In
 altre   parole,   si   verrebbero   a  creare  piu'  incompatibilita'
 processuali  suscettibili  di  compromettere  seriamente  la  pratica
 esperibilita'  delle  funzioni  giudiziarie  in ipotesi di precedenti
 valutazioni incidentali compiute  dagli  stessi  giudici  chiamati  a
 decidere nell'ambito di taluni procedimenti speciali.
   Tale   aggravio  dell'attuale  processo  penale  (nel  quale,  vale
 ricordare,  i  procedimenti  speciali  hanno  lo  scopo  di   rendere
 realizzabile  la riforma attraverso deflazione del rito ordinario con
 riti piu' snelli) comporterebbe, ove estrapolata dallo schema globale
 del codice di rito, compromissione del principio del  buon  andamento
 dell'amministrazione,   tutelato  dall'art.  97  della  Costituzione.
 Occorre, a questo punto,  valutare  se  il  conflitto  dell'art.  34,
 secondo  comma,  c.p.p. con gli artt. 3 e 27, da una parte, e quello,
 conseguente  alla  sua  richiesta  riforma,  con  l'art.   97   della
 Costituzione,  dall'altra,  debba  essere  risolto  a discapito della
 tutela costituzionale di quest'ultimo ovvero se sia  affermabile  che
 nei  procedimenti  speciali  la  compressione  di  certi diritti, pur
 costituzionalmente garantito nell'ordinarieta', e' interno al sistema
 di economia processuale cui e' ispirata la stessa specialita'.
   Vale al proposito rilevare come, in ipotesi assai simili, la stessa
 Corte   costituzionale   abbia   ritenuto  prevalente  l'esigenza  di
 snellimento  processuale  su  altri   istituti   posti   a   garanzia
 dell'imputato  (vedasi, ad esempio, l'ordinanza 19 gennaio 1995 n. 22
 con  la  quale  e'  stata  respinta  per  manifesta  infondatezza  la
 questione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 554 del c.p.p.
 nella parte in cui esclude  l'udienza  preliminare  nel  procedimento
 pretorile,  osservandosi  dalla Corte che, gia' fissando la direttiva
 n. 1 della legge delega il principio  della  massima  semplificazione
 del processo, la diversita' tra il rito pretorile, meno garantista, e
 quello  del  tribunale  trova  giustificazione  nel  principio  della
 snellezza del rito che contraddistingue il secondo).
   Il principio suddetto potrebbe, quindi, trovare applicazione  anche
 nell'ipotesi  sopra  affrontata, posto che l'identita' del g.u.p. con
 il  g.i.p.,  nell'ambito  della   semplificazione   delle   procedure
 speciali, e' principio ricavabile dalla identica direttiva e dal gia'
 citato art. 7-ter dell'Ordinamento giudiziario.
   2.   -  Le  necessita'  di  genuinita'  completa  del  giudice  del
 dibattimento non si ripresentano per il giudice del rito  abbreviato.
 Nel  primo, infatti, la prova su cui si deve formare il convincimento
 dei giudicanti si forma ex novo  nell'istruttoria  dibattimentale,  e
 presuppone  un  giudice  che  non  conosca  gli  atti per non esserne
 influenzato;  nel  secondo,  il  giudice  deve  fondare  il   proprio
 convincimento  su  tutti  gli  atti del processo, ivi compresi quelli
 gia'  personalmente  compiuti,  e  non  subisce  pregiudizio,   nella
 formazione    del   convincimento,   dall'averli   gia'   conosciuti,
 quest'ultimo formandosi  non  solo  sulle  conoscenze  incidentali  e
 parziali  degli  atti,  ma  sulla loro complessita', conoscibile solo
 all'udienza preliminare.  Ben differenti sono, quindi, le esigenze di
 evitare pregiudizi nella fase del dibattimento, come esaminato  dalla
 Corte  con  la  sentenza  n. 432/1995, che non in quella del giudizio
 abbreviato.  Cio'  altro   a   voler   presumere   che   il   giudice
 dell'abbreviato,  una volta espostosi in una fase incidentale (spesso
 iniziale e inaudita altera parte) con l'applicazione di  misure,  non
 abbia   la   forza   psicologica   di  discostarsi  dalla  originaria
 valutazione di colpevolezza pur in presenza di  elementi  nuovi  e  a
 indagini   definitivamente  concluse.  Argomento  non  condivisibile,
 stante  l'opposta  presunzione  legale  ricavabile  dall'art.   7-ter
 dell'Ordinamento  giudiziario,  sul  quale  non  e'  stata  sollevata
 questione.
   Va, da ultimo, rilevato, che la  sentenza  a  seguito  di  giudizio
 abbreviato  non  e'  soggetta  a  limiti di appello nel merito e che,
 quindi, eventuali radicamenti ingiustificati del g.u.p. alle  proprie
 prognosi di g.i.p. potranno essere riformati in secondo grado.
   3. - Al giudizio abbreviato si perviene su richiesta dell'imputato:
 richiesta  che  viene formulata rebus sic stantibus. Cioe' allo stato
 degli atti e con l'ufficio dell'udienza  preliminare  composto  dallo
 stesso,  g.u.p.  che  adotto' le misure come g.i.p.  La speditezza ed
 economicita' del rito giustifica lo sconto di pena per  l'ipotesi  di
 condanna  ma  non puo' costituire un diritto ad un rito con sconto di
 pena modellato sui presupposti del rito ordinario.  Inoltre, il  rito
 abbreviato  non  e'  obbligatorio.  Ove  non  ritenga  di  aderire al
 procedimento speciale l'imputato puo' pur sempre optare per  il  rito
 ordinario,   con  le  maggiori  garanzie  di  un  giudice  collegiale
 totalmente genuino e di una istruttoria dibattimentale  integralmente
 nuova  rispetto  agli  atti gia' compiuti.  Come si e' osservato, una
 riforma del regime delle incompatibilita'  di  cui  all'art.  34  del
 c.p.p.  nel  senso  proposto  dalla  difesa  non si esaurirebbe nella
 modifica del singolo istituto del  giudizio  abbreviato,  ma  sarebbe
 foriera  di  uno  sconvolgimento  dell'impianto  codicistico dei riti
 speciali  e  implicherebbe  una  vasta  riforma  organizzativa  degli
 uffici,  oltre  che alla istituzionalizzazione - attualmente non solo
 non prevista ma negata - di una figura di g.u.p. diversa da quella di
 g.i.p., contrariamente al disposto dell'art.  7-ter  dell'Ordinamento
 giudiziario,  come  appositamente riformato coevamente all'entrata in
 vigore del nuovo codice di procedura penale.  Il principio  affermato
 nella  sentenza  n.  432/1995  puo'  ben restare valido con esclusivo
 riferimento   alla   situazione   ivi    considerata,    cioe'    per
 l'incompatibilita' del g.i.p. delle misure personali a partecipare al
 giudizio  dibattimentale,  e  non  deve  essere esteso per necessita'
 logica al g.u.p. del giudizio  abbreviato  che,  come  g.i.p.,  abbia
 applicato   una   misura  cautelare  personale.  A  cio'  ostando  la
 diversita'  delle  situazioni  e   delle   discipline   che   rendono
 inequiparabili  gli  affiancati  istituti processuali.   Alla stregua
 delle considerazioni sopra esposte, quindi, l'applicazione  anche  al
 giudizio  abbreviato  del  g.u.p. dell'incompatibilita' gia' rilevata
 dalla Corte costituzionale  per  il  g.i.p.  delle  misure  cautelari
 personali che partecipi al dibattimento e' tutt'altro che automatica,
 opponendosi  alle  valutazioni  afferenti  il giudizio dibattimentale
 ordinario avanti al Tribunale una serie di considerazioni tipiche del
 procedimento  speciale  con  rito  abbreviato  davanti   al   giudice
 dell'udienza  preliminare  che pongono in dubbio l'estensibilita' del
 principio affermato nella sentenza n. 432/1995 ad  altre  ipotesi  di
 giudizi  speciali  per  la  diversita'  dei  principi  sottostanti ai
 relativi  procedimenti.     La  questione   di   incostituzionalita',
 nonostante  le  avverse  considerazioni, e' tutt'altro che pacifica e
 non risolvibile in via interpretativa in ragione del precedente  piu'
 volte  rammentato.  La  situazione di dubbio - sintomatica di una non
 manifesta infondatezza della medesima - ne impone la rimessione  alla
 Corte costituzionale a mente dell'art.  23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87.
 
                               P. Q. M.
   Dichiara    non    manifestamente   infondata   la   questione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice
 di procedura penale,  in  riferimento  all'art.  3,  primo  comma,  e
 all'art.  27,  secondo  comma, della Costituzione, nella parte in cui
 non prevede l'incompatibilita' a  svolgere  la  funzione  di  giudice
 dell'udienza   preliminare,  nello  speciale  procedimento  con  rito
 abbreviato, da parte del giudice  per  le  indagini  preliminari  che
 abbia   adottato   una   misura  cautelare  personale  nei  confronti
 dell'imputato che, con il  consenso  del  pubblico  ministero,  abbia
 chiesto il giudizio abbreviato nel corso dell'udienza preliminare;
   Dispone  la  sospensione  del processo e la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale, nonche' alle Presidenze dei due  rami  del
 Parlamento e del Consiglio dei Ministri.
     Firenze, addi' 3 ottobre 1995
  Il giudice per le indagini preliminari
 CRIVELLI
 95C1598